ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 10 luglio 2015

C’è un limite a tutto, o no?

Un Cristianesimo solo per “contadini” e “operai”?


bergoglio_morales
C’è una foto, del viaggio di “Papa Francesco” in America del Sud, che ha colpito l’immaginario popolare più di ogni altra.
La consegna al Pontefice, da parte del Presidente boliviano Evo Morales, di un crocefisso a forma di… falce e martello!
Non so se una cosa del genere, nell’ambito dei doni che i papi ricevono da personalità di tutto il mondo, fosse mai accaduta. Si erano visti crocefissi invero “particolari”, come quello che, pochi giorni prima della canonizzazione di Giovanni Paolo II, cadde addosso ad uno sventurato: ed era per l’appunto un “crocefisso” a lui dedicato…

Ma quella fu una tragica e… sinistra “coincidenza”, mentre in questo caso si può parlare solo di un dono “di sinistra”, che riprende, strumentalizzandone la forma, il simbolo per antonomasia della tradizione cristiana.
Ora, lungi dallo sbracarci in una stantia retorica anticomunista che sappiamo a cosa è servita in America Latina (Evo Morales non è comunista, né “di sinistra” come s’intende in Occidente), ci chiediamo cosa spinga un Pontefice a non trovare come minimo eccentrico un regalo del genere. Anzi, Papa Bergoglio sembra assolutamente contento di quest’inedito capolavoro di “arte sacra”! E, non contento, lui che nasconde il crocefisso quando incontra i rabbini sionisti, s’è anche fatto mettere al collo un ciondolo che riproduceva il manufatto!
putin_bergoglioSarà anche il caso di ricordare la freddezza con la quale, lo stesso Bergoglio, accolse il bel dono, fattogli dal Presidente russo Vladimir Putin, di un’icona sacra della Vergine Maria (quella che Stalin, udite udite, aveva opposto all’avanzata nazionalsocialista). Aveva il “difetto” di provenire dagli “scismatici”? Non comprende quale sforzo sta sopportando la Russia per evitare lo scatenamento finale delle peggiori forze dissolutive? A che gioco gioca il Vaticano?
Sono comportamenti, questi, dei quali un “gregge” di fedeli un tantino più accorto e preparato dovrebbe pretendere spiegazione.
Un crocefisso di a forma di falce e martello non fa altro che rinfocolare la “leggenda” (ovviamente positiva per tutti i “teologi della liberazione” ed i loro seguaci) di un Cristo “primo comunista della storia”. René Guénon (e non solo lui), che di “croce” se n’intendeva, si rigirerà nella tomba…
È una di quelle banalità allucinanti che piacciono a certi moderni, come quella della prostituzione come “il più vecchio mestiere del mondo”…
Poi, per carità, “capisco” tutto: capisco il contesto indio-latino di lotte persino per la più elementare dignità umana; capisco il “sinistrismo” come reazione al “destrismo” dei militari golpisti filo-americani; capisco un cattolicesimo popolare che si distingue dalle posizioni di un certo “tradizionalismo” sudamericano in stile Tradizione Famiglia Proprietà; capisco anche la ‘bocca buona’ di “Papa Francesco” e il suo agire da perfetto gesuita, tanto più che da quelle parti è “di casa”.
Cefalu_Christus_PantokratorMa qui, secondo me, c’è un limite a tutto che si chiama “rispetto della verità”. Che non ci parla (accettando la versione ufficiale della Chiesa al riguardo della Passione) di un Cristo inchiodato su una falce e martello!
O il Cristo s’è sacrificato per tutti, e allora sta bene, perché la Misericordia divina è insondabile e può baciare chiunque. Ma se avesse patito il Calvario e poi fosse risorto solo per “contadini” e “operai” (lasciando perdere il simbolismo occulto della falce e martello che rimanda a divinità “pagane”), saremmo di fronte ad una menzogna utile solo per seminare ulteriore confusione oltre a quella che già abbonda…
Tanto più che – com’è ormai noto a tutti – dove venne applicata l’ideologia marxista-leninista, a beneficiarne più di tutti, prima del mitico “proletariato”, nazionale e radicato nella terra sottoposta agli esperimenti della “collettivizzazione forzata”, fu la combriccola del Partito. Che guarda caso, se solo si dà una scorsa ai nomi dei pezzi grossi del Bolscevismo, mentre predicava una grottesca parodia dell’“amore cristiano” nutriva in cuor suo un’inestinguibile odio per l’uomo. E, ovviamente, per il Cristo.
di Defensor Fidei


L'AFFRONTO DI EVO MORALES AL PAPA, UN CROCEFISSO CHE GRONDA IL SANGUE DI ALMENO 100 MILIONI DI MORTI

L'affronto di Evo Morales al Papa, un crocefisso che gronda il sangue di almeno 100 milioni di morti
Il presidente comunista della Bolivia, Evo Morales, ha ricevuto Papa Francesco in visita apostolica nel Paese andino omaggiandolo con un orrendo manufatto in cui Gesù è crocefisso a una falce e martello, simbolo mondiale del comunismo internazionale.
Forse Morales non si è reso conto del doppio senso del suo gesto: davvero, infatti, la falce e il martello comunisti sono un patibolo a cui Gesù è crocefisso. Probabilmente per questo il Papa sorride di candida ironia davanti a quell’orripilante scultura blasfema, mentre Morales si tira la zappa sui piedi…
Ma l’occasione è propizia per ricordare a tutti cosa è stato, anzi cosa è il comunismo.
Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, opera di enorme sforzo e rigore scientifici, curato dallo storico ex comunista francese Stéphane Curtois (trad. it. Mondadori, Milano 1998), stila un primo (parziale) bilancio delle vittime ammazzate dal comunismo internazionale, un bilancio mai smentito e semmai lacunoso per difetto, a fronte delle ricerche compiute successivamente e dell’apertura di alcuni archivi (ma i dati relativi alla Cina, per esempio, restano sono tutt’oggi parziali):

  •                   Urss, 20 milioni di morti
  •                   Cina, 65 milioni di morti
  •                   Vietnam, 1 milione di morti
  •                   Corea del Nord, 2 milioni di morti
  •                   Cambogia, 2 milioni di morti
  •                   Europa dell’Est, 1 milione di morti
  •                   America Latina, 150mila morti
  •                   Africa, 1 milione 700mila morti
  •                   Afghanistan, 1 milione 500mila morti
  •                   movimento comunista internazionale e partiti comunisti non al potere, circa 10mila morti
                   
Il totale è prossimo ai 100 milioni di morti.
Una catastrofe umana maggiore di qualsiasi catastrofe naturale,
peggiore di qualunque altro delitto.

Su L’Osservatore Romano del 29-30 settembre 2010, il padre redentorista polacco Jak Mikrut (1942-2013), della Pontifica Università Gregoriana, ha offerto un quadro prezioso della brutale persecuzione scatenata dal comunismo mondiale contro i cristiani, richiamando con grande precisione i numeri del tributo di sangue preteso dalla cristianofobia dell’ateismo marxista-leninista e ricordando che molte di quelle vittime sono state esaltate dalla Chiesa Cattolica alla gloria degli altari, che molte lo saranno presto (per esempio i martiri spagnoli del secolo XX, o francescani gesuiti polacchi e il sacerdote bergamasco don Sandro Dordi uccisi nel 1991 dai terroristi filomaoisti di Sendero Luminoso) e che di moltissimi altri è in corso il processo.
http://www.iltimone.org/33370,News.html

Quel Cristo inchiodato a un simbolo di morte e orrore

Fa il giro del mondo la foto del presidente boliviano Morales che dona a Francesco un crocifisso con la falce e il martello

Il problema non sono le foglie di coca. Quando arrivammo con San Giovanni Paolo II a La Paz le bevemmo tutti infuse nel tè, Papa compreso, per farci passare il mal di testa.
Ma qui non basta il mate di coca a lenire una ferita al cuore. Come può Francesco accettare in dono, sorridendo, e di fatto riconoscere come amabile, corretto, cattolicissimo l'obbrobrio di una composizione di falce e martello, simbolo del comunismo, con Cristo inchiodato al martello in forma di sostituto della croce?
Io amo il Papa. A prescindere dal nome. Don Bosco quando i suoi ragazzi gridavano felici «Viva-Pio-IX» li correggeva dicendo che era più giusto inneggiare «Viva-il-Papa». Ma non es+istono i pontefici in generale. E Francesco è un segno di misericordia eccezionale per chiunque porti con sé il carico dei peccati e dei tradimenti, e io di più.
Ho provato a immaginare i sentimenti di Bergoglio in quel momento. Di certo avrebbe sbranato quel briccone di Morales, presidente guerrigliero svalvolato, che lo ha posto dinanzi al fatto compiuto. In effetti una prima immagine - dinanzi all'offerta scostumata del leader boliviano - ne mostra il volto contrariato, come di chi è incerto sul da farsi. Wojtyla avrebbe staccato Gesù da quel martello, ne sono sicuro, e l'avrebbe baciato e fatto baciare a Morales. Impossibile pensare accettasse Cristo crocifisso come protettore ed emblema divino del comunismo.
Invece Francesco ha mutato la durezza del volto in benevolenza. Io penso abbia dentro di sé trovato un positivo in quell'intruglio simbolico osceno. E cioè lo abbia interpretato come un atto sincero di devozione. Adesso è di moda buttare giù le croci dai campanili: lo fanno i seguaci del Califfo, a colpi di piccone, e i sindaci francesi, a colpi di laïcité . Che un capo di Stato veneri la figura di Gesù Cristo deve magari essergli parso persino bello alla luce del Vangelo e di quella frase del Messia: chi non è contro di me è con me.
Io preferisco pensare, però, che abbia dentro di sé valutato che aver inchiodato il Nazareno al simbolo di una ideologia sanguinaria, da centoventi milioni di morti ammazzati, dicesse una verità insieme tremenda e taciuta. E cioè che davvero è stato negli ultimi cent'anni il martello del comunismo a mettere in croce migliaia e migliaia di vescovi, preti, suore e milioni di semplici cristiani.
Detto questo, aspetto che qualche giornalista, in aereo, gli chieda la ragione del suo farsi concavo dinanzi a una bestemmia da propaganda triviale. Qualunque cosa potrà dire la rispetterò, e così tanti cattolici con la colpa di aver letto gli atti dei martiri russi e vietnamiti. Resta quel dolore, e sono certo che in Paesi dove le stigmate della persecuzione sono ancora sanguinanti, la pena rasenta lo scandalo. Tanti fratelli nella fede, in Cina, in Corea del Nord, anche a Cuba nonostante i passi avanti, proprio in questo momento sentono sulle loro ossa il martello del comunismo che picchia i chiodi o picchia le teste e le anime della gioventù.
Mi viene in mente don Lorenzo Milani, da tutti ormai ritenuto giustamente un grande della fede, che criticò il fatto che alcuni cardinali vicini al Papa assolvessero il regime franchista e lo benedicessero, in articoli e interviste sulla Stampa . Il priore di Barbiana li contestò in nome della sua esperienza e della libertà. E aggiunse che non era comunque il caso di scandalizzarsi e di abbandonare il cattolicesimo. Scrisse, era il 1959: «Noi la Chiesa non la lasceremo perché non possiamo vivere senza i suoi Sacramenti e senza il suo Insegnamento. Accetteremo da lei ogni umiliazione ma ce lo dovrà dire il Papa con atto solenne che ci impegni nel Dogma. Non il giornale della Fiat. E fino a quel giorno vivremo nella gioia della nostra libertà di cristiani. Criticheremo vescovi e cardinali serenamente visto che nelle leggi della Chiesa non c'è scritto che non lo si possa fare. Il peggio che ci potrà succedere sarà d'essere combattuti da fratelli piccini con armi piccine di quelle che taglian la carriera».
Correrò il rischio e faccio mie queste parole. Ci dica il Papa solennemente, con formula impegnativa della sua autorità apostolica, che va bene adorare Cristo inchiodato su falce e martello e mi adeguerò. Griderò viva Gesù e viva il Papa. Viva il comunismo non sono in grado però di garantirlo.

Coca, “falce e martello”. Il viaggio di Bergoglio – di Antonio Socci

Immerso nella babele carnevalesca delle piazze e dei regimi sudamericani, papa Bergoglio appare a suo agio e il suo personaggio, calato in quel clima, diventa più decifrabile. La grottesca divinizzazione che ne hanno fatto in Ecuador, dove si vendevano souvenir che lo raffiguravano al posto di Cristo (ma l’adulazione e la papolatria dei media e delle sacrestie nostrane non è poi molto inferiore) ha fatto da cornice a discorsi che somigliano a comizi peronisti, con poco di soprannaturale.
Ieri poi, arrivato in Bolivia, Evo Morales, presidente socialista della Bolivia, ha accolto il “fratello Papa” dandogli in dono il simbolo della falce e martello su cui era raffigurato Cristo crocifisso.
La stessa blasfema raffigurazione campeggiava pure sulla medaglia che ha messo al collo del papa argentino.


VERGOGNA
L’episodio è scandaloso perché proprio sotto l’insegna della “falce e martello” e in nome di quello che essa rappresentava, nell’ultimo secolo, è stata perpetrata la più immane mattanza di cristiani della storia della Chiesa: le vittime si contano in molti milioni.
E’ quello il simbolo di un’ideologia anticristiana e addirittura anticristica che aveva come scopo esplicito la totale cancellazione di Dio dalla terra. E ha costruito un inferno planetario per riuscirci.
Dunque regalare al papa una roba simile, oltraggiosa per i martiri cristiani e sacrilega in riferimento alla figura di Cristo, è inaccettabile.
E’ sconcertante che papa Bergoglio abbia accettato l’omaggio senza obiettare, anzi sorridendo compiacente.
C’è chi sostiene che Morales è stato inopportuno e ha messo in difficoltà il papa, ma non pare proprio che le cose stiano così. Anzitutto mi sembra ovvio supporre che i cerimoniali siano concordati, quindi dubito che quel “dono” abbia colto di sorpresa il Vaticano (ove non vi fosse l’accordo preventivo ci sarebbe da preoccuparsi ancor di più perché vorrebbe dire che il papa è esposto all’affronto di qualunque demagogo).
In secondo luogo è significativo che un capo di stato, sia pure da socialismo surreale, come Morales, ritenga di regalare un simile orrore a papa Bergoglio e a nessuno invece sia venuto in mente di regalarlo  a Giovanni Paolo II o a Benedetto XVI (per esempio durante i viaggi a Cuba).
Evidentemente si è ritenuto che quell’oggetto – che di per sé potrebbe simboleggiare benissimo la teologia della liberazione e il cattocomunismo di ogni latitudine (con Cristo crocifisso come “metafora” dei poveri) – sarebbe stato gradito o apprezzato dal papa argentino.
Morales infatti non aveva l’atteggiamento del “provocatore”, ma dell’estimatore di Bergoglio, che ha lodato continuamente come “papa dei poveri”.
Infine, come ho detto, Bergoglio ha sorriso compiacente alla spiegazione dei simboli e ha portato al collo l’oscena raffigurazione.
Avrebbe fatto lo stesso se gli fosse stato data in dono una ripugnante svastica con sopra rappresentato un “Cristo ariano”? Io credo (e spero) proprio di no. Dunque perché la “falce e martello” sì?
A chi scioccamente dovesse argomentare che il comunismo ormai è cosa passata va detto che anche la svastica è cosa del passato, ma nessuno vorrebbe portarla al collo.
I crimini di comunismo e nazismo non si possono dimenticare. Ma soprattutto va fatto presente che sotto i regimi della “falce e martello” tuttora, nel presente, i cristiani sono perseguitati e massacrati e non si tratta di casi trascurabili dal momento che solo la Cina conta un miliardo e 300 milioni di abitanti. Mentre la Corea del Nord per ferocia è al livello della Cambogia di Pol Pot.


PAPATO STUPEFACENTE
Del resto tra i doni del “socialista surreale” Morales al papa ce n’è pure un altro, altrettanto imbarazzante. Quando Bergoglio è sceso dalla scaletta dell’aereo, Morales gli ha messo al collo la tradizionale “chuspa”, il contenitore per le foglie di coca che si usa nei paesi andini.
Il sito Dagospia, che ha il bernoccolo del trash, ha giustamente commentato: “Mancava solo la maglietta di Che Guevara e un ‘bong’ di Bob Marley”.
Ma il caso è tragicomico. Perché i paesi andini, Perù, Bolivia e Colombia, sono i maggiori produttori di coca nel mondo. E Morales, che è tuttora capo di un sindacato dei coltivatori di coca, ha fatto della legalizzazione della coca la sua principale battaglia politica internazionale.
“Limes” iniziava così un articolo a lui dedicato: “ ‘Viva la coca, morte agli yankee!’, ha gridato Evo Morales lunedì 14 gennaio (2013), festeggiando la vittoria ottenuta all’Onu, nella sua battaglia per la legalizzazione della coca”.
Dunque c’era proprio bisogno che il papa portasse disinvoltamente al collo quell’emblematico contenitore? Non ha pensato che la sua figura veniva strumentalizzata da Morales per una battaglia del tutto discutibile, anzi esecrabile? Non è devastante degradare a tal punto la figura del papa?
Sembra che Bergoglio non ami proprio esercitare la virtù della prudenza. Nei giorni scorsi aveva fatto scalpore la notizia, data dallo stesso governo boliviano, secondo cui il papa intendeva masticare foglie di coca arrivando in Bolivia.
Non si sa se l’abbia fatto, ma in ogni caso il “vescovo di Roma” ha portato senza imbarazzi la “chuspa” che Morales gli ha messo al collo. Oltretutto fino al momento in cui scrivo non risulta che Bergoglio abbia tuonato contro il sistema economico di quei paesi che fanno della coltivazione della coca una delle principali fonti di reddito.
Vedremo. C’è però da dubitare che lo faccia visto che finora ha fatto discorsi di apprezzamento del regime boliviano di Morales, affermando che la Bolivia è sulla strada giusta.
Si legge testualmente su “Repubblica”: “forte appoggio del papa appena giunto a La Paz al cammino di inclusione sociale della Bolivia… Forte sintonia e calore con il presidente Evo Morales”.
In compenso Bergoglio ha tuonato contro chi costruisce muri (“Bisogna costruire ponti piuttosto che erigere muri”). Secondo alcuni osservatori ce l’aveva con Israele e con l’Ungheria (per le barriere con cui proteggono le proprie frontiere).
Non avrebbe fatto meglio, in quel luogo, a tuonare contro chi coltiva e smercia coca?
Con Bergoglio di sana prudenza ecclesiale non c’è traccia, di ardore per le scomode verità nemmeno. E – se è permessa una battuta – è la stessa fede cattolica che va in “fumo”.


DEVASTAZIONE
Il viaggio di Bergoglio in Sudamerica fa capire perché, proprio in quel continente un tempo cattolicissimo, la Chiesa, negli ultimi decenni, è in caduta libera, con un crollo statistico di appartenenza che non ha eguali al mondo.
Dove i preti e i vescovi fanno i sindacalisti e i demagoghi, le persone non provano più nessuna attrattiva per la fede. Se i discorsi che fanno gli ecclesiastici somigliano a quelli di Evo Morales perché andare ancora in Chiesa?
E’ per questo che, nei popoli di quel continente, la domanda religiosa e l’attrattiva del soprannaturale si è convogliata su altre forme di religiosità e tantissimi stanno abbandonando la Chiesa Cattolica.
Ora Bergoglio sta applicando la rovinosa ricetta, già sperimentata in America Latina, anche alla Chiesa universale. In modo da fare gli stessi disastri.
Così lascerà un panorama di rovine fumanti, ma con tanti applausi da parte dei nemici di sempre della Chiesa, da parte dei vari Morales e dei coltivatori di coca.

Antonio Socci

Da “Libero”, 10 luglio 2015 – Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
www.antoniosocci.com
http://www.lamadredellachiesa.it/coca-falce-e-martello-il-viaggio-di-bergoglio-di-antonio-socci/


IL PAPA, MORALES E IL CROCIFISSO “COMUNISTA”: LA LEZIONE DI STILE DI FRANCESCO

Essere ospiti di qualcuno, significa comportarsi educatamente. A chi non è mai capitato di andare a casa di amici o conoscenti che gli abbiano offerto un caffè dal sapore non esattamente gradevole? Anche se quel caffè non è buono, lo si beve lo stesso, si fa questo “sacrificio” per non offendere il padrone di casa. Così Papa Francesco, colto di sorpresa, ha accettato il Crocifisso su falce e martello, simboli comunisti, che gli ha regalato il Presidente boliviano Evo Morales. L’espressione del Papa immortalata da questa foto, dice tutto. Sembra proprio l’espressione di chi ha bevuto un pessimo caffè. Un caffè che, tuttavia, il Santo Padre, in quanto ospite, ha dovuto assaporare per rispetto del padrone di casa che, in quel momento, rappresentava tutto il suo popolo. O sarebbe stato meglio rifiutarlo a favore di cameraman e fotografi, e far scoppiare un caso diplomatico di levatura internazionale? Il Papa è costruttore di ponti, non di muri. Morales è un provocatore, ma forse questa volta ha agito in “buona fede”: non lo possiamo sapere. Di sicuro, il Papa gli ha dato una bella lezione di stile. Di sicuro, quel Crocifisso non sarà mai esposto a Santa Marta, nel Palazzo Apostolico o in qualsiasi altro luogo vaticano. Perciò, mi rivolgo agli stolti che da stanotte, orario italiano, fanno gli scandalizzati perché il Papa ha accettato quel singolare dono: invece di criticare e strumentalizzare la decisione del Papa di accettare il regalo di Morales, con una bella falce, metaforicamente parlando, tagliate la vostra lingua, e con un bel martello, colpite le vostre mani. In tal modo, la smetterete di dire e scrivere sciocchezze contro il Papa!
http://www.gianlucabarile.it/?p=544



La correttezza di quel “Crocifisso comunista” così reale


Ha destato curiosità e scalpore a livello internazionale il Crocifisso donato dal presidente boliviano Evo Moralesa papa Francesco, in occasione della visita di cortesia di due giorni fa. Al di là delle successive precisazioni, lepossibilità di una corretta interpretazione della raffigurazione, tanto teologiche quanto storiche, sono molteplici.
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Cristo vi è raffigurato inchiodato all’impugnatura di unmartello che alla base si intreccia con una falce. Se il portavoce della Sala Stampa vaticana, p. Federico Lombardi – pur ricordando che i vescovi boliviani non sarebbero stati consultati in merito al regalo, come non lo sarebbe stato il nunzio pontificio – ha sottolineato come papa Francesco «non ha manifestato alcuna particolare reazione per il dono», alcuni organi di stampa boliviani hanno riferito che il Santo Padre avrebbe immediatamente preso le distanze dal particolare regalo, sussurrando che «No está bien eso» (o, secondo altri, «No sabía esto»).
Un dono successivamente ricondotto ad una dimensione non ideologica dalla ministra della comunicazione boliviana, Marianela Paco, che ha ricordato come l’oggetto sia una riproduzione di un’effige elaborata da padre Luis Espinal, gesuita rapito, torturato e ucciso nella notte fra il 21 e il 22 marzo 1980 da uomini ricollegabili al regime del dittatore Luis García Meza.
Un dono dunque «muy simbólico», secondo le parole della Ministra. Una «nueva cruz» che rappresenterebbe, nelle intenzioni che furono di p. Espinal, «el necesario pero huidizo diálogo cristiano-marxista, con los obreros y campesinos», come ricordava il 21 giugno scorso ilgesuita spagnolo Xavier Albó dalla pagine del quotidiano boliviano La Razón. Una testimonianza, dunque, del difficile dialogo fra Cristianesimo e Comunismo e del rapporto – decisamente più diretto – fra il Vangelo e i poveri e i disperati della Terra, come lo erano i minatori boliviani in quegli anni di violenza e sfruttamento nel Paese sudamericano. La singolare effige del Crocifisso è riprodotta anche su una delle due onorificenze concesse al Pontefice nella stessa occasione, la medaglia Espinal.
Anche senza queste precisazioni, utili a ricondurre l’oggetto alla sua più plausibile dimensione, si può notare come la rappresentazione in sé non reca nulla di realmente blasfemo. Anzi, le possibilità di una sua corretta interpretazione, tanto teologica quantostorica, erano e restano molteplici. Con buona pace del presidente Morales.
La considerazione della falce e del martello comesimboli de-ideologizzati e resi rappresentazioni dellavoro umano, potrebbe legittimamente condurre, ad esempio, a vedere in essi le croci di «milioni di poveri» che «condividono la Croce di Cristo, perché Cristo sulla Croce ha preso su di sé tutte le croci del mondo»1.
L’interpretazione di falce e martello come simboli del Comunismo apre invece ad un’altra possibile lettura, verosimilmente lontana dalle intenzioni di Morales, che considera la vittoria di Cristo sulla croce, strumento usato dai romani per la tortura e l’esecuzione capitale e dunque, in ultima analisi, della vittoria di Cristo sulla morte.
Da questo punto di vista, come in molti altri regimi, lapersecuzione dei cristiani è stata una costante anche di quelli di stampo comunista, iniziando dalla Russia nel 1917 per proseguire, dopo la Seconda guerra mondiale, in molti Paesi oltre la cortina di ferro, sino ai giorni nostri. Una Chiesa del silenzio, condannata alla clandestinità e al martirio, alla quale solo pochi mesi fa, in occasione del suo viaggio apostolico in Albania, ha fatto riferimento papa Francesco, ricordando i tanti «cristiani [che] non si sono piegati davanti alle minacce, ma hanno seguito senza tentennamenti sulla strada intrapresa» in «quei decenni di atroci sofferenze e di durissime persecuzioni contro cattolici, ortodossi e musulmani» perpetrate dal regime comunista nel Paese. Un’ideologia che «aveva promesso il paradiso senza Dio, ma lasciava indietro l’inferno senza consolazione», come ha sottolineato al termine della Messa nella piazza dedicata alla beata Madre Teresa di Calcutta l’arcivescovo di Tirana, Rrok Mirdita, nel suo saluto al Papa, il 21 settembre dello scorso anno.
Anche in quell’occasione, nelle parole del Pontefice non è mancato un sguardo alla realtà di oggi, reso allora esplicito dall’Arcivescovo di Tirana, che ricordava il rischio concreto del «miraggio di un’altra ideologia: quella del benessere. Essa ha offuscato tante menti e ha accecato tante coscienze». Dal Comunismo al consumismo, con la crescita del divario fra i «pochi ricchi e i molti poveri» nei «mille volti illusori del materialismo pratico».
Anche nel suo viaggio apostolico in Bolivia, papa Francesco ha messo in guardia contro una falsa idea di «benessere», raggiunto a discapito del «bene comune». Nel discorso pronunciato due giorni fa nella cattedrale di La Paz in occasione dell’incontro con le autorità civili, il Santo Padre è tornato a sottolineare l’insidiosa confusione fra “bene comune” e “benessere”, «specialmente quando siamo noi quelli che ne godiamo, e non gli altri».
«Il benessere che fa riferimento solamente all’abbondanza materiale tende ad essere egoista, tende a difendere gli interessi di parte, a non pensare agli altri, e a cedere al richiamo del consumismo», ha detto papa Francesco. «Così inteso, il benessere, invece di aiutare, è portatore di possibili conflitti e di disgregazione sociale; affermatosi come prospettiva dominante, genera il male della corruzione, che scoraggia e fa tanto danno. Il bene comune, invece, è superiore alla somma dei singoli interessi; è un passaggio da ciò che “è meglio per me” a ciò che “è meglio per tutti”».

1. Giovanni Paolo II, omelia pronunciata allo stadio Indira Gandhi, Delhi, domenica 2 febbraio 1986, in occasione della Messa con i vescovi delle Province di Delhi e Agra.

2 commenti:

  1. Vorrei fare una proposta : istituire un premio per colui o colei o colollo o colelle ( per la par condicio ) che riesce meglio a cambiare le carte in tavola , ovvero " Chi inventa la scusa più incredibile e chi la spara più grossa " ( faccio un esempio , quando si dimise Ratzinger chiesero il perchè avesse mantenuto l' abito papale bianco , la risposta fu : perchè dentro l' armadio non c'erano altri abiti . Gasp ! Potremo chiamarlo che so : Il Pinocchietto d' oro , e coniare delle belle medaglie da mettere al collo e anche delle belle statuette . jane

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  2. Cara Jane, ma questi qui non si rendono conto che si espongono al ridicolo con le loro folli sparate: e sono cardinaloni di Santa Romana Chiesa ! si è visto come è stato trattato quel povero professore di religione, dalla curia ambroisiana. La difesa dei valori non negoziabili per loro ormai è una bestemmia. E poi il card Pell dice che tocca ai laici combattere la buona battaglia: e loro? hanno altro da fare? zappare i campi ? moglie e figli da accudire ? Siamo all'apostasia totale, irrecuperabile, tranne che con l'intervento diretto del soprannaturtale. Dio ci scampi e liberi da questi modernisti !

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