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martedì 4 agosto 2015

I tromboni si accoppiano

Sinodo, divorziati risposati: un tempo Chiesa li perdonava

Sinodo, "divorziati risposati": Chiesa primo millennio li perdonava - ANSA

"La Chiesa del primo millennio predicava il matrimonio monogamico ma esercitava la misericordia nei confronti di coloro che non erano riusciti a realizzare questo ideale. I divorziati-risposati erano sottoposti alla penitenza pubblica, ma, dopo uno anno o due, venivano riammessi alla piena comunione ecclesiale ed aucaristica".  Ad affermarlo è il teologo don Giovanni Cereti, che, nel recente libro "Matrimonio e misericordia" (Edizioni Dehoniane Bologna), riprende e sintetizza circa quarant'anni di studi da lui dedicati a un tema che resta fra i più dibattuti in vista del prossimo Sinodo sulle famiglia. 


L'importanza di un percorso di conversione
Don Cereti insiste da decenni per una riforma sul tema del divorzio e del nuovo matrimonio che superi l'attuale sistema dei tribunali ecclesiastici. "E' un sistema - sottolinea - che non implica alcun percorso di conversione personale che è invece previsto nel sistema penitenziale da me auspicato". Non a caso, le sue tesi sono state citate dal card. Walter Kasper nell'intervento al Concistoro del febbraio 2014 che ha riaperto la discussione ecclesiale pubblica sul tema.
Un metodo già utilizzato, la prova di Nicea
"Di fronte alle obiezioni di chi sosteneva che questo metodo non fosse mai stato utilizzato nella storia della Chiesa ho potuto dimostrare che la Chiesa dei primi secoli, pur predicando il matrimonio indissolubile, concedeva a chi avesse fallito la possibilità di pentirsi ed essere assolto". La prova - secondo lo studioso - sarebbe nel canone 8 del concilio di Nicea (352) dove si offriva agli eretici "novaziani", anche detti "càtari" o  "puri", la possibilità di rientrare nella Chiesa cattolica a condizione che accettassero "di ammettere alla comunione ecclesiale e eucaristica" due categorie: gli apostati e coloro che vivono in seconde nozze. "Per tanti secoli nella Chiesa latina si è pensato che questo canone, parlando di "seconde nozze", si riferisse solo ai vedovi risposati - spiega Cereti - poiché dal secondo millennio cristiano in poi, e  per molto tempo, non sono esistiti più i divorziati, come in epoca greco-romana. Ma nel primo millennio i divorziati risposati secondo il rito civile c'erano ancora e ad essi si riferiva Nicea". "Questa è la prova certa che la prassi della Chiesa antica - in parte oggi continuata nelle chiese cristiane d'oriente - concedeva la possibilità di seconde nozze ai divorziati dopo un percorso penitenziale e un intervento dell'autorità della Chiesa". "E' una prassi - conclude il teologo - alla quale auspico si ritorni cone le decisioni del prossimo Sinodo. Proprio per far risaltare la bellezza del sacramento del matrimonio, non bisogna, infatti, far passare come matrimonio ciò che non lo è più".
Due visioni di Chiesa
"Leggendo il saggio di don Cereti ho la sensazione che la controversia sui 'divorziati-risposati' celi una contrapposizione ecclesiologica", aggiunge il teologo Brunetto Salvarani. "E' per questo motivo che, in vista del Sinodo, ci si scalda tanto sull'ammissione ai sacramenti dei divorziati- risposati". "Da una parte c'è chi considera la Chiesa la comunità dei 'duri e puri', quelli che 'non sbaglano mai', la 'societas perfecta' delle definizioni pre-conciliari. Dall'altra chi la considera un ente fatto di persone fragili e fallibili, nei confronti delle quali si esercità la misericordia di Dio: quella Chiesa 'in cammino nel mondo' descritta dalla 'Lumen gentium'. E la riforma auspicata da Cereti - spiega Salvarani - va in questa seconda direzione".
Misericordia offerta a tutti
"Non dimentichiamoci che la Chiesa - conclude a questo proposito Cereti - ha ricevuto da Dio il potere di assolvere tutti i peccati, anche il peccato di chi viene meno alla promessa fatta durante la celebrazione del matrimonio". "Naturalmente ci sono casi e responsabilità diverse per quanto riguarda i fallimenti matrimoniali. La Chiesa dovrà valutare caso per caso, per vedere chi può essere ammesso all'Eucarestia. Ma bisogna insistere su questo aspetto dogmatico: la possibilità del perdono c'è".    03/08/2015 18:14

(Fabio Colagrande)
http://it.radiovaticana.va/news/2015/08/03/sinodo,_divorziati_risposati_un_tempo_chiesa_li_perdonava/1162782


TEOLOGIA DEL MATRIMONIO? TUTTA DA RIPENSARE

03/08/2015  Nell'ultimo numero della rivista dei gesuiti, padre Imperatori propone un approfondimento della "prassi pastorale del matrimonio", in sostanza fermo a quanto fissato dal Concilio di Trento.





Va ripensata integralmente la teologia del matrimonio,  che oggi è stata praticamente ridotta all’esaltazione dell’amore di coppia, e soprattutto va riscoperto il “primato di Dio” in un sacramento “di frontiera”. Nell’ultimo numero della Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti i cui articoli sono letti e approvati dalla Segretaria di Stato vaticana prima della pubblicazione,  padre Mario Imperatori spiega che è necessario un nuovo approfondimento teologico della “prassi pastorale del sacramento del matrimonio” che è “sostanzialmente quella fissata a suo tempo dal Concilio di Trento”.

La necessità di una nuova elaborazione della teologia del matrimonio era stata sollecitata anche dai teologi che avevano partecipato ai tre seminari riservati organizzati dal Pontificio Consiglio per la Famiglia e i cui risultati sono stati pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana nel volume Famiglia e Chiesa un legame indissolubile. Padre Imperatori, gesuita svizzero che dirige a Tirana la facoltà di teologica del seminario della Chiesa albanese, sottolinea che oggi c’è un “ruolo preponderante” del diritto canonico con “possibile danno alla dimensione più specificamente teologica del matrimonio”. Il matrimonio infatti viene presentato come un “contratto naturale” che “tra battezzati diventa automaticamente sacramentale”. Insistere sulla legge naturale alla base del matrimonio cristiano è per il gesuita un errore anzi un “paradossale fattore di secolarizzazione del matrimonio cristiano”, nel quale la fede degli sposi ha sempre meno incidenza.

Padre Imperatori arriva a parlare di “boomerang  teologico e pastorale” a causa del fenomeno oggi sempre più rilevante di battezzati che non vivono la loro fede, e che si sposano in chiesa solo per tradizione o perché è più decoroso. Tutto ciò rischia di trasformare il matrimonio in un “sacramento per i non praticanti”. La riflessione si deve spostare invece dal piano canonico e morale a quello teologico, favorendo l’idea che è la relazione con Dio ad avere il ruolo centrale e dunque vitale.  Occorre rendere le persone “consapevoli circa l’importanza e la bellezza della relazione con Dio per poter gustare, vivere e nutrire quella di coppia”.

Padre Imperatori a questo proposito spiega che i corsi in preparazione al matrimonio, così come sono concepiti e cioè come “un pedaggio da pagare per una celebrazione alla quale si avrebbe comunque sempre diritto per legge naturale e per ragioni spesso sociologiche”, vanno cambiati. Quindi bisogna “pensarli e realizzarli in un ‘ottica quanto più possibile evangelizzatrice e come un agile itinerario di discernimento che la comunità cristiana può offrire anche a coloro che già iniziano una relazione di coppia”. Ma essi vanno poi adattati ai “tempi di maturazione e alla fattiva volontà delle coppie coinvolte”. In gioco insomma c’è la fede, cioè l’alleanza tra l’uomo e Dio, che va alimentata e su di essa si fonda il matrimonio e non su un contratto, che in virtù di una fede implicita, eleva a sacramento un istituto naturale.

Il concetto di fede implicita, spiega il gesuita, poteva funzionare in contesti passati “ di cristianità”, quando il matrimonio era solo quello cristiano, garantito dalla forma canonica tridentina. Oggi non è più così e “man mano che ci si inoltra nella modernità e nelle sue sempre più profonde trasformazioni socio culturali, l’incidenza sociale ed esistenziale del fondamento divino della legge naturale si indebolisce sempre di più, fino a svuotare di contenuto reale lo stesso concetto di fede implicita”. 

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