Monsignor Galantino, chi è il "Boldrini della Cei",un alieno in Vaticano poco amato da vescovi e fedeli
«Galantino chi?». Questo pensiero è balenato nella mente di parecchi italiani nei giorni scorsi. O almeno nelle teste di quanti si sono premurati di andare oltre titoli tonanti tipo «La Cei contro la Lega» o «I vescovi contro Salvini». In realtà, il vescovo che - dalle pagine di Famiglia Cristiana - rifilava sganassoni a destra e a manca a proposito di immigrazione era uno solo: monsignor Nunzio Galantino, «numero due» della Conferenza episcopale italiana, di cui è «segretario generale». Incarico che ha sapore di altri tempi, di Cgil e di Pci, e un pochino gli si addice.
Eppure, nonostante i gradi sulla tonaca, il suo nome fino a poche ore fa suscitava più che altro una sconcertante sensazione di vuoto pneumatico, persino fra coloro che sono più addentro alle faccende curiali.
Chi diamine fosse monsignor Galantino se lo sono domandati - in privato ma anche su Facebook - parecchi cattolici quando lessero una delle sue prime interviste esplosive sul Quotidiano Nazionale. «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza», disse il prelato, con il garbo di un bisonte che ballasse il tip tap in una rivendita di porcellane. Com’è facile intuire, quanti si erano impegnati nelle campagne «pro vita» non la presero bene. Sia per i contenuti sia per il tono, inusuale per un sacerdote in quella posizione. La domanda restava: chi è Galantino e chi gli consente di parlare così?
Nunzio Galantino è nato a Cerignola (Foggia) il 16 agosto del 1948 (il compleanno si avvicina: auguri, monsignore). Studi in seminario, poi la laurea in Filosofia a Bari con una tesi sul teologo Dietrich Bonhoeffer. Abilitazione all’insegnamento alle superiori, quindi la facoltà teologica e una carriera ecclesiastica nemmeno troppo straordinaria. Nel 2008 è diventato responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Cei, e sembrava il massimo raggiungibile sul piano accademico. Nel 2011, fu ordinato vescovo di Cassano all’Jonio, minuscola diocesi in provincia di Cosenza. Non proprio la serie A dei prelati, diciamo così. Una lega minore, tranquilla, da cui non ci si aspetta certo di guadagnare la maglia della nazionale. E invece...
Invece è arrivato Bergoglio. Deciso a passare la ramazza in curia, papa Francesco si è messo a cercare «pastori» che avessero dimestichezza con le «pecorelle». Galantino sembrava perfetto. A Cassano viveva in seminario, senza particolari lussi. Invitava il suo gregge a chiamarlo «Don Nunzio», come un prete di campagna. Era fatta: il 28 dicembre 2013 il pontefice lo ha nominato segretario generale ad interim della Cei, e il 25 marzo del 2014 lo ha confermato per cinque anni.
Se Galantino parla come parla e sfoggia certi toni, è perché il papa lo ha scelto personalmente. E di questo rapporto «Don Nunzio» fa gran vanto. Ci tiene a far passare l’idea che lui sia una sorta di «portavoce» di Bergoglio, l’uomo della svolta dopo l’era di Ruini, un sacerdote del popolo in opposizione alle oligarchie. A partire dal suo diretto superiore, il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Il quale, all’esuberante sottoposto, ha sempre reagito con contegno. Se non proprio con il silenzio, ad esempio dopo le polemiche contro la Lega. Dal capo dei vescovi non si è levata una voce. Ma nemmeno gli altri prelati si sono scapicollati a difendere Galantino. Attorno a lui si percepisce una certa freddezza. Ovvio, si dirà: è lo sdegno del clero aristocratico verso l’uomo che ci ha tenuto a far sapere che non avrebbe preso dimora fissa a Roma, ma avrebbe fatto «il pendolare» dalla Calabria.
Beh, ci sarà anche un po’ di fastidio per il parvenu che rompe le trame nel paniere vaticano. Ma pare molto più diffusa l’idea che «Don Nunzio» sia uno che non si rende ben conto della posizione ricoperta. E parla in libertà facendosi scudo del rapporto con Francesco (chissà quanto forte, in verità). Lo dimostra il fatto che Galantino si smentisce da solo. Prima di recarsi in visita al Parlamento europeo, ha usato parole ruvide per opporsi ai «vecchi collateralismi con candidati, con partiti o con movimenti politici». Poi ha dichiarato: «Noi cristiani, sacerdoti e laici, dobbiamo dare un forte contributo per evitare gli eccessi, le divisioni, i rancori nelle nostre comunità». Per fortuna. Non c’è esternazione del segretario che non abbia creato scompiglio. Dopo il referendum in Irlanda sui matrimoni gay, disse che «la risposta non può essere quella dell’arroccamento», e subito si guadagnò un invito nel salotto di Fabio Fazio, dove Massimo Gramellini tentò di farne un santino dell’apertura mentale. Parlando di islam, criticò quanti «paventano addirittura un’Europa già conquistata» e pose sostanzialmente sullo stesso piano il «fondamentalismo occidentale» di chi rifiuta a priori il dialogo con l’islam e il fondamentalismo dello Stato islamico. Pure il Corriere gli rispose per le rime. Nunzio replicò con un peana dedicato ai palestinesi. Poi, Galantino si è dedicato a gettare bombette fra i cattolici. Sempre in materia di «difesa della vita», disse alla rivista Il Regno che a lasciarlo perplesso erano «gli atteggiamenti di violenza, anche verbale, con i quali si difendono i valori». Alle parole, sono seguiti i fatti. Come riportano molte voci di area cattolica, Galantino si oppose in tutti i modi alla mobilitazione del 20 giugno dei cosiddetti «no gender». Non gli riuscì d’impedirla, potè però smussarne i toni. Fu comunque un successo di partecipazione, come ribadirono i promotori, secondo cui ci furono «un milione» di aderenti.
Alla gran parte di essi, suonò strano che Galantino si mettesse di traverso: dopo tutto, fu proprio la Cei a farsi promotrice dei primi Family Day. Una spiegazione la dà il sito cattolico La Bussola quotidiana, secondo cui Galantino intende frenare tutte le azioni contro il ddl Cirinnà sull’insegnamento del «gender» nelle scuole. Il sito riferisce pure di «una cena riservata che Galantino avrebbe avuto con la parlamentare Monica Cirinnà». Cena smentita dal diretto interessato, ma confermata da molti sottovoce. In sostanza, sarebbe l’uomo dell’accordo col governo: in cambio di un atteggiamento morbido sulle scuole paritarie (Imu e finanziamenti), metterà il freno ai cattolici sui diritti civili. Secondo la Bussola, avrebbe imposto ai media di area di «oscurare» la manifestazione del 20 giugno. Operazione riuscita: un articolo di taglio su Avvenire, silenzio su Tv2000 (da cui Dino Boffo fu rimosso poco dopo l’arrivo di Nunzio).
Ecco perché, nonostante le smentite, l’opinione diffusa fra i bene informati è che le frasi sull’immigrazione Galantino le abbia dette così come sono apparse su Famiglia Cristiana. Vuol essere più papista del papa, a costo di ritrovarsi isolato nella Chiesa. Se Francesco dice dieci, lui spara mille. Dimentico della frase di Bonhoeffer che campeggia sul suo sito: «Non dobbiamo proporci l’impossibile». Un invito alla modestia, che Nunzio ha puntualmente disatteso.
di Francesco Borgonovo
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/11820142/Monsignor-Galantino--chi-e-il.html
Eppure, nonostante i gradi sulla tonaca, il suo nome fino a poche ore fa suscitava più che altro una sconcertante sensazione di vuoto pneumatico, persino fra coloro che sono più addentro alle faccende curiali.
Chi diamine fosse monsignor Galantino se lo sono domandati - in privato ma anche su Facebook - parecchi cattolici quando lessero una delle sue prime interviste esplosive sul Quotidiano Nazionale. «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza», disse il prelato, con il garbo di un bisonte che ballasse il tip tap in una rivendita di porcellane. Com’è facile intuire, quanti si erano impegnati nelle campagne «pro vita» non la presero bene. Sia per i contenuti sia per il tono, inusuale per un sacerdote in quella posizione. La domanda restava: chi è Galantino e chi gli consente di parlare così?
Nunzio Galantino è nato a Cerignola (Foggia) il 16 agosto del 1948 (il compleanno si avvicina: auguri, monsignore). Studi in seminario, poi la laurea in Filosofia a Bari con una tesi sul teologo Dietrich Bonhoeffer. Abilitazione all’insegnamento alle superiori, quindi la facoltà teologica e una carriera ecclesiastica nemmeno troppo straordinaria. Nel 2008 è diventato responsabile del Servizio nazionale per gli Studi superiori di Teologia e di Scienze religiose della Cei, e sembrava il massimo raggiungibile sul piano accademico. Nel 2011, fu ordinato vescovo di Cassano all’Jonio, minuscola diocesi in provincia di Cosenza. Non proprio la serie A dei prelati, diciamo così. Una lega minore, tranquilla, da cui non ci si aspetta certo di guadagnare la maglia della nazionale. E invece...
Invece è arrivato Bergoglio. Deciso a passare la ramazza in curia, papa Francesco si è messo a cercare «pastori» che avessero dimestichezza con le «pecorelle». Galantino sembrava perfetto. A Cassano viveva in seminario, senza particolari lussi. Invitava il suo gregge a chiamarlo «Don Nunzio», come un prete di campagna. Era fatta: il 28 dicembre 2013 il pontefice lo ha nominato segretario generale ad interim della Cei, e il 25 marzo del 2014 lo ha confermato per cinque anni.
Se Galantino parla come parla e sfoggia certi toni, è perché il papa lo ha scelto personalmente. E di questo rapporto «Don Nunzio» fa gran vanto. Ci tiene a far passare l’idea che lui sia una sorta di «portavoce» di Bergoglio, l’uomo della svolta dopo l’era di Ruini, un sacerdote del popolo in opposizione alle oligarchie. A partire dal suo diretto superiore, il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Il quale, all’esuberante sottoposto, ha sempre reagito con contegno. Se non proprio con il silenzio, ad esempio dopo le polemiche contro la Lega. Dal capo dei vescovi non si è levata una voce. Ma nemmeno gli altri prelati si sono scapicollati a difendere Galantino. Attorno a lui si percepisce una certa freddezza. Ovvio, si dirà: è lo sdegno del clero aristocratico verso l’uomo che ci ha tenuto a far sapere che non avrebbe preso dimora fissa a Roma, ma avrebbe fatto «il pendolare» dalla Calabria.
Beh, ci sarà anche un po’ di fastidio per il parvenu che rompe le trame nel paniere vaticano. Ma pare molto più diffusa l’idea che «Don Nunzio» sia uno che non si rende ben conto della posizione ricoperta. E parla in libertà facendosi scudo del rapporto con Francesco (chissà quanto forte, in verità). Lo dimostra il fatto che Galantino si smentisce da solo. Prima di recarsi in visita al Parlamento europeo, ha usato parole ruvide per opporsi ai «vecchi collateralismi con candidati, con partiti o con movimenti politici». Poi ha dichiarato: «Noi cristiani, sacerdoti e laici, dobbiamo dare un forte contributo per evitare gli eccessi, le divisioni, i rancori nelle nostre comunità». Per fortuna. Non c’è esternazione del segretario che non abbia creato scompiglio. Dopo il referendum in Irlanda sui matrimoni gay, disse che «la risposta non può essere quella dell’arroccamento», e subito si guadagnò un invito nel salotto di Fabio Fazio, dove Massimo Gramellini tentò di farne un santino dell’apertura mentale. Parlando di islam, criticò quanti «paventano addirittura un’Europa già conquistata» e pose sostanzialmente sullo stesso piano il «fondamentalismo occidentale» di chi rifiuta a priori il dialogo con l’islam e il fondamentalismo dello Stato islamico. Pure il Corriere gli rispose per le rime. Nunzio replicò con un peana dedicato ai palestinesi. Poi, Galantino si è dedicato a gettare bombette fra i cattolici. Sempre in materia di «difesa della vita», disse alla rivista Il Regno che a lasciarlo perplesso erano «gli atteggiamenti di violenza, anche verbale, con i quali si difendono i valori». Alle parole, sono seguiti i fatti. Come riportano molte voci di area cattolica, Galantino si oppose in tutti i modi alla mobilitazione del 20 giugno dei cosiddetti «no gender». Non gli riuscì d’impedirla, potè però smussarne i toni. Fu comunque un successo di partecipazione, come ribadirono i promotori, secondo cui ci furono «un milione» di aderenti.
Alla gran parte di essi, suonò strano che Galantino si mettesse di traverso: dopo tutto, fu proprio la Cei a farsi promotrice dei primi Family Day. Una spiegazione la dà il sito cattolico La Bussola quotidiana, secondo cui Galantino intende frenare tutte le azioni contro il ddl Cirinnà sull’insegnamento del «gender» nelle scuole. Il sito riferisce pure di «una cena riservata che Galantino avrebbe avuto con la parlamentare Monica Cirinnà». Cena smentita dal diretto interessato, ma confermata da molti sottovoce. In sostanza, sarebbe l’uomo dell’accordo col governo: in cambio di un atteggiamento morbido sulle scuole paritarie (Imu e finanziamenti), metterà il freno ai cattolici sui diritti civili. Secondo la Bussola, avrebbe imposto ai media di area di «oscurare» la manifestazione del 20 giugno. Operazione riuscita: un articolo di taglio su Avvenire, silenzio su Tv2000 (da cui Dino Boffo fu rimosso poco dopo l’arrivo di Nunzio).
Ecco perché, nonostante le smentite, l’opinione diffusa fra i bene informati è che le frasi sull’immigrazione Galantino le abbia dette così come sono apparse su Famiglia Cristiana. Vuol essere più papista del papa, a costo di ritrovarsi isolato nella Chiesa. Se Francesco dice dieci, lui spara mille. Dimentico della frase di Bonhoeffer che campeggia sul suo sito: «Non dobbiamo proporci l’impossibile». Un invito alla modestia, che Nunzio ha puntualmente disatteso.
di Francesco Borgonovo
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/11820142/Monsignor-Galantino--chi-e-il.html
Ma che cosa pretendiamo da uno che sceglie come 'maestro' Bonhoeffer?
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