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lunedì 10 agosto 2015

Il piazzista CEI

Migranti, chi ha ragione: Grillo-Salvini o Papa Francesco?

Guarda la versione ingrandita di Le statistiche del ministero dell'Interno sui respingimenti (La Stampa)
Le statistiche del ministero dell'Interno sui respingimenti (La Stampa)ROMA – Dal 1° gennaio 2015 al 31 luglio sono già100.000 i migranti che sono arrivati in Italia. SecondoJorge Mario Bergogliodal marzo 2013 Papa Francesco, “respingerli è un atto di guerra”. Sono le testuali parole del Papa pronunciate davanti al Movimento Eucaristico Giovanile il 7 agosto scorso. Il 17 giugno, nel corso di un’udienza generale a San Pietro, Francesco aveva invitato a “chiedere perdono per le istituzioni e le persone che chiudono le loro porte a gente che cerca aiuto e cerca di essere custodita” mentre il 30 maggio aveva sottolineato come sia “un attentato alla vita” lasciar morire i migranti sui barconi.

Opposta è la posizione di Matteo Salvini, dal dicembre 2013 segretario della Lega Nord. Per Salvini respingere i migranti “è un dovere”. “Con tutto il dovuto rispetto” per le parole di Bergoglio: non consentire l’ingresso è “un dovere”. Da tempo Salvini insiste sul punto che se il Papa vuole accogliere i migranti deve prendersene qualcheduno in Vaticano. Così nell’ultimo post su Facebook ha ribadito il concetto: “Altri 800 clandestini sbarcati in Italia. Li staranno portando a Bruxelles o in Vaticano…?”.
Anche Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, è contrario all’accoglienza dei migranti. Sul suo blog sono stati pubblicati i 4 punti proposti da Vittorio Bertola, consigliere comunale M5S a Torino:
“Giro di vite sui permessi di soggiorno per protezione umanitaria, che solo l’Italia concede in massa.
Sorveglianza più stretta dei profughi nel sistema di accoglienza.
Istituzione di sistemi efficienti per il rimpatrio forzato delle persone cui viene respinta la domanda di asilo. Procedura specifica per la trattazione dei ricorsi contro il diniego dell’asilo”.
di Edoardo Greco
Tu con chi sei d’accordo, con Grillo e Salvini o con il Papa? Partecipa al sondaggio:

RISULTATI:


Sui migranti chi ha ragione secondo te?

RispostaVotiPercentuale
Hanno ragione Grillo e Salvini
 
78%
Ha ragione papa Francesco
 
21%
http://www.blitzquotidiano.it/sondaggi/migranti-chi-ha-ragione-grillo-salvini-2250364/

Ecco come Galantino (Cei) redarguisce Grillo e Salvini (senza citarli)



Sono “piazzisti da quattro soldi” coloro che in queste settimane speculano sulle tragedie dei migranti e alimentano una percezione distorta sulla loro possibile accoglienza. A parlare è monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, rivolgendosi – anche se indirettamente – alle dichiarazioni di Matteo Salvini e Beppe Grillo sulla gestione dei migranti.
Monsignor Galantino è stato intervistato da Radio Vaticana, al ritorno dalla missione in Giordania in cui ha incontrato tanti cristiani rifugiati nel Regno Hashemita e che scappano dalle persecuzioni dell’Isis.
In Giordania, ha raccontato il segretario generale della Cei, accolgono oltre due milioni di rifugiati senza lamentarsi “non perché loro hanno più mezzi, probabilmente hanno solo un cuore un poco più grande; probabilmente vogliono veramente mettere vita con vita con queste persone”.
LE PAROLE DI GRILLO E SALVINI
Non sono nuove le sortite anti immigrati provenienti da Matteo Salvini, a cui sabato 8 agosto si sono aggiunte le parole di Vittorio Bertola, consigliere comunale M5S Torino, pubblicate sul sito di Beppe Grillo. Stretta sui permessi di soggiorno e sulle richieste di asilo, rimpatrio di chi non ne ha diritto e sorveglianza più stretta dei profughi nei centri di accoglienza sono – in sintesi – le proposte di Bertola per gestire al meglio gli arrivi di immigrati.
Da parte sua, Matteo Salvini aveva già risposto alle parole dure di Papa Francesco sui respingimenti – “Respingere i profughi è un atto di guerra” – chiedendosi, dopo lo sbarco di 800 rifugiati, tramite la sua pagina Facebook se “Li staranno portando a Bruxelles o in Vaticano…?”.
COSA DISTINGUE LA GIORDANIA DALL’ITALIA
“La Giordania ha una popolazione che è di circa 6 milioni, 6 milioni e mezzo, – ha spiegato monsignor Galantino a Radio Vaticana – ma sapete che lì ci sono due milioni e mezzo di profughi che vengono accolti? Allora io penso che quello che distingue la Giordania, il Kurdistan iracheno e le altre zone che stanno accogliendo i profughi in questo momento dall’Italia, da noi è questo: non perché loro hanno più mezzi, probabilmente hanno solo un cuore un poco più grande; probabilmente vogliono veramente mettere vita con vita con queste persone”.
Per il segretario generale della Cei, dunque, la questione migranti non è solo un fatto di ordine pubblico, come sembra essere, invece, per Salvini e Grillo, ma di capacità di accoglienza.
In termini economici e organizzativi l’Unione Europea ha stanziato gli scorsi giorni finanziamenti per il Fondo asilo, migrazione e integrazione e per il Fondo per la sicurezza interna, ma non c’è ancora un piano comune per l’accoglienza (qui tutti i dettagli).
L’ACCOGLIENZA SECONDO PAPA FRANCESCO

E le parole del segretario generale della Cei Galantino, hanno lo stesso tenore di quelle pronunciate da Papa Francesco durante il centenario del Movimento Eucaristico Giovanile. Per il Pontefice “quando identità diverse vivono insieme, sempre ci saranno i conflitti, ma – ha scandito – soltanto col rispetto dell’identità dell’altro si risolve il conflitto. Le tensioni si risolvono nel dialogo, i veri conflitti sociali e culturali si risolvono col dialogo ma prima con il rispetto dell’identità dell’altra persona”.
10 - 08 - 2015Simona Sotgiu




C’è un modo diverso di essere europeisti. Anzi due.


“Nessuno vi ha invitati. Ma adesso che siete qui, dovete rispettare le nostre norme, come noi rispettiamo le vostre quando andiamo nei vostri paesi. Se non vi piace qui, andatevene”. E’ la frase che il presidente ceco Milos Zeman ha rivolto ai clandestini, che avevano organizzato una rivolta in un centro di ritenzione a nord-est della repubblica, compiendo atti di vandalismo; la polizia aveva dovuto far ricorso ai lacrimogeni. Un tipo di cose cui siamo assuefatti noi, ma nei paesi civili fanno ancora una certa impressione.
Indignazione ufficiale e ufficiosa dei “grandi” media, mentre la frasetta è diventata (come si dice) “virale sul web”. E’ tipica patologia del nostro tempo che le più ovvie asserzioni di verità siano vietate, e che chi le pronuncia sia additato come uno scandaloso o (secondo i casi) come un coraggioso alternativo. Sono forse stati invitati, i clandestini? No. Esigere che rispettino “le nostre norme” è forse una pretesa assurda, che denota mancanza di carità? Se no, possono andarsene da casa nostra: Zeman dice la verità. Che cattiveria!
La Stampa, divenuta sotto la direzione del Calabresi l’Amerikano il modello del politicamente corretto più viscido e untuoso, qualche settimana fa’ ha voluto assestare il calcio dell’asino (è la sua specialità) su Orban. “L’Ungheria alza un muro contro i migranti”, e commenta: “Nuove cortine di ferro rischiano di spuntare in Europa”.
Un esempio di furfanteria giornalista impunito (come tanti altri). Naturalmente si tace che l’Ungheria ha 9 milioni di abitanti e vede arrivare decine di migliaia di immigranti ogni mese.
Quanti milioni se ne devono accettare? Quando è il momento di dire basta prima che la popolazione nazionale si trovi uno straniero in ogni casa?
Ecco un’altra domanda che è vietato porre (si ricordi: il “divieto di far domande”, ossia di porre le questioni che contano, è il segno più certo che siamo oppressi da un totalitarismo) : quanti ne dobbiamo accogliere, In Italia, di africani negri subsahariani? Verso cui (scusate, lo so, non si può dire) l’ Italia non ha alcun obbligo storico, non essendo stati mai colonizzati da noi? L’intera popolazione africana supera ormai il miliardo. Ci sarebbero i cristiani siriani, verso cui abbiamo magari un obbligo più alto, prima dei negri. Ci sarà pure un limite, scusate tanto, dopo il quale si ha il diritto (magari il dovere) di dire basta, e cominciare a respingere?
Hai fatto la domanda! Xenofobo! Senza carità!
Impara dal papa Bergoglio che dice che bisogna accoglierli tutti. Non avete sentito? “Respingere gli immigrati in mare è un atto di guerra” I media più atei e secolari hanno tutti ciucciato e risputato con delizia e voluttà l’ultima casuale espettorazione pontificia: tacendo che la frase era detta in tutt’altro contesto; parlava a giovani asiatici della tragedia che si sta consumando in quei mari, dove i fuggiaschi dal regime del Myanmar sulle barche, vengono rimandati indietro da paesi come la Tailandia, la Malesia e l’Indonesia. Perché noi, gli immigrati, non li respingiamo in mare, nemmeno uno; anzi li andiamo a prendere appena gli scafisti ci chiamano col satellitare. Certo Bergò non parlava di noi, stavolta.
Un’altra furfanteria giornalistica , naturalmente: ma ogni colpo basso è lecito, perchè si tratta di smentire, dar torto e demonizzare – tenetevi forti – Salvini. I progressisti esibiscono la loro “solidarietà” senza limiti, si fanno papisti, per uno scopo: esprimere odio. Verso un avversario politico.
Il politicamente corretto è infatti uno strumento per esprimere odio con (falsa) buona coscienza. In questo caso, si tinge di buonismo, o financo di “amore per il lontano” onde poter sputare veleno sul vicino, il concittadino.
Il politicamente corretto è odio in sé (basta vedere la faccia della Boldrini: quando esala uno dei suoi decretali, è storta dall’odio).
Così possono lasciar inevasa la domanda: quando si può dire basta?
Domanda che non si deve fare.
Poi ce n’è un’altra che Boldrini, Napolitano, Mattarella, Bersani, (per fare qualche nome) giornalisti, prelati e politici caritatevoli non fanno mai. Come mai arrivano tutti questi immigrati? Qual è la causa di questa ondata?

Il  presidente  Zeman  ha osato dirlo:  “Di questo grande afflusso di rifugiati e di clandestini illegali verso l’Europa sono responsabili gli Stati Uniti ed i paesi europei che hanno partecipato nella esecuzione dei piani dementi attuati in paesi come l’Iraq, la Libia e la Siria”.
Il presidente Zeman ha osato dirlo: “L’ondata di migranti prende origine dalla idea assurda di lanciare un intervento militare in Irak, accusato di avere armi di distruzione di massa mentre non è stato trovato niente”.  Poi se l’è presa con la voglia americana di “restaurare l’ordine in Libia” e destabilizzare la Siria, ma con piena complicità degli europei che “hanno aiutato a coordinare le operazioni in Libia”, seminando il caos dove prima c’erano degli Stati. Da queste destabilizzazioni sono nati i gruppi terroristi islamisti che adesso contribuiscono a far fuggire profughi dal Medio Oriente col terrore.
Pensate un po': è qualcosa che sanno tutti, e nessuno lo dice. Che la colpa sia dell’Impero del Caos, delle destabilizzazioni che ha sparso e sta spargendo in Nordafrica, in Medio Oriente e in Europa (Ucraina) su pulsione di un progetto israeliano e neocon, è evidente per sé. Non lo dice il presidente Mattarella, non lo dice il Papa. Figurarsi se lo dicono la Merkel e Hollande o Cameron, o Juncker. Non lo dicono i politici e i giornalisti.
La dice il presidente di una piccolissima repubblica ceka, Milos Zeman.
Del resto, è lui, Zeman, che l’aprile scorso ha annunciato che andava a Mosca per la parata celebrativa della fine della seconda guerra mondiale, mentre tutti gli europoidi la disertavano i odio a Putin. E siccome l’ambasciatore Usa (tal Schapiro..) l’aveva rimproverato, lui ha rifiutato di accoglierlo al palazzo di Praga, dicendo: «Fatico a immaginare l’ambasciatore ceco a Washington che dice al presidente degli Stati Uniti dove debba andare. E non permetterò a un ambasciatore di interferire con i miei programmi di viaggio». Mostrando che non c’è bisogno di esesre dei giganti militari per avere una dignità, e saperla difendere.
Viene il dubbio: che esista un altro modo di essere europei.
E’ un’altra domanda che è vietato fare, figurarsi poi praticarla.

Viktor Orban


Victor Orban, nazionalista ungherese, sulla scena politica dall’89, primo ministro all’età di  35 anni. Nel 2002 perde le elezioni; otto anni d’opposizione. Quando il popolo magiaro lo riporta al governo nel 2010, non nasconde la sua visione: il modello liberista d’Europa è fallimentare, l’Ungheria (in mano alle banche e agli interessi stranieri, che hanno comprato i suoi beni comuni) ne ha sofferto troppo; la via è la riconquista della sovranità ceduta. Lo anima una precisa idea dell’interesse nazionale. Riprende il controllo dei settori strategici di Stato, perduto con la “apertura ai capitali stranieri” nel 1989. Le ditte fornitrici di gas, elettricità ed acqua sono straniere? Lui però impone il controllo dei prezzi, e le carica di imposte. L’introito fiscale conseguente consente il risanamento delle finanze pubbliche. Nel 2008, rimorsa in anticipo l’ultima tranche del prestito contratto con
il Fondo Monetario, liberandosi così della tutela dell’ente pignoratore globale e dei “consigli” dei suoi cosiddetti esperti.
La demografia ungherese è in tragico calo (tasso di fecondità 1,41); Orban facilita l’accesso alla cittadinanza a tutti coloro che sono di origine magiara, ma sono fuori dai confini dello stato attuale. E’ un tema delicato e scottante: colpevole di essere rimasta fedele all’impero absburgico, l’Ungheria è stata saccheggiata e lacerata alla fine delle Grande Guerra, col trattato di Trianon. I paesi vicini ne hanno divorato intere regioni e popolazioni, le viene negato lo sbocco al mare che aveva in Croazia, la superficie del territorio è stata ridotta dei due terzi, la popolazione passa da 19 a 7 milioni. Ciò significa che ancor oggi ci sono più ungheresi fuori dall’Ungheria, che dentro: fratelli, la cui lingua e il cui aspetto li distingue e rende inconciliabili agli slavi. Una ferita – un’offesa – che il piccolo eroico popolo non ha mai dimenticato d’aver ricevuto dalle potenze europee vincitrici, , e che spiega la “deviazione” dall’europeismo beota e servile degli altri, italiani compresi, e il perseguimento di una via originale.
L’economia è troppo dipendente dalla UE (il 76% degli scambi commerciali avvengono con la Unione); Orban apre a Russia e Cina, facilita il rilascio di visti di lunga durata ai cinesi, sperando così di attrarre loro capitali, iniziative, dinamismo economico. Con Mosca, cerca di approfondire relazioni politiche oltre che economiche. Ha fortemente criticato la politica europea delle sanzioni alla Russia, che danneggia il suo stato.
Per questo, la Nuland lo ha minacciato direttamente senza nominarlo in un discorso fatto in Romania l’estate del 2014: “Come si può dormire sotto la coperta dell’articolo 5 della NATO – ha tuonato la Nudelman in Kagan – di notte, e promuovere la ‘democrazai illiberale’ di giorno; eccitare il nazionalismo; restringere la libertà di stampa, e demonizzare la società civile?”. La “società civile” sono, ovviamente, le ONG e le “spontanee” organizzazioni di “cittadini” da utilizzare per rivoluzioni colorate.
Ovviamente, le autorità europee eseguono, lanciano continue procedure d’inflazione contro
Budapest. Le multinazionali spoliatrici lamentano di soffrire di politiche discriminatorie, e premono su Bruxelles, Berlino, Washington, perché sia riportato l’ordine della “libera” competizione . Juncker (calcio dell’asino) insulta Orban pubblicamente dandogli del “benvenuto dittatore” e salutandolo col saluto fascista.
Orban gioca sul filo del rasoio. Non può fare a meno degli aiuti UE – che peraltro gli spettano come a qualunque stato sfavorito – che valgono il 97% degli investimenti pubblici. Ma persegue la sua politica, con risultati che – inaudito – segnano un relativo successo. Fra i successi c’è il fatto che la GDF Suez (la multinazionale francese) ha preferito cedere le attività elettriche che s’era accaparrata durante le “liberalizzazioni”; alla MET Zrt, azienda ungherese: una nazionalizzazione (ma non lo dite!). Nel gennaio 2014, Budapest annuncia che Rosatom (russa) costruirà due reattori per la centrale atomiche di Paks: ricerca di autosufficienza energetica? (ma non si può dire). Un mese dopo, Orban incontra Xi Jinpin e parlano di relazioni economiche.
Intanto, le tasse pagate dalle multinazionali in fuga hanno permesso di ridurre il debito, e abbassare il deficit sotto il mitico livello del 3% (al 2,7 nel 2013) che è la pietra di paragone della virtù germanico-europoide: quando riduci il deficit sotto il 3, chi ti può criticare? Non è politicamente corretto.
La crisi mondiale in corso dal 2008, ovviamente, colpisce anche l’Ungheria; nonostante che il paese abbia fatto meglio di molti altri della UE a livello macroeconomico, parte crescente della popolazione si impoverisce . Come in Italia, meno che in Spagna e Portogallo, o in Grecia: ma qui i nemici infileranno il cuneo per provocare una rivoluzione colorata. La sola forza di Orban è il suo seguito popolare inalterato. E’ qui che cercano di usurare, puntando sui malcontenti. Nell’ottobre 2014, la proposta di porre una tassa su Internet (50 cents per ogni gygabite scaricato) ha suscitato una spontanea protesta; Orban ha ritirato la proposta. Commento di Repubblica: “A volte anche gli autocrati sono costretti a cedere alle proteste popolari e alle critiche internazionali, americane o dell’Unione europea”. Ah, ecco.
A gennaio ci hanno riprovato: manifestazione contro l’avvicinamento alla Russia. Grandissima, “almeno cinquemila persone”, titolano i giornali italiani: “Da ottobre, da quando il governo ha presentato una tassa sull’uso di internet, poi ritirata, nel paese si svolgono regolarmente manifestazioni contro l’esecutivo”. Ah ecco, è la famosa società civile di cui parlava la Nudelman.
Altra prova della “società” civile a luglio: stavolta, la protesta è contro “Il muro anti-immigrati” che tanto spiace a a Bruxelles. Numero dei manifestanti “un migliaio”. Nelle zone dove il reticolato viene levato (175 chilometri) “la gente è piuttosto favorevole”.
Un giorno o l’altro però ci riusciranno, a fare la rivoluzione colorata e ad espandere la democrazia anche lì. Fino a quel giorno, Orban, con il ceko Zeman, resistono a mostrare che c’è un modo diverso di essere europei.
Gli Usa colpiscono Assad oltre che i jihadisti
di Gianandrea Gaiani05-08-2015
Miliziani di Al Nusrah
L’ambiguità dilaga nella guerra, sempre più da barzelletta, della Coalizione internazionale contro lo Stato Islamico. A dieci giorni dall’intervento militare turco contro lo Stato Islamico ma soprattutto contro i curdi che dei jihadisti sono acerrimi nemici, anche gli Stati Uniti avviano una nuova campagna aerea che non può non suscitare perplessità.
Dopo i reiterati attacchi condotti dai miliziani qaedisti del Fronte al-Nusra (un tempo rivali dell’Isis ma che oggi collaborano in diverse zone del fronte con gli uomini del Califfo) contro i miliziani siriani “moderati” del movimento “Nuova Siria”  addestrati dai consiglieri militari americani in Turchia, il Pentagono ha minacciato di attaccare i qaedisti ma pure i reparti governativi siriani che combattono accanitamente contro al-Nusra e le altre milizie islamiste. Il 31 luglio sarebbe stata lanciata quella che il portavoce Bill Urban ha definito  “la prima di una serie di incursioni” contro i qaedisti. L’amministrazione Obama ha annunciato “misure addizionali” per difendere le forze filo-americane sul terreno e ha lanciato un monito al regime di Assad affinché “non interferisca”. 
Di recente gli Stati Uniti hanno addestrato ed equipaggiato un gruppo di poche decine di miliziani (dovevano essere 3/5mila quest’anno ma non hanno trovato molti volontari) per combattere le milizie jihadiste dello Stato islamico ma pure il governo del presidente Bashar al Assad. Come le residue forze laiche rimaste nel conflitto civile siriano, anche la “Nuova Siria” non ha alcun peso militare né nelle operazioni contro l’Isis né in quelle contro Damasco. Del resto è difficile comprendere come poche decine di uomini  appena addestrasti possano combattere al tempo stesso contro l’Isis e contro i suoi nemici. Paradossale poi che ad attaccare i miliziani “moderati” non siano le forze dello Stato Islamico ma i qaedisti di al-Nusra ormai “sdoganati” nell’alleanza Esercito della Conquista  che riunisce anche salafiti e fratelli musulmani. Movimento molto forte nell’area settentrionale di Idlib che gode dell’appoggio finanziario e militare di Arabia Saudita, Qatar e Turchia, cioè degli alleati degli USA.
Una conferma ulteriore di come l’ampio fronte di movimenti che combatte Assad sia composto ormai esclusivamente da milizie jihadiste che non tollerano la presenza di forze laiche. E se oggi l’Esercito della Conquista non si mischia con l’ISIS è solo per una questione di opportunità anche se l’intesa con il Califfato contro il regime di Damasco sembra essere ben oliata. Il 2 agosto il Fronte al-Nusra ha pubblicato un video in cui appaiono alcuni membri delle milizie ribelli siriane addestrati dagli Stati Uniti catturati nei pressi di Aleppo. Nel filmato, pubblicato ieri su Youtube, il gruppo terrorista che rappresenta al Qaeda in Siria, ha precisato che i guerriglieri sono stati catturati per la loro collaborazione con le forze della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato islamico responsabile di diversi attacchi anche contro il Fronte al Nusra.
Vale la pena ricordare infatti che all’avvio delle operazioni aeree della Coalizione in Siria, il 23 settembre scorso, i primi raid aerei statunitensi presero di mira anche il Fronte al-Nusra uccidendo, a quanto risultò all’epoca, una cinquantina di miliziani inclusi alcuni comandanti. Nel video compaiono cinque uomini in piedi con la mani dietro la testa e sorvegliati da due uomini armati. Uno dei prigionieri afferma di essere stato arruolato dagli Stati Uniti e di essere stato addestrato in Turchia. Uno degli uomini di al-Nusra dichiara nel video che la cattura dei guerriglieri è un modo “per indebolire la mano dell’Occidente e degli Stati Uniti in Siria”, sottolineando la loro provata cooperazione con le forze della coalizione per individuare le posizioni e movimenti del Fronte al Nusra.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, aveva diffuso il 30 luglio un comunicato secondo cui il Fronte al Nusra aveva sequestrato nella campagna a nord di Aleppo il colonnello Nadim al Hassan, leader del “Gruppo 30” dell’esercito libero, a capo della prima unità di combattenti addestrati ed equipaggiati dagli Stati Uniti composta da appena 54 uomini. Il Pentagono ha dapprima negato la cattura di elementi ribelli addestrati in Turchia ma ieri al Nusra ha annunciato la  cattura di altri cinque guerriglieri siriani addestrati dagli Stati Uniti. Secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani (Ong vicina ai ribelli e con sede a Londra) negli scontri tra “Nuova Siria” e al Nusra i filo-americani avrebbero registrato almeno un caduto (dieci secondo altre fonti) mentre i prigionieri in mano ai qaedisti sarebbero 13, in parte catturati nel campo profughi di Qah, a ridosso del confine turco dove i filo-americani si sarebbero rifugiati.
Di fatto solo i raid aerei Usa hanno impedito che il “Gruppo 30” venisse annientato dai qaedisti, valutazione che da sola dovrebbe sconsigliare Washington dall’allargare la minaccia di attacchi alle forze di Damasco, le uniche in grado di sconfiggere al-Nusra e le altre milizie jihadiste. Lunedì infatti le forze speciali di Assad  hanno riconquistato la località strategica di Tal Hamki, situata a nord-est della pianura di al-Ghaab, vicino al governatorato nord occidentale di Latakia sconfiggendo le forze di al-Nusra. Invece di aiutare le truppe di Damasco, gli Stati Uniti minacciano di prenderle di mira continuando a perseguire una strategia che sarebbe folle se l’obiettivo fosse distruggere i jihadisti ma che al contrario risulta ”lungimirante” se lo scopo reale è seminare caos e destabilizzazione in tutta la regione. Non a caso la Russia, alleata di Damasco, preme invece per allargare la Coalizione internazionale anti-Isis anche al governo siriano con una proposta formale presentata a sauditi e statunitensi che non sembrano però avere nessuna intenzione di accoglierla, perseguendo l’assurdo principio che lo Stato Islamico si sconfigge più facilmente se cade Bashar Assad.
Secondo il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, la nuova campagna aerea statunitense in appoggio ai ribelli cosiddetti "moderati" finirà per "complicare ancora di più la lotta al terrorismo". Del resto quale approccio abbiano gli anglo-americani rispetto al conflitto mediorientale è stato ben illustrato ieri dal ministro britannico della Difesa, Michael Fallon, che in visita in Iraq ha dichiarato che gli attacchi contro le milizie dell'Isis si protrarranno sino al 2017. Londra e Washington vogliono quindi tirarla per le lunghe favorendo l’allargamento del conflitto ma, ovviamente senza esporsi troppo. Fallon infatti ha precisato che si tratterà solo di raid aerei perché “non c'è bisogno dell'intervento delle forze di terra britanniche".

Lettera a Papa Francesco sui migranti

Francesco, invece di lodarci e benedirci perché siamo ligi al Vangelo, ci accusa di crudeltà


Quando ho udito il discorso del Papa, poche ore orsono, a proposito dei migranti respinti in mare dopo aver ricevuto un goccio d'acqua, mi sono venuti i brividi lungo la schiena.
Domanda: chi sono quei bastardi che trattano così povera gente disperata e in cerca di salvezza? Gli italiani? Ma quando mai? Da 15 anni, forse 20, soccorriamo migliaia di sfigati in procinto di annegare, li portiamo qui, li rifocilliamo, li ospitiamo come meglio possiamo in alberghi - spesati di tutto punto - e in altre strutture a costo di irritare al massimo i connazionali, e per tutto ringraziamento alcuni stranieri, insoddisfatti del vitto curato da Carlo Cracco, scaraventano i piatti colmi di cibo fuori dalla finestra. E Francesco, invece di lodarci e benedirci perché siamo ligi al Vangelo («dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati»), ci accusa di crudeltà.
Abbiamo interpretato male le sue parole? Egli le rivolgeva a qualcun altro di nazionalità diversa dalla nostra? Non è escluso. Però occorre dire che il Pontefice si esprimeva in italiano e pronunciava il suo discorso severo da Roma, quindi come si fa a pensare che il monito non fosse diretto a noi? Nel qual caso avremmo l'obbligo di rammentargli che prima di aprire bocca converrebbe anche a lui schiacciare il pedale della prudenza. Già, caro Capo della Chiesa. Noi siamo più stanchi di essere accusati di razzismo che di impegnarci tutto il giorno e ogni dì a ripescare dalle acque orde di extracomunitari provenienti da ogni dove.
Cosa dobbiamo fare di più di quanto abbiamo fatto e facciamo allo scopo di alleviare le sofferenze di coloro che fuggono dalle nazioni in cui vengono maltrattati? Offrire loro di alloggiare nella cameretta dei bambini nel trilocale acquistato con mutuo, le cui rate paghiamo con la bava alla bocca? Mettere a disposizione di essi l'appartamento al mare comprato dalla nonna con i risparmi di una vita? Se questo, Santità, è quanto ci chiede in segno di solidarietà nei confronti dei naufraghi che abbiamo trascinato a riva, sia chiaro. Il suo suggerimento consiste nell'invito a donare la nostra abitazione ai disgraziati del Terzo mondo? Ci consiglia di riparare in un camper in segno di cortesia per riservare un posto agli sfortunati? Ce lo dica fuori dai denti, eviti allusioni che ci inducono a sospettare che forse lei, con infinita bontà, si riferisse nel suo sermone agli italiani anziché agli spagnoli, o a gli australiani, adusi a sparare sui naviganti in pericolo onde impedirgli di invadere i propri Paesi.
Precisi le sue intenzioni, caro Papa. Gli equivoci non giovano a nessuno semmai ingenerano sospetti. La informo, eminentissimo Francesco, che l'Italia è in bolletta e non ce la fa più a ospitare uomini e donne dell'Africa e dell'Asia; non ha siti dove ricoverarli; non ne ha uno decente da assegnare neppure ai nostri compatrioti, costretti a campare in auto, al caldo o al gelo, perché privi di un tetto. Non vorrei essere villano, ma le faccio presente che le curie di varie città (per esempio Milano, e anche Bergamo, che conosco perché vi sono nato) sono proprietarie di numerosi immobili di lusso vantaggiosamente affittati. La prego: li metta a disposizione dei profughi, dopo di che avrà titolo per dire a noi di fare altrettanto, ammesso che siamo abbastanza abbienti per competere con lei in fatto di patrimonio in mattoni.
Facile dire ai cittadini: siate accoglienti coi derelitti. Più difficile, anche per i preti, esercitarsi nell'imitazione di Cristo. Sia fatta la volontà del Signore? Certo. Cominciate voi a farla. Noi ci siamo portati abbastanza avanti, fin troppo. Ultima prece, questa volta non diretta a lei, monsignor Bergoglio, ma ai governanti italiani. Desiderate realizzare le esortazioni del Papa? Bravi. Allora diteci come è necessario comportarsi. Avete un programma serio allo scopo di destinare una parte di Italia quale territorio idoneo a essere occupato da chi scappa dal proprio? Forza, non siate timidi. Propongo, per cominciare, che il primo luogo da invadere sia il vostro giardino fiorito, signori buonisti. Radunate in piazza di Spagna, a Roma, e in San Babila, a Milano, i disperati che giungeranno domani nella nostra patria; teneteli nei vostri sfarzosi quartieri. State sicuri che poi sarete imitati dal volgarissimo popolo. Vero, Francesco?

3 commenti:

  1. vergognoso impostore apostata come la combriccola di allegri briganti ritratta alle sue spalle.

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  2. State aizzando la gente, galantini e bergoglioni, senza accorgervene (pieni di voi stessi come siete). Vi apprenderanno ai lampioni usando le vostre stesse budella.

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