Misteri vaticani, Papa e la Davis: chi ha incastrato Viganò?
Monsignor Viganò è lo stesso che inconsapevolmente avviò lo scandalo Vatileaks, quello che scrisse nel 2011 a Papa Benedetto di guardarsi da quella parte della Curia ostile a pulizia e riforme. Finì in esilio negli Usa: oggi lo accusano di aver organizzato tutto da solo l'incontro di Francesco con la controversa pasionaria repubblicana anti nozze gay.
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Nel senso che, come in occasione della sua famosa lettera a Benedetto XVI in cui coraggiosamente accusava una parte della Curia di intrighi e manovre per ostacolare il processo riformistico (e di pulizia) all’interno della Chiesa, anche stavolta Viganò fa da capro espiatorio. Nel 2011 la lettera gli costò l’allontanamento negli States (“promoveatur ut amoveatur”), stavolta gli si imputa di aver preparato l’incontro con la Davis senza capire che tutto avrebbe voluto il Papa tranne restare invischiato nelle mondane dispute culturali tipo nozze gay. Il papa in effetti è volato così alto da ispirare tutti e non scontentare nessuno. Ma davvero – si chiede retoricamente Horowitz – Monsignor Viganò ha fatto tutto da solo? Oppure aveva ricevuto l’incarico dalle alte sfere salvo poi essere scaricato non appena l’incontro fosse diventato di dominio pubblico? L’avvocato della Davis, l’impiegata comunale del Kentucky, racconta nei minimi dettagli lo scambio di contatti, promossi da Viganò, per organizzare il prestigioso, e significativo, incontro faccia a faccia con il Papa (“Mi raccomando si leghi quella vistosa lunga chioma”). Se Padre Lombardi, capo ufficio stampa del Vaticano, ridimensiona l’incontro a un normale, fra i tanti, appuntamento “meet & greet”, quegli incontri in cui un personaggio pubblico incontra tutti insieme media e, per così dire, fan, Monsignor Thomas Rosica attribuisce al solo Viganò l’invito esteso alla Davis, aggiungendo che il Papa non ne era nemmeno stato avvertito. Viganò che a 74 anni è a un passo dalla pensione, conclude Horowitz, non sarà fra i pochi che ricevono la dispensa per continuare a esercitare, sicuramente non sarà fra coloro che eleggeranno il successore di Francesco. La porpora cardinalizia forse se l’era già giocata con la lettera del 2011.
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