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martedì 20 ottobre 2015

Morituri te salutant!?

Il cardinale Martini, Bergoglio e le riflessioni di un cattolico qualunque 

di Paolo Deotto

zzzz2mttccLa notizia è su Zenit di ieri, e, data la serietà dell’agenzia, non c’è da dubitare di una riga. La riportiamo per intero in calce a questo articolo.
Dopodomani uscirà, edito da Bompiani, il volume dal titolo “Le cattedre dei non credenti”, che riunisce gli interventi della «Cattedra dei non credenti», iniziativa avviata nel 1987 dal card. Martini, all’epoca arcivescovo di Milano.
La prefazione è di Bergoglio, che parte con entusiasmo: “L’eredità che ci ha lasciato il cardinale Martini è un dono prezioso”. Insomma, lo sdoganamento di uno dei più discussi cardinali, da non pochi teologi definito anche eretico, è immediato. Bene, meglio che non ci siano equivoci, meglio partire subito con la massima chiarezza.

Naturalmente a un fedele ambrosiano qualunque come il sottoscritto una partenza di questo tipo può lasciare qualche legittima perplessità. Diventa inevitabile quindi leggere l’articolo con attenzione, fino in fondo, per cogliere questo “dono prezioso”.
Sia chiaro che non voglio addentrarmi in discussioni teologiche. Ciascuno faccia il suo mestiere. Mi limito ad alcune notazioni da, ripeto, cattolico qualunque. Però non ho ancora dimenticato, e spero di non dimenticarle mai, le basi più elementari della dottrina.
Ho evidenziato in grassetto alcune frasi, alcuni passaggi, nell’articolo di Zenit, giusto per mettere in luce le cose che mi sembrano più interessanti, ma ogni lettore valuterà.
Cercando di sintetizzare, dopo la inevitabile partenza in cui si enfatizza il “dialogo”, nuovo mostro sacro e irrinunciabile, non trovo una riga o una parola dedicate all’evangelizzazione, all’apostolato, alla guida del popolo affidato al vescovo. Trovo l’imprimatur papale a quella “teologia del dubbio permanente”, tanto cara a Martini. Una frase come “tutti, credenti e non credenti, siamo alla ricerca della verità e non possiamo dare nulla per scontato”, personalmente mi mette i brividi, perché mi chiedo: ma la certezza della Fede, dov’è finita? Nostro Signore perché si è incarnato, ha predicato, è morto in croce, è resuscitato dai morti? Perché un principe della Chiesa, ora con il più autorevole degli avalli, arrivasse a dire cose di questo tipo?
Del resto, la visione della ricerca continua – per la quale, si noti bene, non possiamo dare nulla per scontato, viene, diciamo così corroborata, da una successiva affermazione che ha quasi il sapore di un giochino di parole: “Ogni credente porta in sé la minaccia della non credenza e ogni non credente porta in sé il germe della fede”.
E via andando, siamo ammoniti a non abbandonarci a “comode sicurezze preconfezionate”.
Ma di che stupirsi? Quello che ci deve interessare, il dono “prezioso” di Martini, è alimentare percorsi di crescita e suscitare una autentica passione per la cura del mondo.
Bene, curiamo il mondo, costruiamo il futuro del pianeta, cerchiamo cammini condivisi di liberazione e di speranza e alla fine, oplà, avremo raggiunto una “vita più ricca di senso e una convivenza più fraterna”.
Ho letto e riletto. Leggete anche voi, amici lettori. Non ho trovato un rigo che mi parli di Nostro Signore, della necessità di convertirsi a Lui, non ho trovato un rigo sulla vita eterna, sul Vangelo da predicare a tutte le genti. Niente. Apologia del dubbio come modalità di vita, vago umanesimo in confezione spray, convivenza più fraterna… ma se non è fondata in Cristo, come può una convivenza essere “fraterna”? In nome di quale comune paternità? Nessuna, è ovvio perché altrimenti si cadrebbe in quelle “comode sicurezze preconfezionate” che non potrebbero che ostacolare il mostro sacro, il “dialogo”.
E dopo un così autorevole sdoganamento, sarà interessante vedere cosa scriveranno i molti che in passato, anche recente, hanno definito Martini tout court come “eretico”…  E così resta senza risposta una domandina divenuta ormai secondaria: ma Martini era cattolico, o no?
Ecco il testo dell’articolo di Zenit del 19 ottobre 2015:
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Il Papa: “Il card. Martini non ha avuto paura delle contestazioni e ha spinto la Chiesa ‘in uscita’”
Francesco firma la prefazione della prima Opera omnia dello storico arcivescovo di Milano, dal titolo “Le cattedre dei non credenti”, che uscirà giovedì 22 ottobre.
Città del Vaticano, 19 Ottobre 2015 (ZENIT.org) Salvatore Cernuzio 
Non ha dubbi Francesco: “L’eredità che ci ha lasciato il cardinale Martini è un dono prezioso”. Lo scrive nell’appassionata prefazione – pubblicata oggi in esclusiva del Corriere della Sera – alla prima Opera omnia del confratello gesuita, ex arcivescovo di Milano, a cura di Virginio Pontiggia. Il volume, dal titolo “Le cattedre dei non credenti”, uscirà giovedì 22 ottobre per Bompiani e riunisce gli interventi della «Cattedra dei non credenti», iniziativa avviata nel 1987 che testimonia l’impegno di Martini al dialogo.
“La sua vita, le sue opere e le sue parole hanno infuso speranza e sostenuto molte persone nel loro cammino di ricerca”, scrive il Pontefice. A cominciare dall’Argentina: “Quanti di noi, alla fine del mondo, abbiamo fatto gli Esercizi spirituali a partire dai suoi testi!”, esclama il Papa. E quanti “uomini e donne di fedi diversenon solo in ambito cristiano, hanno trovato e continuano a trovare incoraggiamento e luce nelle sue riflessioni”. È dunque una “responsabilità” valorizzare questo “patrimonio”, così che “possa ancora oggi alimentare percorsi di crescita e suscitare una autentica passione per la cura del mondo”.
In particolare il Pontefice pone in evidenza tre aspetti rilevanti della figura dell’indimenticato biblista ed esegeta: “Sinodalità, dialogo e Parola di Dio”. Martini fu molto attento “a promuovere e accompagnare all’interno della comunità ecclesiale lo stile di sinodalità tanto auspicato dal Concilio Vaticano II”, che, da una parte, richiede “un atteggiamento di ascolto e di discernimento”; dall’altra, “la cura perché le differenze non degenerino in conflitto distruttivo”.
Il cardinale non ebbe paura “delle tensioni, o addirittura delle contestazioni”, che – sottolinea Bergoglio – “ogni spinta profetica necessariamente porta con sé”. Tanto che il suo motto episcopale era pro veritate adversa diligere. Lui – prosegue – “ha sempre cercato di disinnescarne la carica distruttiva e, con sensibilità e affetto per la Chiesa, di trasformarle in occasioni importanti di un processo di cambiamento e di crescita nella comunione”. Anche davanti a situazioni di contrasto, “ha sempre evitato la contrapposizione, che non conduce a nessuna soluzione, pensando piuttosto creativamente in termini di alternative”.
Tantomeno il card. Martini si è mai concesso “a mode o a indagini sociologiche”; a condurlo era “un’unica domanda di fondo: In che modo Gesù Cristo, vivente nella Chiesa, è oggi sorgente di speranza?”. Allo stesso tempo, “era consapevole della presenza nella Chiesa di tante sensibilità diverse a seconda dei contesti culturali, che non possono essere integrate senza un libero e umile dibattito”.
Per Martini, era necessario infatti “uno strumento di confronto universale”, perché “quando si cerca la volontà di Dio ci sono sempre punti di vista diversi e bisogna cercare spazi per ascoltare lo Spirito Santo e permettergli di operare in profondità”. È con questo “stile” pastorale e spirituale che il porporato “non ha cercato solo di coinvolgere i membri della comunità ecclesiale”, ma “anche attivamente di incontrare chi nella comunità dei credenti immediatamente non si riconosceva”.
Il secondo tratto rilevante del cardinale è infatti l’aver spinto “lo sguardo oltre i confini consolidati, favorendo una Chiesa missionaria ‘in uscita’ e non chiusa su se stessa”.  Ne è prova il “modo nuovo di dialogare con il mondo contemporaneo che fu la Cattedra dei non credenti”, iniziativa che  nacque dalla convinzione “che tutti, credenti e non credenti, siamo alla ricerca della verità e non possiamo dare nulla per scontato”.
Ogni credente porta in sé la minaccia della non credenza e ogni non credente porta in sé il germe della fede – scrive il Papa – il punto d’ incontro è la disponibilità a riflettere sulle domande che tutti ci accomunano”. Lo stesso Martini “non ha mai smesso di essere un cristiano che si interrogava con onestà sulla propria fede, nella consapevolezza che questo non ostacolava, ma anzi rafforzava, il suo ministero di vescovo chiamato a pascere il gregge a lui affidato”.
Intuendo dunque “la fecondità del contributo che le comunità cristiane possono dare alla società civile oggi”, il cardinale ha testimoniato che “i principi della fede, lungi dal trasformarsi in motivo di conflitto e di contrapposizione all’ interno della convivenza civile, possono e devono risultare vivibili e appetibili anche per gli altri”.
L’ invito a “farsi prossimo” ha caratterizzato il  suo magistero e “ha risuonato con forza ed efficacia all’interno della società civile e nel mondo della politica”, anche oltre gli ambiti della città di Milano. Eccoci al terzo aspetto, afferma Papa Francesco: la “familiarità” del cardinale con la Parola di Dio, che “si univa al talento pastorale di saperla comunicare a tutti, credenti e laici, intellettuali e persone semplici”.
La costante attenzione dell’arcivescovo ambrosiano al tesoro della Scrittura – evidenzia Papa Bergoglio – fa sì che le sue parole “non possono essere viste come considerazioni dettate dal buon senso o da teorie politiche” ma “esprimono tutta la ricchezza della tradizione giungendo a interpellare ogni persona e ogni popolo”. In particolare egli ha indicato “percorsi per collegare la Parola alla vita”, perché così essa potesse “divenire agente di conversione, alimentando una vita più fraterna e più giusta, impedendo di rifugiarsi all’ ombra di comode sicurezze preconfezionate”.
A proposito, il Papa ricorda l’iniziativa della «Scuola della Parola», promossa dal cardinale nell’arcidiocesi di Milano, diffusa anche in altri Paesi: ovvero “occasioni di lettura sapienziale della vita” che hanno consentito a molti, specie ai giovani, “di gustare la permanente novità che scaturisce dalla lettura del testo biblico”.  Con questo approccio, il cardinale Martini ha valorizzato in modo “originale” anche la spiritualità della Compagnia di Gesù, attingendo ampiamente alla pedagogia ignaziana, in particolare agli Esercizi spirituali, “per coinvolgere nella preghiera tutte le dimensioni della persona, corporeità e affettività incluse”.
Tre aspetti riassumono, dunque, la figura del cardinale: sinodalità, dialogo e Parola di Dio. La riassumono ma certo – dice Francesco – non ne “esauriscono l’attualità”: molti altri aspetti “sarebbero da mettere in evidenza”. Per questo si dice “riconoscente” verso coloro che si impegnano nel “raccogliere, ordinare e mettere a disposizione in modo organico la grande quantità di interventi e di scritti del cardinale Martini, situandoli nel contesto storico e nelle circostanze in cui sono stati elaborati”.
A partire da questa Opera omnia, che il Pontefice auspica che possa costituire “un invito continuo a riflettere insieme sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del nostro pianeta e a cercare cammini condivisi di liberazione e di speranza”. Anche che possa essere “di grande aiuto nel nostro mondo così segnato da forze disgregatrici e disumanizzanti per ispirare una vita più ricca di senso e una convivenza più fraterna”.

 –  di Paolo Deotto



Redazione
http://www.riscossacristiana.it/il-cardinale-martini-bergoglio-e-le-riflessioni-di-un-cattolico-qualunque-di-paolo-deotto/

1 commento:

  1. Sapete cosa mi ha fatto pensare " La cattedra dei non credenti " al fatto che anche Giuda era della compagnia di Gesù . jane

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