ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 11 dicembre 2015

“Grazie a Dio non ero lì”..!

“La chiesa diventa ridicola se sostiene teorie pseudoscientifiche sul clima”

Parla padre James Schall S.I., docente alla Georgetown University di Washington


L'ultimo libro di padre James Schall S.I. è “On Christians & Poverty”, pubblicato quest'anno
Roma. Il cardinale Peter Turkson, presidente del pontificio consiglio Giustizia e pace nonché porporato da tempo in prima linea nella battaglia contro i cambiamenti climatici – è stato lui, lo scorso giugno, a presentare l’enciclica Laudato si’ al mondo – ha fatto sapere che se da Parigi non arriveranno buone nuove, ossia se la Conferenza sul clima si avvierà all’ennesimo nulla di fatto, il Papa “potrebbe intervenire, con un commento o una dichiarazione”, per tentare di uscire dallo stallo o per esortare le leadership riunite in Francia a fare di più.
Di certo non darà ultimatum, “perché ciò non appartiene al suo stile”. Però qualcosa bisogna aspettarselo. Molto ha già fatto, dall’enciclica mandata in stampa proprio in vista del vertice parigino, fino all’Angelus di domenica scorsa con tanto d’appello ai potenti per prendere decisioni coraggiose. “Ma la chiesa non può permettersi di dare il suo sostegno a delle ipotesi pseudoscientifiche che poi si dimostrano essere inaccurate per quelli che sono gli scopi umani”, dice al Foglio il professor James Schall, padre gesuita e fino a pochi anni fa titolare della cattedra di Filosofia politica alla Georgetown University di Washington: “La chiesa, così facendo, rischia di essere ridicolizzata per aver agito al di fuori delle proprie competenze, confondendo la scienza, (che è sempre riformabile quanto ai propri princìpi) con i fatti”.

ARTICOLI CORRELATI Appello del Papa all'Angelus: "Fare ogni sforzo per attenuare gli impatti dei cambiamenti climatici" Breve analisi del climatismo, nuova ideologia che inganna tutti Inizia il Giubileo della misericordia, con un occhio al ghiaccio che si scioglie e alle miniere da chiudereNon può essere questa, dice Schall, la priorità della chiesa. “Certamente lo è per qualcuno”, aggiunge: “Se il riscaldamento della terra sia un fatto o se l’abbandono del carbone sia un vantaggio o uno svantaggio per il mondo sono questioni di giudizio e oggetti di accurata analisi delle prove. Ma la chiesa non può mettersi sulla scia di queste considerazioni. Deve astenersi dal dare il proprio sostegno a qualunque ideologia”. Il docente della Georgetown University ha buttato un occhio allo spettacolo dell’altra sera – “Grazie a Dio non ero lì”, dice – con la proiezione di immagini di animali e ambienti naturali sulla facciata della basilica di San Pietro. Uno show per sensibilizzare i fedeli riguardo i cambiamenti climatici, era stato annunciato ufficialmente. Non è questione di profanazione del luogo sacro – l’interno della chiesa è ricolmo di figure d’animali, draghetti compresi – quanto della ideologia che sottintende quella proiezione, che pochi collegamenti pare avere con la teologia cristiana: “Nel loro habitat naturale, tartarughe e pinguini sono creature davvero carine. Ma, ahimé, è come se si fosse proiettata la basilica vaticana sulla facciata dello zoo di Roma”. Insomma, un no sense. La questione che rileva è un’altra, ben più decisiva d’un evento serale presentato come una “sinfonia visuale” dal suo curatore, Travis Threlkel: “Con così tante discussioni sul riscaldamento globale e le questioni ambientali, viene spontaneo domandarsi che cosa stia accadendo qui”, dice Schall. “L’opinione pubblica ritiene che l’uomo, con la sua sola presenza, stia abusando della Terra. Terra che è ritenuta essere più importante dell’uomo. In un contesto con così tanti miliardi di esseri umani, ogni vita è insignificante e può essere rimpiazzata. Di conseguenza, si sviluppa una morale che parte non dall’uomo, ma dalla Terra. L’uomo viene dopo, non è più al primo posto. La tesi dello ‘sfruttamento del pianeta’ – osserva il nostro interlocutore – sembra essere in conflitto con la visione biblica secondo cui l’uomo ha il ‘dominio’ sui beni della terra”. Beni che, scriveva lo stesso padre Schall in un articolo comparso qualche mese fa sul Catholic World Report, “sono lì a disposizione dell’uomo, per i suoi scopi”. E’ un dibattito che sfocia nell’assurdità, se si pensa che “tra novanta e cento miliardi di esseri umani hanno già vissuto su questo pianeta nel corso di migliaia e migliaia di anni. Uomini e donne che sono stati ‘sostenuti’ dall’abbondanza della terra. Contrariamente alle aspettative poi, le generazioni nuove che appaiono sul pianeta sono sempre migliori delle precedenti, almeno per quanto riguarda le loro condizioni fisiche”. “Noi – scriveva Schall, autore di decine di pubblicazioni (l’ultima è “On Christians & Poverty”, 2015) – non abbiamo alcuna idea di quante generazioni ci saranno nei prossimi secoli o millenni. Pretendere di saperlo è pura arroganza. Alcuni pensatori sembrano assumere che esista una correlazione uno a uno tra il numero delle future generazioni e la diminuzione delle risorse disponibili. Questa ipotesi stima che l’uomo sparirà quando le risorse saranno esaurite, a meno che non fugga da qualche parte nel cosmo.
Si dice ancora – nota Schall – che la ‘vera’ missione umana sia quella di manterci in vita su questo pianeta il più a lungo possibile. Questo sforzo è il compito serissimo che l’umanità è chiamata a compiere. E tutti gli altri scopi, gli altri fini umani, diventano insignificanti. L’alternativa al Cielo diventa così la colonizzazione interstellare o il mantenere la terra incontaminata”. Ma questa altro non è che “una ipotesi escatologica secolare destinata a sostituire, come scriveva Benedetto XVI nella Spe salvi, la concezione cristiana della vita eterna. Tutto ciò porta a un nuovo o rivitalizzato culto della terra. In altre parole, le sue basi empiriche non sono altro che congetture”. Maliziosa è la chiosa finale: “Non si parla più di riscaldamento della terra, perché certe teste dure si sono accorte che non è che si stia riscaldando molto”.
di Matteo Matzuzzi | 11 Dicembre 2015 
Leoni e pinguini Facciamo luce su quelle ombredi Stefano Fontana 11-12-2015
La basilica di San Pietro illuminata dalla immagini di animali
La proiezione sulla facciata della Basilica di San Pietro di pesci, scimmie e tigri ha infastidito molti. Il direttore Cascioli si è chiesto chi, nella Curia vaticana, abbia avuto questa strabiliante idea da attuarsi, tra l’altro, proprio nella festa dell’Immacolata Concezione. Senza nulla togliere all’importanza della domanda, vorrei spostare però l’attenzione su alcune cause culturali di simili atteggiamenti. Per farlo è necessario un passo indietro.
Il 19 gennaio 2013, Benedetto XVI aveva tenuto un discorso al Pontificio Consiglio Cor Unum che, come si sa, si occupa di carità. Egli aveva detto che «la giusta collaborazione con istanze internazionali nel campo dello sviluppo e della promozione umana non deve farci chiudere gli occhi davanti a queste gravi ideologie» fino al punto «da dover rifiutare finanziamenti e collaborazioni che, direttamente o indirettamente, favoriscono azioni o progetti in contrasto con l’antropologia cristiana».
Il cardinale Robert Sarah, allora presidente di quel dicastero pontificio, aveva rincarato la dose, come in seguito è anche emerso dai suoi recenti libri: purtroppo si impone «la constatazione che alcuni membri della Chiesa che lavorano nel campo della carità si sono lasciati sedurre e inquadrare dall’etica puramente laica delle agenzie di aiuto della governance mondiale, fino a fare dei partenariati incondizionati e adottare gli stessi obiettivi di destrutturazione antropologica». «In gradi diversi», aveva continuato il cardinale, «alcune istituzioni cattoliche si sono lasciate coinvolgere dall’etica della governance mondiale, impastandola con il Vangelo e con la dottrina sociale. Hanno anche utilizzato quel caratteristico linguaggio ambiguo, si sono allineate alle sue condizioni di sostegno finanziario». Si era allora nell’anno della fede e questi insegnamenti dicevano che anche la carità, compresa quella ecologica, ha bisogno della luce della dottrina della fede.
Mi sembra che il caso del gioco di moderne ombre cinesi sulla facciata di San Pietro possa rientrare in questa fattispecie. Se così fosse, il problema sarebbe più ampio di quello delle dirette responsabilità personali. La tendenza tra i cattolici a collaborare con tutti oggi è molto diffusa. Ma non basta che uno si dica per la giustizia, o per l’ambiente, o per l’emancipazione della donna, o per la lotta all’Aids per giustificare la collaborazione cattolica nei suoi confronti. La morale naturale e la dottrina della fede esigono una coerenza sia in noi e sia in coloro con cui collaboriamo. É ormai risaputo che il nuovo materialismo laicista non propone mai degli obiettivi tutti negativi. In genere gli organismi internazionali, le Ong ideologicamente orientate, le grandi Fondazioni globali propongono pacchetti con aspetti positivi, come per esempio l’accesso delle ragazze all’istruzione di base, assieme ad aspetti negativi, come il loro libero accesso all’aborto sicuro. 
I cattolici che vi collaborano finiscono per prendere tutto il pacchetto e per collaborare con il male. Anche le istituzioni che hanno finanziato le ombre cinesi in Vaticano sono, da questo punto di vista, molto sospette. Se si dimentica di esaminare alla luce della dottrina della fede l’intera proposta, ci si imbarca in avventure dall’esito perverso. Bisogna, invece, precisare e distinguere. La cosa medesima avviene nel campo dell’ecologia. Non si può collaborare con tutti. Ci sono progetti di salvaguardia dell’ambiente, lautamente finanziati, che però, accanto alla lotta alla desertificazione, realizzano anche la sterilizzazione forzata per impedire l’aumento della popolazione. Bill e Melinda Gates, per esempio, hanno dichiarato più volte di finanziare progetti di riduzione delle nascite per combattere l’anidride carbonica e quindi fronteggiare il riscaldamento globale. Collaboriamo anche con loro?
Qualcuno sostiene che però non si può pretendere a garanzia delle collaborazioni cattoliche la verità tutta intera. Se un’organizzazione si cura degli animali, magari da presupposti riduttivamente animalisti, si può e si deve collaborare con essa, valorizzando il bene parziale che per farlo lievitare verso un bene più grande. É un’ingenuità. In molti casi non si tratta di un bene ridotto, ma di un male e non si può mai perseguire il bene attraverso il male. Si può collaborare per progetti mirati, ma anche in questo caso con grande attenzione. Si pensa di fare un tratto di strada insieme e poi, eventualmente dividersi davanti a nodi di incompatibilità etica, ma intanto facendo quel tratto si è collaborato al finanziamento e al rafforzamento di quella istituzione che poi userà il vantaggio conseguito per altri scopi. 
Il vero problema che sta dietro a questi atteggiamenti che Benedetto XVI chiedeva di rivedere è che si fatica sempre di più a impostare alla luce della fede una visione coerente delle cose o, come diceva Romano Guardini, una weltanschauung. Considerare l’ambiente solo come ambiente oppure anche come il creato non è indifferente circa il modo di salvaguardare l’ambiente. Salvaguardare l’ambiente accettando forme di animalismo ideologico non ci permetterà alla fine nemmeno di salvaguardare l’ambiente.  É in gioco, con tutto ciò, il senso di una presenza “cattolica” non culturalmente generica e non solo vagamente o vuotamente umanitaria. Non si può ridurre Dio a un minimo comun denominatore.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.