ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 21 gennaio 2016

Gli intenti “pastorali” della riforma


Tribunali di male in peggio. Dopo il rescritto papale, la circolare di Galantino


galantino
Non c'è pace in Italia per i tribunali ecclesiastici regionali, quelli che amministrano le cause di nullità matrimoniale. Dopo un rescritto pontificio che ne ha predisposto il disarmo, ecco una lettera circolare del segretario della conferenza episcopale Nunzio Galantino che dà il disarmo per già fatto, prima ancora che siano nati i tribunali diocesani destinati a sostituirli.
La circolare si può vederla qui:

Porta la data del 17 dicembre ed è indirizzata ai vicari giudiziali dei tribunali ecclesiastici regionali. È tanto breve quanto confusa. Quelli che Galantino definisce "punti fermi", ad esempio, sono più che mai traballanti. Vi si legge che si dovrà provvedere alla "ricollocazione" del personale dei tribunali in disarmo (dove? quando? come?) e fare in modo che i processi siano "gratuiti" (invece che semigratuiti come sono già: ma con quali nuovi esborsi da parte della CEI per i compensi di giudici e avvocati? e come? da quando?).
Che la confusione regni sovrana devono averlo capito i vescovi della conferenza episcopale lombarda, che il 15 gennaio hanno comunicato, al termine della loro sessione invernale:
"Il primo tema all’ordine del giorno è stato il confronto sull’entrata in vigore del motu proprio di papa Francesco 'Mitis judex Dominus Jesus'.
"Monsignor Paolo Bianchi, vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico regionale lombardo, ha guidato il confronto sulle conseguenze del motu proprio sulle istituzioni giudiziarie ecclesiastiche, sulle cause in corso e sulle procedure da avviare. I vescovi delle diocesi lombarde, al termine del dibattito, hanno deciso di restare affiliati al tribunale ecclesiastico regionale, con modalità da stabilire alla luce delle nuove disposizioni".
Niente tribunali diocesani, quindi, in Lombardia, ma tutti ancora attaccati al tribunale regionale. Che però secondo Galantino ha già tirato l'ultimo respiro…
Per una valutazione competente di questo stato di disordine non resta che ridare la parola al canonista Guido Ferro Canale, che sulla materia si è già esercitato brillantemente su www.chiesa:
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BRUCIANO I PASCOLI E LA CHIAMANO "PASTORALE"
di Guido Ferro Canale
La recente, ma già travagliata riforma dei processi di nullità matrimoniale, dopo la querelle in Vaticano tra il cardinale Francesco Coccopalmerio e monsignor Pio Vito Pinto sulla sopravvivenza o meno dei tribunali ecclesiastici regionali d’Italia, vede ora un inopinato intervento della conferenza episcopale italiana impersonata dal suo segretario Nunzio Galantino. Dando retta al quale l’Italia verrebbe a trovarsi priva di giudici ecclesiastici regolarmente funzionanti.
Il rescritto pontificio del 7 dicembre scorso, alla vigilia delle entrata in vigore delle nuove norme, ha chiarito che esse “abrogano o derogano” le precedenti, inclusa la legge istitutiva dei tribunali regionali italiani. Il che pareva consentire la loro sopravvivenza – con deroga alla competenza esclusiva – accanto ai tribunali diocesani, che si sarebbero potuti costituire via via.
Non è stato di questo avviso, però, monsignor Galantino, che in pratica ha cancellato l’alternativa “o derogano”. Secondo lui, infatti, il rescritto di papa Francesco ha stabilito che il motu proprio "Qua cura" di Pio XI istitutivo dei tribunali regionali in Italia semplicemente "è abrogato.”.
Ma, se questo è vero, i tribunali esistenti non possono più ricevere cause. Ed è perlomeno molto dubbio se possano decidere quelle pendenti, perché il codice di diritto canonico non prevede nulla in tal senso e il giudice deve essere tale nel momento in cui decide. Un giudice nominato, poniamo, dal patriarca di Venezia non dovrebbe più avere competenza – a partire dall’8 dicembre 2015, data dell'entrata in vigore delle nuove norme – a decidere cause di altre diocesi, perché è venuta meno la legge pontificia in forza della quale il patriarca nominava giudici anche per altre sedi (si noti che né il dubbio né l’errore comune suppliscono alla mancanza di potestà giudiziale). Quindi, con buone probabilità, le sentenze pronunciate dai tribunali ecclesiastici regionali dopo l’8 dicembre sono nulle, perché emesse da soggetti senza potere (cfr. can. 1620, nn. 1 e 2).
Ciascun vescovo, sempre secondo la circolare di monsignor Galantino, dovrebbe costituire il proprio tribunale diocesano o accordarsi con altri vescovi per crearne uno interdiocesano. Ma si tratterebbe sempre di strutture “ex novo”, e di conseguenza il tribunale regionale lombardo, nonostante il comunicato dei vescovi della regione, non è sopravvissuto e non risorgerà fino a che non sarà stato emanato, in tal senso, un decreto formale, approvato dalla Sede Apostolica (cfr. can. 1423). Che io sappia, finora nessun vescovo, in Italia, ha costituito un tribunale diocesano.
Risultato? Non si sa se le sentenze ora in corso di deposito siano vere sentenze. Non si sa chi debba giudicare i processi in corso. Non si sa davanti a chi introdurre quelli nuovi.
Il primo dubbio è destinato ad attirare presto l’attenzione dei giudici statali, che, prima di riconoscere effetti civili alle sentenze di nullità del matrimonio canonico, sono tenuti ad accertare che provengano dai “tribunali ecclesiastici competenti” (cfr. art. 8 del nuovo Concordato), senza essere vincolati all’attestazione di regolarità rilasciata dalla segnatura apostolica. Il rischio di una raffica di pronunce negative è concreto, data la diffusa ostilità dei magistrati italiani verso questa forma di concorrenza.
A questo punto, solo il dicastero vaticano che finora è stato il grande assente dalla querelle ha l’autorità per smentire l’interpretazione di Galantino. Ed è il supremo tribunale della segnatura apostolica.
Ad esso spetta vigilare sulla retta amministrazione della giustizia e, in forza del Concordato, verificare che le sentenze da sottoporre al vaglio dei giudici italiani soddisfino tutti i requisiti.
Capirà almeno la segnatura che gli intenti “pastorali” della riforma non impongono di bruciare tutti i pascoli esistenti senza che ancora ve ne siano di nuovi?

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