ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 23 gennaio 2016

Il segno concreto di una nuova era

Tenuta stolta di un papa insulso



E così, lo scorso 17 gennaio, il vescovo di Roma è andato a fare visita alla sinagoga di Roma, rinnovando l’atto ad effetto già compiuto da papa Wojtyla e da papa Ratzinger.
Nell’indirizzo di saluto pronunciato dal rabbino Di Segni, questa terza visita è stata definita come il segno della definitiva volontà dei papi di non tornare più indietro rispetto alla svolta operata dal Vaticano II: “…il segno concreto di una nuova era dopo tutto quanto è successo nel passato. La svolta sancita dal Concilio Vaticano cinquanta anni fa è stata confermata…

In effetti, non c’era bisogno di questa nuova visita per fissare una volta per tutte che quanto la Chiesa ha insegnato e praticato in duemila anni riguardo all’ebraismo, sulla scorta dei Vangeli e dei Padri, oggi, a partire dal Vaticano II, non vale più. Oggi vale un nuovo insegnamento e una nuova pratica, che intendono ribadire che il Vaticano II ha sancito la nascita di una nuova Chiesa diversa dalla Chiesa preconciliare, una nuova Chiesa che ha inteso segnare un nuovo inizio, ponendo fine a ciò che essa era stata per duemila anni con i suoi contrassegni essenziali: Una, Santa, Cattolica, Apostolica.
A partire dal Vaticano II si sancisce che le chiese sono due, quella di prima e quella di dopo, entrambe sante, cattoliche, apostoliche. Ma è evidente che se nella nuova Chiesa uno dei quattro contrassegni essenziali viene meno, in questo caso l’essere Una, essa non potrà più essere neanche Santa, né Cattolica, né Apostolica.
Ci si chiede allora di che Chiesa si tratti!


Questa nuova visita in sinagoga risponde in parte a questo interrogativo.
Papa Bergoglio, nel suo discorso, afferma che “la Chiesa, pur professando la salvezza attraverso la fede in Cristo, riconosce l’irrevocabilità dell’Antica Alleanza e l’amore costante e fedele di Dio per Israele.”
Ragionamento non certo nuovo e già “teologicamente” approfondito da Ratzinger, ma che qui viene presentato in maniera lapidaria e radicalmente innovativa, secondo la quale la Chiesa, questa nuova Chiesa, riconosce la fedeltà di Dio per Israele.

Caro Bergoglio, e il Vangelo? E la realtà oggettiva? E l’insegnamento bimillenario della Chiesa Una?

Nel Vangelo il Signore insegna che “vi è stato detto… ma io vi dico”; la realtà oggettiva mostra che Israele non esiste più da duemila anni, né Dio ha mai fatto conoscere di avere rinnovato l’Antica Alleanza con il moderno Stato con sede in Palestina che motu proprio ha inteso assumere storicamente il nome di Israele; l’insegnamento bimilleraio della Chiesa Una ribadisce che il vecchio Israele è stato sostituito dal nuovo Israele che è la Chiesa voluta da Cristo sulla Croce, quella stessa Croce su cui il vecchio Israele volle che Egli fosse inchiodato.
Una nuova Chiesa che confessa quindi per bocca di Bergoglio di riconoscere “l’irrevocabilità dell’Antica Alleanza”, di non essere più la Chiesa di Cristo, nonostante l’inciso di Bergoglio: “pur professando la fede in Cristo”, poiché con questo inciso si subordina chiaramente la fede in Cristo all’“amore costante e fedele di Dio per Israele”.

A questa nuova Chiesa sfugge evidentemente che l’amore costante e fedele di Dio per Israelenon è mai venuto meno nei confronti dell’Israele di Dio, che è cosa ben diversa dall’Israele degli uomini: l’Israele di Dio era quello della Terra Santa di duemila anni fa e da allora è stato ed è la Santa Romana Chiesa Cattolica e Apostolica. Parlare oggi dell’amore costante e fedele di Dio per l’Israele moderno, per l’Israele storico, per l’Israele umano, significa sottoporre Dio alla volontà degli uomini e trasformare una cosa seria in una battuta ad effetto a cui, peraltro, non crede realmente nessuno, pur se sono tanti quelli che cascano nella trappola propagandistica.


Se guardiamo la questione da un altro punto di vista, ci accorgiamo che, al di là degli immancabili richiami all’ecologia, alla pace e alla misericordia, tutti mossi da preoccupazioni meramente umane, il discorso di Bergoglio è intriso di luoghi comuni e di concetti poveri di contenuto; un discorso che rivela tutta la povertà interiore di questo prelato amante più dell’esteriore che dell’interiore, più dell’apparenza che della sostanza, più dell’ideale umano che della realtà di Dio.
Leggiamo infatti:
Nel dialogo interreligioso è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode, che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda e cerchiamo di collaborare
ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune, sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro [?!]”
voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede. Tutti quanti apparteniamo ad un’unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo
Mi auguro che crescano sempre più la vicinanza, la reciproca conoscenza e la stima tra le nostre due comunità di fede
Da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli
I cristiani, per comprendere sé stessi, non possono non fare riferimento alle radici ebraiche
Quella di una ecologia integrale è ormai prioritaria, e come cristiani ed ebrei possiamo e dobbiamo offrire all’umanità intera il messaggio della Bibbia circa la cura del creato
Ogni persona va guardata con benevolenza, come fa Dio, che porge la sua mano misericordiosa a tutti, indipendentemente dalla loro fede e dalla loro provenienza
Noi dobbiamo pregarlo [Dio] con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita
La Shoah ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace [!?]”

Avremmo potuto chiosare doverosamente tante delle affermazioni contenute in queste frasi scontate, ma abbiamo preferito lasciare al lettore il giudizio di merito su di esse, riservandoci di considerare che questo continuo ripetere “fratelli, fratelli” suona più come un’esortazione da “esercito della salvezza” che come il discorrere di un cattolico, per giunta prete.
Quando si legge di tutto tranne che il richiamo alla vita eterna che si può perseguire solo con la grazia di Dio da ricevere tramite la Sposa di Cristo che è la Chiesa cattolica, e quando si legge che Dio “porge la sua mano misericordiosa a tutti, indipendentemente dalla loro fede e dalla loro provenienza”, si comprende che Bergoglio non è in grado di formulare concetti cattolici ed offrirli in riflessione ai non cattolici perché si convertano e credano al Vangelo; e si comprende facilmente che non è capace perché non crede nella conversione dei non cattolici, perché non crede nella forza del messaggio della Chiesa di Cristo, perché non crede nel messaggio di Cristo, anzi considera tutto questo come ciarpame d’altri tempi da scartare e da cancellare dalla memoria storica del cattolicesimo.


Visita di facciata, dunque, buona solo per far piacere agli Ebrei moderni, come dichiarato dal rabbino Di Segni: “È un evento la cui portata si irradia in tutto il mondo con un messaggio benefico”; e come precisato dal Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, che ricordando quanto detto da Bergoglio, il 28 ottobre 2015, al Presidente del World Jewish Congress, Ronald S. Lauder (attaccare gli ebrei è antisemitismo, ma anche un attacco deliberato a Israele è antisemitismo), ha ribadito che “l’antisionismo è la forma più moderna di antisemitismo”.
Insomma una sorta di simpatico incontro politico tra amanti dello Stato sito in Palestina e autodefinitosi Stato di Israele, e a cui appartengono, sempre secondo Ruth Dureghello, anche gli Ebrei italiani: “questa Comunità, come tutte le Comunità ebraiche nel mondo, ha un rapporto identitario con Israele. Siamo italiani, profondamente orgogliosi di esserlo e allo stesso tempo siam
o parte del Popolo di Israele.
Strana posizione, questa, che nessun altro potrebbe permettersi di far propria, pena i rigori della legge: gli italiani in America sono americani orgogliosi di esserlo, ma al tempo stessonon sono parte del popolo italiano, sarebbe tecnicamente e giuridicamente impossibile. Per gli Ebrei invece, sembra che si debba e si possa fare un’eccezione, l’unica eccezione: l’eccezione ebraica. Eccezione che permette alla Dureghello di dire a Bergoglio:
Non possiamo essere spettatori. Non possiamo restare indifferenti. Non possiamo cadere negli stessi errori del passato, fatti di silenzi assordanti e teste voltate. Uomini e donne che rimasero immobili davanti a vagoni stipati di ebrei spediti nei forni crematori”; chiaro richiamo accusatorio, del tutto falso, rivolto al presunto comportamento tenuto dai cattolici durante la Seconda Guerra Mondiale, che si fonda su un assunto ormai divenuto luogo comune mondiale, secondo il quale gli Ebrei avrebbero subito “il più grande genocidio della Storia dell’Uomo” – dice sempre la Dureghello (1).

In tale contesto si collocano poi altri due elementi degni di nota, tratti dall’indirizzo di saluto del rabbino Di Segni, ed entrambi rivolti ad un Bergoglio che sembra essersi recato in sinagoga per subire gioiosamente le supponenti lezioni ebraiche.

Il primo è l’inaccettabilità da parte degli Ebrei di quel confronto teologico voluto da cinquant’anni dal Vaticano e qui ribadito da Bergoglio: “la dimensione teologica del dialogo ebraico-cattolico merita di essere sempre più approfondita”; illusoria pretesa che il Di Segni smonta fin dall’inizio nel suo indirizzo di saluto: “Non accogliamo il papa per discutere di teologia. Ogni sistema è autonomo, la fede non è oggetto di scambio e di trattativa politica”.
Il che significa che la leggenda del “rinnovato” rapporto è solo una fisima dei cattolici moderni, mentre per gli Ebrei non cambia alcunché, compresa la loro supponente superiorità qui lapidariamente espressa: “la fede non è oggetto di scambio e di trattativa politica”.

Il secondo è la precisazione, peraltro del tutto cattolica seppure sconosciuta a Bergoglio, che non può esserci misericordia divina senza giustizia divina, contrariamente a quanto continua ad affermare Bergoglio in tutti i suoi sciropposi interventi sulla indiscriminata misericordia del suo Anno Santo. Dice Di Segni: “L’evento della cristianità centrato sulla misericordia mantiene un rapporto con le origini bibliche, usa i versi dei Salmi, da cui riprende il tema della giustizia che è indissociabile dalla misericordia”.
Ed anche qui si manifesta tutta la debolezza del vescovo di Roma, che il Di Segni si compiace di sottolineare come il maestro col discepolo impreparato.

Basterebbero solo questi due esempii per delineare un Bergoglio vacuo e superficiale, un prete cattolico che usa le categorie mentali dell’uomo moderno e parla e si comporta peggio del più sprovveduto dei miscredenti.

NOTA

1 - È il caso di ricordare, di sfuggita, che vi sono stati ben altri genocidii nella “Storia dell’Uomo”, a cominciare, per esempio, dallo sterminio dei Cananei ad opera degli Ebrei (Cfr. Esodo), passando velocemente per lo sterminio di milioni di nativi americani ad opera dei Protestanti, allo sterminio dei cristiani armeni ad opera dei Turchi, allo sterminio degli italiani nelle foibe ad opera dei comunisti, fino allo sterminio dei Palestinesi ad opera degli Ebrei (su quest'ultimo punto Cfr. Padre Giovanni SaleLa fondazione dello Stato di Israele e il problema dei profughi Palestinesi, in La Civiltà Cattolica, 3854 del 15.1.2011; Ilan Pappe (storico israeliano), La pulizia etnica della Palestina, Fazi Editore, Roma 2008). Come mai l’unico da ricordare, con relativa condanna dei colpevoli, sarebbe quello del secolo scorso, perché operato a danno degli Ebrei? Misteri del mondo moderno e della nuova Chiesa del Vaticano II.
di Belvecchio

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