ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 8 gennaio 2016

La cecità dei Giudei (fedevacanti ante litteram)


Tertia die infra Octavam Epiphaniae Ad Matutinum
Lettura 4
Dal Sermone di sant'Agostino Vescovo
Sermone 2 sull'Epifania
Di tanti re che sono nati e che sono morti fra i Giudei, ce n'è forse alcuno che dei Magi abbiano cercato per adorarlo? No, perché nessun altro fu conosciuto con linguaggio celeste. Tuttavia non bisogna dimenticare come questa illuminazione dei Magi fu una gran prova della cecità dei Giudei. Quelli infatti vennero a cercare nel loro paese quello che questi non riconobbero punto.

Lettura 5
Quelli lo trovarono in mezzo ad essi sotto forma di un bambino, questi si rifiutarono di credere in lui (quando lo videro) fra di loro. Degli stranieri accorsi da lungi adorarono nella Giudea Cristo bambino che non pronunziava ancora parola, mentre essi, suoi concittadini, lo crocifissero nel vigore dell'età mentre faceva miracoli. Gli uni l'adorarono come Dio, sebbene in piccole membra, gli altri non ebbero riguardo neppure alla sua umanità, nonostante la grandezza delle sue opere: essi (rimasero increduli) come se fosse maggior prodigio vedere risplendere una nuova stella al suo nascere, piuttosto che vedere il sole oscurarsi alla sua morte.
Lettura 6
Orbene la stella che condusse i Magi al luogo dove era il Dio bambino colla Vergine madre, e che poteva sicuramente condurli sino alla città ov'era nato, tuttavia scomparve, né si mostrò più finché non ebbero interrogati gli stessi Giudei intorno alla città in cui doveva nascere il Cristo, ed i Giudei medesimi non l'ebbero indicata secondo la testimonianza della divina Scrittura, dicendo: «In Betlemme di Giuda». Perché ecco ciò che sta scritto: «E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei punto la più piccola tra i capoluoghi di Giuda; perché da te uscirà il Duce che guiderà il mio popolo d'Israele» (Mich. 5,2) Che altro mostrò con ciò la divina provvidenza, se non che i Giudei non conservavano che i santi libri, e ch'essi se ne servirebbero per illuminare i Gentili e accecare se stessi?
Lettura 7
Dall'Omelia di san Gregorio Papa
Omelia 10 sul Vangelo
Or bene, i Magi portano oro, incenso e mirra. L'oro infatti conviene a un Re, l'incenso si offre a Dio nel sacrificio, colla mirra si profumano i corpi dei defunti. I Magi adunque anche con questi mistici doni fanno conoscere chi è colui che adorano: con l'oro, dichiarano ch'egli è Re, con l'incenso ch'è Dio, colla mirra ch'è mortale. Ma ci sono degli eretici che credono alla sua Divinità, ma non ammettono che regni dappertutto. Questi per certo gli offrono l'incenso, ma non vogliono offrirgli anche l'oro. Degli altri riconoscono ch'egli è Re, ma negano che sia Dio. Questi tali gli offrono l'oro, ma non vogliono offrirgli l'incenso.
Lettura 8
E ci sono degli altri ancora che lo confessano Dio e Re, ma negano che abbia assunto un corpo mortale. Questi tali per certo gli offrono oro ed incenso, ma non vogliono offrirgli la mirra, emblema dell'assunta umanità. Noi pertanto offriamo al neonato Signore l'oro, riconoscendo ch'egli regna dovunque: offriamogli l'incenso, credendo che colui ch'è apparso nel tempo, era Dio prima d'ogni tempo: offriamogli la mirra, credendo ch'egli impassibile nella sua divinità, fu mortale nella nostra carne.
Lettura 9
Ma all'oro, incenso e mirra si può dare anche un'altra significazione. Dacché con l'oro viene indicata la sapienza, secondo attesta Salomone quando dice: «Un tesoro desiderabile riposa sulla bocca del saggio» (Pro. 21,20 Sept.). Coll'incenso, che si brucia in onore di Dio, si esprime la virtù della preghiera, secondo attesta il Salmista che dice: «Salga la mia preghiera come l'incenso al tuo cospetto» (Ps. 140,2). Nella mirra poi è figurata la mortificazione della nostra carne. Onde la santa Chiesa parlando dei suoi operai che combattono per Iddio fino alla morte, dice: «Le mie mani stillarono mirra» (Cant. 5,5).
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