ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 27 gennaio 2016

Tragitto verso il vuoto

Cirinnà, necessità o ideologia?
Il Disegno di Legge Cirinnà è davvero una battaglia per diritti civili negati, come vuole la propaganda a favore, oppure ha un carattere di tipo sostanzialmente ideologico, come pensano gli oppositori? In pratica, quali sono le ineguaglianze, e di conseguenza i diritti di cui non godono le persone che il provvedimento potrebbe includere? La lista dei diritti di cui già godono i conviventi. Mancano solo pensione, e adozione...


Il Disegno di Legge Cirinnà è davvero una battaglia per diritti civili negati, come vuole la propaganda a favore, oppure ha un carattere di tipo sostanzialmente ideologico, come pensano gli oppositori? In pratica, quali sono le ineguaglianze, e di conseguenza i diritti di cui non godono le persone che il provvedimento potrebbe includere?

Chi sostiene – e da molti anni, come l’allora presidente della Cei, cardinale Ruini – che non c’è bisogno di una legge che equipari il matrimonio naturale, fra uomo e donna, a unioni di altro tipo, afferma che molti diritti già esistono, come appare chiaro da questo LINK.   

Li elenchiamo qui sotto:  

ANAGRAFE – Il regolamento anagrafico in vigore dal 30 maggio 1989 stabilisce che “l’anagrafe è costituita di schede individuali, di famiglia e di convivenza”, senza bisogno in quest’ultimo caso di ulteriori registri.  

 ASSISTENZA SANITARIA – La legge n. 91 del 1 aprile 1999 prescrive che i medici devono fornire informazioni sulle cure tanto “al coniuge non separato” quanto “al convivente more uxorio“(nel 2012 la Corte d’Appello di Milano ha sancito che nella nozione legale di ‘conviventi more uxorio‘ rientrano anche le coppie omosessuali, per le quali vale “il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”). 
  
PERMESSI RETRIBUITI – La legge n. 8 del 2000 riconosce il permesso retribuito di tre giorni all’anno al lavoratore e alla lavoratrice anche in caso di documentata grave infermità del convivente.  

CONSULTORI FAMILIARI – La legge n. 405 del 1975 assicura assistenza psicologica e sociale per i problemi della coppia e della famiglia anche ai componenti di una convivenza. 

ASSISTENZA AI DETENUTI – Le norme sull’ordinamento penitenziario in applicazione della legge n. 354 del 1975 prevedono possibilità di colloqui e corrispondenza telefonica al “convivente detenuto” alle stesse condizioni stabilite per il coniuge. 
  
FIGLI – Nessuna differenza sul piano legislativo tra genitori regolarmente sposati e conviventi. Addirittura la legge n. 6 del 2004, nell’elencare chi dev’essere preferito come amministratore di sostegno di una persona priva di autonomia, colloca “la persona stabilmente convivente” subito dopo il coniuge e prima del padre, della madre, dei figli, dei fratelli. 
  
LOCAZIONI – La corte costituzionale, con la sentenza n. 404 del 1988, ha riconosciuto al convivente more uxorio il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del partner, anche quando sono presenti eredi legittimi. 
  
VITTIME DI MAFIA O TERRORISMO – La legge n. 302 del 1990 ha esteso anche ai conviventi more uxorio le provvidenze che lo Stato accorda alle vittime. 
  
VITTIME DI ESTORSIONE E USURA – La legge n. 44 del 1999 comprende tra i beneficiari delle provvidenze anche i conviventi delle vittime. 
  
ALTRE TUTELE – Oltre ai benefici fin qui elencati, vi sono garanzie per i conviventi anche per quanto riguarda l’assegnazione degli alloggi popolari, l’impresa a carattere familiare, il risarcimento dei danni patrimoniali, la protezione dei collaboratori e testimoni di giustizia. 

Mancano dalla lista la reversibilità della pensione, e la possibilità di adottare figli. Sappiamo dalle cronache quanto quest’ultimo problema sia delicato, a causa dell’ostacolo dell’utero in affitto, proibito nel nostro Paese, ma che in questo modo verrebbe sostanzialmente aggirato. 

E secondo l’Istat, come ricordava l’agenzia Redattore Sociale  i bambini figli genitori omosessuali sono 529 (cinquecentoventinove) non i 100 mila proclamati, ahimè, con la connivenza di giornali e redattori tifosi. La maggior parte dei quali concepiti e nati prima che uno dei genitori scoprisse un diverso orientamento sessuale.  
  
Sono cifre che rendono plausibile l’accusa secondo cui la legge di cui si discute ha un carattere eminentemente ideologico. Vi ricordate la vecchia canzone: “E noi faremo come la Russia, e soneremo un campanel…?”. Adesso la Russia è esecrata, ma si vuole fare come l’America, è più fico…. 
MARCO TOSATTI

Cirinnà, il ddl della disgregazione

Martedi 2 febbraio il ddl Cirinnà  (nella foto la senatrice del Pd) avrà il suo  passaggio al senato. Avrebbe dovuto avvenire domani ma poi  è slittato a martedi. Passerà, non passerà, si andrà al referendum? Difficile fare previsioni. La cosa che mi ha colpito è la latitanza e la freddezza delle autorità religiose in queste circostanze.  Già, prevale anche nella CEI il chi sono io per giudicare? e per intervenire? e per dire la mia? per oppormi? per contrappormi? per distinguermi dai luoghi comuni dei media?

 In primis, l'intervista di Galantino sul   Corriere della Sera  (il vescovo Nunzio Galantino, segretario della Cei, riconosce il dovere dello Stato di legiferare sulle «unioni di tipo diverso» che vengono crescendo nella società ma ...). Dunque la lobby gay è presente anche in Vaticano e Galantino gli tira una bella ciambella di salvataggio.
Segue  a distanza di qualche giorno la tiepida dichiarazione di Bergoglioche fa letteralmente ridere. Perché ha aspettato tanto per dire "qualcosa di cattolico"?  Ecco la sua dichiarazione in extremis:  "Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione".

Ma no! Ma davvero? e che scoperta sarebbe per un papa? Queste cose ormai le dicono anche i laici. Forse è troppo impegnato in  relativiste e "sincretiche" cerimonie "interreligiose" con altre religioni, in cerca del Dio Unico. 

Arriva per terzo, il card. Bagnasco a scoprire delle ovvietà. Dapprima ha tentato qualunquisticamente di minimizzare dicendo che le priorità sono "ben altre" (lavoro, disoccupazione cc.). Poi, messo alle corde, è stato costretto ad aggiungere che i bambini "non sono mai un diritto poiché non sono cose "da produrre" ( "la famiglia ha una identità unica e propria riconosciuta dalla Costituzione e dal sentire della gente"). Che la famiglia è una questione di identità antropologica (madre-donna, padre-uomo).
Siamo, con ogni evidenza,  alle considerazioni di Monsieur de Lapalisse. 
Non sarà che è proprio la grande mobilitazione laica e civile che ha messo un po' di premura a chi finora ha praticato un morbido laissez-faire di ordine morale? 

Ma veniamo al ddl Cirinnà e a cosa contempla nei suoi 19 articoli:

Due persone dello stesso sesso possono costituire un’unione civile tramite dichiarazione di fronte all’Ufficiale di stato civile e in presenza di due testimoni. A tal fine, è istituito il Registro nazionale delle Unioni civili. Le persone che vogliono unirsi in unione civile devono dichiarare quale cognome vogliono scegliere oppure mantenere entrambi i cognomi della coppia.


Diritti riconosciuti
Le coppie avranno gli stessi diritti e doveri che sorgono dal matrimonio: hanno l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale e collaborazione nella vita comune; devono scegliere il regime patrimoniale (comunione o separazione dei beni).

Alle coppie sono estesi i diritti in materia previdenziale – compresa le reversibilità della pensione – e sanitaria previsti per le coppie sposate.

In caso di morte del partner si applicano le stesse regole previste per la successione legittima delle coppie sposate. Si può succedere al defunto nel contratto di affitto dell’abitazione.
E’ consentita solo l’adozione di un bambino che sia già riconosciuto figlio di uno dei membri della coppia (Stepchild Adoption).

I matrimoni contratti all’estero e i matrimoni nei quali un coniuge ha cambiato sesso possono essere riconosciuti come unioni civili ed essere trascritte nel registro.
L’Unione civile si scioglie per comune accordo o per decisione unilaterale. Lo scioglimento avviene entro tre mesi dalla comunicazione all’ufficio del registro.
Al membro della coppia che non sia in grado di provvedere alle proprie necessità è corrisposto un assegno di mantenimento (in ogni caso, ecco  ilPDF integrale)

L'estensione dell'adozione di un bambino (magari di precedente matrimonio), riconosciuto figlio di uno dei componenti della coppia omosex viene chiamata col nome inglese di "Stepchild adoption". Ennesima turlupinatura e nefandezza all' inglese. Soprattutto la prova provata che non siamo più un paese sovrano, visto che le leggi d'Italia si dovrebbero scrivere in Lingua Italiana.Rigorosamente italiana. Con titolazione dei paragrafi in Italiano.

Inoltre detto Disegno di Legge, contiene vistosi elementi di incostituzionalità e 100 giuristi ne stigmatizzano i contenuti. Per cominciare la nostra Costituzione configura un regime privilegiato per la famiglia (art. 29  “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.)
Questo ddl vuole svilire questa preferenza, attribuendo lo stesso regime della famiglia ad altre diverse forme di convivenza. Un altro modo per mandare in rottamazione la Costituzione. 


Sabato 30 ci sarà il Family Day a Roma (Circo Massimo) . Come di consueto, c'è già il balletto di chi ci va, di chi non ci va, di chi si defila all'ultimo momento, di chi ha una carica istituzionale ma va a "titolo personale". Di chi ha uno scranno parlamentare non è d'accordo con la Cirinnà, ma non vuole perderlo (Alfano e alfanoidi)... e via con le prevedibili pagliacciate in technicolor. E comunque un calderone dove sono dentro tutti: neocatecumenali (non sarà presente Kiko Arguello), focolarini, ciellini, laici, credenti, non credenti, la Manif pour Tous, Movimenti per la vita, leghisti, forzanovisti, fratelli d'Italia, casapound  e chi ci sta... 
Vabbé, purché riesca a smuovere qualcosa. In ballo c'è davvero molto. Ci sono la salvaguardia dell'infanzia e i diritti dei fanciulli ad avere dei veri genitori e non genitore A e genitore B; c'è la mercificazione del corpo femminile mediante "gli uteri in affitto" che necessariamente avverrà, dato che due uomini non possono procreare (l'effetto Elton John, per intenderci), con uteri comprati nei paesi più poveri dove la donna "costa meno". C'è la famiglia naturale ormai priva di diritti sociali che verrà marginalizzata, ridotta a "quota Panda" e schernita.
Insomma  per l'ennesima volta le solite élites sociopatiche della Ue vogliono sovvertire l'umanità.

Quanto al Pd, il partito più perversamente corrotto ed euroservo che ci sia, ha già pronto per marzo prossimo, una legge sull'eutanasia, detta ipocritamente legge di fin di vita. L'Agenda mondialista deve andare avanti ad ogni costo.  Non c'è che dire, tutto il loro zelante impegno consiste nel togliere di mezzo gli Italiani.  Bisogna fermarli! 

Fenomenologia dell’autosoggezione: come legarsi le manette ai polsi e vivere in pace con il boia  

Riflessioni sul transito, senza troppi ostacoli, dalla “gloriosa” stagione sessantottina alla mistica omosessualista del ddl Cirinnà.

di Patrizia Fermani
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zzzsgrrmNon ricordo chi abbia detto che se c’è un uomo in piedi e davanti a lui uno in ginocchio,  è stato il secondo  a mettere in piedi il primo. In ogni caso la metafora rispecchia il fenomeno che ha segnato questi lunghi anni del teatro dell’assurdo in cui ogni sorta di follia non sarebbe germogliata per poi radicarsi tenacemente, senza la connivenza, la passività, la remissività generalizzate, la pavidità di chi aveva responsabilità di governo, o anche la possibilità di richiamare  tutti alla realtà per impedire il disastro annunciato. Così si è transitati senza troppi ostacoli dalla gloriosa stagione sessantottina alla mistica omosessualista del ddl Cirinnà.
La idiozia sessantottina, spacciata a buon mercato per pensiero politico filosofico,  rappresentava bene la nuova alleanza tra l’utopia marxista che  appagava  l’ego adolescenziale, e il mito del benessere sublimato nello edonismo degli istinti liberati. Si poteva tornare a cantare la marsigliese, sentirsi eroici al pensiero dei feroci soldati che sarebbero venuti a  “égorger de nos bras, nos fils, nos compagnes”.  Bastava inventarsi un nemico sul quale scaricare ogni disagio personale, la famiglia, la società, la scuola in nome della libertà, della uguaglianza, del disimpegno morale che rendono buoni a prescindere chi alza quelle bandiere. A cominciare dall’università, venne attaccata  e poi uccisa la scuola  che funzionava a dovere, come era stato ucciso Giovanni Gentile che l’aveva simboleggiata. Nella migliore delle ipotesi, la distruzione della scuola e della cultura è stata dapprima tollerata quando non coccolata, nella convinzione che si trattasse di malattia giovanile,  innocua perché passeggera, e poi resa volontariamente definitiva e irreversibile.  Infatti il germe che doveva svuotare il pensiero da ogni difesa naturale, era stato inoculato, non solo nelle fragili menti dei rivoluzionari telecomandati. E siccome  le idiozie ritenute innocue venivano ripetute ossessivamente, sono  diventate per tanti habitus mentale. Anche perché intanto la regia aveva allestito il gulag dei nemici del nuovo e del bene, e si era diffusa la paura di esserci rinchiusi. Il nemico del nuovo, impersonato dai giovanotti che invocavano analfabetismo per tutti, diventava un nemico del popolo. Il nemico del progresso era, allora come ora, il nemico del popolo.  I violentatori di uomini e cose misero con profitto i fiori nei cannoni altrui, perché accanto alla dea della democrazia elevata anche sui nuovi altari casual della ex chiesa cattolica,  era stata messa la dea della pace preposta al disarmo del nemico secondo il piano  sovietico  volto a  disarmare l’occidente con il pacifismo. Siamo diventati tutti liberi, uguali e pacificamente dialoganti.  Si poteva persino  sventolare il vangelo senza leggerlo perché bastava interpretarlo marxianamente e sentirsi nella parte dei buoni a prescindere.
Contro  l’ insensatezza e le idee  avvelenate,  non ci si è difesi con la verità e il buon senso, con la  sapienza e l’esperienza. Si è abbandonata l’autorità.  La reazione verso chi spadroneggiava nelle università  è arrivata al massimo alla ironia di Ettore Paratore, che fece tradurre in latino dai belligeranti il fiore dei pensieri più severi di Mao. Alla fine si è finito per assorbire le novità che viaggiavano in groppa ad un lessico beota e fasullo, per accogliere ogni pretesa di annichilimento collettivo, assistita dai “valori”  della resistenza creata dopo la resistenza. E perché l’autonomia speculativa non minacciasse il nuovo ordine, la nuova scuola di ogni ordine e grado si è messa a servire solo il libero  pensiero precotto. L’arma per annientare il giudizio distribuita a tutti è stato lo slogan,  la formula magica delle alchimie totalitarie, che funziona come il parquet predefinito: costa poco, lo metti giù da solo e fai la tua figura, perché tutti ce l’hanno uguale come da catalogo. Così ottenemmo senza ostacoli anche  l’analfabetismo del pensiero per tutti. Dopo la cancellazione  della storia e dell’arte fatta gratuitamente dai sadici bombardamenti angloamericani, abbiamo ottenuto quella a pagamento degli architetti licenziati col voto politico. Le femministe hanno trionfato. I padri post sessantottini spingono il passeggino e le donne emancipate portano a spasso il cane.
Dunque dalla nuova  democrazia dopo le dittature, abbiamo ricavato  l’idea di dover  pensare solo quello che altri pretendono che noi pensiamo,  rinunciando devotamente e preventivamente ad ogni possibilità di giudizio. Una sorta di malattia  autoimmunitaria che ha interessato i  processi cognitivi della stragrande maggioranza delle persone, ed è stata applicata ad ogni aspetto della vita collettiva e anche individuale, creando  la “cultura” del falso,  storico, etico, politico , religioso e artistico.  Perché ognuno si è acquietato con sconcertante passività ad accettare ogni controsenso, riconoscendo  l’autorità di chi glielo andava imponendo con arroganza e nel pantano sono affondate  insieme le ragioni delle parti che avrebbero dovuto essere  avverse.
La vicenda Cirinnà, simboleggia di nuovo a dovere  questo fenomeno autoimmunitario e ne riassume tutti i passaggi. Vediamo che  l’ordigno  micidiale ora in preparazione, capace  di stravolgere  senza scampo la intera la vita collettiva, insulto alla ragione e alle leggi naturali, allestito da una potente regia, gode ancora una volta del contributo determinante della insipienza delle vittime, incapaci di avvertire il pericolo, ma soprattutto dalla spregiudicata irresponsabilità di chi dovrebbe guidare ed orientare ogni resistenza. Abbiamo visto come tutti più o meno parlino con disinvoltura dei diritti degli omosessuali,  anche se a nessuno è venuto in mente finora di parlare dei diritti dei bulimici,  degli ipocondriaci o dei giocatori d’azzardo. Segno che a ripetere anche questa sciocchezza  la si è fatta entrare nel repertorio del linguaggio comune che nessuno sembra mettere in discussione. Il risultato finale è che i diritti degli omosessuali sono una realtà ontologica, che essa si riassume nel diritto alla felicità, e che questo a sua volta per esigenze morali, deve essere consacrato per tabulas con adeguata collocazione anche nel bilancio dello Stato. Per questo esso è già il piatto forte della educazione civica,  cioè della formazione del “cittadino”, discendente orgoglioso del cittadino Robespierre o cittadino del mondo nuovo in costruzione, quello che sarà presto abitato da esseri perfetti perché selezionati in laboratorio o anche attraverso l’eutanasia infantile.
C’è poi l’uguaglianza che deve dare la parità secondo l’obiettivo primo della lotta di classe. Infatti la parità tra disuguali è la grande ambizione della nuova democrazia. I diritti sono uguali per tutti soprattutto a disparità di condizioni. Il sovvertimento della logica, del diritto e della essenza delle cose umane che è cosa diversa dalla loro esistenza, viene completato.
Ma ecco che il senso di quella metafora iniziale ora si completa: un numero cospicuo di giuristi, non l’organizzazione nazionale delle onoranze funebri o il sindacato degli autoferrotranvieri, che svolgono peraltro attività essenziali per la comunità,  sottoscrivono sotto autorevole guida accademica, che le “unioni civili”  sono cosa buona e giusta e dunque s’hanno da fare. Sono cosa buona, perché rispondono  alla cura che lo stato deve avere dei sentimenti e delle emozioni (leggi affettività), anche se di altrettanta attenzione non usufruiscono né i cleptomani, né i piromani, che pure godono pazzescamente nella soddisfazione dei propri orientamenti e delle rispettive emozioni. Sono cosa giusta, perché  evidentemente ad essere secundum Ius , non è per i giuristi ciò che risponde ad un criterio di retta ragione ed è orientato al bene generale, ma semplicemente ciò che accade, e che dunque per il fatto di esserci deve essere anche iscritto nel bilancio dello Stato. I giuristi non si chiedono neppure a quale interesse per la  collettività corrisponda la  tutela giuridica accordata a due soggetti (o anche più, non si sa mai) che vantano come titolo della propria pretesa solo i propri gusti sessuali. Né si chiedono se tale elargizione benefica non costi il sacrificio di esigenze collettive irrinunciabili, o chiami in causa il problema capitale della responsabilità verso le nuove generazioni sempre più indifese. Eppure è da credere che nessuno di essi si adopererebbe per fare  riconoscere i diritti dei collezionisti di farfalle inchiodate.
Gli stessi giuristi affermano però anche con grande  partecipazione emotiva che bisogna evitare, perché aberrante, la adozione di qualunque tipo da parte degli stessi soggetti  ai quali però riconoscono come meritevole di tutela la aspirazione a vedere consacrate pubblicamente le proprie particolari inclinazioni affettive. E proprio loro non si accorgono del fatto evidente che le adozioni sono aberranti perché è aberrante il presupposto di quelle unioni  assistite dalla legge, e che queste, una volta  introdotte, oltrechè un abuso giuridico, sarebbero l’imposizione  intollerabile di un modello in contrasto con ogni sana esigenza  educativa, mentre incasserebbero senza indugio anche  le adozioni per via giurisprudenziale.
Eppure quello strano personaggio che risponde al nome di Monica Cirinnà lo ha detto a chiare lettere ai propri compagni di partito e di fede omosessualista: dobbiamo parlare di “figli” quando chiediamo che i piccoli vengano dati in adozione ai nostri amici omosex, perché così questi diventano a ritroso “genitori”, e il tutto costituisce gruppo di “famiglia”, in un interno.  Creiamo i “figli” con tutte le alchimie della tecnica riproduttiva, così dietro a loro si formeranno automaticamente “genitori” e “famiglia”. E ha aggiunto con una  sapienza giuridica che pare mancare ai volenterosi e sensibili giuristi di cui sopra, come creare “figli” , “genitori”, e “famiglia” con le parole, serve a dare a tutta la faccenda una giustificazione ai fini del diritto pubblico, serve cioè a trafugare con la magia delle parole la protezione che il diritto accorda alla famiglia vera in quanto luogo in cui vengono allevati i figli. Questa la stoffa morale della madre delle unioni civili che ho avuto la ventura di sentir dire: “io non sono stata eletta per difendere principi etici, ma la Costituzione”. Ci risparmiamo l’esegesi della proposizione che meriterebbe commento a parte.
La gente comune è stata abituata a ripetere che due poveri omosex che si amano non possono  assistersi  anche in ospedale, cosa notoriamente concessa a chiunque dietro richiesta scritta,  e che questo giustifica a una legge apposita per consacrare coram populo la loro ”unione”. Così viene  ripetuta compulsivamente la favola commovente  prodotta dalla macchina  mediatica preposta alla  persuasione delle masse e all’imbroglio organizzato.
Tuttavia che ripetano una scempiaggine dalle conseguenze incalcolabili come quella della necessità delle “unioni civili”, anche quelli che avrebbero il dovere di denunciarla , ha il sapore del contrabbando delle idee  a fini che certo non sono quelli dell’utile collettivo, senza scomodare il Bene che sembra arnese obsoleto e incomprensibile ai più, con o senza incarichi di governo ecclesiastico.
Ecco perché quella metafora iniziale si attaglia anche alla situazione attuale. Chi con inaudita arroganza e senza ombra di scrupolo tenta di imporre una  mostruosità giuridica capace di devastare tutto il vivere comune,  riceve l’aiuto determinante di quanti dovrebbero  ben  capire il senso e le  conseguenze di quello che propongono.
Si ripete la storia dell’aiuto  dato a chi sta segando l’albero sul quale  siamo seduti, che è quello della verità e del senso delle cose senza i quali la nostra vita diventa meno di niente, un inutile e insidioso tragitto verso il vuoto.
http://www.riscossacristiana.it/fenomenologia-dellautosoggezione-come-legarsi-le-manette-ai-polsi-e-vivere-in-pace-con-il-boia-di-patrizia-fermani/

Dal Family Day al Fertility Day. Il diabolico intreccio n. 2 – 

La teoria casiniana del “minimo etico” che lo Stato sarebbe chiamato a garantire per conciliare le esigenze della scienza con quelle del magistero illumina tutto l’orizzonte… Nessuno più grida all’orrore semplicemente perchè l’orrore è stato assorbito pian piano nel corpo molle di una società smarrita, dolcemente e piamente somministrato proprio da coloro che indossano la maschera dei difensori della vita nel nome di Dio. Una sorta di eutanasia sociale.

di Elisabetta Frezza
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zzzz3crtmgrDal Family Day al Fertility Day. Dopo l’adesione – condizionata – al 30 gennaio, l’establishment democristiano sta preparando un festival della provetta.
Poiché – come ci ha comunicato il Corriere della Sera (clicca qui per leggere “Il diabolico intreccio”. Riscossa Cristiana del 23 gennaio 2016) – Assuntina Morresi è la sua Referente, ed è di casa al quotidiano dei vescovi, ecco che la illustre Riferita ottiene nello stesso quotidiano la debita accoglienza, con tanto di sbarazzina foto segnaletica. La ministra della salute Beatrice Lorenzin, sotto la specie dell’ospite d’onore, mette a servizio la propriaauctoritas istituzionale per aprire la luminosa strada dell’Avvenire alle Porcu, ai Flamigni e a tutti gli acclamati stregoni della vita che con la vita giocano all’antico gioco di fare dio (clicca qui).
La neo-mamma di governo blandisce subito il direttore Tarquinio carezzandone l’ego equo-solidale, specie in una delle sue zone più sensibili: la generosa dedizione alla causa dei diritti di tutti e della disciplina giuridica delle convivenze di ogni tipo, con particolare riguardo a quelle omosessuali. Si sa che, sul tema, il Superbo responsabile dell’organo di stampa episcopale batte con costanza il chiodo della “terza via” italiana, quella che non si chiama matrimonio ma ne è la controfigura al netto – provvisorio – della prole (clicca qui). Ognuno ha le sue fisse.
Dunque, la signora si pone subito nell’alveo accogliente del cattolicesimo aggiornato, entro cui provvede a inserire a ruota i suoi successivi enunciati: speculazioni di inusitato spessore e idee innovative di promozione civica.
Prima però di sondarne il contenuto, è utile fare una premessa.
Non si può non osservare come, tradizionalmente, il ministero della salute sia presidiato da qualche pedina lato sensuepiscopale, investita del compito, delicato e cruciale, di far da garante di parte nei diversi stadi della dissoluzione programmata. A partire dall’era andreottiana (quella in cui la 194 otteneva l’en plein delle firme democristiane) lavora sottotraccia un connubio medical-vaticano in grado di influenzare e addirittura scavalcare i poteri del governo: figura simbolo in tal senso fu il cardinal Fiorenzo Angelini, detto anche Sua Sanità (tanto che, all’indomani della dipartita del prelato, così recitava il coccodrillo de “Il Fatto” (clicca qui): «Duilio Poggiolini, che fu direttore generale del servizio farmaceutico nazionale del ministero della Sanità, coinvolto nellinchiesta “Mani pulite” e additato come membro della loggia massonica “P2”, citò il porporato con i giudici: “Tutti avevano paura di monsignor Angelini, del suo potere immenso. Raccomandava i suoi, segnalava certi imprenditori farmaceutici, pretendeva per loro un trattamento di riguardo, condizionava, dettava legge, lo faceva attraverso i suoi referenti, nella Cuf, la Commissione unica del farmaco, e nel Cip farmaci”»). È pure questo, probabilmente, uno dei tanti effetti dell’infiltrazione modernista e della deriva postconciliare, ovvero dell’amplesso lascivo tra chiesa e mondo giunto oggi alla soluzione pressoché totale della prima nel secondo.
Ora, a vigilare sulla salute italica, insieme alla Lorenzin, sta la ciellina Morresi. Eugenia Roccella – la (ex)radicale autrice dell’edificante libello di gioventù “Aborto: facciamolo da noi” in cui si illustrano le tecniche e le modalità e le risate delle praticanti feticide in stile Bonino (clicca qui) – da molti anni pontiera tra CEI e istituzioni statali, è stata solerte sottosegretario dello stesso ministero nel passato recente, quando (e pare trascorsa una eternità) correva ancora la fase gloriosa del “viva la legge 40 e la fecondazione omologa, abbasso l’eterologa” (clicca qui). La 40 – definita nel MpV la “cappella sistina” di Carlo Casini, il suo vero capolavoro – era in verità il monstrum creato in laboratorio proprio per essere smembrato pezzo pezzo, pur spacciato alle ingenue truppe pro life per áncora salvifica contro il far west procreativo. La sua demolizione concordata, secondo agenda, andava semplicemente assimilata per gradi in via omeopatica, come ogni boccone indigesto. Fatto sta che nell’arco di un fiat, la Roccella eroina pro-life era pronta a ingollare l’eterologa tutta intera, discutendo con la Lorenzin il “percorso condiviso” per regolamentarla. Tipo, che “da ogni donatore non potranno nascere più di 25 bambini” (clicca qui). E non è una barzelletta; è una catastrofica minaccia che profila tra l’altro, con esponenziale probabilità, scenari sinistri di inconsapevoli incesti.
Le donne giuste nel posto giusto, quindi, erano e sono necessarie per rassicurare il popolo “cattolico”, per incantarlo e tradirlo. Facendo slittare senza parere la sensibilità media del mediamente credente verso il traguardo segnato.
Nel 2010 dovevano stracciarsi le vesti per l’eterologa in agguato, nel 2014 dovevano prendere atto con gravità istituzionale che le sentenze vanno rispettate e quindi anche tutte le loro autorevoli aberrazioni (frutto coerente delle aberrazioni dell’antefatto legislativo), nel 2015 dovevano conciliarsi definitivamente con ogni genere di produzione umana in laboratorio, nel 2016 erano infine chiamate a promuoverla con squilli di trombe. Come dire, da prefiche a piazziste.
Eccoci dunque arrivati alle trombe. E, dopo le linee guida per eterologa e dintorni, è annunciato il festival finale, il Fertility Day. C’è un day per tutto, oggidì.
Questo percorso verso la (relativamente veloce) assimilazione di ogni pratica di fabbricazione umana contro il disegno della creazione divina era stata tracciata in modo paurosamente lucido da Carlo Casini, il vero programmatore dei compromessi in divenire. Lui li progettava, i suoi esecutori diretti o indiretti erano chiamati a concretizzarli sul campo a tempo debito e a presentarli al quivis de populo come via obbligata maleminorista per non incorrere nel male maggiore. E via uno dopo l’altro tutti i paletti, come era già scritto dal tempo che fu.
La teoria casiniana del “minimo etico” che lo Stato sarebbe chiamato a garantire per conciliare le esigenze della scienza con quelle del magistero illumina tutto l’orizzonte. Lustri fa era già stipulato il patto col diavolo con sacrificio seriale degli innocenti, spietato e incruento. L’essere umano disincarnato, alieno al ventre di una madre, realizza appieno il sogno faustiano del dominio assoluto sulla vita e sulla morte da parte di chi, tra alambicchi e frigoriferi, uteri e gameti, si autoproclama onnipotente e lo appare agli occhi dei suoi capricciosi postulanti.
Nessuno più grida all’orrore semplicemente perchè l’orrore è stato assorbito pian piano nel corpo molle di una società smarrita, dolcemente e piamente somministrato proprio da coloro che indossano la maschera dei difensori della vita nel nome di Dio. Una sorta di eutanasia sociale.
L’intreccio profondo e risalente tra il male conclamato e il suo clone travestito da bene ha impedito di identificare l’uno e l’altro e ha depresso ogni capacità di reazione e ogni forma di vera e fiera resistenza.
Quello che ora abbiamo sotto gli occhi sulle colonne di Avvenire non ne è che il tragico epilogo: in questo inizio d’anno surreale, in cui tutto sino ad alta quota pare travolto dall’onda immane della follia e della profanazione, il quotidiano dei vescovi ospita ministre e ausiliarie ministeriali fautrici appassionate di fivet omologhe ed eterologhe e di coppie omo ed etero. Tutti dentro, nel calderone melmoso dell’indistinto, in ecumenico omaggio alla libertà di ciascuno di scegliere della propria vita senza che quella sommamente indifesa meriti la minima premura.
La tripla veste di ministra, madre, e “figlia del suo tempo” autorizza la ministra in carica a ergersi a paladina dei diritti di tutti, a esperta dei diversi modi di metter su famiglia, a promotrice del rispetto per le scelte personali quali che siano, “legittimamente diverse, che nel nostro paese hanno diritto di esistere” (nella ubriacatura delle parole in libertà, salta fuori che pure le scelte hanno diritti). La autorizza, soprattutto, a far finta di difendere i bambini scaricando su un’intera società gli esiti nefasti della loro riduzione a oggetto del desiderio e a genere di consumo.
Si vibrano le corde del piagnisteo per i piccoli comunque generati, nel vetro o nella carne; si leva lo sdegno ipocrita contro l’estremo paletto scalcinato, la c.d. maternità surrogata, nel nome di una legge che della Legge è ormai il vuoto simulacro (“non possiamo fare entrare dalla finestra, furbescamente, quello che le nostre leggi vogliono tenere fuori dalla porta, senza se e senza ma”); si spargono a piene mani le belle frasi orecchiabili e vacue già mandate a memoria collettiva come una filastrocca sedativa; si raccomanda ai manifestanti difensori dei loro figli che la piazza non sia contro nessuno. Infine, ecco il colpo di scena. Si lancia la nobile iniziativa di un ministero attento alla salute non solo del singolo ma della società tutta: la giornata della fertilità, contro l’inverno demografico, ma non per spingere i giovani a sposarsi, a fare i figli presto, a non usare il preservativo, no, ma «perché le scelte personali siano davvero consapevoli». Letteralmente: pro choice. Dove pro choice, qui, si declina non più soltanto come omaggio ai diritti riproduttivi (contraccezione e aborto), ma anche alla bellezza del pupo in provetta, alieno ai rischi della roulette russa della natura.
Coriandoli e stelle filanti sul carnevale dell’Avvenire, imprimatur vescovile sul disegno blasfemo dell’uomo creatore di se stesso. Coloro che si erano messe il lutto sulla tomba della 40 erano in realtà delle vedove allegre, subito consolate dal calore delle loro poltrone e dal confortante tetto dei 25 bambini per donatore.
Il Fertility Day è una delle tappe, nemmeno l’ultima, del processo perverso scientificamente ideato e organizzato da Casini come via “cattolica” al transumanismo e all’eugenetica. Missione compiuta. Con benedizione vescovile sull’ecatombe e sulla mercificazione dell’umano.
Oramai siamo ridotti così. Svegliamoci.
http://www.riscossacristiana.it/dal-family-day-al-fertility-day-il-diabolico-intreccio-n-2-di-elisabetta-frezza/

Family Day – avere le idee chiare sul perché di
questa manifestazione
La legge è totalmente da rifiutare: cambia solo il nome, ma i
diritti della coppia sono uguali a quelli di un vero matrimonio
Tutte le leggi più inique sono state introdotte con questo sistema,
quello dei "piccoli passi"
 di Patrizia Stella
Family Day - Roma, Sabato 30 Gennaio 2016
 Family Day – E' importante avere le idee chiare                                          
Roma, Verona – di Patrizia Stella  – Importante è avere le idee chiare circa il motivo per cui si va a manifestare a Roma il prossimo Sabato 30 Gennaio, in occasione del cosiddetto "Family Day": la legge è totalmente da rifiutare perchè accettare solo la possibilità, come alcuni sostengono,delle unioni civili purchè non si chiamino matrimonio (e …. nulla più!!!)  è un errore madornale, perchè in realtà cambia solo il nome ma i diritti della coppia sono uguali a quelli di un vero matrimonio, cosa inaccettabile, contro natura e contro Dio. Inoltre, una volta concessa questa possibilità a norma di legge, verranno inevitabilmente spalancate le porte a tutte le altre possibilità già note:  embrioni in provetta,  mamme surrogate, uteri in affitto, bambini "acquistati e venduti" con grande gioia delle multinazionali farmaceutiche che fanno affari sulla pelle degli indigenti, cioè di quelle povere donne che si vedono costrette a offrire il loro corpo asperimentazioni disumane e pericolose in cambio di quattro soldi per sopravvivere. E già si parla di richieste abominevoli come "matrimonio a tre" o con le bestie…
 Tutte le leggi più inique sono iniziate così                                                   
Tutte le leggi più inique sono iniziate così: concedere qualcosina per bloccare il peggio! Mentre invece quando si apre una breccia, per quanto piccola, poi la valanga avanza inesorabilmente nella sua violenza devastatrice. Ingaggiare battaglie così insistenti e sproporzionate per un esiguo numero di 7000 coppie omosessuali in tutta Italia di fronte a oltre 14.000.000 di coppie regolari con molti problemi di sopravvivenza,  è assurdo, anche se è l'Unione Europea (filomassonica – Ndr) che spinge e minaccia, a maggior ragione perchè ciascun cittadino è già tutelato a norma di legge sia come singolo, sia come coppia di fatto.  Inoltre ci sono 30.000 copie regolari che vorrebbero adottare bambini ma questi non ci sono, non esistono, anche perchè eliminati con l'aborto, purtroppo. Aggiungiamo abominio ad abominio?
 La mano di Dio                                                                                                  
Se dovesse vincere la legge, non è da escludere che quel Dio misericordioso che "maschio e femmina li creò" faccia sentire la sua mano pesante sull'umanità ribelle che ha rifiutato il disegno di Dio Creatore sull'uomo e su tutto il creatoLa natura si ribellerà contro l'uomo perchè l'uomo si è ribellato contro il suo Dio. Gesù, Giuseppe e Maria, salvate Chiesa, Italia e la famiglia mia.
Patrizia Stella (Copyright © 2015 Qui Europa)   
Partecipa al dibattito - Redazione Quieuropa - infounicz.europa@gmail.com
http://www.quieuropa.it/family-day-avere-le-idee-chiare-sul-perche-di-questa-manifestazione/

FAMILY DAY: la fuorviante dichiarazione dei vescovi del Piemonte


(di Tommaso Scandroglio) Dopo il placet del Cardinal Bagnasco al Family Day del prossimo 30 gennaio, molti vescovi hanno preso coraggio ed hanno benedetto tale iniziativa nata dalla base laicale. Ad esprimere appoggio è scesa in campo anche la Conferenza episcopale piemontese con un suo comunicato.
In esso c’è un passaggio assai critico. «Ribadiamo che tutte le unioni di coppie – si legge nel comunicato – comprese quelle omosessuali, non possono essere equiparate al matrimonio e alla famiglia. Tenuto fermo questo principio, anche le unioni omosessuali, come tutte le unioni affettive di fatto, richiedono una regolamentazione chiara di diritti e di doveri, espressa con saggezza». In breve: “matrimonio” gay no, ma unioni civili omosessuali sì. Peccato che il Magistero sia di avviso opposto in merito alla regolamentazione delle unioni omosessuali.
Il documento del 2003, Considerazione circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvato esplicitamente da Giovanni Paolo II infatti vieta che lo Stato possa legittimare qualsiasi convivenza omossessuale, conferendo ad essa forma legale e quindi elevandola ad istituto giuridico.
Il documento – concepito ad indirizzo di vescovi e politici cattolici – indica innanzitutto quali potrebbero essere gli atteggiamenti doverosi di costoro verso uno Stato che – attenzione – meramente tollera l’esistenza della convivenza omosessuale, ma non arriva a legittimarla: «smascherare l’uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso» (5).
Quando invece siamo di fronte ad uno Stato che dalla pura tolleranza passa al riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali «è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva». Altro che auspicare come fanno i vescovi piemontesi «una regolamentazione chiara di diritti e doveri».
Il male non ha diritti, ma ha l’unico dovere di trasformarsi in bene. E dunque il dovere primo dei conviventi omosessuali è quello di sciogliere questo iniquo legame. Poi il documento spiega i motivi per cui è doveroso opporsi ad ogni forma di riconoscimento di unioni omosessuali: «le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso».
Riconoscerle «finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune» (6). Inoltre «esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana», né hanno in sé la caratteristica dell’amore complementare coniugale (7). Oltre a ciò «l’assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all’interno di queste unioni» (7). E dunque «tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale» (8). Da ciò consegue che «le unioni omosessuali (…) non esigono una specifica attenzione da parte dell’ordinamento giuridico, perché non rivestono il suddetto ruolo per il bene comune» (9) e perciò «tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali» (109).
Da qui la conclusione del documento: «la Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. (…) Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità» (11). Quindi la nota della Conferenza episcopale piemontese è assolutamente in contrasto con le indicazioni dottrinali del Magistero.
Anche i Vescovi del Triveneto hanno emanato una nota sul tema delle unioni civili. Dopo aver apprezzato l’iniziativa del 30 gennaio così scrivono: in merito «a chi vive altri legami affettivi (…) i Vescovi del Triveneto auspicano che, come avviene in una società democratica, una sapiente e chiara regolamentazione dei diritti e dei doveri sia perseguita e realizzata all’interno di un dialogo franco, leale e senza pregiudizi di sorta».
A parte che l’accenno a quei «legami affettivi» omosessuali pare una valutazione positiva dell’attrazione omosessuale le cui dinamiche emozionali non possono essere qualificate positivamente come “affetti”, c’è poi da domandarsi se è un bene che vengano regolamentati i diritti e doveri dei conviventi omosessuali.
Qui, a differenza dei vescovi piemontesi, non si invoca un riconoscimento dello status di convivente omosessuale, la creazione di un proprio istituto giuridico ad hoc, ma solo singoli diritti. Risposta: bene il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona (vita, salute, libertà, etc.) – che già ci sono – bene il riconoscimento dei diritti comuni (diritti creditori, di difesa processuale, di commercio, etc.) – che anch’essi già ci sono – male il riconoscimento di quei diritti specifici della convivenza (subentro automatico nel contratto di affitto, diritto di reversibilità, etc.) perché – come indicato dal documento prima citato della Congregazione per la Dottrina della Fede – così si aiuterebbe i conviventi omosessuali a rimanere conviventi e si collaborerebbe dunque alla diffusione di questo fenomeno che è contrario al bene comune. (Tommaso Scandroglio)

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