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martedì 9 febbraio 2016

Chi ha fretta e chi no..

"Laudato si'", un'enciclica troppo argentina

Gli effetti del "pregiudizio" latinoamericano sulle soluzioni proposte da papa Francesco per sanare il mondo, nell'analisi critica di un teologo ed economista australiano

di Sandro Magister


ROMA, 9 febbraio 2016 – "Questo è magistero della Chiesa. E al magistero si deve obbedire". Così il prelato argentino Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere delle pontificie accademia delle scienze e delle scienze sociali, replicò piccato, lo scorso 5 dicembre, agli economisti e studiosi che avevano denunciato l'infondatezza delle tesi ambientaliste della "Laudato si'", in un convegno promosso dall'Acton Institute nella pontificia università romana della Santa Croce:

Quella che segue è una nuova analisi critica dell'enciclica di papa Francesco, teologica e scientifica insieme, di scienza economica, politica e ambientale.



Ne è autore un sacerdote australiano, Paul Anthony McGavin, cappellano alla University of Canberra, che assomma in sé sia la competenza degli studi teologici e filosofici, sia un trentennio di ricerca nel campo dell'economia e del lavoro, come docente e preside all'Australian Defence Force Academy di Canberra. L'ultima sua opera, uscita nel 2015, è frutto di una capillare ricerca sul terreno e ha per titolo “Grappling Afresh with Labour Resource Challenges”.

Punto di partenza della critica di padre McGavin alla "Laudato si'" è l'ottica tipicamente latinoamericana con la quale Jorge Mario Bergoglio guarda all'ecologia umana e ambientale e a questioni come la povertà, l'uguaglianza e la giustizia. Un "pregiudizio" che blocca le analisi razionali dei fenomeni e invalida le soluzioni proposte.

Inoltre – sempre secondo padre McGavin – lo stesso formidabile talento di papa Francesco nel tessere singole relazioni da persona a persona fa velo alla sua capacità di impegnarsi su questioni più globali, di sistema, riguardanti l'intera umanità.

Coincidenza vuole che queste critiche vedano la luce pochi giorni dopo che Francesco ha indicato per l'ennesima volta proprio in "un nuovo stile di vita" ecologico – quello propugnato dalla "Laudato si'" – la risposta alla "relazione tra la povertà e la fragilità del pianeta". Questo nel video (vedi foto) in cui il papa ha illustrato l'intenzione per il mese di febbraio dell'Apostolato della Preghiera:

> "Creyentes y no creyentes…"

L'estratto che segue è circa la metà dell'analisi critica della "Laudato si'" scritta da padre McGavin per www.chiesa, il cui testo completo può essere letto in inglese in quest'altra pagina web: 

> What's wrong with "Laudato si'"?

Padre McGavin è già noto ai lettori di questo sito, che sicuramente non lo giudicano un "tradizionalista".

Nell'ultimo precedente suo intervento ha proposto che i divorziati risposati possano accedere alla comunione se autorizzati dal loro vescovo con un rescritto canonico, previa una valutazione del loro singolo caso:

> Ipotesi. Un rescritto che autorizzi la comunione (24.11.2015)

E in precedenti occasioni non ha mancato di esprimere e motivare giudizi molto positivi su altri aspetti del magistero e della personalità dell'attuale papa.

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Cosa c'è di sbagliato nella "Laudato si’"?

di Paul Anthony McGavin


Io in genere presto attenzione alle interviste in aereo del Santo Padre, perché mi interessano i testi con il meno possibile di modifiche e senza l'apporto di "ghostwriter", cioè di redattori ombra, come invece avviene con le encicliche papali. Queste chiacchierate aeree sono spesso superficiali, e a volte tendenziose. Un paragrafo nel resoconto "L'Africa ci sorprende", su "L'Osservatore Romano" del 4 dicembre 2015, mi ha particolarmente colpito. Interpellato sul recente cambio di presidenza in Argentina, il papa ha così risposto:

"Io ho sentito qualche opinione, ma davvero, di questa geopolitica, in questo momento non so cosa dire, davvero. Davvero, non so. Perché ci sono problemi in parecchi Paesi su questa linea, ma davvero non so perché o come è incominciato, non so perché. Davvero. Che ci sono parecchi Paesi latinoamericani in questa situazione, un po’ di cambiamento, questo è vero, ma non so spiegarlo".

Io trovo della tendenziosità qui, perché il rapporto di Jorge Mario Bergoglio con la presidenza dei Kirchner sembra essere stato conflittuale, mentre l’ascesa di una presidenza Macri probabilmente non si accorda con la visione di Bergoglio, chiaramente di centro-sinistra. La visione del mondo del papa e dei suoi "ghostwriter" si manifesta nell'enciclica "Laudato si'”, con gli estensori che appaiono ignari della disfunzionalità delle loro posizioni rispetto alla loro agenda dichiarata. Se solo il papa avesse sostenuto una linea da "Io davvero non lo so", la "Laudato si’” sarebbe potuta essere un documento più credibile.

La "Laudato si’" porta chiaramente l’impronta della mano di Bergoglio (ad esempio, il testo non ecclesiale più citato è "La fine dell'epoca moderna" di Romano Guardini, sui cui scritti Bergoglio iniziò gli studi per il dottorato), ma l'evidente mancanza di coerenza del testo fa pensare a più di un "ghostwriter". Ciò che si manifesta bene nel documento è la sua cultura latinoamericana, cioè tipica delle nazioni del Sud e Centro America nate dall'imperialismo cattolico iberico col nome di "America latina". Per dirla in breve, l'America latina è nota a livello internazionale per la sua arretratezza economica e per i comportamenti opportunistici che prevalgono in un quadro di debole "governance".

Il papa e i suoi ghostwriter (ma d'ora in poi dirò semplicemente "il papa") non vorrebbero sentire una tale descrizione del loro sfondo culturale, ma purtroppo le cose stanno così. Quando nel 1901 le sei colonie britanniche autonome si federarono e formarono l'Australia, il reddito pro capite in Argentina superava quello dell'Australia. I confronti internazionale del Fondo Monetario per il 2014 mostrano invece redditi medi in Argentina al 48 per cento di quelli in Australia. Le ultime stime della Banca Mondiale sulla diseguaglianza nella distribuzione dei redditi (il coefficiente di Gini) mostrano per l'Argentina uno squilibrio a favore dei redditi più alti che è del 39 per cento superiore alla stima per l'Australia – vale a dire che in termini relativi i "poveri" in Argentina soffrono il 39 per cento di più in confronto a quelli in Australia. Guardando inoltre il tasso di omicidi ogni 100 mila persone, gli ultimi dati delle Nazioni Unite mostrano il tasso di omicidi in Argentina 5 volte più alto del tasso in Australia, come a dire che l'Argentina è una società molto più violenta.

Nel citare questi dati, il mio intento non è quello di esaltare l'Australia (anche se credo che il nostro modello di "governance" di stile britannico si comporti meglio rispetto alle alternative), né di denigrare l'Argentina. Il mio intento è di mostrare che il papa, adottando in prevalenza una posizione ideologica latinoamericana, si colloca su una posizione che inibisce un razionale apprezzamento della strumentalità nell'affrontare le questioni per le quali questi dati agiscono come surrogati: l'ecologia umana e ambientale e questioni come la povertà, l'uguaglianza e la giustizia.

La "Laudato si’” a tratti si legge come una diatriba contro quella forma di razionalità che conduce al miglioramento umano. Il papa si dichiara esplicitamente contrario a una razionalità strumentale: "La razionalità strumentale… apporta solo un’analisi statica della realtà in funzione delle necessità del momento" (n. 195, ma anche nn.106-109.). Egli squalifica il "paradigma tecno-economico" con termini come "dominante", "schiacciante", e scrive che “l’economia… non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia" (nn. 53, 104, 109, 189). Eppure è proprio una razionalità strumentale quella che, per esempio, ha portato ad aumenti di produttività delle coltivazioni, alla riduzione dei danni dei parassiti alle colture alimentari, a misure di sanità pubblica che assicurano miglioramenti della vita in quantità e qualità per i più bisognosi in tutto il mondo. [...]

La “finanza” è un'altra parola la cui mancanza di comprensione porta il papa a disprezzarla. [...] Il papa è convinto che "la finanza soffoca l’economia reale" e che "la finanza" ha causato la crisi finanziaria mondiale (n. 109). Ma la "finanza" non è che una componente di quell’istituzione umana che noi chiamiamo "l'economia", e la "finanza" è "reale" al pari di quella componente dell'economia che coinvolge prodotti tangibili, la cosiddetta “economia reale": proprio come i "segni" delle opere di Gesù nel capitolo 6 di Giovanni sono altrettanto “reali” del pane che la folla "ha avuto a sazietà ".

Al giorno d'oggi, i finanzieri parlano delle loro operazioni come di "prodotti", anche se i prodotti possono essere solo la registrazione elettronica di transazioni che non hanno nessuna "realtà" nella documentazione cartacea. Dal punto di vista istituzionale, la crisi finanziaria globale è forse da intendere meglio come risultante dall'indebolimento delle disposizioni regolamentari finanziarie prudenziali avvenuto negli Stati Uniti sulla base del paradigma economico ideologico dell'amministrazione Reagan, la "Reaganomics". Se vincoli istituzionali del tipo di quelli operanti nel Regno Unito o in Australia fossero stati in vigore anche là, è improbabile che le fluttuazioni dei mercati finanziari e immobiliare sarebbero state così drammatiche e così diffuse. Nella esortazione "Evangelii gaudium" il papa si è espresso contro un messaggio prevalentemente moraleggiante. Certamente, i mercati dei “subprime” tipo Stati Uniti si fondano su insostenibili aspirazioni alla proprietà della casa ("avidità"). Ma nel campo della politica pubblica il rimedio non è la moralizzazione, ma un buon governo che sostenga una sobria, prudenziale supervisione e regolamentazione finanziaria.

In tutta la "Laudato si’” il papa si scaglia contro il "consumismo" (nn. 34, 215), come qualcosa che "dà priorità al breve termine e all’interesse privato" (n. 184), in cui " il mercato tende a creare un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti, le persone finiscono con l’essere travolte dal vortice degli acquisti e delle spese superflue" (n. 203). I contadini sono "consumatori": consumano ciò che producono. Nei sistemi di produzione sofisticati, il consumo è principalmente di beni e servizi scambiati ( "beni" o "prodotti"). Il papa chiaramente incoraggia attività di produzione meno specializzate e con meno attività di mercato. Ma ciò che questo comporta è una ridotta produzione complessiva di beni e un minore accesso alle varietà delle merci.

Certo, disgraziatamente si nota un minor godimento di quei piaceri semplici della vita che spesso si ottengono al di fuori dei sistemi di mercato (o, più correttamente, in modo complementare ai sistemi di mercato). Ma i valori che inducono a cambiamenti nelle scelte sono più probabilmente influenzati da attrazioni e da aspettative che dalla predicazione (come il papa ha sostenuto in "Evangelii gaudium", nn. 35, 38). La distribuzione diffusa alle famiglie di servizi come elettricità, acqua e servizi igienico-sanitari è possibile solo con un ampio coinvolgimento in scambi di mercato che forniscano basi di tassazione per la fornitura di servizi pubblici, in particolare di un'educazione di livello adatto ad agevolare la mobilità sociale e a fornire le competenze sociali e tecniche necessarie per avanzamenti nel tenore di vita. [...]

Le basi istituzionali e di "governance" per il complessivo miglioramento del benessere umano sono inadeguatamente rinvenibili nelle impraticabilità che caratterizzano pervasivamente la "Laudato si’”. Il papa è contro la ”teologia da scrivania". E i miei oltre 20 anni di impegno di ricerca e scrittura nella teologia pratica e applicata mi portano a simpatizzare con gli impulsi di teologia pastorale e pratica espressi nella "Evangelii gaudium". [...] Ma nella "Laudato si’”, il papa tende proprio a una teologia “da scrivania“, o anche “da poltrona", perché manca di una comprovata esperienza di faticoso impegno intellettuale e pratico in quadri istituzionali di profilo organizzativo e societario finalizzati alla promozione sociale. In questa enciclica, troppo spesso egli non ammette che ”non sa", e parla ampiamente su questioni che "non conosce".

La mancanza di competenza balza evidente nella diatriba centrale del papa sull'"inquinamento". L'enciclica ha un passaggio che io non attribuisco né a Bergoglio né al suo "ghostwriter" principale, ed è quello in cui a proposito delle "cause umane" che portano al riscaldamento del nostro sistema climatico leggiamo: "È vero che ci sono altri fattori quali il vulcanismo, le variazioni dell’orbita e dell’asse terrestre, il ciclo solare... " (n. 23). Questa percezione del cambiamento climatico come complesso è poi subito lasciata cadere, perché invece il papa sostiene la linea tipica dei giornalisti e dei burocrati politicizzati che attribuiscono il cambiamento climatico a una causa recente e singola. Detto da un papa, questo è strano. L’Antico Testamento testimonia chiaramente dell'impatto dell'uomo sull'ambiente e dell'esperienza di variazioni climatiche, comprese variazioni climatiche estreme.

Il fenomeno del cambiamento climatico può essere in aumento, ma non è una novità, e non è mono-causale. Nel decennio prima della federazione, l'Australia ha sperimentato grossi fallimenti nella produzione delle colture e del bestiame derivanti da espansioni agricole e zootecniche che riflettevano la mancanza di esperienza di lungo periodo delle variazioni climatiche che sono caratteristiche del continente australiano. Ci sono state esperienze simili di recente, e l'Australian Bureau of Meteorology riporta l'anno 2015 come il quinto più caldo dall'inizio delle rilevazioni nel 1910. Ma calcola anche che questo è stato in gran parte dovuto al ricorrente, seppur decrescente, effetto di El Niño. [...]

Il degrado ambientale è una questione di grado, e la valutazione pratica del grado può essere non semplice o non di una sola misura. Inoltre, le stime mondiali possono essere inapplicabili per determinate aree geografiche e per certe situazioni economiche e sociali. Nonostante i cenni del papa al "principio di sussidiarietà" (nn.157, 183, 196) e la sua affermazione secondo cui "non si può pensare a ricette uniformi, perché vi sono problemi e limiti specifici di ogni Paese e regione" (n. 180), il tenore generale dell'enciclica mette l'accento su generalizzazioni semplicistiche e su soluzioni universali evocate come provenienti da "accordi internazionali che si realizzino" e da una "autorità politica mondiale" (nn. 173, 175).

L'Australia è un sempre più grande esportatore di combustibili fossili, carbone e gas naturale, in particolare in Cina e in India. Il primo ministro indiano Modi, in occasione della recente conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, ha sostenuto con forza che l'espansione della fornitura di energia elettrica in tutta la nazione è fondamentale per migliorare i livelli di benessere umano per il popolo indiano, e questo dipende da un maggiore uso di combustibili fossili. I combustibili fossili variano nel loro impatto: le esportazioni di carbone australiano sono di carbone nero relativamente "pulito", non di lignite "sporca". Il governo Modi, come il precedente governo Singh, sa bene che le politiche di "energia pulita" richiedono un finanziamento, il quale è possibile solo grazie a redditi più alti. Ciò implica il riconoscimento che le politiche ambientali sono, in gergo economico, "beni superiori", il che significa che un aumento del reddito fa aumentare anche la domanda di  "beni superiori" e la capacità di fornirli, mentre la domanda di "beni inferiori", come gli alimenti di base, declina come una parte della  domanda.

In breve, la narrazione giornalistica populista – e spesso anche le narrazioni di scienziati fisici – di un rapporto sfavorevole tra la crescita economica e la salute ambientale non include le complesse dinamiche economiche e sociali coinvolte nella gestione dell'ambiente. Con valutazioni più equilibrate e con un buon governo, è probabile che il rapporto diventi positivo, cioè con la crescita economica associata ad ambienti più puliti. Si può nuotare in tutta sicurezza nella maggior parte dei corsi d'acqua australiani, mentre i corsi d'acqua dei paesi “in via di sviluppo” sono in genere fortemente inquinati.

La frase cruciale è "con un buon governo". Il papa pensa che il "capitalismo" e il "consumismo" comportano avarizia, avidità e degrado ambientale. Una valutazione più equilibrata identifica i regimi socialisti come associati ad opulenza per le classi dirigenti e a diminuito tenore di vita per la popolazione generale, perché l'avarizia e l'avidità sono vizi umani pervasivi. Degradi ambientali e umani come quelli così spesso segnalati per la Cina e l'America Latina sono meglio compresi come derivanti da governi deboli, inefficienti, incompetenti e corrotti. Il papa fa troppo poco riferimento ai fallimenti istituzionali come cause principali di risultati indesiderati: gli effetti debilitanti di "un sistema istituzionale precario" sono menzionati solo ai nn. 142 e 179. [...]

Papa Francesco è quindi del tutto in errore, o è addirittura eretico? No. La cura per il nostro mondo è un precetto cristiano fondamentale che scaturisce dal racconto della creazione nella Genesi (n. 66). La prospettiva del papa è disallineata perché egli interpreta questa cura principalmente in termini di "conservazione", in una prospettiva statica, mentre la prospettiva cristiana più prevalente di "gestione" dà una prospettiva dinamica. San Luca è il più grande esponente di questa prospettiva nel Nuovo Testamento, come ho cercato di mostrare nella mia tesi di ricerca pubblicata col titolo: "Il linguaggio economico in Luca e Atti".

Il papa sbaglia nella sua esigenza di giustizia? No. I fondamenti di un punto di vista cristiano della giustizia si trovano nell'Antico Testamento (per esempio in Deuteronomio 24, 14), dove, in linea di principio, la giustizia distributiva è chiaramente enunciata, come lo è anche l'inclusione delle persone emarginate nei sistemi di produzione (ad esempio in Levitico 23, 22) (n. 71). Io condivido la premessa del papa: "L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale" e "la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale è inscritta nella sua propria natura" (nn. 5 e 115, 155.). Il problema con la "Laudato si'" non sta nel desiderio per lo sviluppo umano integrale nel nostro ambiente creato. Il problema è la diffusa mancanza di competenza tecnica nelle connesse questioni pratiche.

Il papa è ambizioso nel suo cercare di "entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune" (n. 3). Ma questo solleva pericoli particolari, perché lo porta a fare appello a idee umane comuni, tra cui quelle populiste. Il pericolo del suo appello è che idee umane comuni non possono fornire un rimedio. Dalle discussioni che ho brevemente tratteggiato può sembrare che io penso che intese tecniche meno comuni e più complesse forniscano un rimedio. Ma questa sarebbe una percezione errata. La mia vita non è stata semplicemente quella di un professore di economia con una specializzazione, con estese ricerche sul campo e con pubblicazioni sullo sviluppo delle risorse umane. Sono stato e sono un prete cattolico, e prete a motivo della profonda convinzione che l'uomo non può porre rimedio a se stesso.

Dove il concetto del peccato nella condizione umana non è in primo piano, le varie versioni di auto-miglioramento umano o di pelagianesimo prevalgono. Questo pericolo è insito nella "Laudato si'". Sono stato contento al vedere la parola "peccato" apparire nella seconda preghiera di chiusura dell'enciclica, perché l'appello globale dell'enciclica è per intese comuni – intese comuni populiste – che sembrano rafforzare un semplicistico approccio umanistico alla ”cura della nostra casa comune".

Nell'enciclica ci sono diversi riconoscimenti della "complessità" dei sistemi ecologici e sociali e delle "molteplici cause" che vi operano, con la conseguenza "che le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare" i problemi che vi sono coinvolti (n. 63). Ma questi riconoscimenti non spostano il peso dell'enciclica da un approccio semplicistico complessivo che assorbe e promuove intese populiste e ideologiche. Da un punto di vista teologico, quelli al di fuori della Chiesa che hanno letto l'enciclica si sono sentito confermati in una visione umanistica che non porta alla visione del mondo presentata nei Vangeli. Da un più complessivo punto di vista intellettuale, quelli al di fuori della Chiesa (e dentro la Chiesa) che l’hanno letta sulla base di competenze tecniche sono tentati di respingere l'enciclica come romanticismo francescano.

In breve, credo che questa iniziativa di papa Francesco proceda da buone intenzioni e da un uomo che vede se stesso come "un peccatore". Il suo limitato bagaglio culturale e la sua personalità rivelano un geniale talento nelle relazioni da persona a persona, che lo mette però a mal partito nell'impegnarsi sia in questioni generali con l'"umanità" invece che con le persone, sia con quelle intese astratte e sistemiche che sono necessarie per approcci razionali a problemi che sono di un ordine diverso rispetto al talento di questo papa e forse anche di un ordine diverso rispetto al mandato di ogni papa.

La mia opinione è che una enciclica molto diversa da questa, molto più breve, più tecnicamente informata e più teologicamente precisa sarebbe stata più utile e avrebbe fornito una piattaforma migliore per veramente ”entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune".

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351226

Il cardinale Parolin sui preti sposati: discutiamone, ma senza fretta


parolin
Pur ideato tre anni prima, il convegno del 4-6 febbraio alla Pontificia Università Gregoriana su "Il celibato sacerdotale, un cammino di libertà", con relatori i cardinali Marc Ouellet e Pietro Parolin, è venuto a cadere proprio mentre le proposte di dar vita anche nella Chiesa cattolica latina a un clero sposato si fanno incalzanti, con papa Francesco che sembra incoraggiarle:
In effetti – come dice il titolo del servizio di www.chiesa pubblicato all'inizio del convegno – i due principali relatori del convegno hanno energicamente difeso, con ricchezza di argomenti teologici, la bontà della disciplina celibataria vigente. Ma nemmeno hanno escluso "a priori" che la Chiesa possa ammettere in futuro nuove eccezioni.
Il cardinale Ouellet ha fatto risalire al Nuovo Testamento e allo stesso Gesù l'emergere del celibato ecclesiastico, pur riconoscendo che la questione "è tuttora controversa":
"La tradizione ecclesiastica del celibato e della continenza dei chierici non è sorta come una novità all’inizio del IV secolo ma piuttosto come la conferma disciplinare d’una tradizione, tanto in Oriente che in Occidente, risalente fino agli apostoli. Quando il concilio di Elvira in Spagna nel 306 dispose che i preti avevano l’obbligo di vivere la continenza perfetta, occorre comprendere che questa esigenza della Chiesa dei primi secoli include sia il celibato e la proibizione a risposarsi, sia la continenza perfetta per quelli che sono già sposati".
Ma è stato il cardinale Parolin, nella relazione conclusiva, ad aprire lo spiraglio verso possibili nuove eccezioni, peraltro già ammesse in linea di principio dal Concilio Vaticano II e già presenti, in varie forme, nella vita attuale della Chiesa cattolica.
Ecco qui di seguito la parte finale della sua relazione, di cui è interessante seguire il ragionamento:
"Il celibato è una vocazione che nella Chiesa Latina è considerata specialmente conveniente per coloro che sono chiamati al ministero sacerdotale. La spiritualità celibataria del presbitero è una proposta 'in positivo', costruttiva, che mira a far sì che il Popolo di Dio abbia sempre pastori radicalmente liberi dal rischio della corruzione e dell’imborghesimento.
"Al tempo stesso, riconoscere l’altezza che questa proposta comporta non la rende esclusiva, come ha affermato il Concilio Vaticano II nella 'Presbyterorum ordinis', asserendo che la scelta celibataria 'non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l’aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati' (n. 16).
"La Chiesa cattolica, infatti, non ha mai imposto alle Chiese orientali la scelta celibataria. D’altra parte ha anche permesso eccezioni nel corso della storia, come nel caso di pastori luterani, calvinisti o anglicani sposati che, accolti nella Chiesa cattolica, hanno ottenuto una dispensa per ricevere il sacramento dell’ordine. Ciò avvenne già durante il pontificato di papa Pio XII, nel 1951.
"Più recentemente, nel 2009, il motu proprio 'Anglicanorum coetibus' di papa Benedetto XVI ha autorizzato la costituzione di ordinariati nei territori della Chiesa latina, dove esercitano ex-ministri anglicani, ordinati sacerdoti cattolici.
"In seguito poi alla massiccia emigrazione di cattolici dal Medio Oriente, nel giugno 2014 papa Francesco, con il decreto pontificio 'Praecepta de clero uxorato orientali', ha consentito ai sacerdoti sposati orientali di operare nelle comunità cristiane della diaspora, dunque al di fuori dei loro territori tradizionali, abrogando precedenti divieti.
"Nella situazione attuale, poi, viene spesso evidenziata, specialmente in alcune aree geografiche, una sorta di 'emergenza sacramentale', causata dalla mancanza di sacerdoti. Ciò ha suscitato da più parti la domanda circa l’eventualità di ordinare i cosiddetti 'viri probati'.
"Se la problematica non pare irrilevante, occorre certamente non prendere soluzioni affrettate e solo sulla base delle urgenze. Rimane pur sempre vero che le esigenze dell’evangelizzazione, unitamente alla storia e alla multiforme tradizione della Chiesa, lasciano aperto lo scenario a dibattiti legittimi, se motivati dall’annuncio del Vangelo e condotti in modo costruttivo, pur sempre salvaguardando la bellezza e l’altezza della scelta celibataria.
"Il celibato è infatti un dono che richiede di essere accolto e curato con gioiosa perseveranza, perché possa portare appieno i suoi frutti. Per viverlo proficuamente, è necessario che ogni un sacerdote continui a sentirsi discepolo in cammino per tutta la vita, a volte bisognoso di riscoprire e rafforzare il suo rapporto col Signore, e, anche, di lasciarsi 'guarire'. Non a caso papa Francesco ha ricordato che nel cammino di discepoli 'a volte procediamo spediti, altre volte il nostro passo è incerto, ci fermiamo e possiamo anche cadere, ma sempre restando in cammino'".
Il testo integrale della relazione del cardinale Parolin:

Settimo Cielo di Sandro Magister 09 feb http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/02/09/il-cardinale-parolin-sui-preti-sposati-discutiamone-ma-senza-fretta/

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