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venerdì 19 febbraio 2016

Il diavolo continua a cantarelamessa

Iniziano le prediche quaresimali per la Curia romana. Nello spirito del concilio
 L'Osservatore Romano 
(Nicola Gori) «Il concilio Vaticano II, cinquant’anni dopo. Una rivisitazione dal punto di vista spirituale»: è questo il tema delle prediche per la Quaresima 2016 che il cappuccino Raniero Cantalamessa tiene alla Curia romana a partire da venerdì 19 febbraio, nella cappella Redemptoris Mater. Una scelta che il predicatore della Casa Pontifica spiega al nostro giornale ricordando che il cinquantesimo anniversario della conclusione del Vaticano II «è anche la circostanza che ha ispirato a Papa Francesco l’idea dell’anno giubilare della misericordia». 
Già nel periodo di Avvento il religioso aveva dedicato le meditazioni della sua predicazione in Vaticano alla costituzione conciliare Lumen gentium (raccolte ora nel volumetto dal titolo Due polmoni, un unico respiro. Oriente e Occidente di fronte ai grandi misteri della fede edito dalla Libreria Editrice Vaticana). Per questa Quaresima si è proposto di proseguire nella stessa linea, «cogliendo — chiarisce — alcuni aspetti più spirituali degli altri documenti conciliari», con lo scopo anche «di rivisitare il concilio alla luce dei suoi frutti a volte “inattesi”, come li ha definiti Benedetto XVI nella sua ultima lettera per il Giovedì santo».
Nelle prediche troveranno spazio anche alcuni argomenti di attualità, come il recente incontro a Cuba tra Papa Francesco e il patriarca Cirillo. Un avvenimento che verrà inquadrato «nel contesto dei frutti del decreto sull’ecumenismo». Il motivo, come spiega il predicatore, è che «ho dedicato tutta la predicazione della Quaresima scorsa ai rapporti tra Chiesa cattolica e ortodossia». In vista del quinto centenario della Riforma protestante, che cade nel 2017, il cappuccino dedicherà una meditazione proprio al problema dell’unità dei cristiani, commentando la Unitatis redintegratio. Un tentativo di fare il punto sul dialogo con l’altro grande interlocutore della Chiesa cattolica nell’impegno ecumenico, e cioè le comunità della Riforma. Non mancherà un riferimento al documento conciliare Sacrosanctum concilium, pur senza addentrarsi nei problemi relativi alla messa in atto delle riforme liturgiche. Padre Cantalamessa, fedele al taglio delle meditazioni, si occuperà di quello che, in linea con Romano Guardini, «Joseph Ratzinger in un suo libro chiama “lo spirito della liturgia”». In questo campo, osserva il cappuccino, «la costituzione presenta una lacuna che va riempita alla luce degli sviluppi che ha avuto la teologia negli ultimi cinquant’anni. Essa riguarda il ruolo dello Spirito Santo nella liturgia. Più che dello “spirito della liturgia”, parlerò della “liturgia dello Spirito”, cioè dello Spirito Santo come anima della liturgia». Di fatto, ogni costituzione conciliare troverà motivi di riflessione, in quanto il predicatore si occuperà di ogni documento concentrandosi però su un aspetto particolare ed evitando dunque considerazioni generiche. In particolare, dalla Gaudium et spes Cantalamessa si propone di ricavare lo spunto «per una riflessione su matrimonio e famiglia, alla luce dei grandi cambiamenti in atto in questo delicato campo nella società attuale». Non tratterà, invece, di alcuni problemi pastorali specifici, sui quali, «dopo i due sinodi dei vescovi, solo il Papa ha il diritto di aggiungere la sua parola». Un commento verrà riservato invece all’anno santo straordinario della misericordia, che troverà espressione in particolare nella predica del Venerdì santo, in quanto «momento più adatto», dato che la Chiesa «celebra in quel giorno il vertice della misericordia di Dio nella storia della salvezza».
L'Osservatore Romano, 19 febbraio 2016.

Lo scorso 25 Novembre padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, ha tenuto un'omelia durante la celebrazione liturgica di inizio del Sinodo della Chiesa d'Inghilterra. Ne dà notizia il sito ufficiale della Comunione Anglicana, riportando il testo integrale dell'intervento. Questa presenza ad un rito acattolico presso l'Abbazia di Westminster a Londra segue di pochi giorni la visita di Bergoglio al tempio luterano di Roma e precede di poche ore la visita al tempio anglicano di Namugongo in Uganda (che La Nuova Bussola Quotidiana, zelantissimo defensor Pontificis, non manca di elogiare). 
Presenza certamente irrituale per i Cattolici degni di tal nome, ma evidentemente non per i mitrati che dal Conciliabolo di Roma non perdono occasione per screditare la Chiesa Cattolica dinanzi al mondo, rinnegando la Fede ed il Magistero che di essa è custode, nel tentativo di compiacere ora gli scismatici, ora gli eretici,  ora gl'idolatri. 
Questo commercio da parte dei Ministri della Sposa di Cristo, lungi dall'esser perseguita nell'ombra, va aggravandosi di giorno in giorno, certi come sono costoro non solo dell'impunità, ma altresì del plauso del loro protettore e patrono, assiso in Roma.



Del controverso cappuccino andrebbero annoverati i trascorsi: alcuni ricorderanno la sua partecipazione ad un incontro tenutosi il 22 Giugno 2006 nello stadio Luna Park di Buenos Aires per pregare per l’unità dei cristiani. In quella circostanza, come si vede dalla foto qui sopra, l'allora cardinal Bergoglio si inginocchiò per ricevere lo spirito - oggi sappiamo quale - dinanzi agli esponenti di spicco del III Incontro Fraterno della Comunione Rinnovata degli Evangelici e Cattolici nello Spirito, tra cui appunto figura padre Cantalamessa, anch'egli a sua volta ben disposto a mettersi in ginocchio.

Come si vede, i protagonisti sono sempre gli stessi. Il sito di Una Vox riporta i dettagli del rituale presieduto dall'attuale Pontefice.
Meritano di esser ricordate le parole che quasi dieci anni or sono il cappuccino spese per celebrare l'evento:
  
Il nostro contributo all’unità è l’amore reciproco. Se alcuni vogliono costruire l’unità a partire dalle verità di fede, noi vogliamo farlo partendo dal cuore. L’unità che cerchiamo esiste già perché è stata conquistata da Cristo e si rende operante nella Chiesa attraverso lo Spirito Santo. Lo Spirito precede, l’istituzione non può far altro che seguirlo. C’è ancora molto da fare, e da sola la via dell’ecumenismo ufficiale e teologico non raggiungerebbe mai l’unità dei cristiani. E’ necessario sostenere l’ecumenismo dottrinale con quello spirituale. E visto che entrambi procedono dallo stesso spirito, non può esserci conflitto. 
Sotto il piano dottrinale, ecco esposta l'eresia antitrinitaria in tutta la sua pravità: lo Spirito Santo viene pretestuosamente chiamato in causa, come se potesse essere ispiratore e motore di un'azione contro le altre due Persone della Ss.ma Trinità. 
Sotto il profilo pratico, mentre nella dottrina cattolica la Carità è inscindibile dalla Verità (poiché entrambe trovano in Dio la propria somma espressione), Cantalamessa sostituisce alla Carità teologale una solidarietà orizzontale tra persone, giungendo a preferire l'unità nell'errore alla divisione tra chi professa la Verità e chi la nega. In questo egli dice il vero: ecumenismo spirituale ed ecumenismo dottrinale procedono dallo stesso spirito, lo spiritus vertiginis. Diamola tutta: egli indica nell'eterna dannazione la salvezza, nell'errore la verità, nel demonio il dio da adorare: l'inganno dell'antico serpente. 
Ecco svelata in tutta la sua portata devastatrice la pastorale in antitesi alla dottrina, tematica fatta propria dal Sinodo sulla Famiglia. 
Bergoglio, sin da allora, aveva le idee ben chiare su come portare avanti il suo ecumenismo: 
Abbraccio, piaga e vento. Che il Padre ci chiuda la bocca con l’abbraccio e ci unisca sempre più. Sì, sono peccatore, vedo la piaga con cui Cristo ci ha salvato. Appropriamoci della piaga di Cristo. Quanto al vento, è lui che ci stringe nell’unità e ci unisce come chiese riconciliate nella diversità. 
Ecco la dichiarazione finale di quell'incontro ecumenico, sottoscritta dal duo Cantalamessa/Bergoglio: 
Siamo venuti a celebrare che c’è una sola chiesa, formata da tutti coloro che confessano che Gesù è il Signore e sono stati battezzati. 
Ed eccoli di nuovo insieme, nel 2012, per celebrare il cinquantenario del Conciliabolo di Roma, all'Università Cattolica di Buenos Aires. 


Un'altra notizia interessante sul Predicatore della Casa Pontificia riguarda le sue convinzioni - che dire eterodosse è poco - circa il significato della Consacrazione durante la Messa. Egli sostiene, come ha avuto modo di insegnare a numerosi sacerdoti che potranno testimoniarlo, che le parole Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, che il sacerdote pronuncia durante la Consacrazione, vadano riferite ai presenti. In pratica, sarebbe l'assemblea dei fedeli a diventare Corpo di Cristo, mentre il pane e il vino non sarebbero altro che segno conviviale di questa presenza.
I farneticamenti del frate non lasciano adito ad equivoci: tant'è vero che giunge a raccomandare al celebrante di esprimere questo concetto con un gesto teatrale, indicando con la mano l'assemblea, in modo da enfatizzare che le parole della Consacrazione non si debbano riferire alle specie eucaristiche. 
L'ultimo studente di Teologia Sacramentale non ignora che siffatta concezione del momento centrale della Messa rende invalida la Consacrazione, per volontario e positivo defectus intentionis. Qui non c'è supplet Ecclesia che valga. E possiamo ritenere oltre ogni ragionevole dubbio che una deviazione del genere si configuri, tecnicamente parlando, come vera e propria eresia. 

Vien da chiedersi se la profezia di Daniele relativa alla soppressione del Sacrificio non sia da intendersi nel senso che la Messa, privata della sua valenza sacrificale e deformata in una cena luterana, possa scomparire quasi completamente dalla faccia della terra. 
Andrebbe sottolineato che la matrice di questi errori è ancora una volta da individuarsi nel Vaticano II, laddove Lumen Gentium afferma (n. 7): 
Nella frazione del pane eucaristico partecipando noi realmente al corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: “Perché c’è un solo pane, un solo corpo siamo noi, quantunque molti, noi che partecipiamo tutti a un unico pane” (1Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membra di quel corpo “e siamo, ciascuno per la sua parte, membra gli uni degli altri” (Rm 12,5).
Non a caso Paolo VI promulgò, su fortissima pressione del card. Siri, l'enciclica Mysterium Fidei proprio nel 1965, quando il Concilio era ancora in corso, suscitando le ire dei progressisti. 
Questa digressione permette di capire anche le ragioni che animano Cantalamessa - potremmo chiamarlo Cantalacena, ci si passi il calembour - nel suo zelo ecumenico: egli già aderisce de facto all'eresia protestante che nega la Presenza Reale di Nostro Signore nelle Sacre Specie e la mutazione ontologica della loro sostanza di pane e vino in Corpo e Sangue di Gesù Cristo. Ed è inquietante che, proprio in materia tanto importante, si sia potuto udire Bergoglio pronunciare queste parole, proprio alcuni giorni fa, in occasione della visita al tempio luterano:
Ma mi diceva un pastore amico: Noi crediamo che il Signore è presente lì. È presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza? Eh, sono le spiegazioni, le interpretazioni… Lascio la domanda ai teologi, a quelli che capiscono. Soprattutto davanti a un teologo come il cardinale Kasper. 
Ora, non dico da un gesuita, ma almeno da un Papa ci si dovrebbe aspettare che sappia qual è la differenza tra la dottrina cattolica e l'eresia protestante a proposito della Presenza Reale. Evidentemente è chieder troppo. 
Quest'eresia viene affermata anche da Kiko Arguelo, il quale scrive:
Lutero non negò mai la presenza reale, negò solo la parolina transustanziazione che è una parola filosofica che vuole spiegare il mistero. [...] Ma la cosa più importante non sta nella presenza di Gesù Cristo. Egli dice: ‘Per questo sono venuto: per passare da questo mondo al Padre’. Ossia, la presenza fisica nel mondo ha uno scopo che è il resuscitare dalla morte. Questa è la cosa importante. La presenza è un mezzo per il fine che è la sua opera: il mistero di Pasqua. La presenza è in funzione dell’Eucaristia, della Pasqua (Orientamenti, p. 325).
E ancora: 
Il memoriale che egli lascia è il suo Spirito resuscitato dalla morte, presente con tutto il suo mistero di morte e resurrezione, fatto vita per portare al Padre tutti quelli che celebrano la Pasqua, tutti quelli che celebrano la cena con Lui. La Chiesa primitiva non ha problemi a proposito di questa presenza (Orientamenti p. 326).
Arguelo non lascia spazio a fraintendimenti: negli Orientamenti alle équipes di catechisti per la fase di conversione, scrive: 
Non c’è Eucaristia senza assemblea. È un’assemblea intera che celebra la festa e l’Eucaristia; perché l’Eucaristia è l’esultazione dell’assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata, in questa comunione. È da questa assemblea che sgorga l’Eucaristia (p. 317).
E' in ragione di queste deviazioni che durante le celebrazioni della setta gli adepti si comunicano (ammesso e non concesso che il sacerdote consacri validamente) stando seduti e lasciando cadere i frammenti di pane per terra: essi non credono che, finita la cena, nelle specie eucaristiche permanga la Presenza Reale del Corpo e del Sangue di Cristo, visto che essa è solo finalizzata a rappresentare l'unione dei partecipanti al banchetto e, terminato meno questo, debba venir meno anche quella. Insomma, un pasto tribale, non il Santo Sacrificio dell'Altare. 
Teologicamente parlando, il capo dei Neocatecumenali insegna ai suoi adepti e professa la meratransignificazione o la transfinalizzazione, che negano la transustanziazione. Un errore dottrinale condannato dal Concilio Tridentino, da  Pio VI nella bolla dogmatica Auctorem Fidei contro il Sinodo di Pistoia e ribadito da Paolo VI nell'enciclica Mysterium Fidei.
Come vediamo, si può individuare l'idem sentire del Predicatore della Casa Pontificia con il guru del movimento neocatecumenale di cui egli è seguace ed emulo, nonché con gli errori del Conciliabolo di Pistoia, riproposti dai novatori del Vaticano II.
Benedetto XVI tentò di ricondurre i rituali iniziatici e le sacrileghe profanazioni dei neocatecumenali al rispetto delle norme liturgiche: tentativo naufragato miseramente, grazie all'appoggio di autorevolissimi Prelati sostenitori di Kiko Arguelo ed oggi platealmente sconfessato da Bergoglio, che non fa mistero delle sue simpatie per i carismatici.  
Proprio dinanzi a Benedetto XVI, il 3 Giugno 2006, pochi mesi prima della famosa riunione a Buenos Aires, Kiko Arguelo osò dire:
Abbiamo bisogno che si attui l'ecclesiologia del Vaticano II, un'ecclesiologia di comunione, della Chiesa come corpo.
Quel corpo che il frate cappuccino consacrerebbe come abbiamo visto, diffondendo impunemente le sue eresie tra i sacerdoti. 
A questo dobbiamo richiamare l'attenzione su una coincidenza che non possiamo non giudicare rivelatrice: la presenza di un linguaggio iniziatico, quasi gnostico, ricorrente tanto nel discorso di Kiko Arguelo a Benedetto XVI quanto nell'omelia di Cantalamessa al Sinodo Anglicano. 
All'inizio del suo intervento, il primo dice: 
Abbiamo ascoltato il Salmo 146 nel quale siamo invitati a lodare Dio perché “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”. Gerusalemme e soprattutto il suo tempio, è stato ricostruito da Zorobabele e Giosuè, un laico e un sacerdote.
Ma il Salmo 146, Laudate Dominum, quoniam bonus est psalmus, non parla assolutamente del Tempio di Gerusalemme. E' evidente che Arguelo ha un'idea ben precisa da comunicare non tanto al Papa cui si rivolge, quanto a tutti coloro cui giungerà il messaggio. E questo messaggio criptico identifica nel tempio la Chiesa, in Zorobabele (governatore della Giudea per conto del re persiano Dario) Kiko stesso e nel sommo sacerdote Giosué il Papa. Il riferimento scritturale è al profeta Aggeo, il quale assieme a Zaccaria annunciavano che con la conclusione dei lavori del Tempio si sarebbero realizzate le speranze del popolo ebraico: l'avvento di Jahvé e del suo regno, l'era escatologica e messianica, che avrebbe potuto coinvolgere lo stesso Zorobabele in quanto discendente della casa di Davide. Arguelo si presenta al Papa come carisma, come dono dello Spirito alla Chiesa. 
Ecco i nuovi carismi, le nuove realtà che lo Spirito Santo suscita in aiuto ai preti, alle parrocchie, ai vescovi, al papa. “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”.
Queste parole miravano ad imporre al Papa la presa d'atto che il movimento neocatecumenale, frutto della piena realizzazione del Vaticano II, è indispensabile alla Chiesa. 
E non è senza stupore che ritroviamo il passo del profeta Aggeo, tal quale, nella lettura del servizio anglicano commentata da padre Cantalamessa: 
"Ma coraggio ora, Zorobabele - è il Signore che parla -; coraggio, Giosuè figlio di Iozedàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese - è il Signore che parla. Al lavoro! Io sono con voi, dice il Signore degli eserciti; e il mio Spirito è presente in mezzo a voi. Non abbiate paura! "(Hg 2, 4-5). 
Zorobabele era il leader politico, al momento, e Giosuè, leader religioso. Io credo che il Signore volesse che io fossi in mezzo a voi oggi, soprattutto per dirvi che egli sta rivolgendo questo stesso messaggio a voi, in occasione dell'inaugurazione del Sinodo e anche in vista della riunione prevista per il prossimo gennaio tra i leader di tutta la comunione anglicana: "Coraggio, Maestà, Sovrana di questa nazione; coraggio, Justin, arcivescovo di Canterbury; coraggio Sentamu, arcivescovo di York; coraggio, voi vescovi, clero e laici della Chiesa d'Inghilterra! Al lavoro, perché io sono con voi. Dice il Signore! "
Con la stessa presunzione di Kiko Arguelo, padre Raniero si impone al consesso degli Anglicani come se fosse inviato da Dio, anch'egli novello Zorobabele dinanzi ai sommi sacerdoti:
La presenza tra voi di un sacerdote della Chiesa cattolica, in circostanze di tale significato speciale, è un segno che qualcosa del genere è già in atto.
E lo fa non per ammonire - come di solito fanno i Profeti - ad esser fedeli al Signore degli eserciti, no: lo fa per propagandare l'ecumenismo, l'indifferentismo religioso, l'irenismo, l'avvento dell'Anticristo e del suo regno, con un ruolo anche per il nuovo Zorobabele.
C'è tutto l'inferno scatenato:
Il mondo cristiano si prepara a celebrare il quinto centenario della Riforma protestante. E' di vitale importanza per tutta la Chiesa che questa opportunità non sia sprecata da persone rimaste prigioniere del passato, nel tentativo di stabilire reciproci torti e ragioni. [...] Quando Paolo vuole riassumere l'essenza del messaggio cristiano in una frase, non dice, "Io vi proclamo questa o quella dottrina". Egli dice: "Noi predichiamo Cristo crocifisso" (1Cor 1,23), e "noi predichiamo... Gesù Cristo come Signore "(2Cor 4, 5). Questo non significa ignorare il grande arricchimento teologico e spirituale che è venuto dalla Riforma o desiderosi di tornare al tempo prima di essa. Significa invece consentire a tutta la Cristianità di beneficiare dei suoi risultati, una volta che essi siano liberati da alcune distorsioni dovute all'atmosfera riscaldata del tempo e delle polemiche successive.
E ancora:
La giustificazione tramite la fede, per esempio, dovrebbe essere predicata da tutta la Chiesa, e con più vigore di prima. [...] Sono convinto che se fossero vivi oggi, questo è il modo in cui Martin Lutero e Thomas Cranmer saprebbero predicare la giustificazione mediante la fede!
E infine, la seduzione diabolica:
L'unità non è una questione semplice. Si deve iniziare con le grandi Chiese, quelle che sono ben strutturate, mettendo insieme ciò che le unisce, che è di gran lunga più importante di ciò che le divide; non imponendo l'uniformità ma puntando  a ciò che Papa Francesco chiama diversità riconciliata. [...] La Chiesa Anglicana ha un ruolo speciale in tutto questo. Si è spesso definita come una una via di mezzo tra il cattolicesimo e il cristianesimo riformato. Dall'essere una via di mezzo in senso statico, ora deve diventare sempre di più una via di mezzo in senso dinamico, che esercita una funzione attiva come ponte tra le Chiese. 
Questo non è altro che il progetto massonico di religione universale che prepara l'avvento dell'Anticristo. Padre Raniero non è che il pupazzo in saio del ventriloquo che siede in Roma.  

1 commento:

  1. Quante pedate là dove non batte il sole che meritano questo "frate" insieme al suo "papa"!

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