Perché alla chiesa servirebbe meno
Teologia della comunicazione e più "sì, sì; no, no"
Vatileaks, polemiche e altri rumors creati ad
hoc
di Antonio Gurrado | 15 Aprile 2016
Piazza San Pietro (foto LaPresse)
Leggo “Il brusio del pettegolo” di don Dario
Edoardo Viganò (EDB) e quasi mi prende un infarto. L’autore insinua infatti che
“il corpo ecclesiale sia oggetto di interesse da parte di soggetti enunciatori
di rumors e, addirittura, di pianificazioni strategiche di rumors”.
Addirittura. Avanza perfino il sospetto che “al di là di quanto emerso
pubblicamente” il caso Vatileaks “sia stato architettato ad arte”. Ma va’?
Eppure, poche pagine dopo, don Viganò è adamantino nel dimostrare che buona
parte dei contenuti riguardanti la Chiesa viene diffusa tramite “il racconto di
un evento interpretato a partire da schemi cognitivi precedenti o dalle
rappresentazioni sociali del gruppo di appartenenza”.
Caso mai non fosse chiaro, testi alla mano
illustra come il Guardian avesse creato la famosa polemica su Benedetto XVI e
l’inutilità dei preservativi in Africa citando brandelli delle dichiarazioni
del Papa e poi lasciando che gli schemi cognitivi del gruppo dei lettori di
sinistra, nell’ombra, facessero il proprio dovere. Si tratta di un tema di cui
don Viganò capisce gran molto, essendo Prefetto della Segreteria per la
comunicazione della Santa Sede e già direttore del Centro Televisivo Vaticano;
allora perché nel resto del libro non mena lo scudiscio con la stessa
chiarezza, rifugiandosi nella cautela delle ipotesi? Gesù diceva “Sia il vostro
parlare sì, sì; no, no”; è vero anche che duemila anni fa non poteva seguire
corsi di Teologia della Comunicazione, e nemmeno immaginare quanti vescovi
sarebbero diventati entusiasti per l’istituto del referendum.
Le maionesi impazzite dei documenti
papali
Esortazione Apostolica 'Amoris laetitia' di Papa Francesco (foto
LaPresse)
Ringrazio il Cielo per
avermi dato Flavio Cuniberto, il mio commentatore personale dei documenti
papali. Lui pacatamente li studia, lui pacatamente ne scrive e io poi
pacatamente lo recensisco, senza violare nessun obbligo di deferenza verso il
Sommo Pontefice. Cuniberto è un filosofo che insegna all’università di Perugia
e che adesso ha pubblicato “Madonna povertà. Papa Francesco e la rifondazione
del cristianesimo” (Neri Pozza). Essendo un libro anziché un articolo non
tratta della “Amoris laetitia”, tratta invece della “Evangelii gaudium” e della
“Laudato si’”, dopo una minuziosa analisi definiti “due documenti che appaiono
come un vero programma rivoluzionario nel senso più giacobino della parola:
come un dittico post-cristiano”. Cuniberto non è un controversista eccitato
alla Socci, è un logico freddo che di quei testi mostra le contraddizioni
interne e l’incompatibilità col Nuovo Testamento. Non giudica il Santo Padre,
chiamato a fronteggiare una situazione disperante: “L’enorme diffusione di
pratiche e filosofie di matrice orientale conferma che la linfa cristiana
originaria si è disseccata”. Giudica i documenti, probabilmente scritti da
altri (padre Antonio Spadaro?), maionesi impazzite siccome emulsionare Thoreau
e San Paolo, Rousseau e Gesù proprio non è possibile. O almeno così pensa
Cuniberto: relata refero. (Non so cosa scriverà della “Amoris laetitia” il mio
commentatore personale dei documenti papali, mi auguro soltanto che ci metta
molto tempo, non ho nessuna fretta, lasci pur decantare).
di Camillo Langone | 12 Aprile 2016
Sarebbe mai il caso, che questi nostri presbiteri la finissero di fare i sociologi, e si ricordassero del mandato di Gesù.?????? jane
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