ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 8 aprile 2016

Verso diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina?

Integrazione sì, comunione chissà. Il sibillino responso del papa

Brani scelti dell'esortazione postsinodale "Amoris lætitia". In 264 pagine e 325 paragrafi non una sola parola chiara a favore della comunione ai divorziati risposati

Selezione a cura di Sandro Magister


CONTINUITÀ DI DOTTRINA, VARIETÀ DI INTERPRETAZIONI

2. […] I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche. 

3. Ricordando che il tempo è superiore allo spazio, desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. […] In ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali.

AGGRESSIONE GIURIDICA ALLA FAMIGLIA


53. […] In diversi paesi la legislazione facilita lo sviluppo di una molteplicità di alternative, così che un matrimonio connotato da esclusività, indissolubilità e apertura alla vita finisce per apparire una proposta antiquata tra molte altre. Avanza in molti paesi una decostruzione giuridica della famiglia che tende ad adottare forme basate quasi esclusivamente sul paradigma dell’autonomia della volontà. Benché sia legittimo e giusto che si respingano vecchie forme di famiglia “tradizionale” caratterizzate dall’autoritarismo e anche dalla violenza, questo non dovrebbe portare al disprezzo del matrimonio bensì alla riscoperta del suo vero senso e al suo rinnovamento.


UTERO IN AFFITTO E FALSA EMANCIPAZIONE DELLA DONNA


54. […] La violenza verbale, fisica e sessuale che si esercita contro le donne in alcune coppie di sposi contraddice la natura stessa dell’unione coniugale. Penso alla grave mutilazione genitale della donna in alcune culture, ma anche alla disuguaglianza dell’accesso a posti di lavoro dignitosi e ai luoghi in cui si prendono le decisioni. La storia ricalca le orme degli eccessi delle culture patriarcali, dove la donna era considerata di seconda classe, ma ricordiamo anche la pratica dell’“utero in affitto” o la "strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica". C’è chi ritiene che molti problemi attuali si sono verificati a partire dall’emancipazione della donna. Ma questo argomento non è valido, "è una falsità, non è vero. È una forma di maschilismo".


IDEOLOGIA DEL "GENDER"


56. Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata "gender", che "nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo". È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini.


ABORTO ED EUTANASIA


83. In questo contesto, non posso non affermare che, se la famiglia è il santuario della vita, il luogo dove la vita è generata e curata, costituisce una lacerante contraddizione il fatto che diventi il luogo dove la vita viene negata e distrutta. È così grande il valore di una vita umana, ed è così inalienabile il diritto alla vita del bambino innocente che cresce nel seno di sua madre, che in nessun modo è possibile presentare come un diritto sul proprio corpo la possibilità di prendere decisioni nei confronti di tale vita, che è un fine in sé stessa e che non può mai essere oggetto di dominio da parte di un altro essere umano. La famiglia protegge la vita in ogni sua fase e anche al suo tramonto. Perciò a coloro che operano nelle strutture sanitarie si rammenta l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza.


OMOSESSUALITÀ E UNIONI OMOSESSUALI


250 […] Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, v a rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare "ogni marchio di ingiusta discriminazione" e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. […]

251. Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che "circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia"; ed è inaccettabile "che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il 'matrimonio' fra persone dello stesso sesso".


CASTITÀ PRIMA DEL MATRIMONIO


283. Frequentemente l’educazione sessuale si concentra sull’invito a “proteggersi”, cercando un “sesso sicuro”. Queste espressioni trasmettono un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza. È irresponsabile ogni invito agli adolescenti a giocare con i loro corpi e i loro desideri, come se avessero la maturità, i valori, l’impegno reciproco e gli obiettivi propri del matrimonio. Così li si incoraggia allegramente ad utilizzare l’altra persona come oggetto di esperienze per compensare carenze e grandi limiti. È importante invece insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso. Tutto questo, infatti, prepara ad un dono di sé integro e generoso che si esprimerà, dopo un impegno pubblico, nell’offerta dei corpi. L’unione sessuale nel matrimonio apparirà così come segno di un impegno totalizzante, arricchito da tutto il cammino precedente.


DIVORZIATI RISPOSATI E SITUAZIONI "IRREGOLARI"


297. […] Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino.

Ovviamente, se qualcuno ostenta un peccato oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa di diverso da quello che insegna la Chiesa, non può pretendere di fare catechesi o di predicare, e in questo senso c’è qualcosa che lo separa dalla comunità (cfr Mt 18,17). Ha bisogno di ascoltare nuovamente l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione. Ma perfino per questa persona può esserci qualche maniera di partecipare alla vita della comunità: in impegni sociali, in riunioni di preghiera, o secondo quello che la sua personale iniziativa, insieme al discernimento del Pastore, può suggerire.

Riguardo al modo di trattare le diverse situazioni dette “irregolari”, i Padri sinodali hanno raggiunto un consenso generale, che sostengo: "In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nella loro vita e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro", sempre possibile con la forza dello Spirito Santo. 

298. I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. 

Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui "l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione" (329).

C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di "coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido".

Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. 

Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia. I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei Pastori deve sempre farsi "distinguendo adeguatamente", con uno sguardo che discerna bene le situazioni. Sappiamo che non esistono "semplici ricette".  

299. Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che "i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Questa integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti".


NO A NORME GENERALI, MA VALUTAZIONI CASO PER CASO


300. Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, come quelle che abbiamo sopra menzionato, è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi.

È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché "il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi", le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi (336).

I presbiteri hanno il compito di "accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno".


IL FORO INTERNO


Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che "orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere.

Dato che nella stessa legge non c’è gradualità (cfr "Familiaris consortio", 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa".

Questi atteggiamenti sono fondamentali per evitare il grave rischio di messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente “eccezioni”, o che esistano persone che possano ottenere privilegi sacramentali in cambio di favori. Quando si trova una persona responsabile e discreta, che non pretende di mettere i propri desideri al di sopra del bene comune della Chiesa, con un Pastore che sa riconoscere la serietà della questione che sta trattando, si evita il rischio che un determinato discernimento porti a pensare che la Chiesa sostenga una doppia morale.


LE CIRCOSTANZE ATTENUANTI
 

301. Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo.

La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante.

I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere "valori insiti nella norma morale" o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. 

Come si sono bene espressi i Padri sinodali, "possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione". Già san Tommaso d’Aquino riconosceva che qualcuno può avere la grazia e la carità, ma senza poter esercitare bene qualcuna delle virtù, in modo che anche possedendo tutte le virtù morali infuse, non manifesta con chiarezza l’esistenza di qualcuna di esse, perché l’agire esterno di questa virtù trova difficoltà: "Si dice che alcuni santi non hanno certe virtù, date le difficoltà che provano negli atti di esse, [...] sebbene essi abbiano l’abito di tutte le virtù".

302. Riguardo a questi condizionamenti il Catechismo della Chiesa Cattolica si esprime in maniera decisiva: "L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali".

In un altro paragrafo fa riferimento nuovamente a circostanze che attenuano la responsabilità morale, e menziona, con grande ampiezza, l’immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia o altri fattori psichici o sociali (344). 

Per questa ragione, un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta.

Nel contesto di queste convinzioni, considero molto appropriato quello che hanno voluto sostenere molti Padri sinodali: "In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. [...] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi".


LO SPAZIO DELLA COSCIENZA


303. A partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti, possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio.

Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia nella grazia.

Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo.

In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l'ideale in modo più pieno.


LE NORME E IL DISCERNIMENTO


304. È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano.

Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale: "Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. [...] In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. [...] E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare".

È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari.

Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione.

305. Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa "per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite".

In questa medesima linea si è pronunciata la Commissione Teologica Internazionale: "La legge naturale non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione". 

A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa (351).

Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che "un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà". La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà.

306. In qualunque circostanza, davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge divina, deve risuonare l’invito a percorrere la "via caritatis". […]


MISERICORDIA PASTORALE


307. Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza. […] La tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto al momento di proporlo, sarebbero una mancanza di fedeltà al Vangelo e anche una mancanza di amore della Chiesa verso i giovani stessi.

Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture.

308. Tuttavia, dalla nostra consapevolezza del peso delle circostanze attenuanti – psicologiche, storiche e anche biologiche – ne segue che "senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno", lasciando spazio alla "misericordia del Signore che ci stimola a fare il bene possibile".

Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, "non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada". 

I Pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti. Il Vangelo stesso ci richiede di non giudicare e di non condannare. […]

311. […] A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio (364). Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo.

È vero, per esempio, che la misericordia non esclude la giustizia e la verità, ma anzitutto dobbiamo dire che la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio. […]

312. Questo ci fornisce un quadro e un clima che ci impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati e ci colloca piuttosto nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare. Questa è la logica che deve prevalere nella Chiesa. 

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NOTE


(329) Giovanni Paolo II, Esort. ap. "Familiaris consortio" (22 novembre 1981), 84: AAS 74 (1982), 186. In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, "non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli" (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. "Gaudium et spes", 51).

(336) Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave. Qui si applica quanto ho affermato in un altro documento: cfr Esort. ap. "Evangelii gaudium" (24 novembre 2013), 44.47: AAS 105 (2013), 1038-1040. 

(344) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. "Iura et bona" sull’eutanasia (5 maggio 1980), II: AAS 72 (1980), 546. Giovanni Paolo II, criticando la categoria della “opzione fondamentale”, riconosceva che "senza dubbio si possono dare situazioni molto complesse e oscure sotto l’aspetto psicologico, che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore" (Esort. ap. "Reconciliatio et paenitentia" [2 dicembre 1984], 17: AAS 77 [1985], 223).  

(351) In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, "ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore" (Esort. ap. "Evangelii gaudium" [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia "non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli" (ibid., 47: 1039).  
  
(364) Forse per scrupolo, nascosto dietro un grande desiderio di fedeltà alla verità, alcuni sacerdoti esigono dai penitenti un proposito di pentimento senza ombra alcuna, per cui la misericordia sfuma sotto la ricerca di una giustizia ipoteticamente pura. Per questo vale la pena di ricordare l’insegnamento di san Giovanni Paolo II, il quale affermò che la prevedibilità di una nuova caduta "non pregiudica l’autenticità del proposito" (Lettera al Card. William W. Baum in occasione del corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica [22 marzo 1996], 5: Insegnamenti XIX, 1 [1996], 589).

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Il testo integrale dell'esortazione:

> "Amoris lætitia"

La sua presentazione ufficiale da parte dei cardinali Lorenzo Baldisseri e Christoph Schönborn:

> ...

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351270

2 commenti:

  1. Non so se comprendo bene il senso del documento: l'impressione è che - al netto di quelli che sembrano giri di parole, equilibrismi, dico A ma anche il suo contrario, giochi verbali sulla Verità - in soldoni la cosa si possa esprimere con "il cerino è stato passato in mano ad altri. Badino loro a non scottarsi le dita".
    Il Depositum Fidei non è il caso di scomodarlo. Può restare a prendere polvere sugli scaffali (anche perché - cattiveria massima - per citarlo come Dio comanda bisognerebbe prima averlo compreso davvero). E' sufficiente una riconfermatina qua e là q.b. (quanto basta), giusto per non cadere nell'eresia.
    Meglio dar corpo e sempre più peso alla prassi: un esempio del nuovo corso è che ormai non basta più un semplice documento per un'esortazione post sinodale ma occorre un volume, sperando che non sia il primo di un'intera 'Enciclopedia del Fare' (da Sé).
    E sperando inoltre che, da oggi in poi, accanto a tutte le altre forme di turismo non prenda l'avvio anche il turismo perdonistico, ossia il fare il 'giro delle sette chiese' per trovare il pastore che perdona come io desidero.

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  2. Cvd. Come volevasi dimostrare. Tanti giri di parole per lasciare la libertà a ciascun prete di fare quello che vuole...e della salvezza delle anime ? Chissenefrega tanto nessuno può essere condannato eternamente! Bravo bravo diavolo d'un Bergoglio...il tuo superiore all'infernooooooo sta godendo da matti ������

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