«Li accoglierebbe nella Chiesa così come sono, senza chiedere praticamente niente». Secondo alcune indiscrezioni è questa la “condizione” di Papa Francesco per la Prelatura personale internazionale proposta alla Fraternità S. Pio X per “rientrare” nella Chiesa cattolica. Una non-condizione rispetto a quanto, invece, era stato proposto durante il pontificato di Benedetto XVI, quando tutto si arenò per questioni squisitamente dottrinali. Questo è quanto apprende la Nuova Bussola quotidiana da fonti che hanno buona conoscenza del cammino di dialogo tra il Vaticano e la comunità sacerdotale fondata da monsignor Marcel Lefevbre.
Come anticipato dal quotidiano Il Foglio, venerdì scorso per circa quaranta minuti papa Francesco ha incontrato il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità. Un colloquio “positivo” e cordiale. Nel comunicato diramato dalla stessa Fraternità si legge che nell’incontro non si è «direttamente parlato dello statuto canonico della Fraternità» e che «papa Francesco e monsignor Fellay considerano che bisogna continuare con questi scambi senza decisioni precipitose». Tuttavia, appare evidente che proprio papa Francesco ha una esplicita volontà di portare a casa la riconciliazione cui né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI erano riusciti. Sabato mons. Fellay ha visto anche monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia commissione Ecclesia dei, organismo costituito da Giovanni Paolo II dopo la scomunica al vescovo Lefevbre del 1988.
I rapporti tra la Fraternità e l'Ecclesia dei avevano dato luogo, tra l'altro, alle discussioni dottrinali del periodo 2009-2011 e recentemente (2015-2016) alle visite presso la Fraternità di alcuni prelati, fra cui il cardinale Walter Brandmuller e il vescovo Athanasius Schneider. Secondo le indiscrezioni gli umori all'interno della Commissione pontificia però sarebbero decisamente più freddi rispetto alla chiara volontà del Pontefice di arrivare a chiudere la questione. Il Papa, infatti, si orienta a partire dal buon rapporto personale con i sacerdoti della S. Pio X, costruito quando era arcivescovo di Buenos Aires confrontandosi sul campo con alcune opere della stessa Fraternità. Papa Bergoglio, come sappiamo, è molto sensibile ai rapporti umani e ama costruire proprio a partire da questo tipo di relazioni. Un esempio in tal senso viene anche dal suo agire in campo ecumenico, basti ricordare l'incontro privato avvenuto nel giugno 2014 con il pastore pentecostale di Caserta Giovanni Traettino, suo amico personale, oppure i suoi rapporti con i luterani.
Si vocifera che l'avvicinamento alla Fraternità da parte del Papa sarebbe l'ennesima manifestazione della scarsa priorità che Francesco darebbe alla dottrina; inoltre, si dice che il Pontefice riterrebbe la comunità sacerdotale fondata da monsignor Lefevbre sostanzialmente ininfluente rispetto al panorama ecclesiale, nonostante numeri di tutto rispetto. Ininfluente nel senso anche di non pericolosa in merito ai timori che alcuni ambienti manifestano rispetto alla controversa accettazione del Vaticano II. Quella della Fraternità sarebbe semplicemente una posizione superata e fuori dalla storia, quindi comunque irrilevante.
Da parte della Fraternità, accanto ad una linea possibilista disegnata da mons. Fellay, vi è una realtà interna complessa e variegata, magmatica, che non necessariamente accetterebbe un facile accordo. Ad esempio, il vescovo Williamson, uno dei quattro nominati da Lefevbre, pur essendo già stato allontanato anche dalla Fraternità stessa, ha recentemente ordinato un vescovo e rappresenta una sirena suadente all’interno di un mondo tutt’altro che monolitico. Ma al netto di queste posizioni estreme, bisogna rilevare il ruolo delle questioni dottrinali all’interno della Fraternità. Se l’accordo proposto da Bendetto XVI fallì fu proprio per un Preambolo dottrinale di fatto ritenuto irricevibile.
Oggi il giudizio sul pontificato di Francesco non è certo morbido: «Abbiamo davanti a noi un vero modernista», disse Fellay nell’ottobre 2013, con un espressione che in qualche modo le compendia tutte. Per questo c’è chi dice che anche l’ormai prossima esortazione post-sinodale Amoris laetitia possa in qualche modo incrociare i destini di questo accordo con il Vaticano. Diverse fonti parlano di possibili lacerazioni interne alla Fraternità nel caso di un accordo, soprattutto se questo dovesse avvenire con una Chiesa ritenuta sempre più ambigua.
«É chiaro che papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere», ha detto recentemente Fellay, «ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: “non sono scismatici, sono cattolici”, anche se dopo ha usato un termine un po' enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione. Questo termine “piena comunione” sarebbe proprio bello una volta avere una definizione chiara, perché si vede che non corrisponde a niente di preciso. É un sentimento, è un non si sa troppo bene cosa».
La partita qualcuno la vorrebbe già conclusa, con l’accordo tra Santa Sede e Fraternità di fatto già ratificato, ma sembra ancora tutta da giocare. Anche, o forse soprattutto, nella metà campo in cui è schierata la Fraternità San Pio X.
l Papa e i lefebvriani. Perché.
E’ opinione comune in Vaticano, e in particolare fra chi è vicino alla commissione Ecclesia Dei, incaricata di seguire il dossier lefebvriano, che fra non molto il Pontefice compirà un gesto autonomo e clamoroso verso la Fraternità Sacerdotale S. Pio X. Su questo punto nella nostra povertà rivendichiamo una piccola primogenitura, per un articolo pubblicato da San Pietro e Dintorni il 28 febbraio 2016. E diamo un paio di ragioni di un possibile gesto di benevolenza.
E’ opinione comune in Vaticano, e in particolare fra chi è vicino alla commissione Ecclesia Dei, incaricata di seguire il dossier lefebvriano, che fra non molto il Pontefice compirà un gesto autonomo e clamoroso verso la Fraternità Sacerdotale S. Pio X. Il lungo incontro informale fra il Papa e il superiore, mons. Fellay, è certamente un segnale in questa direzione. Molti ricordano l’intervista concessa da Fellay stesso sul sito della fraternità.
Su questo punto nella nostra povertà rivendichiamo una piccola primogenitura, per un articolo pubblicato da San Pietro e Dintorni il 28 febbraio 2016, in cui un alto esponente della FSSPX anticipava quello che ormai tutti scrivono. Per comodità degli eventuali lettori in calce ripubblichiamo quel post.
Ci si chiede perché un Pontefice che certamente non ha simpatia per i conservatori, e che permette da anni che i Francescani dell’Immacolata vengano passati al tritacarne per una sospetta “deriva lefebvriana” sembri orientato a riammettere pienamente gli ex-scismatici. Su questo punto ci sono state date due possibili risposte. La prima: il desiderio e la soddisfazione di compiere alcuni gesti (vedi anche l’abbraccio con Kirill) che non erano riusciti né a San Giovanni Paolo II, né a Benedetto XVI, che pure aveva sollevato la scomunica ai lefebvriani nel 2009, con tutto ciò che ne era seguito. Una seconda risposta riguarda l’ottica in cui il Papa vedrebbe i lefebvriani. A dispetto della loro più che rispettabile consistenza numerica (c’è chi parla di un milione circa) il pontefice non li considererebbe un pericolo per la Chiesa, stimando che rispondano a logiche superate e che comunque la Storia non darà loro ragione. E vede che in effetti il loro influsso sia sulla Chiesa che sui mezzi di comunicazione appare trascurabile. Quindi, perché non riammetterli, sanando una ferita ormai oltre trentennale?
Ed ecco il testo del 28 febbraio scorso:
Mons. Alfonso de Galarreta è un vescovo della comunità lefebvriana; aveva diretto la commissione teologica della Fraternità sacerdotale S. Pio X durante gli incontri con gli esperti romani nel 2009 e nel 2011. Mons. De Galarreta è argentino. In un incontro con esponenti della comunità nei pressi di Versailles qualche giorno fa ha rivelato che la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva inviato una proposta per la creazione di una prelatura personale, nell’estate del 2015, accompagnata da una dichiarazione dottrinale. Il presule ha detto che da parte di Roma sono stati eliminate tutte una serie di richieste o paletti precedenti che potevano creare difficoltà alla Fraternità. Nonostante questo, il via libera per un accordo con Roma da parte di Écone non c’è ancora; siamo di fronte a “un rifiuto prudenziale dettato dalle circostanze, in assenza di garanzie necessarie alla vita della Fraternità”.
Mons. De Galarreta però è convinto che papa Francesco agirà in maniera autonoma. “Penso piuttosto, ed è là l’altro aspetto delle cose, che questo papa dice a chi lo vuole ascoltare che noi siamo cattolici, che dice e che ripete che la Fraternità è cattolica, che siamo cattolici, che non ci condannerà mai, e che bisogna ‘regolare la nostra faccenda’. Penso che, e ha già cominciato in questa direzione, che quando vedrà che non c’è intesa con la Congregazione della Fede, penso che sorpasserà ogni altra condizione dottrinale, teorica, pratica, quale che sia…Farà da solo, nel senso di un riconoscimento della Fraternità. Ha già cominciato, e semplicemente continuerà. Non parlo di ciò che desidero; parlo di ciò che prevedo. Io prevedo, io penso, che il papa andrà nel senso di un riconoscimento unilaterale della Fraternità, e piuttosto per via di fatto che per una via di diritto legale, canonico”.
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