ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 maggio 2016

Il meccanismo delle “due intelligenze”

AMICI DEL MONDO NEMICI DI DIO

    «Ma non sapete che essere amici di questo mondo, significa essere nemici di Dio?» È una domanda che dovrebbe far tremare i polsi a tutti quei cristiani e membri del clero, i quali sembrano più che mai desiderosi di piacere al mondo
di F. Lamendola  



Ma non sapete che essere amici di questo mondo, significa essere nemici di Dio?, domanda sdegnato ai suoi corrispondenti Giacomo, detto il Giusto, capo della Chiesa di Gerusalemme dopo la morte di Gesù (secondo quanto riferisce Flavio Giuseppe) e fino a qualche tempo fa identificato dagli studiosi del Nuovo Testamento con Giacomo il Minore, figlio di Alfeo.
È una domanda drammatica, che dovrebbe far tremare le vene e i polsi a tutti quei cristiani, e a tutti quei membri del clero, i quali sembrano più che mai desiderosi di piacere al mondo, e impegnati a dire e a fare tutte quelle cose che possono attirare su di essi il consenso generale; e ad astenersi, per converso, dal dire e dal fare tutto ciò che susciterebbe critiche, reazioni, proteste: anche a costo di censurare o edulcorare l’annunzio del Vangelo.
Nascondendosi dietro un dito, dicono di non voler offendere i sentimenti altrui; di non voler sminuire o dar l’impressione di disprezzare le altre fedi, le atre religioni; inoltre, di non voler “provocare” i laicisti convinti, ragion per cui non osano più nemmeno pronunciare la parola “aborto”, tale è la loro preoccupazione di poter compromettere il “dialogo” con quelle persone, e tale la loro smania di apparire moderni, aperti, tolleranti e completamente privi di “pregiudizi”.
Ma questo non è essere cristiani; questo è essere seguaci di un’altra religione, la religione del mondo, che è opposta e incompatibile con quella predicata da Gesù Cristo, testimoniata dalla sua Passione, Morte e Resurrezione, e confermata e ulteriormente illuminata mediante l’invio dello Spirito Santo. O si sta con Dio, o col mondo: tertium non datur.
L’equivoco, in base al quale certi cristiani pensano che rivolgersi al mondo con apertura equivalga ad accettare il mondo in quanto categoria che si oppone radicalmente al progetto di Dio, nasce da un doppio errore: uno dell’intelligenza, e uno della conoscenza. L’errore dell’intelligenza è quello di insuperbirsi essa, di credere di poter capire le cose di Dio meglio di Dio stesso, meglio di quanto siano esposte nel Vangelo, là dove Gesù ammonisce ripetutamente contro il pericolo della superbia intellettuale: Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai presuntuosi e ai superbi, e le hai rivelate ai semplici! Una tale intelligenza, fiera di sé e convinta della propria autonomia (nel senso letterale del termine: che si dà la propria norma da sola), è una intelligenza puramente materiale, che risponde perfettamente alla logica del “mondo” e che non è ispirata e sorretta dall’alto, ma dal basso. Essa è, alla lettera, una intelligenza diabolica: viene dal Diavolo e dal Diavolo è vellicata, fomentata, inorgoglita.
È l’intelligenza, per esempio, di quegli scienziati i quali perseguono infernali esperimenti di manipolazione genetica, convinti d’avere il pieno diritto di andare per la loro strada e di saperne più di chiunque osasse avanzare anche la minima obiezione o la più piccola riserva circa il loro modo di procedere. È l’intelligenza del parlamentare che si “batte” per delle nobili conquiste di civiltà, come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, la libertà di drogarsi, la libertà di sposarsi fra persone dello stesso sesso; che cita continuamente come esempi virtuosi e da imitare quei Paesi nei quali tutte queste cose sono già riconosciute per legge, mentre qualifica di “arretrati” e di “incivili” quelli, come il nostro, nei quali, a loro parere, le sospirate e indispensabili riforme stanno procedendo troppo a rilento, fra dubbi, incertezze, e, quel che è peggio (essi dicono), intollerabili intromissioni della morale religiosa. È l’intelligenza di quelle maestre che, avendo sentito dire che ogni tradizione merita rispetto, ma senza aver riflettuto in concreto su cosa ciò significhi, rinunciano al presepio e ai canti di Natale a scuola, per non “offendere” i bambini islamici o di altra credenza religiosa. Ed è l’intelligenza di quei preti modernisti e di quei teologi di sinistra i quali, avendo fatto propria l’idea che solo il pensiero laico e secolarizzato è degno di essere qualificato tale, hanno deciso di “sfrondare” il Vangelo di tutto quello che, da Rudolf Bultmann in poi, non può essere considerato altro che “mito”: dai miracoli al culto dei santi e di Maria, dalla risurrezione di Lazzaro a quella di Gesù stesso, e, per finire, alla stessa divinità di Cristo, alla vita eterna dell’anima, al Giudizio finale, all’Inferno e al Paradiso.
L’intelligenza umana, chiusa in se stessa, diventa diabolica nel momento in cui pretende di escludere un piano di realtà che sia superiore a ciò che essa può arrivare a comprendere; nel momento in cui si compiace nell’idea che la Verità sia attingibile in se stessa, senza mediazione alcuna; e nel momento in cui, inevitabilmente, per giungere a tanto, incomincia a puntare non alla Verità, ma alla verità, cioè ad una verità fatta sulla sua misura; e, da ultimo, alle verità, cioè a una pluralità di punti di vista, ciascuno dei quali legittimo in se stesso, e nessuno dei quali può pretendere di porsi come assoluto. La logica conseguenza di tale atteggiamento intellettuale è che il cristianesimo si riduce a una delle tante possibili “verità”; che Gesù non è stato altro che un saggio predicatore di nobili dottrine spirituali e morali; e che non vi è alcuna differenza sostanziale fra il credere e il non credere in lui come figlio di Dio, fra il porre il senso della vita umana nel ritorno a Dio o nel porlo nell’autonoma realizzazione dell’uomo, come valore assoluto.
L’altra intelligenza, la vera intelligenza, è quella che, senza abbandonarsi alla superbia, senza farsi signoreggiare dall’ego, senza cercare null’altro che la Verità, si abbandona fiduciosa all’azione della Grazia e si vota a raggiungere una sempre più piena comprensione del mistero dell’Essere, comprensione di cui fa parte la consapevolezza che, arrivata ad un certo punto, essa non può procedere oltre con le proprie forze, ma deve chiedere l’ispirazione e l’aiuto che vengono dall’Alto, e aprirsi, così, al progetto dell’amore divino, volendo non ciò che brama l’io, ma ciò che Dio vuole, cioè facendosi docile strumento della Provvidenza.
Il meccanismo, per così dire, delle “due intelligenze”, è magnificamente analizzato da Giacomo, nell’Epistola a lui attribuita ( 3, 13-18, e 4, 1-10):

Qualcuno, tra voi, pensa di essere saggio e intelligente? Bene! Lo faccia vedere con i fatti, comportandosi bene; mostri insieme gentilezza e saggezza. Se invece il vostro cuore è pieno di amara gelosia e di voglia di litigare, fate a meno di vantarsi e non dite menzogne che offendono la verità. Una saggezza di questo genere non viene da Dio; è sapienza di questo mondo, materiale, diabolica.
Infatti, dove regnano la gelosia e l’istinto di litigare, ci sono inquietudini e cattiverie di ogni genere. Invece, la saggezza che viene da Dio è assolutamente pura; è pacifica, comprensiva, docile, ricca di bontà e di opere buone; è senza ingiuste preferenze e senza alcuna ipocrisia. Le persone che creano la pace attorno a sé, sono come seminatori che raccolgono nella pace il loro frutto: una vita giusta.
Da dove vengono le lotte e i contrasti che ci sono tra di voi? Vengono dalle passioni che continuamente si agitano e combattono dentro di voi. Voi desiderate qualcosa, e se non potete averlo, allora siete pronti a uccidere. Voi avete voglia di qualcosa, e se non riuscite a ottenerlo, allora vi mettete a lottare e a far guerra. In realtà, voi non ottenete ciò che desiderate perché non sapete chiederlo a Dio. E se anche chiedete, voi non ricevete niente perché le vostre intenzioni sono cattive: volete sprecare tutto nei vostri piaceri.
Siete infedeli come una donna adultera. Ma non sapete che essere amici di questo mondo, significa essere nemici di Dio? Dunque, chi vuol diventare amico di questo mondo finisce nemico di Dio. Certamente la Bibbia non parla invano quando dice: “Dio è geloso e non vuol perdere lo spirito che ha messo dentro di noi”. Anzi, egli offre una grazia anche migliore: infatti la Bibbia dice: “Dio si oppone agli orgogliosi, ma tratta con bontà gli umili”.
Dunque, sottomettetevi a Dio. Resistete invece contro il diavolo, che fuggirà lontano da voi. Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani di peccatori; santificate i vostri cuori di uomini ipocriti. Piangete sulle vostre miserie, e semmai lamentatevi di voi stessi. Le vostre risa diventino lacrime, la vostra allegria diventi tristezza. Abbassatevi davanti al Signore, ed egli vi solleverà.

Alla radice dell’intelligenza materiale e diabolica, dunque, vi è l’egoismo: l’uomo brama le cose, le pretende, ed è disposto a fare qualsiasi azione pur di impossessarsene. È quello che avviene con la guerra, e con quelle minuscole ma amarissime guerre, pur senza spargimento di sangue, che straziano innumerevoli famiglie, comunità, luoghi di lavoro. Invidia, gelosia, avidità, rendono l’intelligenza affilata come un’arma e poi la brandiscono contro i “nemici”, per aprirsi una strada verso la meta, a qualunque costo, senza affatto preoccuparsi della sofferenza e della mortificazione altrui, senza curarsi del clima di insopportabile tensione e disagio che, in tal modo, viene ad instaurarsi. La ricerca del piacere è lo scopo di tale intelligenza. La scienza si è messa al servizio di essa e la tecnica le offre i mezzi per realizzare qualunque richiesta, per soddisfare qualsiasi capriccio: ad esempio, quello di diventare mamma a sessant’anni; oppure quello di avere un figlio all’interno di una convivenza omosessuale (impropriamente chiamata famiglia), magari procurandoselo con la pratica dell’utero in affitto. Non ci sono limiti, in pratica, a ciò che una siffatta intelligenza può escogitare per soddisfare ogni sorta di brama. La malizia finale, il capolavoro del Diavolo, consiste nel fatto di dare un riconoscimento morale e legislativo a ciò che va sia contro le leggi della natura, che quelle divine, imponendo alla società il “rispetto” di ciò che è sbagliato, assurdo, inaccettabile.
Tuttavia, l’arte più raffinata e la perversione più astuta di questa intelligenza diabolica, crediamo, sono quelle che si stanno attuando proprio nel nome di Dio, all’interno della Chiesa e fra i cosiddetti credenti: la pretesa di avere scoperto il “vero” significato del Vangelo - evidentemente, chi sa come, rimasto oscuro e mal compreso per duemila anni: che non è quello di mortificare la natura, di sminuire l’uomo, di umiliare l’intelligenza (ma quando mai sono state insegnate simili cose?), bensì di esaltare l’uomo, di valorizzare la vita terrena, di parlare di Dio solo ed esclusivamente in termini di misericordia, non di giustizia e assolutamente mai di castigo. Ed è qui che il Diavolo ha mostrato il culmine della sua malizia e della sua abilità: nel convincere codesti “credenti” che il peccato è passato di moda; che il male è solo un errore, una svista, e non una scelta deliberata contro la verità e contro Dio; che l’uomo va bene, benissimo, così com’è, con tutti i suoi istinti, i suoi appetiti, le sue brame, le quali non devono esser distinte in “inferiori” e “superiori”, perché son tutte legittime; che egli non deve lavorare su se stesso per perfezionarsi, perché ciò equivarrebbe a sacrificare le sue legittime gioie, né puntare alla santificazione, perché la santità è riservata solo a pochi eletti e non si rivolge a ogni singolo uomo; infine, che bisogna regolarsi come se Dio non ci fosse, che bisogna fare come se avessimo a disposizione quest’unica vita, che non dobbiamo sperare, né temere, niente di diverso da ciò che esiste qui ed ora, e che questa è la vera fede, la fede degli uomini progrediti, i quali non vogliono un Dio “tappabuchi”, ma un Dio “adulto” simile a loro. Perché Dio, costoro, se lo fabbricano a immagine e somiglianza propria: non considerano che è l’uomo ad essere stato voluto a immagine di Dio, e opera di Dio stesso.
La conclusione è chiara. Se l’uomo vuole sperare di salvarsi, deve rinunciare alla sua intelligenza materiale, che scaturisce dallacuriositas e dalla cupiditas, e cercare quell’altra intelligenza, che nasce dalla fides e dalla virtus: la quale è la vera intelligenza, cioè la capacità di intelligere, di leggere dentro. Perché solo l’intelligenza divina, che viene dalla Grazia, consente di comprendere le cose fino in fondo: e cioè che l’universo è l’espressione di un atto di amore; che la nostra vita ha un significato solo se si svolge sotto il segno dell’amore, fatto di rinuncia all’io e apertura a Dio e al prossimo; e che senza l’amore l’uomo è niente, meno di zero, un’anima persa che si è posta al servizio del Diavolo, consapevolmente o no. Perciò, bisognerebbe chiedere a tutti quei teologi, a quei porporati, a quei sacerdoti, a quei religiosi, a quelle suore, a quei credenti, i quali dedicano poco tempo alla preghiera e invece molto, anzi moltissimo ad agitarsi in mezzo alle cose del mondo, possibilmente mettendosi in mostra e facendosi ammirare e invitare alle conferenze o ai programmi televisivi: Ma non sapete che essere amici di questo mondo, significa essere nemici di Dio?

«Ma non sapete che essere amici di questo mondo, significa essere nemici di Dio?»

di Francesco Lamendola

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