ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 13 maggio 2016

In attesa di cattive nuove su tutti i fronti.

Fine delle guerre culturali

In attesa di cattive nuove su tutti i fronti delle battaglie sulla famiglia, le unioni civili sono una cosa da educande. Il punto è: come siamo arrivati qui? Almodóvar nasce prima. Consigli di lettura alla chiesa non giudicante
Monica Cirinnà e Maria Elena Boschi in Aula durante la discussione sulle unioni civili (foto LaPresse)
Le unioni civili approvate in Italia, con il voto finale della Camera, sono una cosa da educande. Pessima l’idea di normare una specie di matrimonio da fiori d’arancio finti con figli a carico del magistrato di turno, che sistematicamente ne autorizzerà la “detenzione” amorevole in famiglia, e nauseante la retorica sulla corrispondente vittoria dell’amore in versione arcobaleno. Ma quando nel mondo occidentale moderno trionfa il matrimonio omosessuale senza nemmeno le cautele ipocrite della giurisdizione speciale, che ora si può ben definire alla tedesca o all’italiana; quando una questione definita di diritti civili, nella quale mostrano di rispecchiarsi classi dirigenti popolo e chiesa non giudicante, a parte i pasticci incomprensibili del vescovo Galantino preposto alla sorveglianza dei confratelli italiani da Papa Francesco, si prolunga nella noia della chiacchiera da circa ventotto anni; quando la fine delle guerre culturali, sconfitte dall’incalzante correttismo Lgbt e sommerse da un’alta marea che solo due grandi papi e pensatori cristiani come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI potevano contenere, è segnata dalla scomparsa dell’identità di genere e perfino dalla censura della toilette per signori e signore come agente della discriminazione e del linciaggio morale delle minoranze; quando le cose stanno così, e anche molto peggio riguardo allo stato della famiglia, alla dinamica demografica, all’aborto divenuto diritto civile e all’ingegneria genetica ed eugenetica dilagante, la stravotata legge Cirinnà-Alfano si presenta come fosse l’abolizione delle regie sezioni femminili delle scuole elementari, appunto una cosa da educande, una pezza generica messa in ritardo dal sarto legislatore su un vestito out of fashion.

ARTICOLI CORRELATI Cirinnà, si legga John Locke Le unioni civili sono uno scherzo crudele. Rileggere Meneghello Via libera alle unioni civili. Ecco cosa c'è da sapere sul ddl CirinnàCome uno dei modi più obliqui di negare la realtà attribuendo diritti pseudomatrimoniali all’amore che oggi insegue il brusio del proprio nome, diritti ovvii che il codice civile avrebbe potuto tranquillamente riconoscere per via transitiva e privata a tutti i cittadini conviventi indipendentemente dal loro sesso, ma senza la fictio iuris familistica che si sovrappone malamente e furbamente al codice matrimoniale (ormai quasi in disuso).

Suggeriremmo prudenza al caro Giovanardi e ad altri giapponesi combattenti che meritano composta ammirazione invece che dispetto e disprezzo irridente: un referendum abrogativo è esposto a sorprese, non si sa se ci sia partita nella battaglia tra l’amore e la morale, una volta incorporata dalle masse l’ipotesi che la legge morale sia in me, in senso più relativista che kantiano, e la legge dell’amore si sparga sentimentalisticamente su tutti, a cominciare dai consumatori. Un referendum abrogativo potrebbe spianare la strada, modello irlandese, al passaggio successivo della boda gay, modello spagnolo, che sarebbe un modo brusco di farci ritrovare tutti in uno script di Pedro Almodóvar o in una sentenza coatta della Suprema corte (modello americano).  Mi accontenterei di questa furbata che chiude con cinismo e reciproca insoddisfazione una questione di diritti campata per aria. In attesa di cattive nuove su tutti i fronti.

di Giuliano Ferrara | 11 Maggio 2016 

Libera chiesa in libero referendum

I mugugni sulle unione civili ci sono ma la segreteria di stato vaticana non ha intenzione di far pesare sul referendum costituzionale i giudizi sul Ddl Cirinnà. Niente barricate. Quel segnale in arrivo su Civiltà cattolica

Roma. Di fare barricate o rappresaglie dopo l’approvazione tramite fiducia della legge Cirinnà sulle unioni civili, magari propiziando il boicottaggio del referendum costituzionale di ottobre cui tanto tiene Matteo Renzi, in Vaticano non ci pensano nemmeno. Certo, il provvedimento passato ieri alla Camera non piace e il segretario della Conferenza episcopale italiana, Nunzio Galantino – assai vicino agli umori di Santa Marta – ha fatto sapere che si tratta di una “sconfitta di tutti”. Giudizio che seicento giuristi, compresi quelli del Centro Livatino, condividono nel definire il testo approvato “iniquo e incostituzionale”. L’arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi, già responsabile della Cei per la scuola e l’educazione, ha calcato ancora di più la mano, parlando di “fascismo strisciante” da parte del governo, “un qualcosa che in nessun modo condivido”. Ma da qui a promettere vendette, ce ne passa.

ARTICOLI CORRELATI Il Cav. con il partito del No e dello sfascio? No, grazie. A sportellate con Brunetta su forzareferendum@ilfoglio.it Il referendum non c’entra con le unioni Per cambiare idea sul referendum costituzionale a Berlusconi basterebbe pensare al 2006 Talebani della Carta che tradiscono la CartaEcco perché le dichiarazioni del portavoce e organizzatore del Family Day, Massimo Gandolfini, secondo il quale “Renzi va fermato e a ottobre bisogna dire no al referendum costituzionale” prima che “trasformi l’Italia in un premierato”, rischio “che con l’abolizione del Senato diventa molto concreto”, oltretevere sono state lette con perplessità. In Segreteria di stato non si ha alcuna intenzione di legare quel che è accaduto con il disegno di legge sulle unioni civili al voto che il prossimo autunno deciderà la sorte della Carta costituzionale che, tra le altre cose, porrebbe fine al cosiddetto bicameralismo perfetto (o paritario). Né si vuole alimentare una tensione che possa favorire l’ascesa e il consolidamento delle forze populiste, vera preoccupazione dei vertici vaticani, al di là dei cortesi e diplomatici “auguri” di conquistare “ogni successo” formulati dal cardinale Pietro Parolin alla candidata pentastellata alla carica di sindaco di Roma, Virginia Raggi. Un mero gesto di bon ton che ben poco aveva a che vedere con una “benedizione” o addirittura un aperto sostegno.

Nel prossimo numero di Civiltà Cattolica uscirà sul tema un articolo del giurista Francesco Occhetta, che già in passato aveva evidenziato gli aspetti positivi della riforma, soprattutto in relazione alla composizione e alle prerogative del Senato. Sempre sul periodico dei gesuiti – che per andare in stampa deve da sempre ottenere il placet della Segreteria di stato vaticana – lo stesso Occhetta due anni fa scriveva che “il bicameralismo perfetto è rimasto un unicum in Europa a causa della farraginosa e costosa modalità di approvazione da garantire a tutte le leggi; inoltre, è opinione di molti che una Camera, lavorando in prima lettura, è meno rigorosa, perché sa che potrà essere corretta dall’altra”. Non solo, perché il giurista redattore della Civiltà Cattolica aggiungeva che “a distanza di molti anni, la rilettura dei lavori della Costituente fa emergere che il sistema bicamerale perfetto degli articoli 55 e seguenti della Costituzione è stato ‘il compromesso infelice’ di posizioni politiche inconciliabili tra loro. La dottrina lo ha chiarito ormai da anni”. Nessun dubbio, dunque, che l’orientamento – se non “entusiasta” – sia quantomeno positivo circa i princìpi cardine della riforma che sarà sottoposta al voto in autunno. Anche perché padre Occhetta faceva notare che “sia il governo Renzi sia il precedente governo Letta hanno recuperato lo spirito della Costituente, pensando a un Senato che sia il ponte tra lo stato e le autonomie locali e il luogo della ricomposizione dei conflitti politici”.
di Matteo Matzuzzi | 12 Maggio 2016 

Il referendum non c’entra con le unioni

Civiltà Cattolica (con l’ok del Vaticano) spera nella vittoria del sì
di Redazione | 13 Maggio 2016 
Civiltà Cattolica (con l’ok del Vaticano) spera nella vittoria del sì

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