PREMIO KALERGI 2016 A PAPA FRANCESCO 1°
PREMIO KALERGI 2016 A PAPA FRANCESCO 1°
Premio Carlo Magno o KALERGI 2016 a papa Francesco, Merkel e Renzi alla cerimonia in Vaticano
Il premio è un “tributo al Suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia” gds.it
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CITTA’ DEL VATICANO. È stato ufficialmente conferito a papa Francesco il premio internazionale Carlo Magno 2016. A consegnare l’attestato nelle mani del Pontefice, durante la cerimonia nella Sala Regia in Vaticano, il presidente del Comitato direttivo del premio, Juergen Linden, e il sindaco di Aquisgrana Marcel Philipp.
Il Papa, entrando nella Sala Regia, accolto dall’applauso dei presenti, ha stretto la mano ai rappresentanti delle istituzioni europee seduti in prima fila, il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz, quello della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e quello del Consiglio europeo Donald Tusk, che aveva ricevuto in udienza prima della cerimonia e prima dell’altra udienza con la cancelliera AngelaMerkel.
PREMIO KALERGI 2016 A PAPA FRANCESCO 1°
Premio Carlo Magno o KALERGI 2016 a papa Francesco, Merkel e Renzi alla cerimonia in Vaticano
Il premio è un “tributo al Suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia” gds.it
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CITTA’ DEL VATICANO. È stato ufficialmente conferito a papa Francesco il premio internazionale Carlo Magno 2016. A consegnare l’attestato nelle mani del Pontefice, durante la cerimonia nella Sala Regia in Vaticano, il presidente del Comitato direttivo del premio, Juergen Linden, e il sindaco di Aquisgrana Marcel Philipp.
Il Papa, entrando nella Sala Regia, accolto dall’applauso dei presenti, ha stretto la mano ai rappresentanti delle istituzioni europee seduti in prima fila, il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz, quello della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e quello del Consiglio europeo Donald Tusk, che aveva ricevuto in udienza prima della cerimonia e prima dell’altra udienza con la cancelliera AngelaMerkel.
LA LISTA DEI PREMIATI DEL PIANO KALERGI DAL 1950
TUTTA BRAVA GENTE , BASTA SCORRERE LA LISTA PER VEDERLO DA VOI
2016 – Papa Francesco
2015 – Martin Schulz
2014 – Herman Van Rompuy
2013 – Dalia Grybauskaitė
2012 – Wolfgang Schäuble
2011 – Jean-Claude Trichet
2010 – Donald Tusk
2009 – Andrea Riccardi e la Comunità di Sant’Egidio
2008 – Angela Merkel
2007 – Javier Solana Madariaga
2006 – Jean-Claude Juncker
2005 – Carlo Azeglio Ciampi
2004 – Pat Cox a papa Giovanni Paolo II.
2003 – Valéry Giscard d’Estaing
2002 – l’Euro
2001 – György Konrád
2000 – Bill Clinton
1999 – Tony Blair
1998 – Bronisław Geremek
1997 – Roman Herzog
1996 – Regina Beatrice dei Paesi Bassi
1995 – Franz Vranitzky
1994 – Gro Harlem Brundtland
1993 – Felipe González Márquez
1992 – Jacques Delors
1991 – Václav Havel
1990 – Gyula Horn
1989 – Frère Roger Schutz, Taizé
1988 – François Mitterrand ed Helmut Kohl
1987 – Henry Kissinger
1986 – il popolo del Lussemburgo
1984 – Karl Carstens
1982 – Re Juan Carlos I di Spagna
1981 – Simone Veil
1979 – Emilio Colombo
1978 – Konstantinos Karamanlis.
1977 – Walter Scheel
1976 – Leo Tindemans
1973 – Salvador de Madariaga
1972 – Roy Jenkins
1970 – François Seydoux de Clausonne
1969 – Commissione delle Comunità europee
1967 – Joseph Luns
1966 – Jens Otto Krag
1964 – Antonio Segni
1963 – Edward Richard George Heath
1961 – Walter Hallstein
1960 – Joseph Bech
1959 – George Marshall
1958 – Robert Schuman
1957 – Paul-Henri Spaak
1956 – Sir Winston Churchill
1954 – Konrad Adenauer
1953 – Jean Monnet
1952 – Alcide de Gasperi
1951 – Hendrik Brugmans
1950 – Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi
TUTTA BRAVA GENTE , BASTA SCORRERE LA LISTA PER VEDERLO DA VOI
2016 – Papa Francesco
2015 – Martin Schulz
2014 – Herman Van Rompuy
2013 – Dalia Grybauskaitė
2012 – Wolfgang Schäuble
2011 – Jean-Claude Trichet
2010 – Donald Tusk
2009 – Andrea Riccardi e la Comunità di Sant’Egidio
2008 – Angela Merkel
2007 – Javier Solana Madariaga
2006 – Jean-Claude Juncker
2005 – Carlo Azeglio Ciampi
2004 – Pat Cox a papa Giovanni Paolo II.
2003 – Valéry Giscard d’Estaing
2002 – l’Euro
2001 – György Konrád
2000 – Bill Clinton
1999 – Tony Blair
1998 – Bronisław Geremek
1997 – Roman Herzog
1996 – Regina Beatrice dei Paesi Bassi
1995 – Franz Vranitzky
1994 – Gro Harlem Brundtland
1993 – Felipe González Márquez
1992 – Jacques Delors
1991 – Václav Havel
1990 – Gyula Horn
1989 – Frère Roger Schutz, Taizé
1988 – François Mitterrand ed Helmut Kohl
1987 – Henry Kissinger
1986 – il popolo del Lussemburgo
1984 – Karl Carstens
1982 – Re Juan Carlos I di Spagna
1981 – Simone Veil
1979 – Emilio Colombo
1978 – Konstantinos Karamanlis.
1977 – Walter Scheel
1976 – Leo Tindemans
1973 – Salvador de Madariaga
1972 – Roy Jenkins
1970 – François Seydoux de Clausonne
1969 – Commissione delle Comunità europee
1967 – Joseph Luns
1966 – Jens Otto Krag
1964 – Antonio Segni
1963 – Edward Richard George Heath
1961 – Walter Hallstein
1960 – Joseph Bech
1959 – George Marshall
1958 – Robert Schuman
1957 – Paul-Henri Spaak
1956 – Sir Winston Churchill
1954 – Konrad Adenauer
1953 – Jean Monnet
1952 – Alcide de Gasperi
1951 – Hendrik Brugmans
1950 – Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi
Premio Carlomagno. “Francesco contro le radici giudaico-cristiane d’Europa”
L’attribuzione del Premio Carlo Magno a papa Bergoglio induce all’ilarità. Sarebbe come attribuire un Premio San Tommaso d’Aquino a Eugenio Scalfari. Com’era prevedibile il papa argentino – dopo aver cestinato le “radici cristiane dell’Europa” e i “principi non negoziabili” che sono alla base della civiltà europea – ha proclamato il suo unico “principio non negoziabile”: l’immigrazione. E, con essa, l’affondamento dell’Europa.
Del resto – in barba al titolo del premio – la fallimentare Europa tecnocratica e laicista (cioè a guida tedesca e francese) ha, già da tempo, rinnegato Carlo Magno e il Sacro Romano Impero, cioè la cultura cristiana che ha costruito l’Europa dei popoli.
Bergoglio ha invitato a far memoria del passato, ma lui è a digiuno di storia. Infatti ha ripetuto la solita solfa sul dovere di “costruire ponti e abbattere muri”, ignorando che l’Europa è nata letteralmente dalla costruzione di solide mura di confine, difese per millenni con la spada.
MURI PER DIFENDERSI DALL’ISLAM
I Franchi costruirono il primo nucleo del loro regno e del Sacro Romano Impero proprio quando, a Poitiers, nel 732 dC, fecero muro per fermare la prima invasione islamica che dalla Spagna cercava di conquistare l’Europa.
Carlo Martello vinse grazie all’aiuto di Visigoti, Bavari, Alemanni, Sassoni e Gepidi.
Era il primo muro di difesa europea della nascente civiltà che stava prendendo forma nei monasteri benedettini, dove si salvavano e si tramandavano i tesori della cultura greca, giudaico-cristiana e latina e si faceva rinascere il lavoro, l’agricoltura e l’economia.
A parte le battaglie di Carlo Magno sui Pirenei, l’Europa, continuamente saccheggiata da scorrerie saracene, si salvò perché negli altri due, colossali, tentativi di invasione musulmana, gli europei fecero ancora muro e vinsero.
A Lepanto nel 1571 grazie alla flotta della Lega Santa promossa da papa Pio V (a quel tempo i papi difendevano la cristianità dall’islamizzazione, mentre quello odierno vuole abbattere le frontiere e favorire l’invasione).
La terza volta in cui fu scongiurata l’invasione islamica dell’Europa fu nel 1683, sotto le (solide) mura di Vienna.
L’Impero Ottomano aveva già conquistato l’impero romano d’oriente, devastando la millenaria Bisanzio e avanzando, con 140 mila uomini, su per i Balcani fino a Vienna.
Se fossero cadute le sue mura l’Europa sarebbe stata invasa e islamizzata. Ma un esercito cristiano (metà di quello ottomano), guidato dal re polacco Giovanni III Sobiesky e formato da austriaci, polacchi, italiani, franconi, sassoni, svevi e bavaresi, vinse e l’Europa fu salva per la terza volta.
Altrimenti oggi saremmo tutti turchi, come a Bisanzio che è diventata Istanbul. E la Basilica di San Pietro sarebbe una moschea com’è accaduto a Santa Sofia.
A dirla tutta – ma Bergoglio lo ignora – l’Europa è nata, fin dalla sua lontana origine greca, proprio costruendo un muro invalicabile rispetto alla debordante invasione orientale.
MURA CONTRO I PERSIANI
Infatti l’Europa non esiste da sempre. Mentre tutti gli altri continenti sono entità geografiche definite, essa – che è un’appendice dell’Asia – nasce solo da un’identità culturale.
La sua culla sono state piccole città greche come Mileto dove alcuni, a cominciare da Talete (VII secolo aC), presero a riflettere sull’essere, sul Logos (la ragione) e sull’arché (il principio).
L’ethos del pensiero, della ricerca sulla verità e sull’essere, fu il primo germe dell’uomo europeo che poi sbocciò con Socrate e Aristotele.
Ma il bocciolo rischiò di essere subito travolto dall’oriente asiatico. L’Impero persiano – con la sua oscura cultura dei miti, delle inquietanti cosmogonie e delle opprimenti teocrazie – stava per divorarsi tutto l’occidente.
La scintilla della rivolta antipersiana nel 490 aC brillò proprio a Mileto e prima a Maratona, poi alle Termopili, infine a Salamina, pochi valorosi combattenti greci respinsero l’immane potenza persiana.
Grazie a questo muro umano poté fiorire il primo germe d’Europa, poi esaltato da Roma, dalla civiltà giuridica del suo impero mediterraneo e infine abbracciato e reso fecondo dall’annuncio cristiano arrivato, ad Atene e Roma, con gli apostoli Pietro e Paolo che provenivano da Gerusalemme. Questa è l’Europa.
Solo da una città che ha solide mura e chiara identità si possono costruire ponti.
Infatti questa cristianità europea poi portò la speranza cristiana dell’immortalità in tutti i continenti e insieme portò la libertà, la dignità umana e la razionalità. La quale ha partorito la tecnologia, la scienza e il benessere economico.
IL MALE
Ma dal rinnegamento di queste radici è nato anche il male, cioè i totalitarismi che hanno insanguinato l’Europa e il mondo del Novecento.
Sulle loro macerie, però, dal 1945, la pace, la prosperità e l’unità europea sono tornate grazie a statisti cattolici come Schuman, De Gasperi e Adenauer che riportarono i loro popoli alle radici cristiane (tutti e tre hanno la causa di beatificazione in corso o in via di apertura).
Dopo la caduta del Muro di Berlino dell’89 ha invece prevalso una tecnocrazia europea laicista che di nuovo ha spazzato via quelle radici sostituendole con la moneta unica e con politiche devastanti.
I grandi pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno lanciato l’allarme contro questa deriva nichilista e tecnocratica, una vera “dittatura del relativismo” che rischia di partorire nuovi mostri.
Se l’Europa avesse voluto ritrovare le sue radici e con esse l’energia di rinascere, li avrebbe ascoltati.
Ma non l’ha fatto. Infatti nessun premio Carlo Magno è stato dato a Benedetto XVI, che è stato un vero gigante del pensiero europeo (basterebbe il suo storico discorso di Ratisbona).
L’oligarchia progressista tedesca (a partire dai vescovi teutonici) detestava Ratzinger.
LE TENEBRE DI BERGOGLIO
Oggi che l’Europa è allo sbando, in crisi, invecchiata, ha reciso le sue radici, viene invasa ed è affossata da una tecnocrazia fallimentare, il Premio è stato giustamente assegnato al simbolo perfetto dello smarrimento spirituale dell’Europa: l’argentino Bergoglio, il paladino dell’invasione, colui che più spinge per l’affondamento dell’antica Europa (sono stati Jean-Claude Juncker e Martin Schulz a motivare questa assegnazione).
E non a caso Bergoglio, nel suo discorso, ha chiesto all’Europa di spalancare le frontiere alla marea migratoria esaltando proprio quel “multiculturalismo” che di solito è una maschera del relativismo, spesso dell’odio anticristiano e soprattutto è la porta spalancata all’islamizzazione.
Infatti Benedetto XVI, nel suo dialogo con Marcello Pera intitolato “Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam” dice:
“La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie”.
E’ questa rinuncia alla sua identità e ai suoi valori che ha fatto invecchiare l’Europa e la rende un fragile vaso di coccio oggi nella competizione internazionale.
Ratzinger spiegava:
“C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere”.
Benedetto è stato spazzato via. Oggi il cuore stesso d’Europa, Bruxelles, è più islamico che cristiano, l’Europa è “disarmata” come una “terra di nessuno” dove chiunque può sbarcare (come dice il recente rapporto dell’Europol) e, in barba alle dichiarazioni buoniste, l’Ue si arrende addirittura alla Turchia pur di fermare temporaneamente l’invasione.
Miope autolesionismo. Un’Europa in mano a queste assurde tecnocrazie e senza solide radici cristiane non ha alcun futuro.
Antonio Socci
Da “Libero”, 7 maggio 2016
Sito: “Lo Straniero” Twitter: @Antonio Socci1
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
http://www.lamadredellachiesa.it/premio-carlomagno-francesco-contro-le-radici-giudaico-cristiane-deuropa-di-antonio-socci/
L’attribuzione del Premio Carlo Magno a papa Bergoglio induce all’ilarità. Sarebbe come attribuire un Premio San Tommaso d’Aquino a Eugenio Scalfari. Com’era prevedibile il papa argentino – dopo aver cestinato le “radici cristiane dell’Europa” e i “principi non negoziabili” che sono alla base della civiltà europea – ha proclamato il suo unico “principio non negoziabile”: l’immigrazione. E, con essa, l’affondamento dell’Europa.
Del resto – in barba al titolo del premio – la fallimentare Europa tecnocratica e laicista (cioè a guida tedesca e francese) ha, già da tempo, rinnegato Carlo Magno e il Sacro Romano Impero, cioè la cultura cristiana che ha costruito l’Europa dei popoli.
Bergoglio ha invitato a far memoria del passato, ma lui è a digiuno di storia. Infatti ha ripetuto la solita solfa sul dovere di “costruire ponti e abbattere muri”, ignorando che l’Europa è nata letteralmente dalla costruzione di solide mura di confine, difese per millenni con la spada.
MURI PER DIFENDERSI DALL’ISLAM
I Franchi costruirono il primo nucleo del loro regno e del Sacro Romano Impero proprio quando, a Poitiers, nel 732 dC, fecero muro per fermare la prima invasione islamica che dalla Spagna cercava di conquistare l’Europa.
Carlo Martello vinse grazie all’aiuto di Visigoti, Bavari, Alemanni, Sassoni e Gepidi.
Era il primo muro di difesa europea della nascente civiltà che stava prendendo forma nei monasteri benedettini, dove si salvavano e si tramandavano i tesori della cultura greca, giudaico-cristiana e latina e si faceva rinascere il lavoro, l’agricoltura e l’economia.
A parte le battaglie di Carlo Magno sui Pirenei, l’Europa, continuamente saccheggiata da scorrerie saracene, si salvò perché negli altri due, colossali, tentativi di invasione musulmana, gli europei fecero ancora muro e vinsero.
A Lepanto nel 1571 grazie alla flotta della Lega Santa promossa da papa Pio V (a quel tempo i papi difendevano la cristianità dall’islamizzazione, mentre quello odierno vuole abbattere le frontiere e favorire l’invasione).
La terza volta in cui fu scongiurata l’invasione islamica dell’Europa fu nel 1683, sotto le (solide) mura di Vienna.
L’Impero Ottomano aveva già conquistato l’impero romano d’oriente, devastando la millenaria Bisanzio e avanzando, con 140 mila uomini, su per i Balcani fino a Vienna.
Se fossero cadute le sue mura l’Europa sarebbe stata invasa e islamizzata. Ma un esercito cristiano (metà di quello ottomano), guidato dal re polacco Giovanni III Sobiesky e formato da austriaci, polacchi, italiani, franconi, sassoni, svevi e bavaresi, vinse e l’Europa fu salva per la terza volta.
Altrimenti oggi saremmo tutti turchi, come a Bisanzio che è diventata Istanbul. E la Basilica di San Pietro sarebbe una moschea com’è accaduto a Santa Sofia.
A dirla tutta – ma Bergoglio lo ignora – l’Europa è nata, fin dalla sua lontana origine greca, proprio costruendo un muro invalicabile rispetto alla debordante invasione orientale.
MURA CONTRO I PERSIANI
Infatti l’Europa non esiste da sempre. Mentre tutti gli altri continenti sono entità geografiche definite, essa – che è un’appendice dell’Asia – nasce solo da un’identità culturale.
La sua culla sono state piccole città greche come Mileto dove alcuni, a cominciare da Talete (VII secolo aC), presero a riflettere sull’essere, sul Logos (la ragione) e sull’arché (il principio).
L’ethos del pensiero, della ricerca sulla verità e sull’essere, fu il primo germe dell’uomo europeo che poi sbocciò con Socrate e Aristotele.
Ma il bocciolo rischiò di essere subito travolto dall’oriente asiatico. L’Impero persiano – con la sua oscura cultura dei miti, delle inquietanti cosmogonie e delle opprimenti teocrazie – stava per divorarsi tutto l’occidente.
La scintilla della rivolta antipersiana nel 490 aC brillò proprio a Mileto e prima a Maratona, poi alle Termopili, infine a Salamina, pochi valorosi combattenti greci respinsero l’immane potenza persiana.
Grazie a questo muro umano poté fiorire il primo germe d’Europa, poi esaltato da Roma, dalla civiltà giuridica del suo impero mediterraneo e infine abbracciato e reso fecondo dall’annuncio cristiano arrivato, ad Atene e Roma, con gli apostoli Pietro e Paolo che provenivano da Gerusalemme. Questa è l’Europa.
Solo da una città che ha solide mura e chiara identità si possono costruire ponti.
Infatti questa cristianità europea poi portò la speranza cristiana dell’immortalità in tutti i continenti e insieme portò la libertà, la dignità umana e la razionalità. La quale ha partorito la tecnologia, la scienza e il benessere economico.
IL MALE
Ma dal rinnegamento di queste radici è nato anche il male, cioè i totalitarismi che hanno insanguinato l’Europa e il mondo del Novecento.
Sulle loro macerie, però, dal 1945, la pace, la prosperità e l’unità europea sono tornate grazie a statisti cattolici come Schuman, De Gasperi e Adenauer che riportarono i loro popoli alle radici cristiane (tutti e tre hanno la causa di beatificazione in corso o in via di apertura).
Dopo la caduta del Muro di Berlino dell’89 ha invece prevalso una tecnocrazia europea laicista che di nuovo ha spazzato via quelle radici sostituendole con la moneta unica e con politiche devastanti.
I grandi pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno lanciato l’allarme contro questa deriva nichilista e tecnocratica, una vera “dittatura del relativismo” che rischia di partorire nuovi mostri.
Se l’Europa avesse voluto ritrovare le sue radici e con esse l’energia di rinascere, li avrebbe ascoltati.
Ma non l’ha fatto. Infatti nessun premio Carlo Magno è stato dato a Benedetto XVI, che è stato un vero gigante del pensiero europeo (basterebbe il suo storico discorso di Ratisbona).
L’oligarchia progressista tedesca (a partire dai vescovi teutonici) detestava Ratzinger.
LE TENEBRE DI BERGOGLIO
Oggi che l’Europa è allo sbando, in crisi, invecchiata, ha reciso le sue radici, viene invasa ed è affossata da una tecnocrazia fallimentare, il Premio è stato giustamente assegnato al simbolo perfetto dello smarrimento spirituale dell’Europa: l’argentino Bergoglio, il paladino dell’invasione, colui che più spinge per l’affondamento dell’antica Europa (sono stati Jean-Claude Juncker e Martin Schulz a motivare questa assegnazione).
E non a caso Bergoglio, nel suo discorso, ha chiesto all’Europa di spalancare le frontiere alla marea migratoria esaltando proprio quel “multiculturalismo” che di solito è una maschera del relativismo, spesso dell’odio anticristiano e soprattutto è la porta spalancata all’islamizzazione.
Infatti Benedetto XVI, nel suo dialogo con Marcello Pera intitolato “Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam” dice:
“La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie”.
E’ questa rinuncia alla sua identità e ai suoi valori che ha fatto invecchiare l’Europa e la rende un fragile vaso di coccio oggi nella competizione internazionale.
Ratzinger spiegava:
“C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere”.
Benedetto è stato spazzato via. Oggi il cuore stesso d’Europa, Bruxelles, è più islamico che cristiano, l’Europa è “disarmata” come una “terra di nessuno” dove chiunque può sbarcare (come dice il recente rapporto dell’Europol) e, in barba alle dichiarazioni buoniste, l’Ue si arrende addirittura alla Turchia pur di fermare temporaneamente l’invasione.
Miope autolesionismo. Un’Europa in mano a queste assurde tecnocrazie e senza solide radici cristiane non ha alcun futuro.
Antonio Socci
Da “Libero”, 7 maggio 2016
Sito: “Lo Straniero” Twitter: @Antonio Socci1
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
http://www.lamadredellachiesa.it/premio-carlomagno-francesco-contro-le-radici-giudaico-cristiane-deuropa-di-antonio-socci/
Carlo Magno "in lui non c'erano tracce di pacifismo ne' di buonismo semmai la consapevolezza della missione storica da lui incarnata"
Dite al Papa che Carlo Magno fermò i musulmani…
Ah, chissà che ne avrebbe pensato Papa Leone III, colui che incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero, del premio dedicato a Carlo Magno, e consegnato quest’anno a Papa Francesco.
Cioè il riconoscimento col nome dell’imperatore che incarnò efficacemente la sintesi della tradizione romana e di quella cristiana come ingredienti essenziali dell’Occidente europeo e che lottò contro la minaccia islamica, scongiurando l’invasione del continente e subendo anche dolorose sconfitte contro i Mori come quella di Roncisvalle (da cui si alimentò poi l’epopea letteraria della Chanson de Roland del miles christianus che si immola nella lotta contro i saraceni), viene attribuito alpontefice che, più di tutti nell’ultimo secolo, predica l’integrazione con il mondo islamico, la necessità di accogliere e mescolare le diverse civiltà, suggerendo il modello di unasocietà multiculturale e multiculti, in cui dobbiamo solo farci contaminare senza difendere chi siamo.
Ecco, vorremmo davvero capire che ci azzecca assegnare questo premio, conferito peraltro proprio dalla città diAquisgrana, allora capitale del Sacro Romano Impero, a Papa Francesco «in tributo al Suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori».
Non c’erano tracce di pacifismo né di buonismo in Carlo Magno, semmai la consapevolezza della missione storica da lui incarnata e da portare avanti, con l’uso delle armi e con la fioritura delle arti. C’era il senso di una grandezza europea da far risorgere e da tutelare, dai nemici interni e soprattutto esterni.
C’era la necessità di non far soccombere il continente all’invasione, con la presa d’atto che cedere allora avrebbe significato l’islamizzazione dell’Europa e un destino di subalternità per l’Occidente da quel momento in avanti.
Carlo Magno (e chi lottò contro i Mori prima di lui) allora ci salvò, e lo fece sulla base di un’identità che andava preservatae non contaminata, che non prevedeva accoglienza, ma semmai scontro, e animata da una tradizione che non poteva essere rinnegata né svenduta al nemico.
Il fiero senso della grandezza di una civiltà.
Sapeva, Carlo Magno, che la sopravvivenza dell’Occidente passava dalla difesa dei suoi baluardi e della sua storia, e non dalla “capacità di integrare, dialogare”, come predica oggi Papa Francesco, o addirittura di promuovere “un’identità dinamica e multiculturale”.
Né si sognava, Carlo Magno, un’Europa “chiamata a diventaremodello di nuove sintesi e dialogo”, che “portasse impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure”.
Avesse ragionato così, l’imperatore, l’Europa sarebbe stata bell’e invasa nel IX secolo, e oggi avremmo un continente pieno di muezzin e moschee e donne velate, altro che dialogo e apertura alle altre culture…
Dovunque l’islam ha attecchito, non ha mai cercatol’integrazione e il confronto, la sintesi e l’incontro, ma sempre si è imposto, sostituendosi alle civiltà precedenti, anzi resettandole, facendone terra bruciata.
Ci vorrebbe allora un discorso come quello di Ratisbona diPapa Ratzinger che sottolinei l’inconciliabilità della violenza con la fede e soprattutto con una fede animata dalla ragione, come è quella occidentale; e ribadisca i torti storici dell’islamnell’abbinare libro e spada, facendo l’uno ispiratore della seconda.
E ci vorrebbe pertanto un discorso che esalti la forza dell’Europa – dopo i suoi errori storici e dilanianti conflitti di religione interni – di emanciparsi da quel modello teocratico, promuovendo un’ideale di società laica; ma che allo stesso tempo la inviti a non dimenticarsi della storia e della fede che intesse le sue radici (per credenti e non) e a recuperare l’orgoglio della propria appartenenza, con la capacità unica al mondo di abbinare libertà e identità.
È questo che ci rende diversi.
È questo spirito che dovrebbe nutrire l’assegnazione del premio Carlo Magno. Ed è questa cornice di valori che rende il destinatario di quel riconoscimento completamente inappropriato.
No, forse neanche Leone III avrebbe apprezzato la scelta di darlo a Papa Francesco…
Dite al Papa che Carlo Magno fermò i musulmani…
Ah, chissà che ne avrebbe pensato Papa Leone III, colui che incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero, del premio dedicato a Carlo Magno, e consegnato quest’anno a Papa Francesco.
Cioè il riconoscimento col nome dell’imperatore che incarnò efficacemente la sintesi della tradizione romana e di quella cristiana come ingredienti essenziali dell’Occidente europeo e che lottò contro la minaccia islamica, scongiurando l’invasione del continente e subendo anche dolorose sconfitte contro i Mori come quella di Roncisvalle (da cui si alimentò poi l’epopea letteraria della Chanson de Roland del miles christianus che si immola nella lotta contro i saraceni), viene attribuito alpontefice che, più di tutti nell’ultimo secolo, predica l’integrazione con il mondo islamico, la necessità di accogliere e mescolare le diverse civiltà, suggerendo il modello di unasocietà multiculturale e multiculti, in cui dobbiamo solo farci contaminare senza difendere chi siamo.
Ecco, vorremmo davvero capire che ci azzecca assegnare questo premio, conferito peraltro proprio dalla città diAquisgrana, allora capitale del Sacro Romano Impero, a Papa Francesco «in tributo al Suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori».
Non c’erano tracce di pacifismo né di buonismo in Carlo Magno, semmai la consapevolezza della missione storica da lui incarnata e da portare avanti, con l’uso delle armi e con la fioritura delle arti. C’era il senso di una grandezza europea da far risorgere e da tutelare, dai nemici interni e soprattutto esterni.
C’era la necessità di non far soccombere il continente all’invasione, con la presa d’atto che cedere allora avrebbe significato l’islamizzazione dell’Europa e un destino di subalternità per l’Occidente da quel momento in avanti.
Carlo Magno (e chi lottò contro i Mori prima di lui) allora ci salvò, e lo fece sulla base di un’identità che andava preservatae non contaminata, che non prevedeva accoglienza, ma semmai scontro, e animata da una tradizione che non poteva essere rinnegata né svenduta al nemico.
Il fiero senso della grandezza di una civiltà.
Sapeva, Carlo Magno, che la sopravvivenza dell’Occidente passava dalla difesa dei suoi baluardi e della sua storia, e non dalla “capacità di integrare, dialogare”, come predica oggi Papa Francesco, o addirittura di promuovere “un’identità dinamica e multiculturale”.
Né si sognava, Carlo Magno, un’Europa “chiamata a diventaremodello di nuove sintesi e dialogo”, che “portasse impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure”.
Avesse ragionato così, l’imperatore, l’Europa sarebbe stata bell’e invasa nel IX secolo, e oggi avremmo un continente pieno di muezzin e moschee e donne velate, altro che dialogo e apertura alle altre culture…
Dovunque l’islam ha attecchito, non ha mai cercatol’integrazione e il confronto, la sintesi e l’incontro, ma sempre si è imposto, sostituendosi alle civiltà precedenti, anzi resettandole, facendone terra bruciata.
Ci vorrebbe allora un discorso come quello di Ratisbona diPapa Ratzinger che sottolinei l’inconciliabilità della violenza con la fede e soprattutto con una fede animata dalla ragione, come è quella occidentale; e ribadisca i torti storici dell’islamnell’abbinare libro e spada, facendo l’uno ispiratore della seconda.
Avesse ragionato così, l’imperatore, l’Europa sarebbe stata bell’e invasa nel IX secolo, e oggi avremmo un continente pieno di muezzin e moschee e donne velate, altro che dialogo e apertura alle altre culture…
Dovunque l’islam ha attecchito, non ha mai cercatol’integrazione e il confronto, la sintesi e l’incontro, ma sempre si è imposto, sostituendosi alle civiltà precedenti, anzi resettandole, facendone terra bruciata.
Ci vorrebbe allora un discorso come quello di Ratisbona diPapa Ratzinger che sottolinei l’inconciliabilità della violenza con la fede e soprattutto con una fede animata dalla ragione, come è quella occidentale; e ribadisca i torti storici dell’islamnell’abbinare libro e spada, facendo l’uno ispiratore della seconda.
E ci vorrebbe pertanto un discorso che esalti la forza dell’Europa – dopo i suoi errori storici e dilanianti conflitti di religione interni – di emanciparsi da quel modello teocratico, promuovendo un’ideale di società laica; ma che allo stesso tempo la inviti a non dimenticarsi della storia e della fede che intesse le sue radici (per credenti e non) e a recuperare l’orgoglio della propria appartenenza, con la capacità unica al mondo di abbinare libertà e identità.
È questo che ci rende diversi.
È questo spirito che dovrebbe nutrire l’assegnazione del premio Carlo Magno. Ed è questa cornice di valori che rende il destinatario di quel riconoscimento completamente inappropriato.
No, forse neanche Leone III avrebbe apprezzato la scelta di darlo a Papa Francesco…
Kalergi, Comenius e Saint-Yves- i Padri del ‘Nuovo Dis-Ordine Europeo’
A cura di Don Curzio Nitoglia
COMENIUS, SAINT-YVES E KALERGI
I PADRI DEL “NUOVO DIS-ORDINE EUROPEO”
I
Johann Valentin Andreae e Jan Amos Kominsky detto Comenius
(XVI-XVII secolo)
Kominsky
Comenius (Niwnitz in Moravia 28 marzo 1592 – Amsterdam 15 novembre 1670) ha gettato le fondamenta del “Nuovo dis-Ordine Mondiale”, che deve passare per la distruzione della “Vecchia Europa” ancora troppo ricca di cultura metafisica greca, di filosofia morale romana e di patristica/scolastica cristiana per poter essere trasformata in una “landa deserta”, globalizzata, omologata, impoverita e appiattita sotto la guida degli Stati Uniti d’America.
Egli discendeva da una famiglia della setta protestante anti-trinitaria dei Fratelli Boemi, che nel 1575 prese il nome di Fratelli Moravi (risiedenti nell’attuale Cecoslovacchia) dispersi in seguito in Polonia, poi divenne membro dei Rosacroce (una setta segreta, panteistica di derivazione cabalistica, protestantica e madre della massoneria) si spostò in Germania, in Inghilterra, in Svezia, ritornò in Polonia e finì la sua vita in Olanda ove fu pubblicata la sua Opera Omnia nel 1657 ad Amsterdam, di cui è parte cospicua la Didactica magna composta tra il 1633-38.
Johann Valentin Andreae
Suo padre spirituale fu Johann Valentin Andreae (Herrenberg in Germania 1586 – 1654) uno dei fondatori dei Rosacroce, nato da una famiglia di alchimisti, occultisti, falsi mistici protestanti (Eckhart e Ruysbroeck) specialmente melantoniani, insegnanti all’università di Tubinga.
Nel 1632 Johann Valentin Andreae ammalato e stanco elesse Comenius come suo successore nell’opera di espansione della sinarchia mondialista anti-cattolica romana.
Infatti Comenio voleva unificare a livello mondiale l’istruzione scolastica; coordinare i governi nazionali in una istituzione super-nazionale; riunire pan-ecumenicamente le chiese cristiane e le religioni a-cristiane all’insegna di un “cristianesimo” (di nome) pluralista, relativista, tollerante e modernistico. In breve voleva la realizzazione del piano giudaico/massonico del dominio universale mediante l’edificazione di una Repubblica e un Tempio Universali.
Comenius nel suo scritto Consultatio de rerum humanarum emendazione, pars VI, Panorthosia (Amsterdam, 1644) – in cui si rifà all’opera del suo maestro J. V. Andreae, Descriptio de republica cosmopolita del 1619 – perfezionato dal suo ultimo libro Lux ex tenebris (Amsterdam, 1657), annunzia chiaramente il piano sinarchico della distruzione della Chiesa romana e del Papato ad opera dei popoli nordici, ossia luterani e di quelli islamici ottomani, passando prima attraverso la dissoluzione del S. Impero Romano Austriaco (v. 1a guerra mondiale) per giungere al Nuovo Ordine Mondiale: ordo a caos, oppure lux ex tenebris, come dicono i massoni.
Purtroppo il piano delle setta comeniana è penetrato nel Santuario e nelle menti degli uomini della Chiesa romana con il Concilio Vaticano II e con il post-concilio. Infatti il 16 aprile 1993 il Pontificio Consiglio della Cultura, durante un simposio internazionale intitolato “L’eredità di Comenius, bilancio di un centenario”, per bocca del suo Presidente il cardinal Paul Pouppard dichiarò: “Comenius è stato il pioniere di una nuova educazione dell’uomo per l’uomo” (Esprit et Vie, 13 maggio 1993).
Purtroppo con il Pontificato di Francesco I (2013) il male si è aggravato notevolmente e si fanno ogni dì proclami pastorali da parte del Papa (come dottore privato) e delle Conferenza Episcopale Italiana (v. le esternazioni di monsignor Galantino e del cardinal Bagnasco dell’agosto 2015) non solo per l’accoglienza dell’immigrazione di massa dei musulmani che vengono dall’Africa, ma anche della loro integrazione, ossia della nostra omologazione ai loro costumi, come vedremo oltre.
Kominsky
Comenius (Niwnitz in Moravia 28 marzo 1592 – Amsterdam 15 novembre 1670) ha gettato le fondamenta del “Nuovo dis-Ordine Mondiale”, che deve passare per la distruzione della “Vecchia Europa” ancora troppo ricca di cultura metafisica greca, di filosofia morale romana e di patristica/scolastica cristiana per poter essere trasformata in una “landa deserta”, globalizzata, omologata, impoverita e appiattita sotto la guida degli Stati Uniti d’America.
Egli discendeva da una famiglia della setta protestante anti-trinitaria dei Fratelli Boemi, che nel 1575 prese il nome di Fratelli Moravi (risiedenti nell’attuale Cecoslovacchia) dispersi in seguito in Polonia, poi divenne membro dei Rosacroce (una setta segreta, panteistica di derivazione cabalistica, protestantica e madre della massoneria) si spostò in Germania, in Inghilterra, in Svezia, ritornò in Polonia e finì la sua vita in Olanda ove fu pubblicata la sua Opera Omnia nel 1657 ad Amsterdam, di cui è parte cospicua la Didactica magna composta tra il 1633-38.
Johann Valentin Andreae
Suo padre spirituale fu Johann Valentin Andreae (Herrenberg in Germania 1586 – 1654) uno dei fondatori dei Rosacroce, nato da una famiglia di alchimisti, occultisti, falsi mistici protestanti (Eckhart e Ruysbroeck) specialmente melantoniani, insegnanti all’università di Tubinga.
Nel 1632 Johann Valentin Andreae ammalato e stanco elesse Comenius come suo successore nell’opera di espansione della sinarchia mondialista anti-cattolica romana.
Infatti Comenio voleva unificare a livello mondiale l’istruzione scolastica; coordinare i governi nazionali in una istituzione super-nazionale; riunire pan-ecumenicamente le chiese cristiane e le religioni a-cristiane all’insegna di un “cristianesimo” (di nome) pluralista, relativista, tollerante e modernistico. In breve voleva la realizzazione del piano giudaico/massonico del dominio universale mediante l’edificazione di una Repubblica e un Tempio Universali.
Infatti Comenio voleva unificare a livello mondiale l’istruzione scolastica; coordinare i governi nazionali in una istituzione super-nazionale; riunire pan-ecumenicamente le chiese cristiane e le religioni a-cristiane all’insegna di un “cristianesimo” (di nome) pluralista, relativista, tollerante e modernistico. In breve voleva la realizzazione del piano giudaico/massonico del dominio universale mediante l’edificazione di una Repubblica e un Tempio Universali.
Comenius nel suo scritto Consultatio de rerum humanarum emendazione, pars VI, Panorthosia (Amsterdam, 1644) – in cui si rifà all’opera del suo maestro J. V. Andreae, Descriptio de republica cosmopolita del 1619 – perfezionato dal suo ultimo libro Lux ex tenebris (Amsterdam, 1657), annunzia chiaramente il piano sinarchico della distruzione della Chiesa romana e del Papato ad opera dei popoli nordici, ossia luterani e di quelli islamici ottomani, passando prima attraverso la dissoluzione del S. Impero Romano Austriaco (v. 1a guerra mondiale) per giungere al Nuovo Ordine Mondiale: ordo a caos, oppure lux ex tenebris, come dicono i massoni.
Purtroppo il piano delle setta comeniana è penetrato nel Santuario e nelle menti degli uomini della Chiesa romana con il Concilio Vaticano II e con il post-concilio. Infatti il 16 aprile 1993 il Pontificio Consiglio della Cultura, durante un simposio internazionale intitolato “L’eredità di Comenius, bilancio di un centenario”, per bocca del suo Presidente il cardinal Paul Pouppard dichiarò: “Comenius è stato il pioniere di una nuova educazione dell’uomo per l’uomo” (Esprit et Vie, 13 maggio 1993).
Purtroppo con il Pontificato di Francesco I (2013) il male si è aggravato notevolmente e si fanno ogni dì proclami pastorali da parte del Papa (come dottore privato) e delle Conferenza Episcopale Italiana (v. le esternazioni di monsignor Galantino e del cardinal Bagnasco dell’agosto 2015) non solo per l’accoglienza dell’immigrazione di massa dei musulmani che vengono dall’Africa, ma anche della loro integrazione, ossia della nostra omologazione ai loro costumi, come vedremo oltre.
II
Saint-Yves d’Alveydre (XIX secolo)
Alexandre Saint-Yves d’Alveydre (Parigi 1842 – Versailles 1909) è stato il grande iniziato e continuatore del piano sinarchico rosacrociano e comeniano.
Figlio di un medico, venne nominato marchese nel 1880 dopo aver sposato nel 1870 la contessa Keller di origine triestina e israelita e poté, così, conoscere la noblèsse di tutta Europa. Egli più che un filosofo è un depositario, continuatore e volgarizzatore delle dottrine comeniane.
Ebbe, tuttavia, l’intuizione di esprimere esplicitamente e con maggior insistenza il ruolo predominante che avrebbe dovuto svolgere Israele nella costruzione del futuro Nuovo Ordine Mondiale. Scrisse, infatti, un libro titolato Mission des Juifs nel 1882 (Paris, Calmann-Lévy, 1884; II ed. Paris, Editions Traditionelles, 1990, 2 voll.).
Inoltre progettò di allargare la sinarchia dall’Europa (con Londra, Parigi e Bruxelles come capitali) al Mondo intero, tramite la formazione di una Unione Europea con un Supergoverno transnazionale che unisse le varie chiese cristiane (tranne quella romana) in vista di una comunità economico/finanziaria dominata dal denaro delle grandi banche. In breve occorreva formare al di sopra delle Nazioni e delle Patrie un governo tecnico, di scienziati e di professori, di banchieri e di economisti e al di sopra della Chiesa romana un consiglio federale o democratico delle varie chiese nazionali dominate dalla Superchiesa, o meglio Controchiesa, la massoneria.
Saint-Yves d’Alveydre (XIX secolo)
Alexandre Saint-Yves d’Alveydre (Parigi 1842 – Versailles 1909) è stato il grande iniziato e continuatore del piano sinarchico rosacrociano e comeniano.
Figlio di un medico, venne nominato marchese nel 1880 dopo aver sposato nel 1870 la contessa Keller di origine triestina e israelita e poté, così, conoscere la noblèsse di tutta Europa. Egli più che un filosofo è un depositario, continuatore e volgarizzatore delle dottrine comeniane.
Ebbe, tuttavia, l’intuizione di esprimere esplicitamente e con maggior insistenza il ruolo predominante che avrebbe dovuto svolgere Israele nella costruzione del futuro Nuovo Ordine Mondiale. Scrisse, infatti, un libro titolato Mission des Juifs nel 1882 (Paris, Calmann-Lévy, 1884; II ed. Paris, Editions Traditionelles, 1990, 2 voll.).
Inoltre progettò di allargare la sinarchia dall’Europa (con Londra, Parigi e Bruxelles come capitali) al Mondo intero, tramite la formazione di una Unione Europea con un Supergoverno transnazionale che unisse le varie chiese cristiane (tranne quella romana) in vista di una comunità economico/finanziaria dominata dal denaro delle grandi banche. In breve occorreva formare al di sopra delle Nazioni e delle Patrie un governo tecnico, di scienziati e di professori, di banchieri e di economisti e al di sopra della Chiesa romana un consiglio federale o democratico delle varie chiese nazionali dominate dalla Superchiesa, o meglio Controchiesa, la massoneria.
III
Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi (XX secolo)
Nel Novecento tutto era pronto per rendere oramai pubblico l’antico piano segreto di Andreae e Comenius, ripreso da Saint-Yves nell’Ottocento. E fu Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi (Tokio 1894 – Vienna 1972) a realizzarlo ai nostri giorni.
Kalergi, nato a Tokio ove suo padre era ambasciatore ed aveva sposato una principessa giapponese, fondò a Vienna (ove visse pur essendo cittadino francese) nel 1922 il “Movimento Paneuropeo”. Egli si era laureato in filosofia a Vienna nel 1917, si era sposato nel medesimo anno con una famosa attrice di teatro (Ida Roland) di origini israelitiche ed aveva cominciato ad interessarsi al progetto del Mondialismo e della Globalizzazione a guida Statunitense sin dal 1919.
Occorreva innanzitutto partire dalla Vecchia Europa per farne una Nuova Europa Unita, la Paneuropa o la Magna Europa (come dicono oggi i teoconservatori italiani). Nel 1923 uscì il suo libro principale in cui esponeva il cosiddetto “Piano Kalergi”, che in realtà era quello dei Rosacroce e della giudeo/massoneria, intitolato Paneuropa (Vienna, Edizioni Paneuropa, 1923). A questo volume ne seguirono altri, che sostanzialmente ripetono lo stesso tema apportandovi delle modifiche e novità accidentali dovute all’evolversi dei tempi (R. Ch. Kalergi, J’ai choisì l’Europe, Paris, Plon, 1952; Id., Storia di Paneuropa, Milano, Edizioni Milano Nuova, s. d.). Nel 1947 fondò l’Unione Parlamentare Europea.
L’inizio della realizzazione del piano Kalergi (1914-1946)
Molte furono le personalità della stampa, dell’alta finanza e della politica europea e mondiale che aderirono al Movimento Paneuropa con sede a Vienna: i maggiori quotidiani statunitensi: New York Times e New York Herald Tribune; Winston Churchill (1874-1965) più volte Ministro dal 1908 al 1922, Primo Ministro dell’Inghilterra dal 1940 al 1945 e dal 1951 al 1955; Hjalmar Schacht (1877-1970) Presidente della banca Tedesca; Konrad Adenauer (1876-1967) fondatore della Democrazia Cristiana Tedesca e Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca dal 1949 al 1963; Robert Schumann (1886-1963) Primo Ministro francese dal 1947 al 1948 e fondatore della Democrazia Cristiana francese; Alcide De Gasperi (1881-1954), Segretario del Partito Popolare Italiano dal 1923 al 1925, poi Segretario della Democrazia Cristiana d’Italia dal 1944 al 1946, Primo Ministro dal 1945 al 1953, firmò il Trattato o il Diktat di Pace con gli Alleati nel 1947, fortemente criticato persino da Benedetto Croce; John Foster Dulles (1888-1959) Segretario di Stato degli Usa dal 1953 al 1959 sotto la presidenza Eisenhower; Edvard Benes (1884-1948) Ministro degli esteri della Repubblica Cecoslovacca dal 1918 al 1935, poi Presidente della Repubblica dal 1935 al 1938 e dal 1946 al 1948; Edouard Herriot (1872-1957) Primo Ministro della Francia dal 1924 al 1925 e nel 1932; Sigmund Freud (1856-1939) il fondatore della Psicoanalisi; Francesco Nitti (1868-1953) Primo Ministro dal 1919 al 1920; Benedetto Croce filosofo liberale, immanentista e Ministro del governo Badoglio di Salerno dal 1943 al 1945, deputato del Partito Liberale Italiano dal 1946 al 1948 (1866-1952).
Ultimi “dettagli” del piano Kalergi
Il Piano Kalergi consiste essenzialmente nella distruzione totale della Vecchia Europa, iniziata con la prima guerra mondiale, seguitata con la seconda e terminata con l’Europa Unita (2000) di Bruxelles e l’invasione di massa di milioni di musulmani provenienti dall’Africa (2015).
Kalergi aveva scritto che occorreva mischiare i popoli e le etnie europee con quelle asiatico/slave (ciò è avvenuto nel 1990 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II) e africane ( e nel 2013-15 sotto Francesco I).
Il kalergiano ex Direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) G. Brock Chisholm ha dichiarato: “tutti dovranno praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti in vista di creare una sola razza in un mondo unificato e dipendente da un’autorità centrale” (USA Magazine, 12 agosto 1955).
Le invasioni della Vecchia Europa da parte dei popoli dell’Est, degli slavi, degli asiatici e dei musulmani africani non è un fenomeno spontaneo, ma era stata progettata da Kalergi ed è stata realizzata dai «Padri fondatori» dell’Europa Unita (1945-1989) e poi ultimata dai «figli “deficienti”» dell’Europa oramai distrutta (1990-2015) con l’avallo degli uomini di Chiesa, che dal Vaticano II in poi hanno sposato la filosofia della modernità. Non si possono tacere gli appoggi e le aperture di Giovanni XXIII e Paolo VI al Rotary, alla Massoneria, al Bené Berith, all’Onu e l’attivazione pratica di Giovanni Paolo II e Francesco I a favore dell’invasione di massa dell’Italia e della Vecchia Europa occidentale a partire dell’Est e dal Continente nero. Contra factum non valet argumentum. È triste doverlo ammettere ma è così e per il principio evidente di non-contraddizione non lo si può negare. La Repubblica e il Tempio Universali hanno agito di pari passo come aveva progettato l’Alta Vendita: “la Rivoluzione in cappa e tiara, fatta dal clero sotto un Papa secondo i nostri bisogni”.
Il termine della realizzazione del piano Kalergi
Nel 2010 il Cancelliere Federale tedesco Angela Merkel è stato insignito del Premio Kalergi, nel 2012 il premio è toccato al Presidente del Consiglio Europeo Herman van Rompuy. Oramai il piano non è più segreto e i suoi esecutori sono premiati pubblicamente.
Assistiamo, perciò, umanamente impotenti all’invasione finale dell’Italia e dell’Europa ultimamente anche da parte della manovalanza dell’Isis, benedetta dai politici (tranne poche eccezioni), dagli intellettuali politicamente corretti, dai giornalisti di regime e soprattutto dagli uomini di Chiesa teologicamente corretti, anche qui con poche e rare eccezioni.
Conclusione
Come andrà a finire? Come in Siria, in Tunisia, in Libia. Solo il sangue dei martiri potrà cancellare questo delirio collettivo.
Noi, tuttavia, dobbiamo far quel che umanamente possiamo per impedire che ciò avvenga, ma soprattutto dobbiamo confidare nell’aiuto del Signore data l’imparità delle forze in campo, tenendo conto del cedimento e dell’arrendevolezza degli europei e dei loro capi nel subire o, addirittura, nel desiderare questo stato di cose: l’entrata del “cavallo di Troia” nella nostra terra coll’aggravante che ora Ulisse e i suoi soldati non sono nascosti nel ventre del cavallo, ma sono ben visibili a bordo degli scafi che noi andiamo a trainare e far attraccare sulle nostre coste e che i pochi Laoconte attuali sono derisi mentre ieri non erano presi in considerazione.
È pazzesco, ma è così. “C’è molta logica in questa follia” direbbe Shakespeare.
D’altronde un mondo che inizia con la folle affermazione di grandi filosofi secondo cui il pensiero crea la realtà (Cartesio, Kant, Hegel) non può non terminare nel delirio suicidario nichilistico (Nietzsche, Freud, Adorno, Marcuse, Sartre e sessantottini).
Stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato. Ora “chi semina vento raccoglie tempesta”. Quindi prepariamoci ad un terribile tsunami, un “Diluvio di fuoco” (S. Luigi Grignion de Montfort).
Più attuale che mai, in questi tristissimi frangenti, risuona alle nostre orecchie questa bella preghiera del cardinal Alfredo Ottaviani:
“Maria ai nostri tempi: la Società moderna è travagliata da una febbre di rinnovamento che fa paura ed è infestata da uomini che si prevalgono di tanta nostra sofferenza per costruirvi l’impero dei loro arbìtri, la tirannide dei loro vizi, il nido delle lussurie e delle rapine.
Mai il male ha assunto caratteristiche tanto vaste e apocalittiche, mai abbiamo conosciuto altrettanto pericolo. Da un’ora all’altra noi possiamo perdere non la vita soltanto, ma tutta la civiltà e ogni speranza.
Sembra che anche a noi il Signore dica ‘non è ancor giunta la mia ora ’, ma l’Immacolata, la Madre di Dio, la Vergine che è l’immagine e la tutela della Chiesa, Essa ci ha dato, già a Cana, la prova di saper e poter ottenere l’anticipo dell’ora di Dio.
E noi abbiamo bisogno che quest’ora venga presto, venga anticipata, venga resa immediata, poiché quasi potremmo dire: ‘O Madre, noi non ne possiamo più! ’.
Per i nostri peccati noi meritiamo gli ultimi eccidi, le più spietate esecuzioni. Noi abbiamo cacciato il suo Figlio dalle scuole e dalle officine, dai campi e dalle città, dalle vie e dalle case. L’abbiam cacciato dalle stesse chiese, abbiamo preferito Barabba.
È veramente l’ora di Barabba […]. Con tutto ciò, fiduciosi in Maria, sentiamo che è l’ora di Gesù, l’ora della redenzione […]. Dica Maria, come a Cana: ‘Non hanno più vino ’; e lo dica con la stessa potenza d’intercessione e, se Egli esita, se si nega, vinca le sue esitazioni come vince, per materna pietà, le nostre indegnità.
Sia Madre pietosa a noi, Madre imperiosa a Lui. Acceleri l’ora sua, che è l’ora nostra. Non ne possiamo più, o Maria.
L’umana generazione perisce, se tu non ti muovi. Parla per noi, o silenziosa, parla per noi, o Maria! ” .
d. Curzio Nitoglia doncurzionitoglia.net
Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi (XX secolo)
Nel Novecento tutto era pronto per rendere oramai pubblico l’antico piano segreto di Andreae e Comenius, ripreso da Saint-Yves nell’Ottocento. E fu Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi (Tokio 1894 – Vienna 1972) a realizzarlo ai nostri giorni.
Kalergi, nato a Tokio ove suo padre era ambasciatore ed aveva sposato una principessa giapponese, fondò a Vienna (ove visse pur essendo cittadino francese) nel 1922 il “Movimento Paneuropeo”. Egli si era laureato in filosofia a Vienna nel 1917, si era sposato nel medesimo anno con una famosa attrice di teatro (Ida Roland) di origini israelitiche ed aveva cominciato ad interessarsi al progetto del Mondialismo e della Globalizzazione a guida Statunitense sin dal 1919.
Occorreva innanzitutto partire dalla Vecchia Europa per farne una Nuova Europa Unita, la Paneuropa o la Magna Europa (come dicono oggi i teoconservatori italiani). Nel 1923 uscì il suo libro principale in cui esponeva il cosiddetto “Piano Kalergi”, che in realtà era quello dei Rosacroce e della giudeo/massoneria, intitolato Paneuropa (Vienna, Edizioni Paneuropa, 1923). A questo volume ne seguirono altri, che sostanzialmente ripetono lo stesso tema apportandovi delle modifiche e novità accidentali dovute all’evolversi dei tempi (R. Ch. Kalergi, J’ai choisì l’Europe, Paris, Plon, 1952; Id., Storia di Paneuropa, Milano, Edizioni Milano Nuova, s. d.). Nel 1947 fondò l’Unione Parlamentare Europea.
L’inizio della realizzazione del piano Kalergi (1914-1946)
Molte furono le personalità della stampa, dell’alta finanza e della politica europea e mondiale che aderirono al Movimento Paneuropa con sede a Vienna: i maggiori quotidiani statunitensi: New York Times e New York Herald Tribune; Winston Churchill (1874-1965) più volte Ministro dal 1908 al 1922, Primo Ministro dell’Inghilterra dal 1940 al 1945 e dal 1951 al 1955; Hjalmar Schacht (1877-1970) Presidente della banca Tedesca; Konrad Adenauer (1876-1967) fondatore della Democrazia Cristiana Tedesca e Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca dal 1949 al 1963; Robert Schumann (1886-1963) Primo Ministro francese dal 1947 al 1948 e fondatore della Democrazia Cristiana francese; Alcide De Gasperi (1881-1954), Segretario del Partito Popolare Italiano dal 1923 al 1925, poi Segretario della Democrazia Cristiana d’Italia dal 1944 al 1946, Primo Ministro dal 1945 al 1953, firmò il Trattato o il Diktat di Pace con gli Alleati nel 1947, fortemente criticato persino da Benedetto Croce; John Foster Dulles (1888-1959) Segretario di Stato degli Usa dal 1953 al 1959 sotto la presidenza Eisenhower; Edvard Benes (1884-1948) Ministro degli esteri della Repubblica Cecoslovacca dal 1918 al 1935, poi Presidente della Repubblica dal 1935 al 1938 e dal 1946 al 1948; Edouard Herriot (1872-1957) Primo Ministro della Francia dal 1924 al 1925 e nel 1932; Sigmund Freud (1856-1939) il fondatore della Psicoanalisi; Francesco Nitti (1868-1953) Primo Ministro dal 1919 al 1920; Benedetto Croce filosofo liberale, immanentista e Ministro del governo Badoglio di Salerno dal 1943 al 1945, deputato del Partito Liberale Italiano dal 1946 al 1948 (1866-1952).
Ultimi “dettagli” del piano Kalergi
Il Piano Kalergi consiste essenzialmente nella distruzione totale della Vecchia Europa, iniziata con la prima guerra mondiale, seguitata con la seconda e terminata con l’Europa Unita (2000) di Bruxelles e l’invasione di massa di milioni di musulmani provenienti dall’Africa (2015).
Kalergi aveva scritto che occorreva mischiare i popoli e le etnie europee con quelle asiatico/slave (ciò è avvenuto nel 1990 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II) e africane ( e nel 2013-15 sotto Francesco I).
Il kalergiano ex Direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) G. Brock Chisholm ha dichiarato: “tutti dovranno praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti in vista di creare una sola razza in un mondo unificato e dipendente da un’autorità centrale” (USA Magazine, 12 agosto 1955).
Le invasioni della Vecchia Europa da parte dei popoli dell’Est, degli slavi, degli asiatici e dei musulmani africani non è un fenomeno spontaneo, ma era stata progettata da Kalergi ed è stata realizzata dai «Padri fondatori» dell’Europa Unita (1945-1989) e poi ultimata dai «figli “deficienti”» dell’Europa oramai distrutta (1990-2015) con l’avallo degli uomini di Chiesa, che dal Vaticano II in poi hanno sposato la filosofia della modernità. Non si possono tacere gli appoggi e le aperture di Giovanni XXIII e Paolo VI al Rotary, alla Massoneria, al Bené Berith, all’Onu e l’attivazione pratica di Giovanni Paolo II e Francesco I a favore dell’invasione di massa dell’Italia e della Vecchia Europa occidentale a partire dell’Est e dal Continente nero. Contra factum non valet argumentum. È triste doverlo ammettere ma è così e per il principio evidente di non-contraddizione non lo si può negare. La Repubblica e il Tempio Universali hanno agito di pari passo come aveva progettato l’Alta Vendita: “la Rivoluzione in cappa e tiara, fatta dal clero sotto un Papa secondo i nostri bisogni”.
Il termine della realizzazione del piano Kalergi
Nel 2010 il Cancelliere Federale tedesco Angela Merkel è stato insignito del Premio Kalergi, nel 2012 il premio è toccato al Presidente del Consiglio Europeo Herman van Rompuy. Oramai il piano non è più segreto e i suoi esecutori sono premiati pubblicamente.
Assistiamo, perciò, umanamente impotenti all’invasione finale dell’Italia e dell’Europa ultimamente anche da parte della manovalanza dell’Isis, benedetta dai politici (tranne poche eccezioni), dagli intellettuali politicamente corretti, dai giornalisti di regime e soprattutto dagli uomini di Chiesa teologicamente corretti, anche qui con poche e rare eccezioni.
Conclusione
Come andrà a finire? Come in Siria, in Tunisia, in Libia. Solo il sangue dei martiri potrà cancellare questo delirio collettivo.
Noi, tuttavia, dobbiamo far quel che umanamente possiamo per impedire che ciò avvenga, ma soprattutto dobbiamo confidare nell’aiuto del Signore data l’imparità delle forze in campo, tenendo conto del cedimento e dell’arrendevolezza degli europei e dei loro capi nel subire o, addirittura, nel desiderare questo stato di cose: l’entrata del “cavallo di Troia” nella nostra terra coll’aggravante che ora Ulisse e i suoi soldati non sono nascosti nel ventre del cavallo, ma sono ben visibili a bordo degli scafi che noi andiamo a trainare e far attraccare sulle nostre coste e che i pochi Laoconte attuali sono derisi mentre ieri non erano presi in considerazione.
È pazzesco, ma è così. “C’è molta logica in questa follia” direbbe Shakespeare.
D’altronde un mondo che inizia con la folle affermazione di grandi filosofi secondo cui il pensiero crea la realtà (Cartesio, Kant, Hegel) non può non terminare nel delirio suicidario nichilistico (Nietzsche, Freud, Adorno, Marcuse, Sartre e sessantottini).
D’altronde un mondo che inizia con la folle affermazione di grandi filosofi secondo cui il pensiero crea la realtà (Cartesio, Kant, Hegel) non può non terminare nel delirio suicidario nichilistico (Nietzsche, Freud, Adorno, Marcuse, Sartre e sessantottini).
Stiamo raccogliendo ciò che abbiamo seminato. Ora “chi semina vento raccoglie tempesta”. Quindi prepariamoci ad un terribile tsunami, un “Diluvio di fuoco” (S. Luigi Grignion de Montfort).
Più attuale che mai, in questi tristissimi frangenti, risuona alle nostre orecchie questa bella preghiera del cardinal Alfredo Ottaviani:
“Maria ai nostri tempi: la Società moderna è travagliata da una febbre di rinnovamento che fa paura ed è infestata da uomini che si prevalgono di tanta nostra sofferenza per costruirvi l’impero dei loro arbìtri, la tirannide dei loro vizi, il nido delle lussurie e delle rapine.Mai il male ha assunto caratteristiche tanto vaste e apocalittiche, mai abbiamo conosciuto altrettanto pericolo. Da un’ora all’altra noi possiamo perdere non la vita soltanto, ma tutta la civiltà e ogni speranza.Sembra che anche a noi il Signore dica ‘non è ancor giunta la mia ora ’, ma l’Immacolata, la Madre di Dio, la Vergine che è l’immagine e la tutela della Chiesa, Essa ci ha dato, già a Cana, la prova di saper e poter ottenere l’anticipo dell’ora di Dio.E noi abbiamo bisogno che quest’ora venga presto, venga anticipata, venga resa immediata, poiché quasi potremmo dire: ‘O Madre, noi non ne possiamo più! ’.Per i nostri peccati noi meritiamo gli ultimi eccidi, le più spietate esecuzioni. Noi abbiamo cacciato il suo Figlio dalle scuole e dalle officine, dai campi e dalle città, dalle vie e dalle case. L’abbiam cacciato dalle stesse chiese, abbiamo preferito Barabba.È veramente l’ora di Barabba […]. Con tutto ciò, fiduciosi in Maria, sentiamo che è l’ora di Gesù, l’ora della redenzione […]. Dica Maria, come a Cana: ‘Non hanno più vino ’; e lo dica con la stessa potenza d’intercessione e, se Egli esita, se si nega, vinca le sue esitazioni come vince, per materna pietà, le nostre indegnità.Sia Madre pietosa a noi, Madre imperiosa a Lui. Acceleri l’ora sua, che è l’ora nostra. Non ne possiamo più, o Maria.L’umana generazione perisce, se tu non ti muovi. Parla per noi, o silenziosa, parla per noi, o Maria! ” .
d. Curzio Nitoglia doncurzionitoglia.net
Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi era un conte austriaco consideratopioniere dell’integrazione europea. nato a Tokio nel 1894 e morto nel 1972. Nel 1923 scrive il suo primo libro, che guarda caso si chiama “Pan-Europa“. Lo manda a tutte le persone più influenti e allega ad ogni copia un modulo di adesione. Oggi lo chiameremmo spam. Così nasce il Movimento Pan-Europeo. Che non era mica il circolo del bridge: dentro c’era gente come Albert Einstein, Thomas Mann e Sigmund Freud.
Kalergi voleva una grande nazione europea che venerasse Napoleone, Mazzini, Victor Hugo, Kant, Nietzsche, gente così insomma… Ma era unelitista, seguace di quella teoria secondo cui le masse sono confuse, allo sbando, incapaci di darsi una direzione, e in questo caos hanno buon gioco le minoranze potenti e ben organizzate. La stessa teoria di cui sono convinti personaggi come Mario Monti (ricorderete che fu a capo dellaCommissione Trilaterale, il cui primo studio era quel “Crisis of Democracy” che sosteneva, appunto, che le masse devono restare in apnea), le cui convinzioni si traducono in presidenti del consiglio e governi che cambiano senza elezioni e in frasi come “al riparo dal processo elettorale” (se vuoi sapere cosa significa, leggi il post). Quindi Kalergi non poteva che ambire auna società che sostituisse la democrazia con una aristocrazia illuminata.
Obiettivo centrato, direi! Del resto, chi poteva finanziare il suo movimento se non un banchiere, Max Warburg, che gli era stato presentato dal barone Ludwig Nathaniel Freiherr von Rothschild? E, ironia della sorte, i Kalergi erano greci! Per la precisione, di Creta. Ma sentite questa: un antenato del nostro conte, nel 300, firmò un trattato per la sottomissione di Creta al dominio veneziano. Si comincia bene! Per questo Monti un giorno dirà che “la Grecia è il più grande successo dell’euro“: perché, da un’isola, sono passati a sottomettere uno Stato intero.
A dire il vero, Kalergi voleva anche una pan-America, una pan-Eurasia (con dentro la Russia), una unione pan-asiatica che comprendesse Cina e Giappone e dominasse sul Pacifico, e voleva perfino una pan-ideologia (un misto tra capitalismo e comunismo che, se volete, si è realizzato nei parlamenti nazionali con quell’illusione del bipolarismo già perseguita con ilPiano di Rinascita Democratica e concretizzatasi con il Pd renziano) e un’unica pan-lingua, l’inglese, da parlarsi in tutta Europa accanto agli idiomi nazionali. Riuscì peraltro a convincere molti leader politici dell’epoca, gente del calibro di Konrad Adenauer, Robert Schuman (cui non a caso è intestato un building del Parlamento Europeo), Alcide De Gasperi, Winston Churchill. Non ebbe molta fortuna con Benito Mussolini né con un tale di nome Adolf Hitler, che lo guardava con ribrezzo e considerava il suo piano un piano massonico.
Fu Kalergi a lanciare l’idea degli Stati Uniti d’Europa: Altiero Spinelli venne molto dopo. Fu Kalergi, nel 1955, a proporre l’Inno alla Gioia di Beethoven (dalla nona sinfonia) come inno ufficiale dell’Unione Europea, che in seguito venne adottato. Fu Kalergi, aiutato da Robert Schuman, ministro degli esteri francese, ad assegnare la gestione della produzione di acciaio, ferro e carbone ad una sovranità sovranazionale, sotto la direzione dei primi euroburocrati non eletti da nessuno: i famosi commissari europei. Fu Kalergi a mandare i primi memorandum ai governi di Italia, Francia, Germania e Regno Unito, negli anni ’60, perché adottassero una unione monetaria. E per non farsi mancare niente, nel libro “Practical Idealism” il conte traccia anche l’idea di Europa che aveva in mente dal punto di vista demografico. E dice:“L’uomo del futuro sarà di razza mista. Le razze e le classi di oggi gradualmente scompariranno” e ci sarà un’unica “razza euroasiatico-negroide, simile in apparenza agli antichi egizi”, che sostituirà i popoli con gli individui. Questo, nelle intenzioni del conte, avrebbe dovuto portare a una maggiore governabilità delle masse, sempre secondo i principi dell’elitismo di cui sopra (la democrazia non esiste poiché il popolo non ha le capacità di autogovernarsi e nel momento in cui si organizza esso porta automaticamente un’élite a prendere il potere).
Si può dire che il Piano Kalergi ha avuto successo praticamente in tutto. O perlomeno i suoi discepoli stanno procedendo a grande velocità verso la sua finalizzazione (Draghi che chiede l’unione bancaria e nuove cessioni di sovranità; la Boldrini che chiede l’accelerazione degli Stati Uniti d’Europa, Mattarella che discute di cessione della sovranità fiscale), ma cosa ne è delle teorie del conte sulla questione razziale?
Abbiamo degli indizi. Quindici anni fa uno studio dell’Onu introduce il concetto di “immigrazione di rimpiazzo” che porta al centro del dibattito la necessità di sostituire (letteralmente) buona parte della popolazione europea con migranti, al fine – si dice – di compensare il calo delle nascite e garantire il sistema pensionistico. Massimo D’Alemainvoca 30 milioni di immigrati. Il sottosegretario Sandro Gozi rilancia con 40 milioni.Laura Boldrini dice che lo stile di vita dei migranti presto sarà il nostro. Nel frattempo,Angela Merkel apre le frontiere e mette al lavoro i siriani, la Repubblica Cecaassume 5 mila rifugiati…
Insomma, tutto fa pensare che anche sul tema immigrazione, presto il Piano Kalergi potrebbe trovare una sua attuazione definitiva.
Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi era un conte austriaco consideratopioniere dell’integrazione europea. nato a Tokio nel 1894 e morto nel 1972. Nel 1923 scrive il suo primo libro, che guarda caso si chiama “Pan-Europa“. Lo manda a tutte le persone più influenti e allega ad ogni copia un modulo di adesione. Oggi lo chiameremmo spam. Così nasce il Movimento Pan-Europeo. Che non era mica il circolo del bridge: dentro c’era gente come Albert Einstein, Thomas Mann e Sigmund Freud.
Kalergi voleva una grande nazione europea che venerasse Napoleone, Mazzini, Victor Hugo, Kant, Nietzsche, gente così insomma… Ma era unelitista, seguace di quella teoria secondo cui le masse sono confuse, allo sbando, incapaci di darsi una direzione, e in questo caos hanno buon gioco le minoranze potenti e ben organizzate. La stessa teoria di cui sono convinti personaggi come Mario Monti (ricorderete che fu a capo dellaCommissione Trilaterale, il cui primo studio era quel “Crisis of Democracy” che sosteneva, appunto, che le masse devono restare in apnea), le cui convinzioni si traducono in presidenti del consiglio e governi che cambiano senza elezioni e in frasi come “al riparo dal processo elettorale” (se vuoi sapere cosa significa, leggi il post). Quindi Kalergi non poteva che ambire auna società che sostituisse la democrazia con una aristocrazia illuminata.
Obiettivo centrato, direi! Del resto, chi poteva finanziare il suo movimento se non un banchiere, Max Warburg, che gli era stato presentato dal barone Ludwig Nathaniel Freiherr von Rothschild? E, ironia della sorte, i Kalergi erano greci! Per la precisione, di Creta. Ma sentite questa: un antenato del nostro conte, nel 300, firmò un trattato per la sottomissione di Creta al dominio veneziano. Si comincia bene! Per questo Monti un giorno dirà che “la Grecia è il più grande successo dell’euro“: perché, da un’isola, sono passati a sottomettere uno Stato intero.
A dire il vero, Kalergi voleva anche una pan-America, una pan-Eurasia (con dentro la Russia), una unione pan-asiatica che comprendesse Cina e Giappone e dominasse sul Pacifico, e voleva perfino una pan-ideologia (un misto tra capitalismo e comunismo che, se volete, si è realizzato nei parlamenti nazionali con quell’illusione del bipolarismo già perseguita con ilPiano di Rinascita Democratica e concretizzatasi con il Pd renziano) e un’unica pan-lingua, l’inglese, da parlarsi in tutta Europa accanto agli idiomi nazionali. Riuscì peraltro a convincere molti leader politici dell’epoca, gente del calibro di Konrad Adenauer, Robert Schuman (cui non a caso è intestato un building del Parlamento Europeo), Alcide De Gasperi, Winston Churchill. Non ebbe molta fortuna con Benito Mussolini né con un tale di nome Adolf Hitler, che lo guardava con ribrezzo e considerava il suo piano un piano massonico.
Fu Kalergi a lanciare l’idea degli Stati Uniti d’Europa: Altiero Spinelli venne molto dopo. Fu Kalergi, nel 1955, a proporre l’Inno alla Gioia di Beethoven (dalla nona sinfonia) come inno ufficiale dell’Unione Europea, che in seguito venne adottato. Fu Kalergi, aiutato da Robert Schuman, ministro degli esteri francese, ad assegnare la gestione della produzione di acciaio, ferro e carbone ad una sovranità sovranazionale, sotto la direzione dei primi euroburocrati non eletti da nessuno: i famosi commissari europei. Fu Kalergi a mandare i primi memorandum ai governi di Italia, Francia, Germania e Regno Unito, negli anni ’60, perché adottassero una unione monetaria. E per non farsi mancare niente, nel libro “Practical Idealism” il conte traccia anche l’idea di Europa che aveva in mente dal punto di vista demografico. E dice:“L’uomo del futuro sarà di razza mista. Le razze e le classi di oggi gradualmente scompariranno” e ci sarà un’unica “razza euroasiatico-negroide, simile in apparenza agli antichi egizi”, che sostituirà i popoli con gli individui. Questo, nelle intenzioni del conte, avrebbe dovuto portare a una maggiore governabilità delle masse, sempre secondo i principi dell’elitismo di cui sopra (la democrazia non esiste poiché il popolo non ha le capacità di autogovernarsi e nel momento in cui si organizza esso porta automaticamente un’élite a prendere il potere).
Si può dire che il Piano Kalergi ha avuto successo praticamente in tutto. O perlomeno i suoi discepoli stanno procedendo a grande velocità verso la sua finalizzazione (Draghi che chiede l’unione bancaria e nuove cessioni di sovranità; la Boldrini che chiede l’accelerazione degli Stati Uniti d’Europa, Mattarella che discute di cessione della sovranità fiscale), ma cosa ne è delle teorie del conte sulla questione razziale?
Abbiamo degli indizi. Quindici anni fa uno studio dell’Onu introduce il concetto di “immigrazione di rimpiazzo” che porta al centro del dibattito la necessità di sostituire (letteralmente) buona parte della popolazione europea con migranti, al fine – si dice – di compensare il calo delle nascite e garantire il sistema pensionistico. Massimo D’Alemainvoca 30 milioni di immigrati. Il sottosegretario Sandro Gozi rilancia con 40 milioni.Laura Boldrini dice che lo stile di vita dei migranti presto sarà il nostro. Nel frattempo,Angela Merkel apre le frontiere e mette al lavoro i siriani, la Repubblica Cecaassume 5 mila rifugiati…
Insomma, tutto fa pensare che anche sul tema immigrazione, presto il Piano Kalergi potrebbe trovare una sua attuazione definitiva.
La sintesi pericolosa di Papa Francesco
Bene sulla “stanchezza dell’Europa”, meno sull’“identità multiculti”
Papa Francesco riceve Angela Merkel in Vaticano (foto LaPresse)
E’ un discorso ambizioso e importante quello che Papa Francesco ha tenuto di fronte ai leader europei venuti a Roma per consegnargli il Premio Carlo Magno, che ogni anno si assegna a nome della città tedesca di Aquisgrana. Bergoglio ha denunciato “la rassegnazione e la stanchezza” che non appartengono all’anima dell’Europa, ha parlato con ragione e con forza di “un’Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale”, mettendo in luce la crisi dell’umanesimo che l’ha resa grande, crisi demografica oltre che culturale. Poi però Francesco, oltre a infierire ancora sul profitto (“un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mezzo per ottenere profitti” cui preferire “un’economia sociale che garantisce l’accesso alla terra”), ha introdotto qualcosa di nuovo nel dibattito, senza precedenti in bocca a un pontefice: “L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità multiculturale”. Questo non è vero.
L’Europa è stata ed è liberale, atea, cristiana, ebraica, avendo saputo costruire una sintesi unica nella storia della civiltà dopo essere rinata dalle ceneri della Shoah. Il multiculturalismo è una ideologia e una prassi del tutto nuova che risale agli anni Settanta, assente persino dal vocabolario e dall’immaginario politico degli Schuman e degli Adenauer invocati da Bergoglio, una prassi ripudiata anche da quei leader che gli hanno consegnato il Premio Carlo Magno. Papa Francesco parla della necessità di “integrare in sintesi sempre nuove”. Qual è questa nuova sintesi? Oggi un cristianesimo che appare spento, sempre più marginale, sempre più ininfluente, nei numeri e nella presenza sulla scena pubblica, si trova di fronte alla marea demografica islamica e alla sfida teologica e identitaria che essa sta portando all’Europa.
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Una sintesi fra l’Europa e l’islam, inteso come la umma da un miliardo di persone e non come singoli individui come accade in America, non è possibile. Alla base dei diritti umani giustamente evocati da Francesco, delle conquiste dell’Illuminismo, della stessa idea moderna di coscienza, sta la scelta cristiana e cattolica in favore del diritto di natura e della legge di ragione. Il multiculturalismo è un’altra cosa. E’ l’ibridazione fra le culture, è il meticciato militante, è la banlieue, è la moschea che sorge sulle rovine di una chiesa, è il trapasso identitario, è il ghetto comunitarista, è una ricetta che tanto male ha fatto a quella immigrazione che Francesco nel suo discorso ha chiesto giustamente di governare e di non respingere con i reticolati. E’ questo che Ayaan Hirsi Ali e altri dissidenti dell’islam hanno chiesto all’Europa: accogliete, ma poi assimilate. Il multiculturalismo non è la strada per la sintesi chiesta da Bergoglio. E’ la via del disastro.
te. Il multiculturalismo non è la strada per la sintesi chiesta da Bergoglio. E’ la via del disastro.
di Redazione
| 06 Maggio 2016 ore 14:58
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/05/06/papa-francesco-premio-carlo-magno-europa-multiculturalismo___1-v-141663-rubriche_c378.htm
Bisognerebbe che Socci scrivesse qualche articolo per Repubblica, cosi' Bergoglio lo legge. Gli farebbe bene.
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