ESTINZIONE DEGLI ITALIANI
La campana suona per noi. Siamo il popolo meno fertile del mondo: triste record a certificare che la nostra nazione è una grande malata mentre cardinali e vescovi fanno a gara per pronunciare commossi elogi alla fine del Ramadan
di Roberto Pecchioli
Come
il postino del libro di James Cain e del film con Jack Nicholson che
suona sempre due volte, la statistica ha suonato un nuovo allarme a
distanza di pochi giorni. Dopo che l’Istat ha segnalato la diminuzione
della popolazione di cittadinanza italiana dopo oltre un secolo e mezzo
(147 mila connazionali in meno in un anno), il secondo rintocco della
campana proviene dall’Eurostat: gli italiani sono il popolo meno fertile
dell’Unione Europea, dunque del mondo. Triste record, a certificare che
la nostra nazione è una grande malata. La diminuzione delle nascite, e
conseguentemente della popolazione, si verifica nella storia in
tre/quattro circostanze: guerre, carestie, grandi emigrazioni, fasi
finali delle civiltà.
Non
c’è dubbio che la fase che viviamo appartenga all’ultima categoria
citata; ci si aspetterebbe un dibattito politico, una presa di coscienza
degli intellettuali, un impegno di tutte le classi dirigenti e,
naturalmente, una seria preoccupazione popolare. Nulla, o quasi. Nella
bulimia da notizie , facciamo indigestione di cronaca, ma ci sfugge la
storia, e non distinguiamo più ciò che è importante davvero da tutto il
resto. Le quadrate legioni dell’informazione, all’unisono, ci hanno
intrattenuto sul mancato arrivo dell’allenatore della Lazio, sulle
interessanti opinioni dell’oligarca Juncker in materia di uscita del
Regno Unito dall’Unione Europea, sul fatto che (è luglio …) le
temperature sono molto alte, oltre all’immancabile chiacchiericcio
politicamente corretto, incentrato adesso su una rissa di paese nella
quale (orrore degli orrori !) ha avuto la peggio un nero.
Della
nostra stessa fine sembra non importare nulla a nessuno di coloro che
contano, e, di riflesso, all’immensa maggioranza del popolo italiano,
sudato per la stagione, triste per l’eliminazione dell’amata nazionale
di calcio, massimo collante del patriottismo italiota, e incerto sulla
meta delle vacanze, per chi può permettersele. Mia madre mi raccontava
dei bombardamenti della nostra città in guerra, e dei calcoli
precisissimi che la gente aveva imparato a fare sui pochi minuti entro
cui, dal suono della sirena, si doveva raggiungere il rifugio, con il
cuore in gola nella speranza di ritrovare, oltre la vita, la propria
casa intatta.
La
sirena suona, a tempi sempre più ravvicinati, ricorda questioni
decisive, ma il nostro sonno è molto pesante.
Sia catalessi, ipnosi
collettiva, rassegnazione o indifferenza, ma della vita o della morte
del popolo italiano sembra non importare a nessuno, se non a qualche
reazionario o a qualche razzista cattivissimo dalla testa pelata e
semianalfabeta, così rappresentato dal clero imbroglione della
comunicazione.
Una
prova ? Sulle prime pagine dei giornali del giorno in cui scrivo queste
note, si parla dell’oscuro episodio di Fermo, la rissa trasformata in
terribile guerra razzista, con parole di autentico odio per il fermato
(ed il perdono, di cui tanto spesso cianciano i preti, o il garantismo
delle anime belle ?) e di esaltazione “ a prescindere “per la povera
vittima nigeriana. Poi apprendiamo che nei programmi scolastici del Bel
Paese i bambini dovranno obbligatoriamente imparare che omosessuale è
bello, i sessi sono una costruzione sociale da combattere con “libere”
scelte , e gli orientamenti sessuali un indiscutibile tabù, come
affermano i trattati dell’Unione Europea. A Torino, il nuovo sindaco a 5
Stelle, che pure destava simpatia, ha istituito un assessorato “alle
famiglie”, al plurale, per non escludere trans, omosex , transex e forse
neppure chi semplicemente possiede un gatto, e ne ha affidato la
direzione al presidente dell’Arcigay. Persino dal PD sono arrivate
rimostranze.
Altrove,
a comprova della bellezza della società multietnica, leggiamo delle
violenze e degli assassinii negli Stati Uniti. In un angolino, sui
giornali della Liguria, si parla della drammatica realtà della città di
Ventimiglia, frontiera con la Francia, dove oltre mille africani reduci
dai gommoni hanno ormai occupato ogni angolo libero e la cittadina è al
collasso. In Toscana, spadroneggiano i cinesi, mentre cardinali e
vescovi fanno a gara per pronunciare commossi elogi alla fine del
Ramadan. Hanno ragione: la loro è invidia, perché vedere tanta gente
riunita per pregare Dio è una grande novità , e magari un esamino di
coscienza potrebbe aiutarli a capire i perché non esiste più il popolo
cattolico italiano. Del resto, lo stesso loro capo, il vescovo romano
argentino Bergoglio , parlando di nascite, ha deprecato coloro che fanno
figli “come conigli” ed ha strologato del sangue nuovo che apporterebbe
all’Europa l’immigrazione.Una prova in più della natura sostitutiva
delle nostra gente del fenomeno migratorio, ma, poiché in gran parte i
nuovi arrivati sono tutt’altro che cattolici, le parole che orientano i
comportamenti dei preti o sono frutto di pazzia collettiva o di callido
interesse economico travestito da buonismo evangelico: Caritas,
Sant’Egidio ed affini in prima linea per sussidi e contributi statali.
Il denaro non puzza mai.
Insomma,
dappertutto, su versanti diversi, tutto congiura ad affrettare la fine
del popolo italiano. Un grande politico di profonda ispirazione
intellettuale, poco amato nel suo stesso ambiente di pigri adoratori del
passato, Beppe NIccolai, esortava i giovani a non ragionare con le
ristrette categorie della sociologia o della cronaca, ma di ascoltare e
studiare il respiro della storia. La sociologia fotografa ciò che vede,
in genere allo scopo di fornire munizioni all’arsenale del potere
vigente. La storia osserva, studia, ricostruisce, istituisce paragoni,
esprime giudizi: non è mai neutrale, o, come prescriveva Weber per le
scienze umane moderne, “avalutativa”.
La
sociologia , insieme con l’antropologia culturale e la psicologia,
conosce bene le cause della denatalità e del coma profondo in cui è
caduta l’anima europea. Inutile è attardarci a ricostruire il percorso
che ci ha portati a questo momento: l’individualismo, l’edonismo dei
consumi, l’orrore per la responsabilità e per le scelte definitive,
perché i figli sono per sempre, la rivoluzione sessuale, l’esaltazione
dell’omosessualità, il mito dell’essere umano “unico” e sradicato, la
decadenza dei padri, la paura del futuro, l’anteporre a tutto il denaro,
i redditi sempre più bassi voluti dal capitalismo di rapina che, dopo
le donne, ha ora uno sterminato ulteriore esercito di riserva negli
immigrati.
E’
tutto vero, ma sfugge la domanda essenziale, quella senza la quale
nulla potrà cambiare. E’ un bene o un male, o è indifferente che
scompaia il popolo italiano, e dopo di esso, o insieme, la razza bianca
europea ?
Senza
una risposta, che deve provenire dai tre ambiti del nostro essere, il
corpo/materia, lo spirito e l’anima, le chiacchiere staranno sempre a
zero, e si spegneranno in due generazioni per fine biologica degli
interessati. Prima di dare una risposta, un’osservazione: gli europei , e
gli occidentali in genere, si stracciano le vesti perché la modernità
tecnologica provoca ogni anno la sparizione di centinaia di specie
animali e vegetali. Hanno persino istituito un trattato, la Convenzione
di Washington, per la tutela delle specie in pericolo di estinzione.
Non pochi piangono per un orso abbattuto , ma nessuno esige la difesa
della biodiversità umana. Protesi verso l’Unico e l’Identico, nemici
delle differenze in quanto portatrici di ingiustizie, non trasferiamo
agli uomini l’attenzione culturale che riserviamo ad altri esseri, salvo
non muovere un dito affinché cambi e sia sconfitta la società che ha
generato ciò che vediamo.
Ben
addestrati dalla pubblicità, condizionati da insegnamenti folli ,
iniziati a verità ideologiche obbligatorie ed indiscutibili, siamo solo
plebi desideranti di partecipare all’orgia del consumo. Perché a me no,
se il mio vicino sì? Margaret Thatcher urlò, con la franchezza di cui
pochi liberisti sono capaci, che per lei esistevano “solo individui”, e
non gruppi sociali, o popoli. Paradossalmente, le hanno creduto
soprattutto i progressisti , portatori insani di un morbo detto “spirito
dei tempi”.
In
uno dei suoi torrenziali articoli domenicali, che costituiscono
altrettanti rotoli della Torà dei ceti borghesi “liberal” italiani,
Eugenio Scalfari anni fa si interrogò sull’immigrazione ed i suoi
effetti, concludendo, pur tra verbose circonlocuzioni e prudenti
velature di linguaggio, che sì, l’Italia era degna di sopravvivere , o
almeno lo era la sua cultura. Dimenticato anche lui, come certi articoli
della costituzione sgraditi all’oligarchia transnazionale. Noi,
attenendoci alla lezione di Niccolai sulla storia, o semplicemente
invocando l’istinto di conservazione, che estendiamo al nostro popolo ed
alla nostra razza, affermiamo che la scomparsa degli italiani sarà una
perdita incommensurabile per l’umanità , e vogliamo, dobbiamo continuare
a vivere , ad “esserci”, come direbbe Heidegger, anche se fossimo il
popolo più mediocre o malvagio del pianeta. Noi siamo noi, esistiamo, e
tanto basti.
“Primum vivere, deinde philosophari”. Da
morti, tutt’al più lasceremo un’eredità, che altri potranno a loro
scelta o gusto, distruggere ,sperperare, utilizzare, migliorare. I
sepolcri parlano soltanto a chi vuole o sa ascoltare, come intuì Ugo
Foscolo. Poiché, almeno apertamente, nessuno propugna la fine degli
italiani, e la verità del progetto neo malthusiano di certe élite
gnostiche non potrà mai essere spiegata alle masse con speranza di
successo, il nemico da abbattere è dunque l’indifferenza verso la sorte
degli italiani.
Un’ulteriore
rintocco della campana lo ha prodotto il rapporto di un altro istituto
di indagine statistica e sociologica, il Censis, che, osservando con lo
strumento della matematica statistica l’istituto del matrimonio -
parliamo ovviamente di quello vigente da millenni tra uomo e donna-
formula una prognosi terribile: tra quindici anni non ci saranno
praticamente più matrimoni. Infatti ci si sposa sempre meno, e la china
pare inarrestabile, e lo è, se non cambia, come dicevamo prima, il
paradigma, ovvero se non si rovesciano i valori, o disvalori vigenti,
uno dei quali è la prevalenza dell’io sul noi, con il relativo
predominio del provvisorio, dell’utile a me, del momentaneo su qualunque
scelta che impegni . Una modalità di vita come lo yogurt: a scadenza
ravvicinata.
Se
gli italiani dunque devono sopravvivere, devono gettare alle ortiche
tutto ciò che ha prodotto l’ultimo mezzo secolo, senza cadere
nell’errore fatale di considerarsi una nazione etnica. Non lo siamo, pur
se tutti condividevamo la medesima fede religiosa, l’appartenenza alla
razza bianca , con le differenze di aspetto che ancora sussistono tra
mediterranei e alpini o mitteleuropei, l’uso della stessa lingua
veicolare e lo stanziamento storico su territori ben delimitati dalla
natura , il mare per tre lati, le alpi per il quarto. Siamo
essenzialmente una nazione culturale, per questo abbiamo il dovere di
integrare chi comunque è qui e non se ne andrà. Diventare italiani non
è, non può essere un tratto di penna, una legge che accordi a chiunque,
per nascita o lunga permanenza, la cittadinanza, che è altro, ben altro,
che nazionalità.
Italiano
è chi ama questa terra e questa cultura. Deve quindi conoscere la
lingua, la storia, il costume nostro, ed accettarlo come proprio.
Riconoscersi con lealtà nelle norme scritte e negli usi concreti, non
pretendere eccezioni per sé ed i propri. In Francia, l’assimilazione
nella Repubblica è fallita con la gran parte dei maghrebini e dei neri, è
riuscita con gli altri, ma si è sempre pretesa, in cambio della
cittadinanza, la fedeltà alla nazione. Quanto agli Stati Uniti, modello,
miraggio e guida di questo tempo assurdo, ciò che accade in termini di
problemi razziali dovrebbe insegnarci che prevenire è meglio che
raccontare la fiaba dell’uguaglianza, dell’antirazzismo e della felice
convivenza tra diversi o opposti.
Il
dramma è l’indifferenza: l’ultimo politico italiano a battere un colpo,
pur se in negativo, fu Giuliano Amato circa quindici anni fa, quando
sbottò, non senza qualche ragione, che gli era incomprensibile
l’attitudine degli italiani, i quali non fanno figli , ma pretendono lo
Stato sociale e non vogliono gli stranieri. Il dottor Sottile, peraltro,
membro eminente di quelle oligarchie nemiche che ci hanno imposto i
valori oggi correnti, avrebbe potuto farsi qualche domanda anche su
stesso o sulle politiche che ha sostenuto. Oggi, vicino agli ottanta,
ha una pensioncina da molte decine di migliaia di euro mensili, che
integra con l’assegno da presidente dell’Enciclopedia Treccani. Il male
fatto è ben ripagato.
Renzi
tace, e del resto non si può chiedere troppo al cervello di
quell’incrocio tra Calandrino e Buffalmacco, la signora Boldrini sarà
deliziata dalle statistiche funerarie per gli italiani, i grillini
cantano la canzone dell’onestà e non hanno progetti in materia, ma tace
anche il resto della politica, a partire dai partigiani delle ruspe per
continuare con i patrioti della domenica con mano sul cuore che
difendono, meritoriamente, soldati e marò, ma non pensano che il
tricolore durerà ben poco in mano agli “italiani” di domani. Liberali e
collettivisti se ne fregano, agli uni interessa il denaro e lo
sfruttamento di chiunque, senza distinzione alcuna (i veri egualitari
sono loro !), gli altri hanno barattato i diritti sociali con i capricci
individuali. Quanto ai cattolici della politica, non hanno mai saputo o
voluto imporre la loro idea, giusta, di una tassazione tarata sulle
famiglie e non sugli individui, e non si sono mai azzardati a chiedere
politiche demografiche d’attacco.
Dobbiamo
quindi realizzare un’inversione di 180 gradi. Chiunque , da qualsiasi
posizione ideale provenga, abbia a cuore la persistenza ed il rilancio
della comunità nazionale italiana prima che le leggi della demografia,
della biologia e dell’aritmetica sommergano tutti , deve organizzare non
una semplice resistenza, ma programmi e progetti concreti per ribaltare
la situazione. Il cambio di visione generale della società è compito di
una cultura alleata della politica , ma le misure da intraprendere
possono venire solo da un dibattito a molte voci. La nostra è l’epoca
del denaro, occorrerà quindi un approccio che privilegi la
“convenienza”, quindi normative fiscali a favore delle famiglie e
“contro” i singoli – bisogna accettare di avere anche degli avversari, e
comunque privilegiare determinati interessi comporta colpirne altri –
programmi di aiuti ed infrastrutture per le madri lavoratrici, periodi
di assenza del lavoro più lunghi, organizzare , incentivare ogni forma
di volontariato sociale a favore dei bambini e di chi li mette al mondo,
privilegi ( sì, privilegi) fiscali e sociali per madri, padri e membri
di famiglie numerose , e qualsiasi altra iniziativa che ciascuno può
rappresentare.
A
chi ci chieda come si finanzia tutto questo, possiamo rispondere in
molti modi: da un lato, la vita non ha prezzo, e quella del popolo cui
apparteniamo vale qualche sacrificio, come una messa cattolica valse
bene Parigi ad Enrico di Navarra. Dall’altro, occorre spostare la
tassazione dalle persone fisiche a quelle giuridiche, dagli individui
alle cose, e, soprattutto occorre farlo con un progetto che abbia come
promotore e garante lo Stato nazionale. Il ripristino della sovranità
consentirà di dare il benservito ai finti creditori che ci uccidono ,
come alle oligarchie che hanno interrotto ogni processo democratico. Non
è importante disquisire sul concetto di sovranità nazionale, più caro
ad alcuni, o di sovranità popolare, più vicino a sensibilità di
ascendenza socialista. Ciò che conta è la sovranità , con o senza
aggettivi, che è l’unica cornice entro cui potremo decidere – noi e solo
noi- le politiche ed i metodi con cui fermare l’emorragia di italiani,
causa prima e principale dei nostri guai. Una nazione forte, in cui le
generazioni si riproducono e si danno il cambio fa rabbia ai suoi
nemici, che non sono, da molti anni, altre nazioni, ma ben individuate
cerchie, o cricche, di banchieri, oligarchi, mascalzoni planetari decisi
a tenere il mondo in pugno attraverso la distruzione dei popoli ed il
ricatto economico e finanziario.
A
livello politico, sono persuaso che sia necessaria la nascita di
movimenti sociali che si propongano con sincerità e senza infingimenti
la sopravvivenza del popolo italiano attraverso la riconquista delle
sovranità ed il lancio di vasti programmi di ripresa demografica.
Solo
gli italiani possono prendere in mano il destino del loro popolo. Non
può essere un unico partito, ma un fronte, o persino più fronti,
convergenti su due obiettivi che significano, molto semplicemente, vita o
morte: comandare su noi stessi, riportare gli italiani a diventare
padri e madri. La campana ha suonato per noi, più volte. Chi non ascolta
ha un unico destino, quello di non poter più ascoltare l’ultimo suono,
quello delle campane a morto che accompagnano il funerale nostro.
Dunque,
viva l’Italia, in senso letterale, ossia sia viva e resti sulla scena
del mondo la nostra gente in questa terra bellissima, che tale è anche
per il lavoro, il cuore , il cervello dei nostri padri!
Roberto Pecchioli
ESTINZIONE DEGLI ITALIANI: LA CAMPANA SUONA PER NOI
di
Roberto Pecchioli
In redazione il 10 Luglio 2016
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9136:-estinzione-degli-italiani&catid=124:nazioni-sovrane&Itemid=155
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