La logica bergogliana che non piace nemmeno a Valli – di Marco Sudati
“Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde” (Mt. 12,30).
di Marco Sudati
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Fra le tante e qualificate reazioni suscitate dalle ambiguità e dalle contraddizioni che stanno caratterizzando il pontificato di Francesco I, si segnala anche quella di Aldo Maria Valli, uno dei più noti vaticanisti italiani, il quale, in un articolo pubblicato sul suo blog lo scorso 28 maggio (“La Chiesa e la logica del ma anche”), ha manifestato tutto il suo disappunto nei confronti di quella che egli chiama la via del “non solum, sed etiam” (non solo, ma anche).
Richiamandosi alle parole ed agli atti dell’attuale vescovo di Roma, il quale al modello “escludente” di una Chiesa dell’aut aut (o questo o quello) oppone il modello “includente” di una Chiesa dell’et et (e questo e quello), il Valli ha sentito la necessità di porre un distinguo netto tra quella che dovrebbe essere una concezione cattolica dell’inclusione (et et) e quella che, invece, si sta imponendo secondo il pensiero e la prassi di Bergoglio e che il vaticanista definisce appunto “non solum, sed etiam”.
Aldo Maria Valli non può certamente essere definito un “cattolico tradizionalista” ostile al corso impresso alla Chiesa dal Concilio Ecumenico Vaticano II, tutt’altro. Valli, come molti altri, ha, però, colto la pericolosità del modus operandi bergogliano, il quale mette in serio pericolo la salute spirituale e la tenuta morale dei fedeli, già abbondantemente minate dal cosiddetto “spirito del concilio” (lo spirito portatore di novità, espresso appunto dal Concilio Ecumenico Vaticano II).
Et et e aut aut sono categorie rispettivamente della filosofia hegeliana e di quella kierkegaardiana, che esprimono due modi diversi di considerare il rapporto di ogni singolo uomo con la realtà. Da una parte, la concezione di Hegel, il quale sostiene che l’uomo, per crescere e progredire, debba considerare il buono che si trova in una tesi e quello che si trova nella sua antitesi per ricavarne la sintesi e, appunto, progredire (migliorare); dall’altra, Kierkegaard, il quale, invece, sostiene che la vita dell’uomo debba basarsi su delle precise scelte: o questo o quello (nessuna composizione tra una tesi ed il suo contrario).
Secondo il vaticanista, la Chiesa sarebbe senza alcun dubbio per la logica dell’et et, in quanto includente ciò che è diverso, come per esempio: “Dio è uno e trino. È Padre e Figlio e Spirito Santo. Gesù è Dio e uomo, vero Dio e vero uomo. Per il cristiano, l’uomo è carne e spirito, corpo e anima. Al cristiano piace integrare, includere, non ergere barriere. Con l’incarnazione, Dio si è fatto uomo. La Chiesa stessa vive all’insegna dell’et et. È Chiesa di preghiera e di azione, di grandi asceti e grandi lavoratori, di contemplazione e di missione. Ora et labora, non ora aut labora. La Chiesa ha i predicatori e i confessori, i monaci e le monache di clausura e i preti di strada. La Chiesa accoglie tutti: poveri e ricchi, colti e incolti, giovani e vecchi.”
Dopo aver indicato questa serie di esempi dell’et et cristiano, Valli afferma che “Da qualche tempo, però, sembra di notare che alla logica dell’et et si stia sostituendo nella nostra Chiesa una logica diversa: quella del non solum, sed etiam, cioè del «non solo, ma anche». Potrebbe sembrare che, tutto sommato, non vi siano differenze, ma non è così.” Affermazione seguita da un’altra serie di esempi volti a denunciare il passaggio al nuovo paradigma, quello appunto del “non solo, ma anche”, che sarebbe ben altra cosa rispetto al citato et et.
A parere di chi scrive, però, l’opposizione fra i due paradigmi, proposta da Aldo Maria Valli, non c’è. Dire “e questo e quello” sostanzialmente significa dire “non solo questo, ma anche quello”. Gli esempi portati da Valli a sostegno della logica dell’et et che sarebbe propria della Chiesa non sono le tesi e le antitesi di cui parla Hegel.
Per esempio, affermare che Dio, secondo la Rivelazione, è uno e trino non significa sostenere una cosa ed il suo contrario. Uno e trino non significa che Dio è uno e tre contemporaneamente e sotto il medesimo rapporto, bensì che Dio è un’unica essenza nella quale si distinguono, per via di processione e di relazione, tre persone: la persona del Padre, la persona del Figlio e la persona dello Spirito Santo, le quali non sono tre divinità, ma un unico Dio la cui natura è quella di essere uno e trino.
Nell’affermazione “Dio è uno e trino”, dunque, vi è mistero, ma non contraddizione; mistero, in quanto la limitata intelligenza umana non è in grado di contenere, ossia di comprendere pienamente, ciò che, come la natura di Dio, è illimitato e infinitamente la trascende.
Nella concezione hegeliana dell’et et, la contraddizione è parte dell’affermazione e da queste procede la sintesi, quale nuova e superiore affermazione (pronta ad essere a sua volta soppiantata).
Ma la contraddizione è, per sua natura, in contrasto con la verità. Se un’affermazione è vera, non può essere vero, nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto, anche il suo contrario.
La logica che si addice alla Chiesa – in quanto custode, interprete e trasmettitrice fedele della Verità rivelata ed oggettiva – è piuttosto quella dell’aut aut (o questo o quello): o la Verità o l’errore. L’insegnamento di Cristo, degli Apostoli e, quindi, della Chiesa non può comprendere anche le sue negazioni. L’et et cattolicamente accettabile non è quello che include il contrario della verità, bensì quello che accoglie ciò che con essa non è in contraddizione. La Verità non ammette contraddizione; in questo senso, la logica della Chiesa non può che essere quella dell’aut aut.
Dalla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, assistiamo al tentativo esplicito di applicare la logica dell’et et al rapporto fra la Chiesa e la modernità. Tentativo vano – in quanto mai e poi mai potranno conciliarsi la Verità e l’errore – e funesto negli effetti sin qui prodotti: la confusione che regna nella gerarchia ecclesiastica e nel mondo cattolico, dove si cerca di far convivere Fede e mondanità, è un dato di fatto incontestabile.
Quella che il vaticanista del TG1, Aldo Maria Valli, chiama “logica del non solum sed etiam”, altro non è che la logica vaticanosecondista dell’incontro fra la Chiesa ed il mondo moderno, l’apoteosi della contraddizione. Logica che il pontificato di Jorge Mario Bergoglio interpreta nella maniera più evidente ed eclatante.
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fonte: Ordine Futuro
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Fra le tante e qualificate reazioni suscitate dalle ambiguità e dalle contraddizioni che stanno caratterizzando il pontificato di Francesco I, si segnala anche quella di Aldo Maria Valli, uno dei più noti vaticanisti italiani, il quale, in un articolo pubblicato sul suo blog lo scorso 28 maggio (“La Chiesa e la logica del ma anche”), ha manifestato tutto il suo disappunto nei confronti di quella che egli chiama la via del “non solum, sed etiam” (non solo, ma anche).
Richiamandosi alle parole ed agli atti dell’attuale vescovo di Roma, il quale al modello “escludente” di una Chiesa dell’aut aut (o questo o quello) oppone il modello “includente” di una Chiesa dell’et et (e questo e quello), il Valli ha sentito la necessità di porre un distinguo netto tra quella che dovrebbe essere una concezione cattolica dell’inclusione (et et) e quella che, invece, si sta imponendo secondo il pensiero e la prassi di Bergoglio e che il vaticanista definisce appunto “non solum, sed etiam”.
Aldo Maria Valli non può certamente essere definito un “cattolico tradizionalista” ostile al corso impresso alla Chiesa dal Concilio Ecumenico Vaticano II, tutt’altro. Valli, come molti altri, ha, però, colto la pericolosità del modus operandi bergogliano, il quale mette in serio pericolo la salute spirituale e la tenuta morale dei fedeli, già abbondantemente minate dal cosiddetto “spirito del concilio” (lo spirito portatore di novità, espresso appunto dal Concilio Ecumenico Vaticano II).
Et et e aut aut sono categorie rispettivamente della filosofia hegeliana e di quella kierkegaardiana, che esprimono due modi diversi di considerare il rapporto di ogni singolo uomo con la realtà. Da una parte, la concezione di Hegel, il quale sostiene che l’uomo, per crescere e progredire, debba considerare il buono che si trova in una tesi e quello che si trova nella sua antitesi per ricavarne la sintesi e, appunto, progredire (migliorare); dall’altra, Kierkegaard, il quale, invece, sostiene che la vita dell’uomo debba basarsi su delle precise scelte: o questo o quello (nessuna composizione tra una tesi ed il suo contrario).
Secondo il vaticanista, la Chiesa sarebbe senza alcun dubbio per la logica dell’et et, in quanto includente ciò che è diverso, come per esempio: “Dio è uno e trino. È Padre e Figlio e Spirito Santo. Gesù è Dio e uomo, vero Dio e vero uomo. Per il cristiano, l’uomo è carne e spirito, corpo e anima. Al cristiano piace integrare, includere, non ergere barriere. Con l’incarnazione, Dio si è fatto uomo. La Chiesa stessa vive all’insegna dell’et et. È Chiesa di preghiera e di azione, di grandi asceti e grandi lavoratori, di contemplazione e di missione. Ora et labora, non ora aut labora. La Chiesa ha i predicatori e i confessori, i monaci e le monache di clausura e i preti di strada. La Chiesa accoglie tutti: poveri e ricchi, colti e incolti, giovani e vecchi.”
Dopo aver indicato questa serie di esempi dell’et et cristiano, Valli afferma che “Da qualche tempo, però, sembra di notare che alla logica dell’et et si stia sostituendo nella nostra Chiesa una logica diversa: quella del non solum, sed etiam, cioè del «non solo, ma anche». Potrebbe sembrare che, tutto sommato, non vi siano differenze, ma non è così.” Affermazione seguita da un’altra serie di esempi volti a denunciare il passaggio al nuovo paradigma, quello appunto del “non solo, ma anche”, che sarebbe ben altra cosa rispetto al citato et et.
A parere di chi scrive, però, l’opposizione fra i due paradigmi, proposta da Aldo Maria Valli, non c’è. Dire “e questo e quello” sostanzialmente significa dire “non solo questo, ma anche quello”. Gli esempi portati da Valli a sostegno della logica dell’et et che sarebbe propria della Chiesa non sono le tesi e le antitesi di cui parla Hegel.
Per esempio, affermare che Dio, secondo la Rivelazione, è uno e trino non significa sostenere una cosa ed il suo contrario. Uno e trino non significa che Dio è uno e tre contemporaneamente e sotto il medesimo rapporto, bensì che Dio è un’unica essenza nella quale si distinguono, per via di processione e di relazione, tre persone: la persona del Padre, la persona del Figlio e la persona dello Spirito Santo, le quali non sono tre divinità, ma un unico Dio la cui natura è quella di essere uno e trino.
Nell’affermazione “Dio è uno e trino”, dunque, vi è mistero, ma non contraddizione; mistero, in quanto la limitata intelligenza umana non è in grado di contenere, ossia di comprendere pienamente, ciò che, come la natura di Dio, è illimitato e infinitamente la trascende.
Nella concezione hegeliana dell’et et, la contraddizione è parte dell’affermazione e da queste procede la sintesi, quale nuova e superiore affermazione (pronta ad essere a sua volta soppiantata).
Ma la contraddizione è, per sua natura, in contrasto con la verità. Se un’affermazione è vera, non può essere vero, nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto, anche il suo contrario.
La logica che si addice alla Chiesa – in quanto custode, interprete e trasmettitrice fedele della Verità rivelata ed oggettiva – è piuttosto quella dell’aut aut (o questo o quello): o la Verità o l’errore. L’insegnamento di Cristo, degli Apostoli e, quindi, della Chiesa non può comprendere anche le sue negazioni. L’et et cattolicamente accettabile non è quello che include il contrario della verità, bensì quello che accoglie ciò che con essa non è in contraddizione. La Verità non ammette contraddizione; in questo senso, la logica della Chiesa non può che essere quella dell’aut aut.
Dalla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, assistiamo al tentativo esplicito di applicare la logica dell’et et al rapporto fra la Chiesa e la modernità. Tentativo vano – in quanto mai e poi mai potranno conciliarsi la Verità e l’errore – e funesto negli effetti sin qui prodotti: la confusione che regna nella gerarchia ecclesiastica e nel mondo cattolico, dove si cerca di far convivere Fede e mondanità, è un dato di fatto incontestabile.
Quella che il vaticanista del TG1, Aldo Maria Valli, chiama “logica del non solum sed etiam”, altro non è che la logica vaticanosecondista dell’incontro fra la Chiesa ed il mondo moderno, l’apoteosi della contraddizione. Logica che il pontificato di Jorge Mario Bergoglio interpreta nella maniera più evidente ed eclatante.
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fonte: Ordine Futuro
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