Spirito missionario e “spirito di Assisi”
La riunione interreligiosa del 20 settembre 2016 sarà il quinto incontro di Assisi in presenza di un Papa. Giovanni Paolo II ne ha presieduto tre: il primo ebbe luogo il 27 ottobre 1986, in occasione dell’Anno internazionale della pace promosso dall’ONU; il secondo nel 1993, durante la guerra nei Balcani; il terzo, proposto in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, si è tenuto il 24 gennaio 2002. Papa Benedetto XVI ha poi convocato il 27 ottobre 2011 una riunione delle religioni per la pace in occasione del venticinquesimo anniversario del primo incontro.
Da trent’anni – sulla scorta di Leone XIII, che condannò il Parlamento mondiale delle religioni di Chicago dell’11-27 settembre 1893, sulla scorta di Pio XI nell’enciclica Mortalium animos «sull’unità della vera Chiesa» del 6 gennaio 1928 e dell’Istruzione del Sant’Uffizio De motione œcumenica del 20 dicembre 1949 – la Fraternità San Pio X si oppone a questo “spirito di Assisi”.
Il 27 agosto 1986, due mesi prima del primo incontro di Assisi, Mons. Marcel Lefebvre indirizzava a otto cardinali una lettera in cui dichiarava: «Sono il primo articolo del Credo e il primo comandamento del Decalogo che vengono pubblicamente messi in ridicolo da colui che siede sulla Cattedra di Pietro. Lo scandalo nelle anime dei cattolici è incalcolabile. La Chiesa ne è scossa fin nelle sue fondamenta. Se la fede nella Chiesa, unica arca di salvezza, viene meno, è la Chiesa
stessa che viene meno. Tutta la sua forza, tutta la sua attività soprannaturale ha questo articolo della nostra fede come base. Giovanni Paolo II continuerà a distruggere la fede cattolica, in particolare ad Assisi, con il corteo delle religioni previsto nelle strade della città di san Francesco e con la ripartizione delle religioni nelle cappelle e nella Basilica perché vi esercitino il loro culto in favore della pace, così come essa è concepita dall’ONU?».
Il 21 gennaio 2002 mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, pubblicava un comunicato sulla terza riunione interreligiosa di Assisi, che avrebbe avuto luogo tre giorni dopo, nel quale esponeva le ragioni precise dell’indignazione dei cattolici legati alla Tradizione.
«Il problema non risiede nell’oggetto della preghiera, la pace. Pregare per la pace e cercare, d’altro canto, di stabilire e consolidare la pace tra i popoli e le nazioni è una cosa buona. La liturgia cattolica è piena di belle preghiere per la pace. E noi le facciamo nostre con tutti noi stessi. Inoltre, poiché gli angeli al momento della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo annunciarono la pace per gli uomini di buona volontà, è del tutto opportuno invitare i fedeli a implorare dal vero Dio un bene così grande in questo momento dell’anno.
«La ragione della nostra indignazione deriva dalla confusione, dallo scandalo, dall’empietà legata all’invito alle altre religioni – da parte del Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini – a venire a pregare ad Assisi per ottenere la pace.
«È stato detto che per evitare ogni forma di sincretismo non si pregherà “insieme”, ma che ogni religione pregherà in delle sale diverse del convento francescano della città di Assisi. Il cardinale Kasper ha detto anche, molto giustamente, che “i cristiani non possono pregare con i membri delle altre religioni” (Osservatore Romano, 5 gennaio 2002). Ma ciò non basta a cancellare il grande disagio e la confusione: a pregare “ciascuna per conto suo” saranno pur sempre tutti i tipi di religioni, per ottenere, attraverso queste preghiere pronunciate tutte contemporaneamente seppure in luoghi diversi, uno stesso obiettivo, la pace. Il fatto che tutte le religioni siano state invitate nella stessa città a pregare insieme per uno stesso scopo denota una volontà di unità, il fatto di doversi separare denota d’altronde la contraddittorietà e l’impossibilità del progetto. La distinzione che viene fatta è nel caso specifico surrettizia, sebbene impedisca almeno – Deo gratias – che vi sia una communicatio in sacris diretta. Tuttavia il carattere sincretista dell’operazione non sfugge a nessuno. Si arriva a negare, con parole artificiose, una realtà che parla da sé. Ma così le parole non significano più niente: “Andremo ad Assisi non per pregare insieme, ma andremo insieme per pregare; non ci sarà sincretismo; ecc.”».
Nella stessa dichiarazione il Superiore generale della Fraternità San Pio X distingue chiaramente tra le legittime negoziazioni diplomatiche per ottenere la pace civile e le scandalose preghiere interreligiose che domandano la pace a delle divinità diverse:
«Una cosa è il raggiungimento della pace civile (politica) tra le nazioni attraverso congressi, discussioni, misure diplomatiche, con l’intervento di personalità influenti delle varie nazioni e religioni; altra cosa è la pretesa di ottenere da Dio il bene della pace attraverso la preghiera di tutte le (false) religioni. Questo secondo approccio cozza in pieno con la fede cattolica e il primo comandamento e converge con il piano massonico di costituire un grande tempio di fraternità universale al di sopra delle religioni e delle credenze, “l’unità nella diversità” tanto cara al New Age e al globalismo mondiale: “La nostra interconfessionalità ci è costata la scomunica del 1738 da parte di Clemente XI. Ma la Chiesa era senz’altro nell’errore, se è vero che il 27 ottobre 1986 l’attuale Pontefice ha riunito ad Assisi uomini di tutte le confessioni religiose per pregare insieme per la pace. E cos’altro cercavano i nostri fratelli quando si riunivano nei templi, se non l’amore tra gli uomini, la tolleranza, la solidarietà, la difesa della dignità della persona umana, considerandosi uguali, al di sopra dei credo politici, dei credo religiosi e dei colori della pelle?” (Gran Maestro Armando Corona della Grande Loggia dell’Equinozio di Primavera, in Hiram [Rivista del Grande Oriente d’Italia], Aprile 1987)».
Due anni dopo, nel gennaio 2004, la Fraternità San Pio X pubblicava uno studio intitolato «Dall’ecumenismo all’apostasia silenziosa», che inviò a tutti i cardinali. Questi titolo riprendeva l’espressione «apostasia silenziosa» utilizzata da Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica Ecclesia in Europa (28 giugno 2003) per descrivere lo stato della Chiesa in Europa: «Considerato sotto il profilo pastorale, dell’ecumenismo degli ultimi decenni occorre dire che conduce i cattolici all’apostasia silenziosa e che dissuade i non cattolici dall’entrare nell’unica arca di salvezza. Occorre dunque riprovare “l’empietà di coloro che precludono agli uomini l’ingresso nel Regno dei cieli”. Col pretesto di cercare l’unità, questo ecumenismo disperde le pecorelle; non porta con sé il marchio di Cristo, ma quello del divisore per eccellenza, il diavolo» (n. 43).
«Per attraente che possa sembrare di primo acchito, per spettacolari che possano apparire le sue cerimonie in televisione, per quanto numerose possano essere le masse che riunisce, la realtà resta: l’ecumenismo ha fatto della città santa, che è la Chiesa, una città in rovina. Andando dietro ad un’utopia – l’unità del genere umano – questo Papa non si è reso conto che l’ecumenismo che perseguiva era propriamente e tristemente rivoluzionario: esso stravolge l’ordine voluto da Dio» (n. 44).
Lo studio si concludeva poi con una citazione di mons. Lefebvre:
«Quanto a noi, ci atteniamo al parere saggio e alla ferma prudenza del nostro fondatore: “Noi vogliamo essere in un’unità perfetta col Santo Padre, ma nell’unità della fede cattolica, perché solo quest’unità può unirci e non una specie di unione ecumenica, una sorta di ecumenismo liberale; perché penso che ciò che definisce meglio tutta la crisi della Chiesa è veramente questo spirito ecumenico liberale. Dico: ecumenismo liberale, perché esiste un certo tipo di ecumenismo che, se viene ben definito, potrebbe essere accettabile. Ma l’ecumenismo liberale, quale esso è praticato dalla Chiesa attuale, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, comporta necessariamente delle vere eresie” (da una Conferenza del 14 aprile 1978)» (n. 47).
Il 9 gennaio 2011, quando fu annunciato il quarto incontro di Assisi, che avrebbe avuto luogo il 22 ottobre successivo, sotto la presidenza di Benedetto XVI, mons. Fellay tenne a Parigi una conferenza nella quale dichiarava: «Assisi è diventata ormai un simbolo. Basti dire che ci si va per festeggiare i 25 anni di questo simbolo; anche se si cercherà di purificarlo, di correggerlo, ciò non toglierà la portata del simbolo. Dietro Assisi c’è un messaggio e l’unico mezzo per cancellare questo messaggio è che il Vicario di Cristo, in quest’occasione, dica a tutte le altre religioni: “C’è un solo Nome sotto il cielo che sia stato dato e attraverso il quale ci si può salvare, ed è quello di Nostro Signore Gesù Cristo. Convertitevi”. Se si fa così, allora sì, sono d’accordo!».
(Fonti: Archivi di DICI
ENCICLICA “MORTALIUM ANIMOS” DI S. S. PIO XI “SULLA VERA UNITÀ RELIGIOSA, A PROPOSITO DI ADUNANZE COSÌ DETTE PANCRISTIANE” AI VENERABILI FRATELLI, PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE PACE E COMUNIONE PIO PP. XI SERVO DEI SERVI DI DIO VENERABILI FRATELLI, SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE
1. Forse mai nel passato sentì il mondo vivo come al Nostri giomi il desiderio di rafforzare ed estendere al bene comune dell’umanità quelle fraterne relazioni che, per identità di natura e di origine, ci uniscono, in quanto uomini, strettamente fra noi. Le nazioni sono ancora ben lontane dal goder pienamente i beni della pace, anzi vecchi e nuovi dissidi sbocciano qua e là in rivolte e lotte civili; d’altra parte la soluzione dei molti contrasti circa la tranquillità e prosperità dei popoli è subordinata all’opera concorde ed attiva dei rispettivi governanti; si spiega facilmente (massime ora che tutti convengono sull’unità del genere umano) perché siano tanti a desiderare una sempre maggiore unione fra le varie nazioni, a ciò portate da questa fraternità universale. 2. Analogo è l’intento che si prefiggono di conseguire taluni per quanto riguarda l’ordinamento della nuova legge promulgata da Nostro Signore Gesù Cristo. Convinti che rarissimo è il caso di uomini assolutamente privi di ogni sentimento religioso, sembrano nutrire speranza che non debba riuscire troppo difficile che, malgrado singole divergenze in materia di religione i popoli si accordino fraternamente un giorno nella professione di alcune dottrine, accolte come base comune di vita spirituale. Di qui il frequente indire che fanno, con notevole intervento di persone, di congressi, riunioni, conferenze cui sono indifferentemente invitati a discutere infedeli di ogni gradazione e cristiani e perfino infelici apostati da Cristo che ne ripudiano con pertinace ostinazione la natura e missione divina. Simili tentativi non possono in nessun modo riscuotere l’approvazione dei cattolici, fondati come sono sul falso presupposto che tutte le religioni siano buone e lodevoli in quanto tutte, pur nella diversità dei modi, manifestano e significano ugualmente quel sentimento, a chiunque congenito, che ci rivolge a Dio e ci rende ossequienti nel riconoscimento del suo dominio. Teoria questa non solo erronea e ingannatrice, ma che attraverso una deformazione del vero concetto religioso conduce insensibilmente chi la professa al naturalismo ed all’ateismo. E’ chiara quindi la conseguenza: aderendo ai fautori di tali teorie e tentativi ci si allontana del tutto dalla religione rivelata da Dio. 3. Ma dove parvenze di bene ingannano più facilmente parecchi è quando si tratta di promuovere l’unità fra tutti quanti i cristiani. Si sente ripetere con insistenza che, non solo è giusto, ma doveroso che quanti invocano il nome di Cristo si astengano da reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta in vincoli di vicendevole carità. E chi oserebbe sostenere di amar Gesù Cristo, senza impegnar tutte le proprie forze per contribuire alla realizzazione di uno dei voti di Lui, quando pregò il Padre perché i suoi discepoli fossero "una cosa sola?". E lo stesso Gesù non diede ai propri fedeli quasi come distintivo l’amore reciproco: "Da questo tutti vi conosceranno per i miei discepoli: dall’amarvi l’un l’altro?" E magari aggiungono fossero tutti i cristiani "una cosa sola"; ben maggiore sarebbe la resistenza alla peste dell’empietà il cui quotidiano diffondersi ed imporsi minaccia di paralizzare la Buona Novella. 4. Queste e simili sono le ragioni che espongono non senza ampliarle, i cosiddetti pancristiani. E non è da credere che costoro siano pochi e raccolti in rari gruppi: si sono invece moltiplicati per così dire in fitta schiera e riuniti in società di vasta diffusione, rette specialmente - benché composte di credenti di varie confessioni - da acattolici. Il lavoro a questo scopo è talmente attivo che in vari luoghi ha guadagnato la pubblica opinione e parecchi fra gli stessi cattolici sono presi dal miraggio e dalla speranza di simile unione, tanto più che essa sembra rispondere ai desideri di Santa Madre Chiesa, uno dei cui voti più antichi è di richiamare e ricondurre nel proprio seno i figli che l’han disertata. Eppure sotto codeste attrattive e lusinghe si nasconde un gravissimo errore che scalzerebbe dalle basi il fondamento della Chiesa cattolica. Perciò la consapevolezza del Nostro dovere apostolico ci impone di vigilare a che il gregge del Signore non cada vittima di pericolose fallacie, e contro tanto male sollecitiamo, venerabili fratelli, la vostra diligenza. Voi avvicinerete - ne siamo sicuri - con il più facile mezzo dello scritto e della parola, il popolo e ne sarete compresi nella spiegazione degli argomenti e principi che stiamo per esporre. Non mancherà così ai cattolici una precisa norma di pensiero e di azione per saper come regolarsi rispetto a iniziative tendenti a procurare in qualsivoglia modo l’unione in un corpo solo di tutti i cristiani. 5. Dio, sommo fattore dell’universo, ci ha creati per conoscerlo e servirlo: pieno diritto ha per conseguenza alla nostra servitù. Avrebbe potuto Iddio per governar l’uomo prescrivere solamente la legge di natura, quella cioè che gli scolpì nell’animo all’atto della creazione e quindi, mercé la ordinaria sua provvidenza regolarne i progressi. Amò invece presentarci dei particolari precetti e nel corso dei secoli, dall’origine del genere umano sino alla venuta e predicazione di Cristo, insegnò egli stesso all’uomo i doveri che gli derivavano dalla propria natura verso il Creatore: "molte volte e in molti modi Dio ha parlato già ai nostri Padri per mezzo dei Profeti, e da ultima ai giorni nostri ha parlato a noi attraverso il suo Figliolo". E’ evidente da quanto precede che delle religioni sola vera sarà quella che si fonda sulla parola della rivelazione, cominciata fin da principio, proseguita nell’antico testamento e compiuta nel nuovo dello stesso Gesù Cristo. Ora, se Dio ha parlato, e la storia ci prova che realmente parlò, tutti comprendono che è Nostro dovere credere senza limiti a quanto Egli rivela e senza restrizioni obbedire ai suoi ordini. E proprio per questo, perché potessimo rettamente comportarci a gloria di Dio e per la nostra salvezza, fondò il Signore la sua Chiesa nel mondo. Nessuno crediamo, può dichiararsi cristiano senza almeno credere alla istituzione di una Chiesa e di una sola, per opera di Cristo: ma se appena si richiede quale deva essere secondo la volontà del suo fondatore, allora cominciano le divergenze. Molti per esempio negano che la Chiesa di Cristo deva essere visibile, almeno nel senso che debba presentarsi come un solo corpo di fedeli, concordi in un solo insegnamento e in una sola dottrina, sotto unico governo; e dicono invece che la Chiesa visibile altro non è se non una società composta dall’assieme delle varie comunità cristiane, anche se singolarmente aderenti a dottrine magari opposte fra loro. La Chiesa sua invece Nostro Signore la fondò come società perfetta, per natura esterna e sensibile, con il fine di perpetuare nel futuro l’opera salvatrice della Redenzione, sotto la guida di un solo capo, mercé l’insegnamento della parola e con la dispensa dei sacramenti, fonti della Grazia celeste. Ecco perché nelle sue parabole la dichiarò simile a regno, a casa, a ovile, a gregge. E codesta Chiesa, morti che furono il fondatore e gli apostoli, primi artefici della sua propaganda, non poteva certo, così mirabilmente costituita, venir meno e cessare, poiché ad essa era stato assegnato il compito di condurre tutti gli uomini senza alcuna eccezione di tempo o di luogo all’eterna salvezza "andate dunque ed insegnate a tutti...". E come potrà mai la chiesa deflettere dall’adempimento di questo dovere, per diminuito valore ed efficacia, sicura della permanente presenza a suo fianco di Gesù Cristo secondo la solenne promessa "Ecco io sono con voi ogni giorno, sino alla fine dei secoli?". Non solamente deve dunque la Chiesa di Cristo sussistere oggi, domani e sempre, bensì deve avere l’identica fisionomia di quella dei tempi apostolici, a meno che non si voglia giungere all’assurdità di ritenere che Gesù Cristo o abbia fallito allo scopo o pur si sia sbagliato quando affermò che le porte dell’inferno non avrebbero mai prevalso contro di essa. Se non che a questo punto occorre chiarire e confutare una falsa opinione, da cui sembra dipenda tutta la questione presente da cui traggono origine la molteplice attività e sollecitudine degli acattolici tendenti - come dicemmo - all’unione delle chiese cristiane. I fautori di questa iniziativa van di continuo e quasi all’infinito ripetendo le parole di Cristo: "Che tutti siano una cosa sola... si farà un solo gregge ed un solo pastore..." con l’idea però di esprimere così un voto e una preghiera di Gesù Cristo tuttavia inesauditi. Per costoro l’unità di governo e di fede, che è la nota distintiva dell’unica e vera Chiesa di Cristo non è mai, si può dire, esistita nel passato né esiste al presente; è possibile si desiderarla e forse, una volta o l’altra, mediante la comune volontà dei fedeli potrebbe anche realizzarsi, ma rimane per adesso vaga utopia. Di più: la Chiesa, dicono, per sé, per sua natura è divisa in parti, consta cioè di molte singole Chiese e comunità e queste separate finora pur avendo in comune taluni punti dottrinali, tuttavia non sono d’accordo per altri i ma tutte godono e possono rivendicare gli stessi diritti; la Chiesa insomma fu unica al più dall’età apostolica fino ai primi concili ecumenici. Dunque, soggiungono, bisogna mettere da parte e superare ogni controversia e codeste antichissime divergenze che ancor oggi mantengono diviso il nome cristiano; e formare invece, dalle altre dottrine comuni, e proporre, una norma di fede nella cui professione prevalga piuttosto al sapersi il sentirsi fratelli; che infine se unite da un patto universale le varie comunità o chiese potranno opporre solida e fruttuosa resistenza ai progressi dell’empietà. 6. Questo, venerabili fratelli, è quanto si sente comunemente dire. E’ ben vero che non mancano di quelli che ritengono e concedono che il Protestantesimo ha peccato di leggerezza nell’abbandonare certi punti di fede e qualche rito del culto esterno, certamente accettabili ed utili, che invece la Chiesa romana ancora mantiene. Subito dopo però rinfacciano proprio a questa chiesa di aver corrotto la purezza delle antiche dottrine con l’aggiunta di altre, nonché aliene, contrastanti addirittura al Vangelo; e la principale sarebbe quella del primato di giurisdizione concesso a Pietro e ai suoi successori nella sede romana. Fra costoro ce ne sono pure benché pochi - che concedono - al Romano Pontefice un primato d’onore, una qualche giurisdizione o potere, ma solo in quanto derivato, in certa maniera, dal consenso dei fedeli e non già per diritto divino; ed altri arrivano fino a desiderare alla presidenza dei loro, diciamo così, variopinti convegni, lo stesso Pontefice. Ma se molti sono gli acattolici che predicano a gran voce la fraterna comunione in Gesù Cristo, non se ne trova nemmeno uno cui venga in mente di obbedire all’insegnamento e sottoporsi al governo del Vicario di Gesù Cristo. E intanto sostengono che essi tratteranno ben volentieri con la chiesa romana ma con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e se così potessero fare ci vuol poco a supporre che agirebbero in modo che l’eventuale accordo non li costringesse al ripudio delle opinioni per cui vagano ancora erranti lontano dall’unico ovile di Cristo. 7. Stando così le cose, è evidente che non può la Sede Apostolica prendere parte a queste riunioni né è permesso in alcun modo ai cattolici aderire o prestar l’opera propria a tali iniziative; cosi facendo attribuirebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai diversa dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo noi tollerare l’iniquissimo tentativo che la verità, e di più divinamente rivelata sia oggetto di transazioni? Ché qui si tratta proprio della difesa della verità rivelata. Dal momento che Gesù mandò per il mondo intero a diffondere tra tutti la buona novella gli apostoli, dopo aver loro tolto, per mezzo del preventivo insegnamento di tutta la verità da parte dello Spirito Santo, ogni possibilità di errore, forse che cotesta dottrina apostolica è mai venuta del tutto meno o fu talvolta alterata, in quella chiesa di cui Dio stesso è guida e custode ? E poteva il Signore, mentre dichiarò apertamente che il Vangelo non si riferiva solo ai tempi apostolici, ma abbracciava anche tutto il futuro, permettere un oscuramento progressivo dell’oggetto della fede, tale da trovarci a dover oggi tollerare opinioni contrastanti? Ma se questo fosse vero bisognerebbe pur convenire bestemmiando che la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e la sua stessa perpetua permanenza nella Chiesa e fin la Predicazione di Cristo han perduto ormai da parecchi secoli ogni efficacia ed utilità. Di più l’Unigenito Figlio di Dio quando ordinò ai suoi messi di evangelizzare tutto il mondo impose a tutti gli uomini il dovere di prestar fede alla verità insegnata da questi "testimoni preordinati da Dio" con la sanzione: "Chi crederà e sarà battezzato si salverà; e chi non crederà sarà dannato". Ora non si può nemmeno comprendere la portata e il valore di questo duplice precetto di insegnare cioè e di credere indispensabile al conseguimento dell’eterna salute, se non attraverso l’integra e chiara esposizione della dottrina evangelica fatta dalla Chiesa, e la sicurezza della sua infallibilità. A questo riguardo sono pure fuori di strada quanti ammettono sì l’esistenza in terra di un deposito di verità, ma ne subordinano la conquista a così faticoso lavoro, con studi ed indagini tanto diuturne, che sì e no la vita di un uomo potrebbe bastare; come se Dio nella sua immensa bontà, avesse parlato per mezzo dei profeti e del proprio Unigenito perché solo pochi ed anziani conoscessero la verità da lui rivelata, e non per imporre norme di fede e di morale a guida e sostegno dell’uomo nel suo corso mortale. 8. Potrà sembrare che codesti "pancristiani" tutti occupati nell’unire le Chiese si propongano il nobilissimo scopo di diffondere e d’intensificare tra tutti i cristiani il senso della carità; ma come mai potrebbe la carità rivolgersi in danno della fede? Nessuno certamente ignora che proprio Giovanni, l’apostolo della Carità, che pare nel suo vangelo aver svelato i secreti del Cuore Sacratissimo di Gesù e che sempre inculcava ai discepoli il nuovo comandamento: "Amatevi l’un l’altro", vietò ogni relazione con chi non professi piena ed incorrotta la fede di Cristo: "Chi viene a voi e non porta questa dottrina non accoglietelo in casa e non lo salutate nemmeno". Quindi, basandosi la carità sulla fede integra e sincera, occorre che principalmente sul vincolo dell’unità della fede si polarizzino gli sforzi per riunire i figli di Cristo. 9. Come è dunque possibile concepire una società cristiana i cui singoli componenti siano liberi di ritenere, anche quando si tratta dell’oggetto della fede, il proprio modo di pensare e di giudicare benché contrario alle opinioni degli altri ? E in che maniera, di grazia, armonizzerebbero a comporre una sola ed uguale unità di fedeli, uomini che seguono sentenze diverse! Come, per esempio, gli assertori della validità della sacra Tradizione, a fonte genuina della Rivelazione divina e quelli che la impugnano? Chi accetta l’origine divina della gerarchia ecclesiastica, coi suoi vescovi, sacerdoti e ministri, e chi la considera sorta mano a mano per le esigenze dei tempi e delle cose? Chi nella santissima Eucaristia, per la transustanziazione del pane e del vino, adora Cristo realmente presente e chi sostiene che ivi il Suo corpo è soltanto presente per la fede o per il segno e la virtù del Sacramento, chi nell’Eucaristia riconosce la natura di sacrificio e di sacramento e chi la giudica niente altro che memoria o rievocazione dell’Ultima Cena? E come potranno star insieme le contrastanti dottrine sulla bontà e utilità delle preghiere ai santi prima fra tutti la Vergine Maria Madre di Dio che regnano insieme a Nostro Signore, e della venerazione alle loro immagini, e quelle per cui il culto dei santi non è lecito in quanto si oppone all’onore dovuto a Gesù Cristo "solo mediatore fra Dio e gli uomini"? Date divergenze dottrinali così gravi e numerose non vediamo come si prepari la via a formare l’unità della Chiesa, mentre suoi requisiti essenziali sono un unico magistero, una unica legge del credere ed una sola fede. Sappiamo invece benissimo che da tutto questo all’indifferenza religiosa ed al modernismo è breve il passo. Per quelli infatti che ne han miseramente subito il contagio, la verità dogmatica non è già assoluta ma relativa, proporzionata alle diverse esigenze di tempo e di luogo ed alle varie tendenze degli spiriti, non essendo basata sulla rivelazione immutabile ma sull’adattabilità alla vita. Inoltre in materia di fede non si può assolutamente tollerare la distinzione posta tra articoli fondamentali e non fondamentali come se gli uni si imponessero a tutti e gli altri fossero lasciati all’arbitrio ed al gusto dei fedeli. La virtù soprannaturale della fede che ha per causa formale l’autorità di Dio rivelante, non permette una simile distinzione. Sicché i veri cristiani prestano, per esempio, all’augusto mistero della Ss.ma Trinità uguale fede che a quello dell’Immacolata Concezione, e credono cosi all’Incarnazione del Verbo come all’infallibilità del Romano Pontefice, così come il Concilio Vaticano la definì. Né per il fatto che le singole verità sono state definite e solennemente proclamate dalla Chiesa in tempi diversi ed anche recenti ne consegue una graduatoria nella loro certezza e credibilità. Forse non è sempre Dio che le rivelò? Il Magistero Ecclesiastico infatti, stabilito per divina provvidenza nel mondo allo scopo di conservare intatti in perpetuo le verità rivelate e di diffonderne con facilità e sicurezza la conoscenza, per quanto si eserciti quotidianamente per mezzo del Sommo Pontefice e dei vescovi in comunione con Lui, abbraccia pure il compito di definire, con riti e solenni decreti, quei punti della Sacra dottrina che, per errori di eretici e controversie, occorre spiegare con ulteriore efficacia e chiarezza e ribadire nelle menti dei fedeli. Però con questa forma straordinaria di insegnamento non si introducono invenzioni o comunque qualcosa di nuovo che venga ad aggiungersi alla somma delle verità almeno implicitamente contenute nel deposito della Rivelazione divina; si tratta invece o di chiarire punti che a taluni potrebbero rimanere tuttavia oscuri, o di dichiarare oggetto di fede verità prima ancora ritenute da taluno controverse. 10. Risulta quindi evidente, venerabili fratelli, il motivo del permanente divieto posto da questa Sede Apostolica ai fedeli di partecipare a riunioni degli acattolici. Ché l’unico modo possibile di favorire l’unità dei cristiani si è di agevolare il ritorno dei dissidenti alla unica vera Chiesa di Cristo, a tutti ben nota e, per volontà del proprio fondatore, destinata a rimaner in eterno tale come Egli la istituì per la comune salvezza di tutti. Che mai nel volgere dei secoli la mistica Sposa di Cristo fu contaminata né mai potrà contaminarsi secondo le belle parole di Cipriano: "Non può adulterarsi la Sposa di Cristo; è incorrotta e pudica; una sola casa conosce, di una sola stanza custodisce con casto pudore: la santità". E il medesimo santo martire bene a ragione si meravigliava che ci fosse qualcuno capace di credere che "questa unità proveniente dalla divina stabilità e saldata per mezzo dei sacramenti celesti possa nella Chiesa infrangersi ed esser sciolta per il dissenso di volontà discordanti". Se infatti il mistico corpo di Cristo, cioè la Chiesa, è ben connesso e solidamente collegato come il fisico suo corpo, sarebbe sciocchezza fallace il dire che il mistico corpo si risolva in membri separati e distinti. Chiunque ad esso non è congiunto non può esserne membro né comunica con il capo che è Cristo. Ora nessuno partecipa a questa unica Chiesa di Cristo, come nessuno vi rimane, se non conoscendo ed accogliendo con l’obbedienza la suprema autorità di Pietro e dei suoi legittimi successori. Non fu forse al Vescovo di Roma che obbedirono gli antenati degli odierni seguaci degli errori di Fozio e dei Protestanti? I figli si allontanarono purtroppo dalla casa paterna ma non per questo essa andò in rovina sostenuta com’era dal continuo aiuto di Dio. Ritornino dunque al padre comune ed Egli dimentico delle precedenti ingiurie contro la Sede Apostolica li accoglierà con tutto l’affetto del cuore. Ché se desiderano, come ripetono, unirsi con Noi e con i Nostri, perché non si affrettano a venire alla Chiesa " Madre e maestra di tutti i seguaci di Cristo?". Ascoltino la dichiarazione di Lattanzio: "La sola... Chiesa Cattolica è quella che mantiene il culto vero. Questa è la fonte della verità, questa la dimora della Fede, questo il tempio di Dio. E chiunque non v’è entrato o ne sia uscito rimane privo della speranza di salvezza. Nessuno deve cercare d’ingannare sé stesso con dispute pertinaci: qui si tratta della vita, e se non vi si pensa e provvede, la si perde irreparabilmente". Tornino dunque i Nostri figli dissidenti alla Sede Apostolica, posta nell’Urbe che i principi degli apostoli, Pietro e Paolo, consacrarono col loro sangue, alla sede "Radice e matrice della Chiesa cattolica": non già con l’idea o la speranza che la "Chiesa del Dio vivo, colonna e fondamento della verità" faccia getto dell’integrità della fede per tollerare i loro errori, ma per sottomettersi al suo magistero e governo. 11. Volesse il Cielo che toccasse a Noi di realizzare quanto non riuscì ai Nostri predecessori: di poter abbracciare con effusione paterna i figli di cui piangiamo il doloroso abbandono; così il Salvatore che vuol tutti gli uomini salvi e consapevoli della verità, ascoltando la nostra appassionata preghiera si degnasse di richiamare tutti gli erranti alla unità della Chiesa! E per conseguire cosi difficile intento invochiamo, e vogliamo s’invochi, l’intercessione della Beata Vergine Maria Madre della grazia divina, vincitrice di ogni eresia ed aiuto dei cristiani, perché ci ottenga quanto prima il sorgere di quel desideratissimo giorno in cui tutti gli uomini udranno la voce del suo Figliolo divino "conservando nel vincolo della pace l’unità dello Spirito". Voi ben comprendete, venerabili fratelli, quanto questo ritorno Ci stia a cuore e desideriamo che lo sappiano tutti i Nostri figli, non soltanto i cattolici ma anche quelli da Noi separati. E non v’è dubbio che se richiedono con umiltà di preghiera lumi celesti riconosceranno l’unica vera chiesa di Cristo e vi entreranno finalmente uniti con Noi in perfetta carità. In questa attesa a voi, venerabili fratelli, al vostro clero e popolo impartiamo di cuore, auspicio di doni divini e conferma di benevolenza paterna, l’apostolica benedizione. Data a Roma, presso S. Pietro, il 6 Gennaio 1928, Festa dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’anno VI del Nostro Pontificato.
PIO PP. XI
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