ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 27 ottobre 2016

Una “Chiesa in sfaceloˮ.

Il “manuale di stradaˮ scritto da una “Chiesa in sfaceloˮ

(di Mauro Faverzani) È stato presentato da taluni come un progetto del Catechismo dei Giovani della Chiesa Cattolica, da altri come una sintesi della Dottrina Sociale della Chiesa. In ambedue i casi, richiamandosi a ciò che già c’è, rischia di sembrare sin dall’inizio una sorta di “sovrastruttura”.
Esiste già, infatti, un Catechismo, che espone in modo comprensibile e chiaro la «fede della Chiesa e della Dottrina cattolica» secondo «la Sacra Scrittura, la Tradizione apostolica ed il Magistero della Chiesa», come confermato in merito dalla Costituzione Apostolica Fidei Depositum scritta da papa Giovanni Paolo II. Esiste già anche un Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che espone «in maniera sintetica, ma esauriente, l’insegnamento sociale della Chiesa», come ha dichiarato nella Presentazione del testo il card. Renato Raffaele Martino, all’epoca (si era nel 2004) presidente in carica (oggi emerito) del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Lì c’è tutto e chiunque può attingervi. Cercare altro rischierebbe di ripetere quanto qui scritto.
Eppure a qualcuno questo non basta. E così ecco inventare, con tanto di relativa app Docat, da poco uscito, presentato da papa Francesco come «un manuale di strada, la Parola di Cristo, della Chiesa e di tanta gente», mettendo insieme ambiti evidentemente legati, eppure per natura molto diversi tra loro. Alquanto discutibile la modalità con cui si è giunti alla sua stesura, affidata ad un gruppo di lavoro totalmente e solo espressione della Chiesa tedesca, peraltro in un momento storico che non la vede particolarmente in forma: più che una “Chiesa in uscitaˮ, sembra essere una “Chiesa in sfaceloˮ.

Forse altri avrebbero dunque potuto fare più e meglio in questa circostanza. Docatdovrebbe costituire la sintesi tra Catechismo e Compendio della Dottrina Sociale. Invece è qualcosa di diverso da un semplice riassunto. Introduce elementi di “novità”, che con le fonti non hanno nulla a che vedere. E che anzi rischiano di portare fuori strada. La «voce plurale» che dovrebbe parlare ai giovani, come è stata definita, richiama da vicino quella «gauche plurielle» di fine millennio inutilmente cavalcata in Italia dai vari Bertinotti, Cofferati e Napolitano. Una deriva, confermata dai contenuti.
Tra gli autori figura il giovanissimo prof. Markus Krienke, 38 anni, docente presso la Facoltà di Teologia di Lugano, presso la Pontificia Università Lateranense di Roma e presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano: è stato lui a sferrare sulla rivista Lateranum un virulento attacco al volume del teologo Padre Serafino Lanzetta, Il Vaticano II, un Concilio pastorale, volume “reo”, a suo dire, di “lesa maestà” nei confronti del Concilio Vaticano II. Non si sa se ciò possa esser stato valutato come criterio per l’ammissione nella redazione di Docat.
Di certo, però, quel che il prof. Krienke scrive appare sconvolgente: per capire se il linguaggio del nuovo «manuale di strada» sia o meno efficace, si è deciso di sottoporlo all’esame di una trentina di giovani. Ancor più appare singolare il tutto quando, in realtà, si noti come dal livello terminologico siano finiti – esperti e non – per correggere quello contenutistico. I giovani avrebbero “bocciato” qualsiasi riferimento «troppo dogmatico». È pericoloso e fuorviante che una tale obiezione sia stata accolta. Perché il dogma non è il babau, non è arbitrario, né discrezionale: semplicemente «propone verità contenute nella rivelazione divina», come specifica ilCatechismo della Chiesa Cattolica al n. 88. Ed è ovvio, quindi, come da questo non si possa prescindere, né lo si possa glissare o “aggiustare”, indipendentemente dal gusto e dal gradimento dei giovani censori.
Quando, pertanto, il prof. Krienke afferma non essere «mai autenticamente cristiana un’organizzazione, in cui fazioni e dogmi distruggano la creatività dell’individuo», mal pone la questione. Innanzi tutto, perché un dogma, proponendo per l’appunto «verità contenute nella rivelazione divina», contro le quali è per natura impossibile andare, non distrugge la creatività di nessuno. E poi perché, guarda caso, rischia di far finire nel calderone degli enti “da rottamare” anche la Chiesa o almeno una certa sensibilità ecclesiale, magari sgradita a chi sposi l’utopia di un cristianesimo “rivoluzionario”.
E non a caso il prof. Krienke afferma di riconoscersi nella frase di papa Francesco, secondo cui «un cristiano, che in questi tempi non sia un rivoluzionario, non è un cristiano». «Il Papa ha chiesto ai giovani di fare chiasso, cioè di svegliare il mondo», ha commentato il card. Louis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente diCaritas Internationalis, presentando Docat in occasione della scorsa Giornata Mondiale della Gioventù. Occorre fare attenzione, però: perché se questo chiasso non funge da richiamo a Dio, finisce per produrre solo rumori molesti. Esattamente ciò di cui la Chiesa, oggi, non ha bisogno. (Mauro Faverzani)

#Catechismo radical-chic


Papa Bergoglio ha dato alle stampe Do Cat, compendio della dottrina della Chiesa per i giovani. Oltre a citazioni bibliche, di santi e di teologi, appaiono in bella mostra le frasi e gli slogan di personaggi come Bill Gates, Nikita Krusciov, Marx, Lenin, Gandhi, Mandela, Lorenzo Milani, Oscar Luigi Scalfaro. Ma la più inutile e noiosa mi pare quella di Barack Obama (tutto meno che filo-cattolico) che suona così: “Quando è il momento giusto? Se non ora, quando? Se non noi, chi?”. Citazioni di Vladimir Putin e di altri della sponda avversa non pervenute. Quando si dice l’inclusione… (Fabrizio Cannone, “La Verità”)
Alla fine, l’unico vero compendio della Dottrina della Chiesa cattolica rimane l’intramontabile Catechismo di Pio X.
«La fede come tale è sempre identica. Quindi anche il Catechismo di san Pio X conserva sempre il suo valore. Può cambiare invece il modo di trasmettere i contenuti della fede. E quindi ci si può chiedere se il Catechismo di san Pio X possa in questo senso essere considerato ancora valido oggi. Credo che il Compendio che stiamo preparando possa rispondere al meglio alle esigenze di oggi. Ma questo non esclude che ci possano essere persone o gruppi di persone che si sentano più a loro agio col Catechismo di san Pio X. Non bisogna dimenticare che quel Catechismo derivava da un testo che era stato preparato dallo stesso Papa quando era vescovo di Mantova. Si trattava di un testo frutto dell’esperienza catechistica personale di Giuseppe Sarto e che aveva le caratteristiche di semplicità di esposizione e di profondità di contenuti. Anche per questo il Catechismo di san Pio X potrà avere anche in futuro degli amici» (Joseph card. Ratzinger, 30Giorni, 2003).

Chiamare le cose con il loro nome

(di Lorenzo Benedetti)  «Eretico? No, grazie». Nel mondo del politicamente corretto, vi sono parole che non si possono più pronunciare. Parole che danno scandalo, che indignano i perbenisti e risvegliano i radical-chic: eppure, solo pochi anni fa magari erano vocaboli della vita quotidiana, ancora ammessi nei documenti ufficiali e nel linguaggio giornalistico, burocratico, politico, ecclesiale.
Perché questo cambiamento? E che ruolo ha la Chiesa di oggi in tutto questo?Le parole perdono il loro valore perché vengono svendute, utilizzate per cercare di accontentare più persone possibili e cavalcare la corrente di pensiero dominante – la riduzione sincretica della Religione a sentimento di solidarietà e a mezzo per raggiungere la beatitudine terrena –, ma al caro prezzo di compromettere i fondamenti della Dottrina. Non può che stupire ed indignare, in questo senso, la statua di Martin Lutero che campeggia in Vaticano: che senso ha la statua di un apostata in mezzo alle immagini dei santi? Un’offesa verso chi, con la propria vita, è stato martire, testimone della Rivelazione, chi ha sacrificato la propria esistenza per Dio ed i fratelli in seno alla Chiesa cattolica?
È curioso come proprio la scultura – in concomitanza con l’uscita del libro Dialogo sulla fede tra il Papa ed un necessariamente poco loquace Lutero e la sua visita il 31 ottobre a Lund, in Svezia, per la celebrazione ecumenica in vista del V centenario della riforma protestante – sia adornata di una sciarpa gialla, tipico colore che caratterizzava gli eretici fino al XVIII secolo, con la scritta «Mit Luther zum Papst», con Lutero dal Papa. Strano accostamento, che balza all’occhio e fa capire che qualcosa non va: a Roma non si va dopo aver rinnegato Lutero, per rientrare in comunione col Pontefice?
«Non si può altrimenti favorire l’unità dei cristiani che procurando il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale essi un giorno infelicemente s’allontanarono: a quella sola vera Chiesa che a tutti è manifesta e che, per volontà del suo Fondatore, deve restare sempre quale Egli stesso la istituì per la salvezza di tutti», così scriveva Pio XI nell’enciclica Mortalium Animos (1926): in tempi di ecumenismo buonista, la Chiesa deve avere il coraggio di andare controcorrente, tornare davvero al Vangelo ma per affermare che la salvezza è possibile solo nella Cattolicità, che non a caso è universale.
La presa di posizione argina la perdita del senso. Perché dunque non affermarlo con decisione? La Chiesa deve essere un punto di riferimento: per il Credo, per la famiglia, per la morale, un perno che il mondo sente fermo e sicuro, una fonte di valori ed insegnamenti che non contrastino con la bimillenaria Tradizione ereditata dal Figlio e garantita dallo Spirito. Compito primario del Romano Pontefice non è, come sembra oggi, elargire denaro, montare docce o andare in pullman, bensì custodire l’integrità e l’ortodossia della Dottrina religiosa, per fungere da mirabile esempio a tutta la Comunità.
Ma torniamo alla succitata sciarpa: sul campo giallo sono disegnati la cattedrale di Wittenberg, dove Lutero affisse le sue famose 95 tesi, le Alpi e la Cupola di San Pietro, in un ideale percorso dalla Germania all’Italia. È possibile unire queste due realtà? Chi scrive se lo augura, ma attraverso un’unica strada: non certo la Charta Oecumenica che sarà forse presentata a papa Francesco, ma la conversione degli eretici.
In fondo, non è una parola offensiva, significa “scelta” in greco: sta alla volontà del singolo effettuare quella giusta.  «Soltanto (…) la Chiesa cattolica conserva il culto vero. Essa è la fonte della verità; questo è il domicilio della fede, questo il tempio di Dio; se qualcuno non vi entrerà, o da esso uscirà, resterà lontano dalla speranza della salvezza. E non conviene cercare d’ingannare se stesso con dispute pertinaci» (Lattanzio, Divinae Institutiones, IV, 30, 11-12). Le parole sono fondamentali, ed oggi nel mondo occidentale sono il vero atto di coraggio, dimostrato un tempo dai martiri con il proprio sangue: il coraggio di dire le cose come stanno, senza giri di parole. La forza di essere soldati di Cristo e di annunciare il Vangelo, affidandosi a Lui, e sentirsi liberi di dire “eretico” anziché “diversamente cattolico”, invece di cercare inutili vie di fuga. (Lorenzo Benedetti)   

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