IL GLORIA E IL MISERERE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Ano IX n° 12 - Dicembre 2016
La tenerezza della bontà di Dio, che scende sulla terra, è avvertita da chi sente il cocente bisogno di essere perdonato e riedificato.
Per questo il Natale è un grande invito alla conversione.
Che senso avrebbe contemplare la bontà di Dio per noi, la sua tenerezza per noi nel Dio-Bambino che nasce a Betlemme, dimenticando che Lui è qui per liberarci dal peccato e dalla morte?
E che senso avrebbe considerare la sua opera di salvezza per noi, non domandando perdono dei nostri peccati?
Nostro Signore viene nel mondo per liberarci dal peccato e noi gli diremo che non abbiamo peccato? Viene nel mondo l'Eterno, per liberarci dall'abisso del male e noi gli diremo che il nostro peccato non è poi così grave?
Questo equivarrebbe al rifiuto di Cristo stesso. Questo mondo, che non chiede perdono perché ha perso il senso del peccato, non può capire il Natale cristiano e infatti ne fa un gran “pasticcio”.
Ne siamo sempre più convinti, il mondo non si divide tanto in giusti e ingiusti, ma sopratutto si divide tra chi intona il “Miserere” e chi continua a non farlo. È questa la grande separazione che passa nel mondo. E oggi passa terribilmente anche dentro la Chiesa.
Difronte ai fatti che accadono chi ancora domanda perdono per i propri peccati?
E cosa deve ancora accadere perché si intoni il Miserere?
Catastrofi naturali, gravi situazioni sociali non ci inducono al dolore dei peccati.
E il Natale nell'anno dei terremoti e delle leggi più immorali che la storia abbia mai conosciuto, passerà edulcorato nella solita falsificazione.
È questa la malattia del mondo, che non avendo il senso di Dio ha perso il senso del peccato; è questa la malattia che è entrata potentemente nella Chiesa grazie all'aggiornamento; e la chiesa aggiornata si appresta anch'essa a “pasticciare” per l'ennesima volta col Natale perché non ricorda più che Gesù viene a liberare l'uomo dal tremendo suo peccato.
È proprio sorto un “nuovo cristianesimo” che non sa cosa sia la compunzione e la penitenza.
Eppure tutta la Rivelazione parla invece di un invito urgente alla conversione.
Nostro Signore non dice che questo, e la sua misericordia sta proprio nell'intimare la conversione e nell'ottenerci con la sua Incarnazione - Passione e Morte la grazia necessaria perché il nostro cambiamento accada.
Per chi si scandalizza del nostro scrivere citiamo solo uno dei tanti passaggi del Vangelo dove l'appello al pentimento risuona:
“In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo»” (Lc 13, 2-4).
Non si tratta di fare gli “avvoltoi” sulle sofferenze degli altri; piove sui giusti e sugli ingiusti; i santi sono chiamati a portare croci come i peccatori. Si tratta però di rendersi conto che il mondo, anche la natura sono sconvolti dal peccato degli uomini. Si tratta di sentire il dolore del proprio male mentre scorgi il male diffuso nel mondo: umanamente sembri non centrare nulla, ma soprannaturalmente centri eccome, perché il tuo peccato contribuisce sempre al male del mondo intero.
Eppure tutto accade senza che si intoni il Miserere!
E quanto deve ancora accadere perché il cuore si risvegli dentro un salutare dolore?
Quando i Pastori della Chiesa, Vescovi e sacerdoti, torneranno ad essere guide del popolo nella verità, intimando la pubblica penitenza a tutto il popolo? Quando per primi, dopo essere stati l'eco fedele del richiamo di Cristo alla conversione, per primi precederanno il popolo in questa pubblica penitenza?
Difronte agli avvenimenti dolorosi, che siano terremoti o violenze umane, la Chiesa deve ricordare l'appello alla conversione, deve intonare pubblicamente il suo Miserere, altrimenti tradisce il suo compito, e questo è terribile!
Nei secoli, in tutti i secoli, ma proprio tutti, il popolo cristiano ha fatto così: guidato dai suoi pastori si è affidato all'intercessione dei santi per chiedere a Dio misericordia... perché ha assaggiato già in questo mondo le conseguenze del suo peccato.
Ma al popolo cristiano oggi mancano pastori così, che abbiano il coraggio di bandire la pubblica penitenza, e così i pastori finiscono per abbandonare il popolo al suo destino.
Ma al popolo cristiano rischiano di mancare anche i santi, quelli veri, cui affidare la propria penitenza difronte a Dio: abbiamo cercato nuovi santi, quelli di un cristianesimo facile fatto di esperienza spirituale senza dolore dei peccati, senza compunzione.
Abbiamo tolto dalla vita dei nuovi santi la penitenza, ingombrante retaggio di una cristianità che fu.
I pastori ammodernati e i santi edulcorati non fanno penitenza e non fermano il male, e saranno presto rigettati come inutili: ma quanto deve ancora accadere perché ci si risvegli?
Fare un Natale senza rispettare lo spessore del mistero del male sarebbe banalizzare la venuta di Cristo in mezzo a noi.
Fare un Natale senza penitenza e domanda di conversione sarebbe misconoscere perché Cristo nasce a Betlemme.
Non c'è un Gloria senza Miserere, almeno nel cristianesimo.
L'anno santo è terminato, ma se non ci ha invitati alla penitenza è stato vano: chiediamo alla misericordia di Dio che così non sia.
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