Aborto, il dialogo immaginario tra papa Francesco e Jude Law
In «The Young Pope» un dialogo che sembra quasi un confronto
a distanza tra le posizioni progressiste di papa Bergoglio e quelle
intransigenti di papa Belardo
Non è la prima profezia di Paolo Sorrentino in The Young
Pope. Ma se quella su Bob Dylan e il Nobel il regista l’aveva aggiunta a
notizia avvenuta — con un’inquadratura di spalle a mascherare il trucco —
quella su papa Francesco e l’aborto lascia stupefatti, sembra quasi un
confronto a distanza tra le posizioni progressiste di papa Bergoglio («assolvetemedici e donne che abortiscono») e quelle intransigenti espresse nella serie da
papa Belardo (il Pio XIII interpretato da Jude Law).
LA NONA PUNTATA
Nella nona puntata della serie tv che si è chiusa la
settimana scorsa va in scena un dialogo tra Pio XIII e il suo padre spirituale,
il cardinale Michael Spencer (James Cromwell), che si fa portavoce delle
posizioni più avanzate della Chiesa. Spiega il cardinale Spencer: «Dio non è
per te, Lenny: è per gli uomini che non sanno che farne della libertà. Stai
sbagliando sull’aborto. Stai spargendo un dolore che neanche riesci a capire ed
è la cosa peggiore che può fare un essere umano. Hai fatto proprio il genere di
errore che andava a tutti i costi evitato: introdurre tesi che prese
singolarmente sono vere, ma che sommate insieme costituiscono un sistema...
eccessivamente rigido». Un’affermazione a cui replica — duro — Papa Pio XIII:
«Quando si parla di aborto la rigidità è l’unica alternativa. È inutile girarci
intorno: è un crimine. La Chiesa si è sempre attenuta a questa tradizione ed è
soltanto il moderno lassismo che vuol trasformare in diritti i peccati. Non
certo per incoraggiarli: nessuno è davvero a favore dell’aborto. Ma per
indebolire il principio di autorità».
IL CARDINALE LO SPRONA
Ma il cardinale lo sprona: «Ma per favore Lenny, sai bene
che i versetti della Bibbia sono un po’ più complicati di così. Che l’aborto
sia un disordine morale grave è assolutamente fuori discussione. Io ti imploro
Lenny, devi rivedere la tua posizione sull’aborto: duro sul principio, morbido
sulla pratica. E lascia che ti ricordi quello che Sant’Alfonso diceva
dell’aborto. In un aborto sono tutti colpevoli, tutti eccetto la donna».
21 novembre 2016
http://www.corriere.it/spettacoli/16_novembre_21/aborto-dialogo-immaginario-papa-francesco-jude-law-sorrentino-young-pope-ab8171ea-b006-11e6-a471-71884d41097a.shtml#
Peccato di aborto. Le parole del papa e quelle dei giornali
«Assolvete medici e donne che abortiscono». Titola così, nella sua home page, il quotidiano Repubblica. Con tanto di virgolette. Il soggetto sottinteso è il papa, e l’uso dell’imperativo dà alla frase un tono pressante. Solo che il papa quella frase non l’ha mai pronunciata, né tanto meno scritta.
Il titolo vuole riassumere il contenuto della lettera apostolica Misericordia et misera, nella quale Francesco, al termine del giubileo della misericordia, stabilisce che d’ora in poi a «tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero», sarà concessa «la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato d’aborto». Si noti: lafacoltà di assolvere, non l’obbligo, e certamente non l’imperativo, come invece si deduce dal titolo di cui sopra.
Ha spiegato monsignor Rino Fisichella in conferenza stampa: «Come si sa, questo peccato era riservato ai vescovi, che di volta in volta, a seconda delle circostanze, concedevano ai sacerdoti delle loro rispettive diocesi la facoltà di assolvere». Adesso invece, «in forza del loro ministero, cioè per il fatto stesso di essere ministri della riconciliazione, il peccato di aborto potrà essere perdonato da ogni sacerdote, senza più alcuna delega particolare».
Si noti: potrà essere perdonato.
Vado a cercare il punto del documento. È il numero 12, a pagina 22. Ed ecco le parole del papa: «Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre».
Si noti: quando Dio trova un cuore pentito che voglia riconciliarsi con il Padre.
Poi il papa aggiunge: «Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione».
Si noti: il papa parla di penitenti.
Lascio al lettore il confronto tra i concetti espressi da Francesco e il titolo di Repubblica.
Ma vediamo altri titoli delle edizioni on line di alcuni giornali, con i miei umili commenti tra parentesi.
Corriere della sera: «Aborto, svolta del Papa: i preti assolvano chi procura il grave reato» (di nuovo l’imperativo, inesistente nelle parole del papa, e poi quella parola, reato, al posto di peccato!).
Il Messaggero: «Aborto, svolta di papa Francesco: i preti possono assolvere donne e medici che si pentono» (che si pentono e vanno a confessarsi, bisognerebbe aggiungere).
Gazzetta del Sud: «Svolta di Papa Francesco sull’aborto: sì al perdono» (perché prima c’era forse un «no al perdono»?).
Il Tempo: «Il Papa: chi ha procurato peccato di aborto sarà assolto» (sarà assolto sempre e comunque?).
Il Secolo d’Italia: «Papa Francesco concede per sempre l’assoluzione dal peccato di aborto» (che significa «concede per sempre»? E le condizioni?).
Quotidiano.net: «Aborto, papa Francesco: è un peccato ma va perdonato» (ma sì, colpo di spugna!).
Consumatrici.it: «Papa Francesco: aborto, peccato da assolvere» (ridomando: da assolvere sempre e comunque?).
Mi fermo qua. Ecco come, nella vulgata massmediatica, vengono spesso tradotte le parole del papa. Lo so, lo so: tradurre è sempre un po’ tradire, ma qui il tradimento è bello grosso! So anche, e parlo per esperienza diretta, che fare i titoli non è mica facile, perché bisogna condensare in pochissime parole un pensiero anche complesso, però nessuno dovrebbe sentirsi libero di stravolgere completamente la verità. So anche che le edizioni on line dei giornali producono titoli e notizie con grande velocità, ma il tentativo dovrebbe essere quello di mettere insieme velocità e verità, non di sacrificare la verità alla velocità. O no?
Le decisioni di Francesco possono piacere o non piacere. In ogni caso, prima di tutto, andrebbero riportate correttamente, non stravolte.
Qualcuno, parafrasando proprio Francesco, potrebbe chiedermi: chi sei tu per giudicare? Nessuno, ovviamente. Però sono un po’ stanco di questa cosiddetta società dell’informazione che è più che altro una società della disinformazione e quindi della mistificazione, e non mi va più tanto di vivere in questo villaggio globale nel quale di globale c’è soprattutto la confusione, voluta e alimentata da precisi interessi di parte.
Fra i titoli più onesti che ho trovato c’è quello del Fatto quotidiano: «Papa Francesco: concedo ai sacerdoti la facoltà di assolvere quanti hanno peccato di aborto». La dimostrazione che si può essere sintetici e corretti. Bene anche Tgcom.24: «Giubileo, il Papa nella sua Lettera: “Concedo a tutti i sacerdoti di perdonare il peccato dell’aborto”», con una precisazione immediata nel sottotitolo: «Interrompere la gravidanza resta una colpa grave perché pone fine a una vita innocente, tuttavia non esiste peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere».
Idem per L’Huffington Post: «Papa Francesco dopo il Giubileo: “Tutti i preti potranno assolvere il peccato di aborto”».
Il Post sceglie un’altra strada, più neutra, ma scivola sulla sintassi perché scrive «Cosa ha deciso il Papa sull’aborto» (si dice «che cosa ha deciso», non «cosa ha deciso») e poi, nel sottotitolo, un’ambiguità: «Nella lettera che chiude il Giubileo ha stabilito che tutti i sacerdoti potranno assolvere chi si è pentito, e non solo alcuni vescovi». Col che uno può pensare che i vescovi siano quelli da assolvere, non quelli che possono assolvere.
Sento già l’obiezione: senti un po’, maestrino, ma tu non sbagli mai?
Certo che sbaglio, eccome. Ma proprio perché so quanto sono fallibile cerco, non sempre riuscendoci, di mantenere in funzione il neurone che mi resta. E intanto medito su una frase di un certo signor Joseph Pulitzer (sì, quello del famoso premio giornalistico): «Una stampa cinica e mercenaria, prima o poi, creerà un pubblico ignobile».
Aldo Maria Valli
Aldo Maria Valli
http://www.aldomariavalli.it/2016/11/21/peccato-di-aborto-le-parole-del-papa-e-quelle-dei-giornali/
IL PAPA, L’ABORTO, E LO STUOLO DEI LECCA CALZINI
Marco Tosatti
Il bel testo del Papa che prolunga indefinitamente quello che è già successo per tutti i dodici mesi scorsi ha provocato qualche sconforto a chi segue con amore non scevro di lucidità l’informazione; e a chi segue le vicende interne della Chiesa.
Il documento del Pontefice, al N.12, recita così: “Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione”.
Parla di peccato grave (qualche giorno fa ha parlato di “crimine orrendo”), di pentimento, di riconciliazione. Cioè di qualcuno che non intende commettere di nuovo ciò che ha fatto, vuole riconciliarsi con Dio, va a confessarsi – elemento non trascurabile in tutto questo processo – e cerca l’aiuto della Chiesa.
Insomma, tutto un lavoro, un processo, un percorso, come si usa dire adesso.
Dai titoli dei giornali l’impressione è varia. Si può capire che finalmente la Chiesa, grazie a un gesto rivoluzionario del Pontefice, adesso perdona chi commette un aborto; oppure che finalmente perdona i colpevoli; che infine i preti possono assolvere i responsabili (ma già prima molti religiosi potevano, e da un anno tutti i sacerdoti); fino ad arrivare a chi suggerisce che il Papa abbia come passato un colpo di spugna su questo peccato, definito, lo ricordiamo da lui stesso, poco prima, un crimine orrendo.
Se leggiamo alcuni commenti il piatto si fa ancora più ricco e variato. Ora la peccatrice ha la possibilità di cambiar vita (Prima no?); in realtà ha già espiato con il dolore provato; dopo questo allargamento indefinito della possibilità di assolvere da parte dei preti cade il ruolo di “grande peccatrice” della donna, anche perché molte di quelle he hanno abortito lo avrebbero fatto non per una loro scelta, ma per questioni culturali; e infine grazie al Pontefice la Chiesa non è più una spcie di ente che emana norme ma una madre pronta ad aprire le braccia ai peccatori.
Capisco e perdono i titolisti. E’ un mestiere difficile, ingrato e in cui si perde sempre. Capisco un po’ meno persone e colleghi che frequentano preti e papi se non dai trentacinque anni in cui è capitato a e, almeno da un numero sufficiente di lustri per ricordare le parole piene di affetto di misericordia verso le donne che hanno un aborto alle spalle di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
“Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete fatto ricorso all’aborto. La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non s’è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Vi accorgerete che nulla è perduto e potrete chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel Signore”.
Quello che avete appena letto era Giovanni Paolo II, nell’Evangelium Vitae, del 1995. Se l’immagine che ne esce è quella di una Chiesa arcigna e matrigna, io sono un coccodrillo arancione.
Ma tant’è! Nello sforzo di dimostrare che la Chiesa comincia dal Conclave del 2013 si fa di tutto. E poi ci sono quelli che cercano di ingraziarsi il sovrano regnante accusando i suoi eterni nemici, i Rigidi, i Conservatori, i Kattivi di sempre, insomma; e nell’entusiasmo mescolano a presunte critiche e resistenze a questa decisione papale (in vigore già da un anno, non dimentichiamolo) la richiesta di chiarimenti sull’Amoris Laetitia presentata da quattro cardinali, e finora rimasta inevasa.
Come ha chiamato gli adulatori, il Pontefice? Lecca calzini? Ecco.
Marco Tosatti
Assoluzione da aborto,ecco perché cambia
Tra le disposizioni contenute nella Lettera apostolica Misericordia et Misera, pubblicata il 21 novembre, quella che avrà l’effetto più risonante è certamente l’estensione in modo stabile a tutti i confessori della possibilità di assolvere il peccato di aborto procurato e contemporaneamente di rimettere la scomunicalatæ sententiæ ad esso legata.
Il provvedimento, infatti, era già stato preso all’inizio del Giubileo straordinario, un anno fa, come misura altrettanto straordinaria, per favorire il ricorso più ampio possibile di tutti i fedeli al sacramento della confessione e favorire così quella generale purificazione dalle colpe del popolo cristiano, che è il senso ultimo di ogni Anno santo. Ora questa concessione viene estesa ad ogni sacerdote che confessa. Il cambiamento è molto importante: vediamo dunque di capirne meglio la portata con l’aiuto di qualche domanda e relativa risposta, speriamo, chiarificatrice.
1) Fino ad un anno fa il peccato di aborto non veniva assolto?Ovviamente sì, veniva assolto, è logico. Non c’è colpa per quanto grave, che non possa essere perdonata, quando colui che la confessa è sinceramente pentito, pronto a correggersi e disposto a compiere una penitenza proporzionata.
Però comportava delle restrizioni. Per semplificare, poniamo il caso di colui o colei che (sino ad un anno fa) si presentava al confessionale e, tra le altre cose, si riconosceva colpevole di aver compiuto un aborto. Precisiamo che il peccato coinvolge a pieno titolo sia la donna che lo ha compiuto, sia i familiari che l’hanno incitata ad esso, sia il personale medico che ha cooperato direttamente alla sua realizzazione, sia i politici che lo promuovono.
A questo punto il confessore non poteva che ricordare a questa persona la gravità del peccato commesso (o favorito) e delle sue conseguenze, tra le quali il fatto di essere incorsa nella scomunica. Doveva inoltre – eccoci al punto – spiegarle che per essere assolta da questo peccato e contemporaneamente essere sciolta dalla scomunica annessa doveva rivolgersi ad alcuni sacerdoti autorizzati: il vescovo diocesano, il suo vicario generale, il canonico penitenziere della cattedrale e altri ancora incaricati ad hoc. Il ricorso ad uno di questi sacerdoti poteva essere fatto in due modi: o il penitente andava personalmente al più presto da uno di questi sacerdoti e ripeteva la confessione; oppure il confessore lasciava in sospeso la confessione in corso, ricorreva lui stesso ad una delle figure sopra elencate (naturalmente fatto salvo il segreto circa l’identità del penitente in questione) e, ricevuta l’autorizzazione, invitava il penitente a tornare per impartirgli l’assoluzione con relativa remissione della scomunica.
È evidente che questo procedimento rendeva più laborioso ricevere l’assoluzione di questo peccato. Ma questo non significa in alcun modo che si volesse porre ostacoli al perdono: molti anni prima che ci fosse un giubileo intitolato alla misericordia di Dio, già il Catechismo della Chiesa Cattolica assicurava che, ponendo delle regole per l’assoluzione di questa colpa, “la Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. (Ma piuttosto) essa mette in evidenza così la gravità del crimine commesso” (n. 2272)
2) Perché era stata posta la necessità di ricorrere a sacerdoti appositamente incaricati? Forse perché la scomunica rende più grave il peccato?
Il delitto dell’aborto procurato è un peccato mortale e nulla può rendere un peccato mortale più grave di quanto già sia. Il peccato mortale è la cosa più grave in assoluto sulla faccia della terra e oltre ad esso non c’è nulla.
Sarebbe poi assurdo che la Chiesa intervenisse per rendere più grave una cosa già mortalmente grave! Il compito della Chiesa è combattere il peccato non certo ‘aggravarlo’.
Il senso di una censura ecclesiastica, dunque, non è quello di peggiorare una situazione di peccato, ammesso e non concesso che sia peggiorabile; il senso è, al contrario, quello di rendere più evidente la gravità di un peccato in modo da mettere in guardia coloro che non lo valutano adeguatamente per ciò che è.
3) Allora perché l’Autorità della Chiesa aggiunge la scomunica?
La scomunica è un’aggravante non sul peccato, ma sul peccatore, in quanto gli manifesta la gravità di ciò che ha fatto, e non solo per la sua personale vita morale, ma anche per la comunità: la scomunica, come dice la parola stessa, è la pena per l’impatto che il peccato commesso ha non solo sui singoli, ma sul corpo ecclesiale e sociale. Infatti “l'aborto va oltre la responsabilità delle singole persone e il danno loro arrecato, assumendo una dimensione fortemente sociale: è una ferita gravissima inferta alla società e alla sua cultura da quanti dovrebbero esserne i costruttori e i difensori … ci troviamo di fronte ad un'enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui, ma anche dell'intera civiltà” (Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium vitæ, n. 59).
Perché infatti l’Autorità della Chiesa avrebbe legato l’aggravante della scomunica ad alcuni peccati mortali e non a tutti, e in particolare al delitto dell’aborto, se non per questo motivo? Perché esso porta con sé dei fattori di particolare impatto sociale.
Vediamoli brevemente:
- un peccato diviene particolarmente grave quando colpisce un innocente perché, oltre al danno recato, è anche un atto di ingiustizia, poiché qualunque azione contro un innocente è immeritata; così pure è particolarmente grave quando colpisce un debole perché è anche un atto di prevaricazione, poiché il debole non può difendersi. Ora, è evidente che l’ingiustizia e la prevaricazione sono fattori fortemente destabilizzanti per la struttura della comunità umana; ed è altrettanto evidente che nessun crimine ha per vittima un soggetto più innocente e indifeso di un bambino nel grembo della madre. Dunque l’aborto costituisce un disordine sociale gravissimo. Ecco perché Madre Teresa di Calcutta poteva dire in tutta verità che il più grande nemico della pace nel mondo è l’aborto! (cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitæ, III).
- Il pericolo che gli uomini sottovalutino la gravità di un peccato è tanto più grande nella misura in cui sono numerosi e autorevoli coloro che minimizzano tale gravità. Ora, nel caso dell’aborto è lo Stato stesso, cioè la massima fonte di autorevolezza sociale, che ha dichiarato l’aborto addirittura legittimo. Dunque è evidente che una tale azione pubblica di contrapposizione alla legge di Dio deve essere sanzionata nel modo più forte possibile dall’Autorità della Chiesa, che infatti ha comminato la pena ecclesiastica più grave, a tutela della verità divina e della dignità della persona.
- L’aborto ha evidentemente come effetto primario l’uccisione di un innocente, ma ha un effetto ugualmente devastante sulla comunità nel quale si compie: la vita della madre è segnata per sempre, il rapporto di coppia e la vita coniugale, già in atto o in prospettiva di realizzazione, ne viene sconvolta, tutto l’ambiente di vita, dei partenti e degli amici, ne subisce un contraccolpo. Dunque, insieme al bambino non nato, è la famiglia, comunità base della Chiesa e della società, la ‘vittima’ dell’aborto, ed è anche per tutelare questo immenso valore che viene comminata la scomunica.
4) Quali potrebbero essere gli effetti di questo cambiamento normativo?
Dopo tutto ciò che abbiamo detto, risulta chiaro qual è il motivo per cui al delitto di aborto è legata la scomunica e il perché la remissione della scomunica non era ‘facilitata’. Dopo le disposizioni contenute in Misericordia et Misera non viene modificata la legge canonica e quindi la scomunica legata all’aborto resta, ma non è più necessario ricorrere ad un confessore ‘speciale’ e qualunque sacerdote può assolverlo.
Indubbiamente questa nuova prassi potrà facilitare, come ci auguriamo, l’avvicinamento al confessionale di coloro che si convertono dopo questo orribile peccato.
D’altra parte speriamo vivamente che non diventi oggetto di strumentalizzazione da parte delle lobby abortiste e dei guru della mentalità dominante che approfittano di tutto pur di far apparire meno dura la condanna inappellabile della Chiesa, che è l’unica voce fuori dal coro rimasta. Purtroppo sappiamo bene che nella manipolazione dei media facilmente ciò che anche solo indirettamente viene meno sanzionato, significa che, anche per la Chiesa, è diventato meno grave, e se è meno grave alla fin fine vuol dire che si può fare. Occorrerà dunque moltiplicare la vigilanza perché i fedeli non cadano in questa trappola.
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