Gli spettacolari progressi dell’eresia sotto il pontificato
di Papa Bergoglio non ci devono mai far perdere di vista la realtà: Papa
Francesco non è il primo Papa a porre dei problemi quanto alla sua personale
adesione alla fede cattolica, né il primo Papa a dare scandalo pubblico a tutti
i fedeli. I problemi posti alla coscienza cattolica da Francesco sono gli
stessi posti da Benedetto XVI, Giovanni Paolo II o Paolo VI.
Qualcuno giustamente
vorrà far notare la particolare varietà e violenza degli errori e delle eresie
che imputridiscono l’attuale pontificato: ma la quantità maggiore non cambia il
problema, perché l’eresia è tale anche quando una sola verità della fede è
attaccata; qualitativamente siamo di fronte al medesimo problema.
Si potrebbero
perfino, in modo paradossale, trovare dei vantaggi all’attuale stato di cose.
Il primo è che la virulenza dell’errore è diventata talmente palese che il
gioco dei conservatori di nascondersi dietro alle ermeneutiche è diventato
sostanzialmente impossibile. Il secondo è che ogni apparenza di uso
dell’autorità è scomparsa: il Papa non usa nemmeno i contenitori che servivano
in passato agli insegnamenti magisteriali, ma lancia messaggi che si presentano
sostanzialmente come provocazioni di carattere mediatico. Questo però non deve
essere considerato un’attenuante alla gravità: l’assenza, più evidente di
prima, di carattere magisteriale dalle esternazioni di Bergoglio non diminuisce
lo scandalo immenso che provocano dentro e fuori la Chiesa. Anzi proprio il
loro carattere mediatico e la loro particolare efficacia comunicativa ne fanno
un mezzo di far strage nelle anime, di condurre all’errore e perfino al
peccato. Il Papa della misericordia in effetti sembra essersi specializzato nel
rassicurare i peccatori e nel mortificare i buoni. Fin dall’inizio del suo
pontificato si è dato di gran cuore a questo sport, mascherato da pretese
evangeliche che lo fanno apparire come il censore dei farisei e l’amico dei
pubblicani. In realtà la falsità di queste pretese è visibile proprio dal fatto
che attacca ciò che i buoni fanno di giusto, e loda ciò che i cattivi fanno di
male, invece di incoraggiarli alla conversione. Tutti ricordiamo l’elogio della
coscienza come norma assoluta del bene e del male nel famoso dialogo con
Scalfari, testo che dopo vari tira e molla è ormai ufficialmente pubblicato in
un libro edito dalla Libreria Vaticana, e quindi fatto proprio da Bergoglio in
tutti i suoi contenuti. Tutti ricordiamo il suo rifiuto di giudicare gli
omosessuali, espresso in una formula rimasta famosa e potenzialmente capace di
giustificare qualsiasi comportamento; e il 24 gennaio ha «misericordiosamente»
ricevuto un transessuale spagnolo con la fidanzata in udienza privata, per
consolarlo del cattivo trattamento che avrebbe ricevuto in parrochia.
Recentemente lo abbiamo sentito prendersela con chi si sacrifica per avere
figli, paragonato ai “conigli”, il che si configura come un’incitazione alla
contraccezione. Il Sinodo ha fatto passare fin d’ora il messaggio che il
divorzio è (come minimo) comprensibile e accettabile, e almeno nella relatio
dopo la prima parte i vescovi ci hanno detto che occorre considerare
positivamente «l’appoggio prezioso per la vita dei partners» presente nelle
unioni omosessuali. Sugli elogi alle false religioni, che di certo non
condurrebbero a l l ’ i n f e r n o , s u l l a “ g r a z i a ”
dell’interreligiosità, pronunciati durante il viaggio a Ceylon e nelle
Filippine 1 , come sulla tomba di san Paolo 2 , non c’è molto da dire per chi
conosce il documento conciliare Nostra aetate e il trentennale pontificato di
Giovanni Paolo II: tutto si iscrive in un’ammirabile continuità, che non
necessita di alcuna ermeneutica. Del resto egli promuove gente come Baldisseri,
che ci spiega che non si fa un Sinodo per ripetere quello che si è sempre
sostenuto, e che non è perché un paradigma ha duemila anni che non si può
mettere in discussione; mentre punisce volentieri chi ha qualche apparenza
(vera o presunta) di “tradizione”. Sembra quasi un’attitudine diabolica, quella
del Papa che fa le corna in pubblico come una rockstar e che continuamente
reprime la pietà, la dedizione, il sacrificio, per poco che escano da una
visione ultramondana della religione, e elogia qualsiasi atteggiamento non
“ortodosso”. Se non avessimo di fronte un quasi-ottuagenario (che però dà del
nonnino a Ratzinger), si potrebbe pensare alla ribellione di un adolescente che
è attirato da tutto quello che mamma gli ha proibito. Del resto però Papa
Francesco è disposto a difendere la mamma anche a costo di menare le mani: una
battuta che certamente era diretta a spiegare la prevedibilità di una reazione
violenta davanti alle offese eclatanti dei vignettisti, ma che ha lasciato
molti di stucco, se non altro per il becerismo dell’espressione. Il rispetto,
ci dice Francesco, è dovuto a tutte le religioni (citando tra l’altro la
critica di Papa Benedetto al disprezzo post-moderno per ogni espressione
religiosa, considerata dai laici sottocultura: Ratzinger accetta di considerare
le religioni come semplice espressione umana, purché nobile, e per questo degna
di essere rispettata da atei e umanisti “laici” - discorsi da manuale del
modernismo d’inizio Novecento, quello di Pascendi). Occorre qui fare una
precisazione: recentemente sembra rafforzarsi una certa opposizione all’attuale
pontificato, in particolare sul tema della “famiglia” e connessi. In
particolare, è stata di recente pubblicata un’intervista del Cardinal Burke
rilasciata all’emittente France2. In essa il Cardinale dichiara di essere
pronto a resistere a Francesco sulla questione dei divorziati risposati, ed
esprime il principio che il Papa non può cambiare l’insegnamento della fede.
Molto bene, diranno in tanti. In realtà, al di là delle intenzioni e della
figura del presule americano, dobbiamo temere che non si tenti un “punto di
raccolta” intorno alla versione ratzingeriana (o “conservatrice”) del Concilio,
per farne la base di un’opposizione dialettica a Bergoglio. Dobbiamo temere che
non si realizzi quanto avevamo profetizzato dopo l’elezione di Bergoglio 3 :
cioè che Ratzinger abbia riunito i “meno peggiori” intorno a un’interpretazione
“ortodossa” del Concilio, impedendo così che l’opposizione al nuovo balzo in
avanti, alla nuova antitesi bergogliana, si raduni intorno alla vera dottrina
cattolica, e quindi anche al rigetto delle dottrine conciliari e della nuova
messa. Quindi: bene che il Cardinal Burke si opponga alla comunione ai
divorziati conviventi, ma sarà una guida e un eroe quando si opporrà a tutte le
deviazioni contro la dottrina cattolica, comprese quelle di Ratzinger, dalla
collegialità alla libertà religiosa. Bene ammettere che il Papa non può
cambiare la dottrina, ma indispensabile ricordare che quello che fa Francesco
oggi su un punto è già stato fatto dai predecessori su altre questioni.
Altrimenti avremo un inganno ulteriore e molto pericoloso per le anime di buona
volontà, che crederanno di opporsi a Bergoglio in nome del Vaticano II e di
Giovanni Paolo II. Et erit novissimus error peior priore. Qualcuno ha voluto
notare che alla fine dei Vespri ecumenici a San Paolo al Papa è scivolato via
il piviale, quasi un segno di dimissione dell’autorità papale. In realtà il
manto (che non era un semplice piviale), segno del potere pontificio, fu
abbandonato volontariamente molti anni fa da Paolo VI. Inutile cercare
significati a eventi fortuiti (non siamo aruspici etruschi), e dimenticare il
disegno di destrutturazione dell’espressione del papato, voluto e perseguito
con rigore da Paolo VI e culminato con l’abdicazione di Benedetto XVI, di cui
oggi viviamo i frutti evidenti. Quanto al rivestirsi di simboli religiosi
altrui, molto prima dello scialle buddista di Bergoglio a Ceylon, è stato la
specialità di Papa Wojtyla: chi non ne rammenta le performances con l’occhio di
Shiva, con il copricapo da pellerossa adoratore di Manitù, con insegne delle
più svariate superstizioni? Don Villa ha pubblicato queste foto per anni
sostanzialmente in ogni numero della sua rivista4 : impossibile per un
tradizionalista non averle presenti e fare tanto d’occhi d a v a n t i a
Bergoglio coperto di arancione. Per il buddismo, che proprio a Ceylon ha
scritto pagine cruente e ancora aperte di guerre e persecuzione anche contro i
cristiani, Francesco ha avuto parole di aperta lode e ammirazione, recandosi
commosso a “rendere la visita” al tempio buddista di Maha Bodhi per venerare a
piedi scalzi le mummie di due “santi” buddisti, aperte dai “monaci”
eccezionalmente per Francesco. Ai mali della guerra che il buddismo armato
(altro che religione pacifica!) prosegue da trent’anni, il Papa ha contrapposto
l’appello alla “libertà religiosa”, diritto umano di tutti. Un po’ come
viaggiare nella Germania degli anni Quaranta e visitare religiosamente la Tana
del Lupo, per poi pronunciare un appello alla pace. Naturalmente il Papa ha
spiegato il tutto con la celebre distinzione tra il “popolo” buono “che mai
sbaglia” e che è interreligioso, e cattivi gruppi di “fondamentalisti”, come
quelli che dominavano la Chiesa cattolica del passato, che faceva guerre e
stragi5 . Per fortuna, dice lui, oggi la Chiesa è molto cambiata, evoluta, ha
chiesto perdono e ha fatto un cammino di purificazione. Delle stragi compiute
dal fondamentalismo islamico oggi in Nigeria, Iraq o Siria il Papa invece è
molto meno inquieto, rispetto a quelle compiute dai cattolici quattrocento anni
fa. Sul martirio dei cristiani i pronunciamenti del Papa sono chiari come
quelli di un oracolo di Delfi affetto da raucedine, e sempre e solo in nome dei
diritti umani e della libertà religiosa. Non risulta praticamente nessuna
parola di lode ai cristiani morti come veri e propri martiri della fede. Detto
questo, se ovviamente noi non neghiamo il merito e la santità di quei cristiani
cattolici che affrontano persecuzione da questi gruppi musulmani, non possiamo
non ricordare che tali gruppi sono sostenuti dagli Stati Uniti e dai loro
alleati del mondo arabo, e sono esattamente gli stessi che venivano esaltati,
non più di qualche mese fa, come “combattenti per la libertà” contro il governo
siriano. Non sta a noi ora dire se tali gruppi siano direttamente controllati,
o semplicemente usati, dal potere globale (o se questo almeno provi a dirigerli
per suoi scopi), ma è certo che la propaganda ipocrita che si fa alle loro
crudeltà vere e/o presunte serve a giustificare manovre geopolitiche di poteri
ben più temibili, quelli che hanno abbattuto o tentano di abbattere i governi
del Vicino Oriente o del Nord Africa, che costituivano un freno all’islamismo
combattente. Del resto la stampa occidentale non fa mistero del fatto che conta
solo la propaganda, non i fatti: dodici morti a Parigi valgono la mobilitazione
di tutti i leaders mondiali per grandi manifestazioni, mentre migliaia di
cristiani neri massacrati in Africa non valgono che qualche trafiletto. Siamo
di fronte a un gioco di “solve et coagula” su grande scala, di cui è ancora
difficile dire chi sarà la vera vittima. I cristiani sono naturalmente le
pedine volentieri sacrificate. Certamente la presenza di più potenze sul campo,
se rende lo scontro più duro, rende più incerto il risultato che i dissolutori
(nel senso anticristico del termine) vogliono ottenere: la presenza di più
attori rende il governo mondiale di uno solo meno probabile, meno imminente.
Con questa speranza umana, ma soprattutto con l’intercessione della Madonna,
noi possiamo guardare all’avvenire senza disperare e fiduciosi di restare
fedeli, qualunque tipo di croce la Provvidenza abbia destinato alla Chiesa nel
prossimo futuro.
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