ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 18 febbraio 2017

Dio sa come fare

PSICOLOGIA DELLE TENEBRE

    Il diavolo sa fare molto bene il suo lavoro e molti cristiani, da parte loro, si lasciano prendere all’amo con molta facilità. La cosa fondamentale è ascoltare e meditare la Parola di Cristo e poi metterla in pratica 
di Francesco Lamendola






L’anima ha le sue luci e le sue tenebre; è fatta sia di queste che di quelle. Noi tutti ondeggiamo fra le due cose, alterniamo gli squarci di luce e le discese nelle tenebre. Le anime sante, che hanno affrontato e superate le prove più dure, e che hanno abbandonato il fardello del loro io per farsi tutto a Dio, viaggiano ormai verso la luce: possono trovarsi in difficoltà, ma è quasi impossibile che ricadano indietro, perché quando l’anima diventa luce, le tenebre non hanno più potere su di lei, non saprebbero dove attaccarsi, su che cosa fare leva per aggredirla. Viceversa, l’anima sprofondata nel fango e nelle tenebre si impregna sempre più di concupiscenza e scende sempre più in basso, da dove le riesce difficilissimo vedere anche solo un po’ di luce. La mistica Marthe Robin, che trascorse la vita inchiodata a letto, al buio, impossibilitata a mangiare o bere, e tuttavia fiduciosa, serena, ascoltando qualcosa come 100.000 persone che le chiedevamo consiglio spirituale, disse una volta: Quando Dio decide di servirsi di qualcuno, per prima cosa lo riduce a uno zero.

Il segreto, in effetti, è tutto qui: sapersi ridurre a zero, anche senza essere stati colpiti da una malattia o da una infermità, anche senza essere stati feriti da una perdita o da un dolore profondo; sapersi ridurre a zero, annientare l’uomo vecchio che abita in noi, pieno di orgoglio e di brame, e rendere così possibile la nascita dell’uomo nuovo, figlio di Dio, pronto e disposto a fare anzitutto la volontà del Padre. Gesù ha espresso più volte questo concetto: rimanete uniti a me, come la vite al tralcio; perché senza di me voi non potete fare niente; mentre il tralcio che resta unito alla vite, porterà molto frutto. Ecco perché saranno beati gli ultimi, e diverranno i primi: perché hanno saputo farsi piccoli, permettendo a Dio di scrivere su di loro come su una pagina bianca, e di mandarli nel mondo a portare molto frutto. Ed ecco perché Dio ha voluto confondere le lingue dei costruttori della Torre di Babele, un episodio biblico che, umanamente parlando, potrebbe apparire incomprensibile, se non addirittura ingiusto: Dio ha voluto impedire agli uomini di terminare quella torre perché, con essa, volevano toccare il cielo; volevano sfidarlo ed eguagliarlo: erano dominati dalla superbia e dall’orgoglio, come già Adamo ed Eva quando lo avevano disobbedito. Le tenebre dell’anima sono l’orgoglio e la superbia dell’io; sono la concupiscenza e la brama del piacere; sono l’ira e la cieca violenza, sempre pronte ad esplodere, alimentate dall’invidia e dalla gelosia; e sono l’avarizia e la cupidigia, il veleno che intossica i pensieri e insozza i sentimenti, al punto da rivolgere i genitori contro i figli e questi contro i genitori, lo sposo contro la sposa e questa contro quello, il fratello contro il fratello e l’amico contro l’amico. Ma non sempre queste passioni animalesche, degradanti, vergognose, si mostrano apertamente per quello che sono; esistono molte maniere di dissimularle sotto apparenze rispettabili, e il diavolo è un vero maestro nel suggerirle, nell’insegnarle e nel coltivarle.
Oh, sarebbe troppo semplice se la superbia, la cupidigia e la lussuria si mostrassero sempre a viso aperto, sia a chi si abbandona ad esse, sia a coloro che gli stanno accanto e che gli vivono vicino. Se così fosse, essi potrebbero stare in guardia, e lui, forse, guardandosi allo specchio, finirebbe per accorgersi di ciò che è diventato, e di quanto sia avvilente la sua schiavitù, e miserabile la sua condizione, sotto il potere del demonio, che lo tiene in pugno per mezzo di passioni disordinate e lo ricatta minacciando di fargli perdere ciò che possiede, o di non riuscire mai a raggiungere ciò che più intensamente brama: il potere, il sesso, la ricchezza. Il diavolo è astuto, molto astuto: è un maestro di simulazione, e la sua bravura consiste nel rivestire e mascherare le passioni peccaminose dietro un velo di apparente rispettabilità, e, qualche volta, addirittura dietro una cortina di apparente santità, o quasi. Ed è una bravura così stupefacente, collaudata e perfezionata nel corso di generazioni e generazioni umane, che non sempre l’inganno appare a prima vista, specialmente agli occhi di chi è caduto, senza rendersene conto, sotto il suo potere. Nessun essere umano è del tutto immune dalla tentazione: nessuno, nemmeno tra i credenti; nemmeno tra i membri del clero; nemmeno ai livelli più alti della gerarchia. In effetti, la gerarchia ecclesiastica non è direttamente e necessariamente in relazione con la santità; a papi, cardinali e vescovi non si chiede, in primo luogo, di essere santi, non più di quanto lo si chieda a tutti i membri del clero e, anzi, a tutti i cristiani; si chiede loro, in compenso, di essere onesti, puri, disinteressati, prudenti, miti, pazienti, amorevoli, ma, se necessario, anche severi, energici, decisi. Essi devono custodire fedelmente la dottrina, devono preservare la Chiesa e devono vigilare sulla trasmissione veritiera del Vangelo e sulla dignità morale del clero. Un papa o un cardinale possono anche non essere santi, ma devono essere ligi alla dottrina, risoluti nel difenderla, incrollabili nella vigilanza, instancabili nell’incoraggiare, consigliare, istruire il clero e orientare tutto l’insieme della vita cristiana, sempre in perfetta fedeltà alle due fonti della Rivelazione: la Tradizione e la Scrittura.
La cura pastorale dei fedeli e la responsabilità di dare quotidianamente l’esempio della condotta cristiana, dello stile di vita cristiano, è affidata al clero secolare e regolare, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ma con due vocazioni differenti e complementari: i sacerdoti andando nel mondo e vivendo in mezzo alle comunità dei fedeli loro affidate, i religiosi  tenendo sempre vive le fiamme della spiritualità cristiana, della preghiera, della contemplazione, del sacramento della Riconciliazione, della predicazione, non andando nel mondo, ma attirando a sé, cioè attirando a Dio, nelle chiese e nei conventi, il popolo cristiano, e sostenendolo e confortandolo con il loro esempio vivente, silenzioso, e con l’offerta totale di sé a Dio, anche nel chiuso di una cella, come avviene nel caso dei monaci e delle monache di clausura. Esempio luminoso, preziosissimo, insostituibile! Finché ci saranno delle anime che scelgono di dedicarsi alla vita contemplativa in perfetta unione con Dio, e le loro preghiere saliranno a Lui, la società troverà in essi dei punti di riferimento saldi, incrollabili, dai quali riceverà continue e inestimabili grazie spirituali. Sciagurata quella società che rimarrà priva di vocazioni alla vita religiosa, e che vedrà chiudersi la porta dell’ultimo convento.
Poi ci sono i diaconi, i collaboratori pastorali, i terziari degli ordini religiosi, e infine i laici di ambo i sessi, che vivono con serietà e con intensità la vita cristiana, e che si sforzano, in quelle piccole chiese domestiche che sono le famiglie cristiane, di ispirare nei figli, nei giovani, nei parenti, negli amici e nelle altre persone, gli ideali di amore e di bene che scaturiscono, come fonte perenne di acqua purissima e fresca, dalla roccia della divina Rivelazione. Nessuno sottovaluti l’importanza del ruolo dei laici nella vita della Chiesa, e nel cattolicesimo in generale. Allo stesso tempo, nessuno pensi che tale ruolo debba rivolgersi solo, o essenzialmente, alle opere sociali, alla gestione delle parrocchie, alle associazioni di volontariato, dalla San Vincenzo alla Caritas: perché non meno importante, semmai di più, è il ruolo che essi possono e debbono svolgere nella dimensione della vita quotidiana, a cominciare, lo ripetiamo, dall’educazione dei figli, e, più in generale, dei bambini e dei giovani. Perfino una parola, perfino un gesto, perfino un semplice sguardo, in una certa circostanza, possono gettare un seme di bene e di verità cristiana: un seme che forse germoglierà presto, forse germoglierà fra un anno, o fra dieci, o fra venti; chi lo sa, chi può dirlo? Dio solo conosce i tempi della Provvidenza; Lui solo conosce e soppesa ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo; e Lui solamente può far sì che anche dalla cosa più piccola possa nascere qualche cosa di grande, di gigantesco. Si resterebbe stupiti e ammirati se si sapesse quante grandi imprese, nella storia del cristianesimo, quante vocazioni di santi, quante opere magnifiche sono scaturite da un piccolissimo gesto, da una semplice parola, lasciati cadere come un seme, da un adulto, al momento giusto, magari quando tutto pareva congiurare contro la verità e contro il bene. Eppure Dio sa far nascere il bene anche dal fango, anche dal terreno più ingrato, anche dalle situazioni più difficili, anche dai cuori più ribelli, anche dalle anime più tormentate. L’importante è affidarsi a Lui, lasciar fare a Lui; l’importante è fidarsi pienamente, incondizionatamente di Lui; smetterla di preoccuparsi di cento cose, come faceva Marta, la sorella di Lazzaro, e concentrarsi sulla sola cosa che è veramente necessaria: ascoltare e meditare la Parola di Cristo, e poi metterla in pratica. Quando si è compreso questo, si è compresa la cosa fondamentale: tutto il resto verrà poi, con naturalezza, come logico coronamento. Noi non siamo padroni di niente, ma Dio può fare tutto. L’astuzia del diavolo consiste nell’insinuarsi, come il verme nella mela, all’interno delle nostre vite, del nostro orizzonte, del nostro impegno quotidiano. Lui sa come risvegliare in noi la superbia, senza che ce ne accorgiamo, almeno all’inizio; come far scaturire la vanità, l’autocompiacimento, l’amor di sé, nel nostro povero io, che, simile a una bestia senza pace, si aggira in continuazione dei meandri dell’anima, e cerca l’occasione per riemergere con prepotenza, insofferente di disciplina, smanioso di mettersi al centro, di farsi ammirare, di farsi lodare, di farsi corteggiare. Il diavolo conosce bene questa strategia, e ne conosce mille altre: per ciascuno di noi sa valutare, con precisione infallibile, il punto debole, nonché il momento più propizio, quando noi stiamo meno in guardia, quando le nostre sentinelle interiori sono stanche o addormentate. Per ciascun’anima prepara il suo veleno: e la sua abilità più grande consiste nel rivestire il veleno di dolcezza; nel fare leva sulle nostre passioni nascoste, sì, ma senza che ce ne accorgiamo chiaramente, almeno in una prima fase, bensì, al contrario, ingannandoci e fingendo di stimolare in noi la pietà, lo zelo, l’operosità, la dedizione a Dio e al prossimo.
Una volta che sia riuscito ad insinuarsi, il gioco è fatto: come un organismo maligno che ha messo radici in un corpo sano, egli comincia a svolgere il suo tremendo lavoro dall’interno, alimentandosi con sempre nuovi cedimenti dell’anima che sta parassitando, che sta soggiogando, che sta pervertendo; e ogni gradino che le fa scendere sulla via del male, lo riveste con magnifiche apparenze, come se si trattasse di cose buone. Come spiegare, diversamente, il comportamento di quei cristiani che sono di scandalo ai loro fratelli, e paiono non avvedersene? Come spiegare il modo d’agire di quei cristiani che si accorgono di dare scandalo, ma non se ne preoccupano affatto, anzi, si sentono orgogliosi di quanto vanno facendo, perché quel che si raccontano è che essi stanno predicando e attuando il “vero” Vangelo, che non è quello delle anime pie, ma insipide, bensì quello delle anime forti, che devono scuotere il mondo, a cominciare dalla Chiesa, per amore di Cristo? Così se la raccontano: stanno dando scandalo, sì, ma è uno scandalo salutare; nulla di male, dunque, al contrario, un’opera santa, un’opera necessaria, alla quale si sono votati per amore di Dio e del prossimo! E qui pensiamo a quei teologi che spargono, nei loro libri e nelle loro conferenze, i semi di una cattiva dottrina, e che piano, piano, senza averne l’aria, allontanano le anime da Dio, e le rivolgono verso una maniera tutta mondana, tutta limitata e terrena, d’intendere il mistero di Dio; pensiamo a quei cardinali che si pavoneggiano nei loro abiti sontuosi, con i loro crocifissi d’oro al collo, con la loro aria compiaciuta di principi della Chiesa, che si gonfiano di piacere quando ricevono le lodi e non solo non evitano, ma ricercano assiduamente le occasioni di gloria, di visibilità, gli inviti, le apparizioni in televisione, i complimenti di qualche famoso intellettuale, meglio se non troppo cattolico, meglio se un po’ nemico della Chiesa, così essi penseranno di avere tanto più merito, in quanto si riterranno dei costruttori di ponti e dei promotori di dialogo con gli “altri”, con i non credenti. Disgraziati! Non sanno, non vedono, che non c’è proprio nessun dialogo, né ci può essere, fra la Verità e la menzogna; e che non si può gettare alcun ponte verso i nemici della Chiesa, il quale non favorisca quelli e non lei? Il diavolo li ha presi al laccio della loro vanità, li ha presi all’amo come dei miseri pesci, con l’esca della loro vanagloria; e loro si dibattono, già fuori dall’acqua, già lontani da Dio e dal prossimo, tutti gonfi di vanità per le belle parole ricevute, per l’onore che è stato reso loro: e non vedono di essere solo dei miseri burattini di un gioco che ha per scopo ultimo la distruzione della fede e l’annientamento della Chiesa. Le due cose, del resto, vanno di pari passo: perché quando la fede morirà, anche la Chiesa, quella vera, cesserà di esistere. Forse, al suo posto, resterà un vuoto simulacro, una falsa chiesa eretica e apostatica, piena di veleno e di menzogne; ma la vera Chiesa, quella che aiuta, sostiene e promuove la fede dei credenti, quella che annuncia sempre e dovunque la Parola di Dio, non ci sarà più. Nondimeno, bisogna aver fede che una simile ora non giungerà mai; bisogna aver fede nella promessa di Gesù: le porte degli inferi non prevarranno contro di essaIl diavolo sa fare molto bene il suo lavoro, e molti cristiani, da parte loro, si lasciano prendere all’amo con molta facilità; ma Dio sa fare il suo ancor meglio, infinitamente meglio. Dio sa suscitare la fede anche dai sassi, e sa trasformare i timidi in audaci, i torpidi in zelanti, i pigri in testimoni instancabili della fede. Certo, si resta perplessi, sconcertati, davanti a certi uomini di Chiesa che non solo danno scandalo, ma sembrano perfino compiacersene. Tuttavia, nessuno sgomento; Dio sa come fare: o li convertirà, o vanificherà le loro opere perverse... 
Psicologia delle tenebre

di Francesco Lamendola

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