ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 3 marzo 2017

Fatima per salvarci da Lutero

1517-2017:
500 anni di sovversione protestante
                       


Il protestantesimo al centro della sovversione moderna


Può sembrare che il protestantesimo sia superato. Merita davvero che vi si insista quando delle ideologie ben più avanzate devastano il mondo contemporaneo?
In realtà, l’insistenza viene dai papi. Per più di un secolo essi hanno ripetuto senza posa che la Rivoluzione è figlia del protestantesimo.
Mons. Delassus se n’è fatto eco descrivendo la pseuso-Riforma come una tappa capitale della congiura anticristiana (1). E il semplice buonsenso constata facilmente che il protestantesimo ha diffuso in tutto il mondo cristiano il virus del liberalismo, che è il cuore della Rivoluzione.


Il giudizio dei papi (x)

Dal 1793, dopo l’assassinio del Re Luigi XVI, Pio VI affermò che la Rivoluzione che dilagava in Francia aveva origine dal calvinismo. Egli non esitò a parlare di congiura, di cospirazione e di complotto:

«Già da molto tempo i Calvinisti avevano cominciato a congiurare in Francia per la rovina della Religione Cattolica. Ma per arrivarci occorreva preparare gli spiriti … È in vista di questo che fecero lega con perversi filosofi. L’Assemblea generale del Clero di Francia del 1745, aveva scoperto e denunciato le abominevoli cospirazioni di tutti questi artefici di empietà. E anche Noi, fin dal principio del Nostro Pontificato, … annunciammo il pericolo imminente che minacciava l’Europa … Se si fossero ascoltate le Nostre rimostranze e i Nostri consigli, Noi non dovremmo ora lamentare i progressi di questa vasta cospirazione tramata contro i Re e gli Imperi.» (2).

Leone XIII, nella sua enciclica Diuturnum sull’origine del potere civile, fa risalire al protestantesimo gli errori politici delle società moderne, in particolare la sovranità popolare e la falsa nozione di libertà:

«Da quella eresia [la cosiddetta Riforma] ebbero origine nel secolo passato la falsa filosofia, quel diritto che chiamano nuovo, la sovranità popolare e quella trasmodante licenza che moltissimi ritengono la sola libertà. Da ciò si è arrivati alle finitime pesti che sono il comunismo, il socialismo, il nichilismo, orrendi mali e quasi sterminio della società civile.» (3). 

Leone XIII insiste nella sua enciclica Immortale Dei e precisa che il protestantesimo è all’origine delle libertà moderne e di ciò che i papi chiamano «diritto nuovo», quello della società moderna che detronizza Cristo Re:

«Ma quel pernicioso e deplorevole spirito innovatore che si sviluppò nel sedicesimo secolo, volto dapprima a sconvolgere la religione cristiana, presto passò, con naturale progressione, alla filosofia, e da questa a tutti gli ordini della società civile. 
«Da ciò si deve riconoscere la fonte delle più recenti teorie sfrenatamente liberali, senza dubbio elaborate durante i grandi rivolgimenti del secolo passato e proclamate come principi e fondamenti di un nuovo diritto, il quale non solo era sconosciuto in precedenza, ma per più di un aspetto si distacca sia dal diritto cristiano, sia dallo stesso diritto naturale.» (4). 

Mons. Lefebvre ne traeva questa conclusione:

«Vedete dunque come tutto ciò sia logico, come i papi abbiano visto chiaro in tutte queste cose, essi lo hanno detto con fermezza, da Pio VI al tempo della Rivoluzione a Leone XII alla fine del secolo scorso… E se riprendete tutte le dichiarazioni di San Pio X al tempo del Sillon, è la stessa cosa, sempre la stessa cosa: essi hanno condannato, condannato e condannato. Allora, noi dobbiamo impregnarci di questa dottrina dei papi, perché anche noi si comprenda la nocività di questi principii nei quali, lo sapete, siamo come immersi! Immersi, infestati, dal momento che tutte le nostre istituzioni sono infestate da questo spirito di libertà: la libertà di religione, la libertà di coscienza, la libertà di pensiero, la libertà di stampa, la libertà d’insegnamento» (5).




La testimonianza di Mons. Delassus


Nel suo libro magistrale: La Conjuration antichrétienne (5bis), Mons. Delassus riassume le tre tappe di questa congiura, con tre «R»: sotto l’influenza della cabala si ricade nel naturalismo pagano, prima nelle arti (Rinascimento), poi nella religione (Riforma), infine nella politica (Rivoluzione).
La pretesa Riforma ha svolto il ruolo di una tappa in questo processo, ma una tappa indispensabile, come faceva notare Jacques Maritain, il Maritain del 1925, quindi prima del suo cambiamento di attitudine in seguito alla condanna dell’Action Française:

«La rivoluzione luterana, per il fatto stesso che attiene alla religione, a tutto ciò che domina tutta l’attività dell’uomo, era inevitabile che cambiasse nella maniera più profonda l’attitudine dell’animo umano e del pensiero speculativo nei confronti della realtà. La Riforma ha scatenato l’io umano nell’ordine spirituale e religioso, come il Rinascimento ha scatenato l’io umano nell’ordine delle attività naturali e sensibili» (6).

All’inizio del capitolo su “La Riforma figlia del Rinascimento”, Mons. Delassus cita Paulin Paris, un erudito studioso del Medio Evo:

«Il Medio Evo non era poi così diverso dai tempi moderni, come si crede: le leggi erano diverse, al pari degli usi e dei costumi, ma le passioni umane erano le stesse. Se uno di noi venisse trasportato al Medio Evo, vedrebbe intorno a lui dei coltivatori, dei soldati, dei preti, dei finanzieri, delle ineguaglianze sociali, delle ambizioni, dei tradimenti. Ciò che è cambiato è lo scopo dell’attività umana» (7).

Mons. Delassus commenta così:
«Non si potrebbe dire meglio. Gli uomini del Medio Evo avevano la nostra stessa natura, inferiore a quella degli angeli e per di più decaduta. Avevano le nostre passioni e come noi si lasciavano trascinare da esse, spesso negli eccessi più violenti. Ma lo scopo era la vita eterna: gli usi, le leggi, i costumi ne erano ispirati; le istituzioni religiose e civili dirigevano gli uomini verso il loro fine ultimo, e l’attività umana era rivolta, in primo luogo, al miglioramento dell’uomo interiore.
«Oggi – e questo è il frutto, il prodotto del Rinascimento, della Riforma e della Rivoluzione – il punto di vista è cambiato, lo scopo non è più lo stesso: ciò che si vuole, ciò che si persegue, non dagli individui isolati, ma dall’impulso dato a tutta l’attività sociale è il miglioramento delle condizioni della vita presente, per giungere ad un più grande, ad un più universale godimento. Quello che conta come “progresso” non è affatto ciò che contribuisce ad una maggiore perfezione morale dell’uomo, ma ciò che accresce il suo dominio sulla materia e la natura, allo scopo di porle più completamente e più docilmente al servizio del benessere temporale (8)
[…]
«La Riforma di Lutero è protesta contro la civiltà cristiana, protesta contro la Chiesa che l’aveva fondata, protesta contro Dio da cui essa emanava. Il protestantesimo di Lutero è l’eco sulla terra del Non serviam di Lucifero.Egli proclama la libertà, quella dei ribelli, quella di Satana: il LIBERALISMO […] Tutto ciò che la Riforma aveva ricevuto dal Rinascimento e che trasmetterà alla Rivoluzione è condensato in questo termine: Protestantesimo» (9).

Si tratta quindi di un fatto constatato tanto dai papi quanto dagli osservatori del movimento rivoluzionario: il protestantesimo ha preparato la Rivoluzione.
Resta da spiegarne la causa profonda.

Il protestantesimo è il padre del liberalismo

In fondo, la ragione è molto semplice: il luteranesimo diffonde il liberalismo e cioè il cuore della Rivoluzione.

Lutero ha subito una doppia influenza: il nominalismo e l’agostinismo, i quali, uniti all’orgoglio di Lutero, lo hanno portato ad essere il padre del liberalismo.
Il nominalismo è una deformazione della filosofia che ha avuto inizio poco dopo San Tommaso D’Aquino, in particolare sotto l’influenza di Guglielmo di Ockham (1281-1347): non esiste una natura universale, ma solo degli individui; se parliamo di natura umana, si tratta di una semplice espressione che non corrisponde ad alcuna realtà, esistono solo degli individui umani.
Di conseguenza, non v’è la legge naturale. La sola legge è la volontà superiore. Una volontà arbitraria, poiché per Ockham Dio è libero di darci i comandamenti che vuole, al limite egli potrebbe darci l’odio! (10).
Una tale concezione della legge, la svalorizza e in definitiva la rende disprezzabile. E per Lutero, essa diventa perfino insopportabile:
«Dopo che Lutero decise di rifiutare l’obbedienza al Papa e di rompere la comunione con la Chiesa, il suo io, malgrado le sue angosce interiori che aumentarono fino alla fine, si pose al di sopra di tutto. Ogni regola “esterna”, ogni “eteronomia” come dirà Kant, diventò a quel punto un’offesa insopportabile alla sua “libertà cristiana”.
«“Io non ammetto – scrisse nel giugno 1522 - che la mia dottrina possa essere giudicata da qualcuno, nemmeno dagli angeli. Chi non riceve la mia dottrina non può pervenire alla salvezza” – “L’io di Lutero – scriveva Moehler – era secondo lui il centro intorno al quale doveva gravitare tutta l’umanità; egli si fece l’uomo universale in cui tutti dovevano trovare il loro modello. A dirla tutta, egli si mise al posto di Gesù Cristo» (11).

Ma Lutero subì anche l’influenza dell’agostinismo. Egli era monaco agostiniano. L’università di Wittenberg ha per patrono Sant’Agostino.
Sant’Agostino era un convertito che ha avuto i suoi problemi a vincere le sue passioni. E questa la ragione per cui aveva sempre la tendenza a descrivere con forza le conseguenze del peccato originale.
Questa tendenza pessimista finì con l’accentuarsi in certi suoi discepoli. Lutero esasperò questo pessimismo fino a pretendere che noi non possiamo evitare di cedere alle nostre passioni. Non abbiamo più la libertà, il libero arbitrio si trasforma in servo arbitrio. «Il libero arbitrio è morto», «la concupiscenza è invincibile», nel senso che è sempre vittoriosa.
Come uscire da questo pessimismo? E’ a questo punto che si colloca “l’evento della torre”. Lutero riceve la rivelazione nella latrina del convento: «Lo Spirito Santo mi ha dato questa intuizione in questa latrina» (12). La soluzione è «la fede giustificante».
Le nostre opere sono cattive, esse non hanno alcun merito davanti a Dio, esse piuttosto ci inorgogliscono e così ci allontanano da Dio. Ma Dio ci imputerà la giustizia di Gesù Cristo ed è per la “fede” che questa giustizia ci viene imputata:

«Sulla nostra corruzione, Dio può mettere un mantello, voglio dire i meriti di Gesù Cristo. Questa sarà una giustificazione tutta esterna, un rivestimento di marmo sul legno marcio di una capanna. Nel lavoro per la nostra salvezza è attivo Gesù Cristo e solo Gesù Cristo, noi dobbiamo essere solo noi stessi; voler cooperare con le nostre opere a ciò che è sovrabbondantemente compiuto equivale ad insultarlo. E l’uomo, come otterrà da Dio questo mantello e cioè questa attribuzione esterna dei meriti di Gesù Cristo? Con la fede o per parlare più esattamente con la fiducia in Dio e in Gesù Cristo. L’uomo continuerà a produrre frutti di morte; ma, per la fiducia che si troverà nel suo cuore, egli meriterà che Dio gli attribuisca i meriti di Gesù Cristo. In definitiva, quand’egli sentirà in sé questa fiducia, avrà la certezza della sua salvezza» (13).

Come le nostre opere buone non servono a niente per la nostra giustificazione, così le nostre opere cattive non la inficiano. Giustificazione e peccato possono coesistere in noi.
Non serve a niente fare il bene, il peccato non impedisce la salvezza; per cui la morale diventa inutile: è abrogata.

«Essa lo è stata del tutto, senza riserve, così non potrà più né accusare né tormentare i fedeli; dottrina della massima importanza, che bisogna gridare dai tetti “poiché essa porta la consolazione nelle coscienze, soprattutto quando ci opprime la paura. Io l’ho detto spesso e lo ripeto ancora, perché non lo si dirà mai abbastanza: il cristiano che acquisisce per la fede i benefici di Gesù Cristo, è assolutamente al di sopra di ogni legge; è affrancato da ogni obbligo nei confronti della legge…
«Quando San Paolo dice che per mezzo di Gesù Cristo noi siamo liberati dalla maledizione della legge, è evidente che egli intende ogni legge e prima di tutto la legge morale; poiché è essa sola (e non gli altri due tipi: giudiziaria e cerimoniale) che accusa, maledice e condanna la coscienza. Noi diciamo dunque che laddove Cristo regna con la sua grazia, il Decalogo non ha più alcun diritto di accusare e di spaventare la coscienza» (14).

Ecco dunque che il nominalismo spinge Lutero a non riconoscere la legge naturale e la sua teoria della giustificazione per la fede lo spinge a sopprimere ogni obbligo della legge morale. Così, malgrado il suo pessimismo sulla libertà fisica dell’uomo, Lutero pone il principio del liberalismo: ciascuno fa ciò che vuole.

«Un Chiesa che vuole inquadrarlo, costringerlo con delle coercizioni intellettuali e legali, una regola morale che vuole dirigerlo, imbrigliare la sua volontà, tutto questo lo limita, lo impedisce nelle sue azioni; tutto ciò è inutile e odioso.
«Ecco la grande novità, la grande scoperta che portava Lutero al colmo della gioia. Per celebrare questa scoperta vi sono delle pagine di un lirismo insolito. Ormai la si era finita con il giogo della legge e i tormenti della coscienza. Ecco il vangelo e cioè la buona novella che lui annunciava in nome di Dio. Per secoli questa verità era rimasta nascosta, la povera umanità era stata  curvata dalla Chiesa romana sotto il giogo inutile e pesante della penitenza, sotto l’obbligo di tendere alla perfezione con le opere personali. Lutero, al contrario, veniva a sapere che poteva nascondersi sotto l’ala di Gesù Cristo, poteva involarsi, con la fiducia, col sentimento, in un dolce sognare, fino ai piedi del trono di Dio.
«E’ così che l’indipendenza del nuovo profeta nei confronti di ogni legge morale è affermata senza remore; come un bambino nudo che si dà alla pazza gioia su un morbido tappeto, egli dispiega candidamente la sua spudoratezza.» (15).





Fatima per salvarci da Lutero


E’ giocoforza constatare – e gli studi di questo numero di Le Sel de la terre lo confermeranno – che lo spirito del protestantesimo è penetrato dappertutto nella nostra società post-moderna. Il liberalismo è penetrato perfino nella Chiesa e la Rivoluzione conciliare, cominciata nel 1962, si sviluppa senza vergogna sotto i nostri occhi, facendo tabula rasa dei più elementari princípi della morale.
Il Papa, come vedremo in un articolo di questo numero, è perfino andato in Svezia per dare ufficialmente inizio insieme ai luterani ad un «anno di Lutero».
Invece dell’«anno di Lutero», noi suggeriamo di festeggiare un altro centenario: quello di Fatima, dove la Vergine Santa è apparsa sei volte nel 1917.
La Santa Vergine è l’«anti-Lutero», se ci si può esprimere così.
Il monaco ha preteso che fosse impossibile obbedire a Dio, che la legge di Dio fosse al di sopra delle nostre forze e che qualunque cosa noi si faccia non possiamo uscire dal peccato.
La Santa Vergine, invece, ha obbedito a Dio: fiat, questa è la sua divisa. Ed ella ci chiede di obbedire a Nostro Signore: «fate tutto quello che vi dirà» (Gv. 2, 5). A Fatima, la Santa Vergine ha mostrato che si può uscire dal peccato, esortando le anime a convertirsi e a cambiare vita:

Avrei molte cose da chiedervi – dice Lucia - guarire alcuni malati, convertire dei peccatori, ecc. – Alcuni sì – risponde la Madonna – altri noBisogna che si correggano, che chiedano perdono per i loro peccati. – E con aria più triste: Che non offendano più Dio, Nostro Signore, che è già fin troppo offeso! 

Fatima ricorda la necessità di pregare la Santa Vergine: il Rosario, in particolare, è ricordato in ogni apparizione; la mediazione di Maria è implicitamente ricordata nel fatto che la conversione della Russia è legata alla consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.
Tutto questo è all’opposto della dottrina di Lutero, secondo la quale non bisogna pregare la Santa Vergine, col pretesto che vi sarebbe un solo mediatore fra Dio e gli uomini. Il che significa dimenticare che Gesù, nuovo Adamo, ha voluto al suo fianco una nuova Eva, Maria, che ha costituita mediatrice di tutte le Sue grazie; e per ciò stesso, il non pregarla equivale a mancare di rendere onore a Gesù e a Sua Madre.


Si può solo tremare nel constatare che Papa Francesco abbia installato la statua di Lutero in Vaticano il 13 ottobre, giorno del grande miracolo del sole. Oggettivamente parlando, non è questo un affronto alla Madre di Dio?

Dio ha chiesto la pratica dei primi cinque sabati del mese per riparare alle cinque principali offese contro il Cuore Immacolato. Tra queste offese c’è «la blasfemia di coloro che rifiutano di riconoscerla come Madre degli uomini» e «la blasfemia di coloro che cercano di instillare nel cuore dei bambini l’indifferenza o il disprezzo o perfino l’odio nei confronti di questa Madre Immacolata».
E allora, non è a questo che conduce la dottrina di Lutero e dei protestanti?

Fortunatamente, la Vergine Maria ha spesso dei «castighi» da madre: preferendo convertire coloro che l’hanno offesa, piuttosto che punirli. Così, durante il «giro del mondo», il viaggio trionfale della statua di Fatima attraverso il mondo a partire dal 1947, si sono viste numerose conversioni di protestanti (16).

Proviamo a rispondere all’«anno di Lutero» con un anno di Fatima, nel corso del quale reciteremo meglio il nostro Rosario meditando i Misteri; praticheremo la devozione dei primi cinque sabati e, soprattutto, aumenteremo la nostra devozione al Cuore Immacolato di Maria, chiedendole in particolare sia il ritorno delle autorità conciliari alla Tradizione, sia la conversione dei protestanti.




NOTE

1 – Mgr. Henri Delassus, La conjuration antichrétienne – Le Temple maçonnique voulant s’élever sur les ruines de l’Église catholique, Lille, 1910.
x - Oltre ai tre testi che noi citiamo qui, si veda: Pio VI, Quot aliquantum (10 marzo 1791); Gregorio XVI, Inter praecipuas (8 marzo 1844); Mirari vos (15 agosto 1832); Pio IX, Notis set nobiscum (8 dicembre 1849); Leone XIII, Quod apostolici (28 dicembre 1878); San Pio X, Pascendi (8 settembre 1907): «L’errore dei protestanti dié il primo passo in questo sentiero; il secondo è del modernismo: a breve distanza dovrà seguire l’ateismo.» (n° 55); Notre charge apostolique  (25 agosto 1910): «I suoi fondatori, giovani, entusiasti e pieni di fiducia in sé stessi, non erano sufficientemente dotati … per mettersi in guardia, sul terreno della dottrina e dell'ubbidienza, contro le infiltrazioni liberali e protestanti.» (n° 4); Benedetto XV, Anno jam exeunte(7 marzo 1917);  Pio XII, Summi Pontificatus (20 ottobre 1939) e allocuzione dell’11 gennaio 1943.
2 – Pio VI, Allocuzione al Sacro Collegio, 17 giugno 1793, n° 6. Il testo completo dell’Allocuzione è stato riprodotto su Le Sel de la terre, n° 19, inverno 1996-1997, pp. 334-340.
3 – Leone XIII, enciclica Diuturnum illud, 29 giugno 1881.
4 – Leone XIII, enciclica Immortale Dei, sulla costituzione cristiana dello Stato, 1 novembre 1885.
5 – Mons. Lefebvre, conferenza del dicembre 1973.
5bis – NdT - Contenuto in Americanismo e congiura anticristiana, 2016, Ed. Effedieffe
https://www.effedieffeshop.com/product.php~idx~~~1921~~L_
Americanismo+e+la+congiura+anticristiana~.html

6 – Jacques Maritain, Trois Réformateurs, Plon-Nourrit, 1925, pp.19-20 [I tre riformatori, Morcelliana. 2001].
7 – Paulin Paris, citato in La Conjuration antichétienne, cit., p. 42.
8 – Mons. Henri Delassus, La Conjuration antichétienne, pp. 42-43.
9 - Mons. Henri Delassus, La Conjuration antichétienne, p. 45.
10 – Guglielmo di Ockham, Commento alle Sentenze, II, q.15 e IV, q. 16 (Opera philosophica et theologica, t. 5, Saint-Bonaventure [NY], 1981, p. 342 e 352; e t. 7, Saint-Bonaventure [NY], 1984, p. 352).
11 – Jacques Maritain, Trois Réformateurs, p. 20.
12 – Discorsi a tavola di Lutero, citato in DTC [Dictionnaire de Theologie Catholique], voce “Lutero”, col 1207. Quest’articolo del DTC è del canonico Jules Paquier (1864-1932) che è stato il traduttore del capolavoro di Padre Denifle: Luther et le luthéranisme.
13 – DTCLutero, col 1229.
14 - DTCLutero, col 1242.
15 DTCLutero, coll 1246-1247.
16 – Philippe Legrand, Merveilles opérées par le Coeur Immaculé de Marie, editions du Sel, 2006.




Editoriale di Le Sel de la terre n° 99 - inverno 2016-2017
Le immagini nel testo sono nostre

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