Francescani Immacolata, un carisma che non piace
Sarebbero pronte le nuove Costituzioni dell'ordine religioso
preparate dai Commissari vaticani, ma con voti e regole diverse rispetto alle
indicazioni dei fondatori. Due sarebbero gli elementi modificati o espunti: il
voto mariano e la povertà comunitaria.
Fonti interne ai Frati Francescani dell’Immacolata riferiscono che nelle prossime settimane i commissari pontifici dovrebbero consegnare ai religiosi un testo delle nuove Costituzioni, che verrà successivamente portato nel Capitolo generale (la cui data è ancora da definire, ma che potrebbe svolgersi in settembre) per la discussione e l’approvazione. L’ultimo passo sarebbe poi la consegna del testo alla Congregazione per i Religiosi, che dovrebbe apporre il suo sigillo definitivo all’operazione.
Le nuove Costituzioni sono frutto dell’opera dei Commissari; ma, si lamenta all’interno della congregazione, non sembra che sia stato chiesto ai diretti interessati un contributo ufficiale, anche solo di consulenza; e che anzi alcune osservazioni fatte giungere ai commissari non siano state accolte. Nella fase preparatoria del testo i Commissari hanno riunito un paio di volte i superiori delle case sparse in tutto il mondo, e nominati dal precedente Commissario, padre Volpi, per ascoltare quello che i Commissari stessi proponevano. Ma anche questa circostanza ha creato perplessità: i superiori sono stati nominati dopo il Commissariamento, sono espressione di, o allineati con, il gruppetto di religiosi “ribelli”, e quindi non rappresentano la congregazione, e tanto meno lo spirito dei fondatori, tenuti al di fuori dell’operazione (padre Manelli è praticamente in isolamento coatto).
Si prospetta perciò un corto circuito: religiosi che sono entrati seguendo un certo carisma e ispirazione si trovano ora nella prospettiva di dover vivere in base a regole diverse da quelle che li hanno spinti a entrare.
Sempre secondo quanto filtra come indiscrezioni dall’interno, due sarebbero gli elementi fondamentali e specifici che si teme vengano espunti o modificati: il voto mariano e la povertà comunitaria, con la Traccia mariana. Da parte di alcuni religiosi si evidenzia che se questa informazione venisse confermata, sarebbe chiaro che i Commissari imporrebbero un testo normativo che non rispecchia, anzi che stravolge, il carisma specifico dei FFI, già approvato dalla Santa Sede. In pratica i Commissari non terrebbero in nessun conto gli “intenti dei fondatori” e “le sane tradizioni”, da custodire gelosamente, come recita uno dei principali canoni del Codice di Diritto Canonico: “L’intendimento e i progetti dei fondatori, sanciti dalla competente autorità della Chiesa, relativamente alla natura, al fine, allo spirito e all’indole dell’istituto, nonché le sue sane tradizioni, cose tutte che costituiscono il patrimonio dell’istituto, devono essere da tutti fedelmente custoditi” (c. 578).
Come ricorda il sito “All Christians”, vicino all’ala dei FFI che vuole restare fedele alle origini, “il voto mariano della illimitata consacrazione all’Immacolata è il primo voto dei FFI ed è la loro ragion d’essere come Istituto, è il motivo per cui San Giovanni Paolo II nel 1990 volle che essi si costituissero in Istituto, separandosi dall’Ordine dei Frati Minori Conventuali. I media da mesi hanno dato la notizia che i Commissari hanno già, con grave abuso, eliminato questo voto dalla formula di Professione Religiosa, imponendone un’altra, priva di questi due elementi sostanziali, e questo senza previo dialogo e senza aver prima sentito il parere di alcuno. I FFI si sono trovati di fronte all’opzione di abbandonare forzatamente l’Istituto o di professare con una nuova formula, priva dell’elemento fondamentale, essenziale e specifico del loro Carisma. Infatti, la nuova formula imposta dai Commissari ha sostituito il voto mariano con un generico quarto voto di disponibilità ad andare in missione”.
È difficile capire perché questo voto mariano sia stato eliminato; a meno che non si voglia semplicemente ricondurre i religiosi nell’alveo degli ordini da cui proprio in virtù di alcune caratteristiche particolari si erano staccati.
“Inoltre, la nuova formula di professione elimina dal carisma anche la povertà comunitaria, ossia l’impossibilità per l’Istituto di avere alcuna proprietà, mobile o immobile, per vivere nella più alta fiducia nella divina Provvidenza. Fino al 2013 la divina Provvidenza li ha sostenuti nelle loro ingenti opere apostoliche. Dall’inizio del Commissariamento i benefattori si sono ritirati per mancanza di chiarezza delle Autorità ecclesiastiche. In effetti, lo hanno fatto a ragione veduta, considerato il fatto che ora i Commissari stanno stravolgendo l’identità carismatica dell’Istituto, il quale, in meno di 4 anni di Commissariamento, ha già chiuso quasi venti conventi, ha chiuso tre missioni, ha perso un centinaio di vocazioni”.
Se le nuove Costituzioni seguissero realmente queste linee guida, si starebbe creando, di fatto, un nuovo istituto; il che non è accaduto nel caso di altre congregazioni che hanno dovuto (si pensi ai Legionari di Cristo) subire un processo di purificazione interna. Da un punto di vista umano, religioso e giuridico c’è da chiedersi se sia legittimo imporre a qualcuno una forma di vita diversa da quella abbracciata al momento dell’ingresso nell‘ordine.
Siamo ormai al quarto anno di commissariamento, un commissariamento che ha provocato confusione, smarrimento e sofferenza. Le ragioni del commissariamento non sono mai state esplicitate in maniera precisa. E’ opportuno ricordare che del commissariamento di quello che era uno degli ordini più fiorenti e ricchi di vocazioni nel panorama cattolico degli ultimi decenni non è mai stata fornita una motivazione chiara. Si è cercato di supplire a questa mancanza di trasparenza con una campagna mediatica almeno discutibile, in cui si è accusato il fondatore, padre Stefano Manelli, di pratiche e comportamenti scorretti. Il tutto ha provocato una denuncia per associazione a delinquere, diffamazione e calunnia contro i responsabili di un sito, giudicato da Manelli e altri, responsabile della campagna, presso il tribunale di Avellino. Si è parlato a questo proposito, di “deriva pseudo lefebvriana”, cioè del fatto che il Motu Proprio Summorum Pontificum (che permetteva l’uso del Rito antico) sia stato accolto con entusiasmo da parte dei Fondatori e da molti frati, mentre una piccola parte di essi lo rifiutava. Questa iniziale divisione avrebbe costituito l’inizio dello scatenamento di una lotta interna culminata nel commissariamento.
di Marco Tosatti
06-03-2017
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