LA TEOLOGA DELLA NEO-CHIESA
Qui si sente la puzza dell’inferno: cattivi maestri e pessime professoresse dietro gli spropositi e bestemmie del papa. Nonostante le apparenze Emilce Cuda se ne va in giro in qualità di teologa cattolica di rito "Bergogliano"
di Francesco Lamendola
Questa giovane e avvenente signora bruna, truccatissima e ammiccante, che indossa uno sbracciato e sgargiante vestito di lustrini dorati e, al polso, quello che si direbbe un Rolex, e che sembra indicare se stessa con un gesto non precisamente pudico o modesto, non è una cantante, né una ballerina o una soubrette televisiva sudamericana, anche se, effettivamente, è proprio sudamericana, e per la precisione, argentina. Il suo nome è Emilce Cuda e se ne va in giro per il mondo in qualità di teologa cattolica, docente universitaria e membro di svariati organismi internazionali facenti capo alla Chiesa cattolica, o, piuttosto, alla contro-chiesa massonica e modernista che ne usurpa il nome e le funzioni; e specialmente facenti capo all’ordine dei gesuiti: i nuovi gesuiti d’oltre oceano, come Arturo Sosa Abascal, quello che sostiene che non si sa cosa disse realmente Gesù, poiché alla sua epoca non c’erano i registratori, e come James Martin, quello che auspica un sollecito riconoscimento ecclesiastico dei matrimoni omosessuali, perché dove c’è “l’amore”, lì c’è anche Dio. Nonostante le apparenze, dunque, questa signora è una teologa: di quelle moderne e spigliate, che piacciono tanto al papa suo connazionale, il quale infatti la stima e la riceve personalmente in Vaticano; spigliate non solo e non tanto per come si mostrano in pubblico (si può ammirare la signora, in rete, durante un’udienza con il santo padre, dove indossa un vistosissimo tailleur scuro con doppia fila di bottoni dorati, che la fanno sembrare una majorette del circo Orfei, per giunta inerpicata su delle scarpe con il tacco a spillo di almeno dieci centimetri: una perfetta mise per le udienze papali), ma soprattutto per quello che dicono e scrivono.
Prediamo il caso di questa bella signora argentina. Tralasciamo l’elenco chilometrico delle sue prestigiose attribuzioni professionali e limitiamoci a dire che è Research Professor di Teologia alla Facoltà di Teologia, presso la Pontificia Università Cattolica dell’Argentina (U.C.A.), nonché nella Facoltà di Filosofia, presso l’Università di Buenos Aires (U.B.A.); nonché professore associato all’Università Nazionale Arturo Jauretche, sempre a Buenos Aires (U.N.A.J.); nonché Direttore presso il Centro di ricerche di quella università: Programma di studi culturali. Ma di che cosa si interessa, in particolare, la bella signora? Oltre che di questioni estetiche, è una “specialista” (stando al suo curriculum, consultabile in rete, assai ricco di particolari a eccezione della data di nascita: siamo donne, anche se femministe, un po’ di riservatezza; non si fanno certe domande!) di questioni sociali, e in particolare sulla relazione fra teologia e politica: insomma, una teologa della liberazione. E siccome la teologia della liberazione non è sufficiente a questa bella signora per far vedere che lei non è una cattolica bigotta e oscurantista, vecchia maniera, ma una cattolica moderna e progressista, al passo con la neochiesa di Bergoglio, ella è pure una teologa femminista, o comunque interessata e partecipe ai dibattiti fra le sue colleghe teologhe femministe, ai cui convegni e congressi non lesina la sua presenza. Insomma, una volta per definirsi teologi cattolici bisognava conoscere sant’Agostino e san Tommaso, aver letto e studiato il De civitate dei e la Summa theologiae; oggi basta aver letto Leonardo Boff, Simone de Beauvoir e Betty Friedan, andare ai congressi e soprattutto ai dibattutiti televisivi con il vestito di lustrini, e presentarsi al papa sudamericano in divisa da majorette e tacchi a spillo.
Ma tutto questo, lo confessiamo, ci interesserebbe pochissimo, per non dire nulla, se non come fatto di costume e come segno visibile della decadenza interna della cultura cattolica, ormai in grandissima pare fagocitata dallo spirito modernista, che, come un verme dentro la mela, si è divorato tutta la polpa, lasciando solo sussistere l’involucro esterno, che gli sprovveduti possono ancora scambiare per la mela bella e sana che era prima. Quanto al narcisismo, all’esibizionismo e allo scarso senso delle convenienze di certi cattolici, specie se donne e specie se teologhe, non diciamo altro, perché verremmo immediatamente accusati d’implacabile e rancoroso sessismo e maschilismo, o, nel migliore dei casi, di passatismo e incapacità di metterci al passo con i tempi nuovi e meravigliosi che stiamo vivendo tutti quanti, ma che quelli come noi non riescono ad apprezzare, per una qualche congenita disfunzione dell’apparato che presiede alle capacità di adattamento psicologico, intellettuale ed esistenziale. No: la signora c’interessa perché – ringraziando Sandro Magister che ha segnalato la cose in un suo articolo – siamo venuti a sapere che è stata lei a riferire – vantandosene, evidentemente, come di cosa pie e bella - uno dei tanti, troppi spropositi, e delle tante, troppe bestemmie, che escono ormai a getto continuo dalla bocca del papa Francesco. Quando lo si sente dire, per esempio – come ha fatto il 4 aprile scorso, in una omelia nella messa di Santa Marta, che Gesù Cristo, sulla croce, si è fatto “diavolo e serpente”; o quando lo si dente dire, come ha fatto il 19 aprile, in una udienza generale in Piazza san Pietro, che la morte di Gesù è un fatto storico, mentre la sua resurrezione è solo un atto di fede, ora sappiamo chi si deve ringraziare e da dove egli vada a prendere simili aberranti concetti, in totale e irrimediabile contrasto non solo con il Magistero (quello vero, s’intende, non quello taroccato della neochiesa), ma anche con il più elementare senso di rispetto e riverenza filiale che qualsiasi fedele, non diciamo il papa, dovrebbe avere allorché si esprime a proposito di Nostro Signore Gesù Cristo, della sua Passione e Morte e della sua Resurrezione: li va a prendere dai teologi e dalle teologhe sudamericane che si è portato dietro dall’Argentina, che ha letto e studiato quand’era in Argentina, o che lo vanno a trovare, accolti con grandi manifestazioni di affetto e amicizia, quali figli e figlie prediletti, in Vaticano. Ma quale sant’Agostino, ma quale san Tommaso d’Aquino: la cultura teologica del papa Francesco è ben più solida e robusta, e, soprattutto, è ben più aggiornata e al passo coi tempi, ben più aperta e dialogante, poiché si basa sulla profonda speculazione di teologhe come la signora Emilce Cuda.
Dicevamo che è merito di quest’ultima l’essere venuti a conoscenza di uno dei più grossi spropositi usciti, di recente, dalle labbra di papa Francesco. Nell’udienza dello scorso 17 marzo, tenuta nel Palazzo Apostolico, volendo spiegare la sua concezione di “unità nella differenza”, ha detto, a un certo punto, con quel suo tipico stile volto a fulminare l’uditorio, senza curarsi minimamente, anzi, godendone profondamente e visibilmente, dello sconcerto, del disorientamento e del disagio che le sue parole, pesanti come pietre, regolarmente producono, e del dolore che causano a tanti fedeli cattolici, ha detto, dunque, che anche dentro la Santissima Trinità tutti litigano continuamente, ma a porte chiuse, mentre fuori l’immagine è quella della unità. Questa affermazione, che non è solo incredibilmente rozza, incredibilmente volgare e infinitamente stupida, ma è francamente blasfema, e teologicamente falsissima e del tutto gratuita, perché nella Santissima Trinità il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo procedono in perfetta concordia e armonia (ma dove si ricava, dalle Scritture o dalla Tradizione, che le tre Persone stanno sempre a litigare fra di loro?), ci è stata gentilmente riportata dalla bella signora argentina coi vestiti a lustrini scintillanti e i tacchi a spillo, dalla avvenente e spregiudicata teologa Emilce Cuda. La quale è la cocca dell’arcivescovo di Buenos Aires, Victor Manuel Fernandez, che la tiene in grandissima stima, e che, guarda caso, è anche il rettore di quella Università cattolica, nella quale tiene i suoi brillanti e numerosi corsi la giovane e grintosa teologa sudamericana.
Ora, il papa aveva parlato nel corso di un’udienza con il Catholics Theological Ethics in the World Church; la signora Cuda ha riportato quella frase e il vaticanista inglese Austen Ivereigh l’ha resa di pubblico dominio. Uno scoop, magari nel quadro di una “congiura” per screditare il povero Bergoglio, così ingenuo e fiducioso quando parla in pubblico, specie se in mezzo ad una platea di amici e connazionali? Insomma, una specie di agguato, come i tanti che vennero tesi al suo predecessore, Benedetto XVI, i cui discorsi erano disseminati di trappole, poste da una stampa internazionale implacabilmente ostile, al punto di rovesciare la bellissima lectio magistralis di Ratisbona in una allocuzione anti-islamica? Niente affatto, perché questo Ivereigh non è per niente un giornalista ostile al papa Francesco; al contrario, è addirittura il suo biografo di fiducia. Se ne ricava che tanto la graziosa teologa, quanto il solerte biografo, non solo non hanno inteso sminuire in alcun modo il pontefice, riportando quella tale affermazione sulla Santissima Trinità, ma che - non esiste altra spiegazione possibile - hanno ritenuto di rendergli un servizio, facendo sapere al mondo quanto sa essere spiritosa e sbarazzina sua santità, quanto leggero e garbato è il suo personale tocco, allorché parla di Dio e di uno dei due dogmi fondamentali del cristianesimo, quello appunto relativo all’Unità e alla Trinità divina (l’altro essendo quello della divina Incarnazione del Verbo). E che altro potremmo dire, se non che ne siamo profondamente commossi?
Qualcuno potrebbe liquidare tutta la faccenda riducendola a un fatto di provincialismo culturale: un sudamericano ignorante che parla troppo e con troppa leggerezza di cose che nemmeno capisce, affidandosi a qualche arrischiata stramberia teologica della sua cultura di provenienza e senza nulla sapere, e nulla apprezzare, di una tradizione teologica profonda e raffinata, quella dell’Occidente latino e dell’Oriente greco, che ha duemila anni di storia e che ha illuminato, con la sua vivida luce, decine e decine di generazioni di cristiani. Tuttavia, basta una brevissima riflessione per capire che non è così; che c’è molto di più, e, se possibile, molto di peggio. Innanzitutto, qui non si tratta “semplicemente” di cafoneria teologica, ma di una vera e propria falsificazione della dottrina cattolica.
Primo: il papa Francesco parla delle tre Persone della Santissima Trinità come se fossero tre divinità distinte; altrimenti che senso avrebbe dire che “litigano” continuamente fra di loro? Ma Dio è uno, lo sa anche un bambino che ha fatto il primo anno, anzi, che ha seguito le primissime lezioni di catechismo: è Uno in tre Persone; e va da sé che non potrebbe litigare con se stesso, essere in contrasto con se stesso. Dunque, le parole di Bergoglio riflettono una concezione politeista, e perciò pagana e del tutto eretica, del cristianesimo.
Secondo: su quali testi, su quali passi biblici, o patristici, egli fonda una così sorprendente affermazione? Dove mai si dice che vi è contrasto fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo? Non si dice, al contrario, che il Figlio ha fatto, in tutto e per tutto, la volontà del Padre, e che il Padre lo ha amato per questo; e che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, in eguale misura e con una stessa volontà? Forse la Bibbia di papa Francesco è diversa da quella che leggiamo noi comuni mortali? Forse è simile a quella di monsignor Galantino, nella quale si dice che Dio ha risparmiato Sodoma e Gomorra, invece di distruggerle per la gravità del peccato dei loro abitanti? O forse è simile a quella di Sosa Abascal, nella quale ciascuno può leggere quel che gli pare, dal momento che al tempo di Gesù non c’erano registratori, e dunque la testimonianza degli evangelisti vale poco o niente?
Terzo: dicendo che le tre Persone della Santissima Trinità litigano sempre, ma che all’esterno nulla traspare di questi litigi, il papa, implicitamente, accusa Dio di essere un ipocrita: di voler sembrare quel che non è, di voler prendere gli uomini per il naso.
Per ciascuna di queste tre eresie, un tempo, l’Inquisizione avrebbe mandato al rogo chi le avesse proferite; e a ciascuna di queste eresie si accompagnano lo spregio, il dileggio di una verità sacra, il gusto demoniaco dell’irrisione e il piacere perverso dello scandalo. Tutto questo non può provenire solo dall’ignoranza e dalla leggerezza. No, qui c’è un piano, un disegno strategico, un obiettivo; papa Francesco sta facendo quello che era nel copione, quello per cui è stato messo al posto di Benedetto XVI, dopo che questi è stato costretto ad abdicare, chi sa dietro quali ricatti e oscure pressioni. Egli sta demolendo scientemente, pervicacemente, implacabilmente, la sana e vera dottrina cattolica, la sta rovesciando come un guanto, e, nello stesso tempo, sta deliberatamente incrinando la fede dei cristiani, per minare in essi il sensus fidei e spogliarli della vera dottrina, delle vere certezze di cui è fatta la fede. Perché lo fa? Per sostituire al cattolicesimo un’altra cosa, una cosa completamente diversa: una nuova religione sincretista e gnostica, un misto di deismo e di panteismo, una religione buona per tutte le stagioni, che chiede poco agli uomini, perché offre poco: il piedistallo ideologico per l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale. E tutto ciò è manovrato da poteri che si muovono nell’ombra e che son mossi, a loro volta, dalla grande finanza internazionale. Non è un piano interamente umano: la sua malvagità e la sua stessa ampiezza eccedono le capacità, pur grandi, dell’umana superbia e cattiveria. Qui c’è dell’altro: qui si sente la puzza dell’inferno…
Cattivi maestri e pessime professoresse dietro gli spropositi e le bestemmie del papa
di Francesco Lamendola
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