IL CASO BERGOGLIO C'INTERPELLA
Impossibile ignorarlo: il fatto che il papa attuale sia diventato la pietra d’inciampo sul cammino della fede per milioni di cattolici non può essere minimizzato. Il cristianesimo non è un insieme di "esortazioni morali"
di Francesco Lamendola
Parlando con le persone e leggendo i commenti in rete, si direbbe che alcuni cattolici ritengano di poter soprassedere al “caso Bergoglio”, ossia al problema che questo papa, per il solo fatto di esserci, e di esserci nel mondo che sappiamo, pone alla Chiesa, di cui, teoricamente, è il capo e la guida; non perché non vedano i danni gravissimi che egli le sta provocando, al contrario, ma perché, esasperati dai suoi incessanti colpi di piccone contro la dottrina e la fede cattolica, e frustrati dalla sensazione d’impotenza sul terreno pratico, ritengono che ormai la cosa migliore da fare sia, semplicemente, quella d’ignorarlo.
Ora, è vero che la fede del singolo cristiano è la cosa essenziale, e che, se c’è la fede, orientata dalla retta dottrina, c’è l’essenziale; ma è altrettanto vero che, se si vuole continuare ad essere cattolici, e non già farsi protestanti, la Chiesa svolge una funzione indispensabile di tramite fra l’uomo e Dio, e il clero svolge appunto la funzione di custodire e tramandare la retta dottrina, senza la quale non c’è la vera e sana fede cattolica, ma una fede qualsiasi, una fede così, come ciascuno se la vuol fare, alla maniera del “così è, se vi pare” di Luigi Pirandello; e il papa, per l’appunto, dovrebbe svolgere la funzione di supremo garante e supremo difensore della fedeltà della dottrina alla divina Rivelazione. È pur vero che papa Francesco non vuol essere chiamato papa e ha fastidio di ritenersi tale, e che, fin dall’inizio, cioè fin dal suo insediamento, ha sempre ostentato di considerarsi solamente il “vescovo di Roma”, come se l’essere il vescovo di Roma non implicasse il fatto di essere a capo della Chiesa cattolica: e già da questo si sarebbe dovuto capire, in quel marzo del 2013, che ci si trovava in presenza di un magistero fallace, di un magistero con la “m” minuscola, cioè non divinamente ispirato. Ed è altrettanto vero che lo Spirito Santo dispensa ai credenti il sensus fidei, il senso della fede, che è una grazia divina e che garantisce l’impossibilità di sbagliarsi in materia di fede, perché, diversamente, verrebbe compromessa l’integrità del depositum fidei, ossia dell’insieme di tutte le verità divinamente rivelate, che costituisce il contenuto della fede cattolica. Tuttavia, bisogna andarci piano col pensare che l’azione del pontefice sia ininfluente, se essa va ad intaccare, sistematicamente, tanto il sensus fidei che il depositum fidei; e ancor più se lo fa con strategie oblique, con astute manovre giocate fra il detto e il non detto, sui doppi sensi, nonché sulla esaltazione sistematica di modelli negativi per la fede, sia fuori della Chiesa (come Marco Pannella), sia all’interno di essa (come don Lorenzo Milani); e, ancor più, con l’incoraggiare tutto uno stile pastorale, da parte del clero, teso a valorizzare unicamente la dimensione immanente, quasi che la dimensione trascendente non esistesse, non servisse, con contasse più nulla, e quasi che il cristianesimo fosse un insieme di esortazioni morali e non fede viva in una Persona viva, Gesù Cristo, venuto a incarnare in se stesso, fino all’estremo sacrificio della Passione della Morte in croce, e poi con gloria della Resurrezione, la promessa che Dio ha fatti agli uomini fin dall’inizio del loro doloroso pellegrinaggio terreno.
Sì, abbiamo detto doloroso pellegrinaggio terreno: perché questo è il linguaggio che la Chiesa ha adoperato, e giustamente, per quasi duemila anni; anche se la neochiesa, o contro-chiesa, di papa Francesco, sembra non condividerlo affatto, tanto è protesa a cercare un felice accomodamento con il mondo e ad inseguire i complimenti, le lusinghe le felicitazioni che provengono dal mondo, e soprattutto dalla parte profana, per non dire dai nemici veri e propri della Chiesa cattolica, a cominciare dalle logge massoniche, dai grandi poteri finanziari (coi quali è in perfetta sintonia, ad onta del suo fin troppo sbandierato amore per gli ultimi), dai governi laicisti e anticlericali e dalle religioni non cristiane, specialmente le più aggressive nei confronti dei discepoli di Cristo. Come si legge nella Prima lettera di Pietro (2,11): Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all’anima. Come stranieri e pellegrini: non come ospiti nell’albergo del mondo moderno, con tutte le comodità immaginabili!
Dunque, il fatto che il papa attuale sia diventato la pietra d’inciampo sul cammino della fede per milioni e milioni di cattolici, non può essere minimizzato né banalizzato, e non è possibile cavarsela dicendo che, in fondo, poco importa quel che egli fa e dice, purché ciascuno di noi conservi la propria personale fedeltà alla Rivelazione. C’è perfino chi sostiene che bisognerebbe smettere di parlare del “caso Bergoglio”, perché ciò finisce per enfatizzare un problema che meriterebbe di essere contenuto e riportato alle sue giuste proporzioni mediante il silenzio.
Ecco cosa scrive, ad esempio un lettore, che si firma Anonimo, del blog Acta apostaticae sedis, a commento del mio articolo Che fare con un papa eretico?, pubblicato su Il Corriere delle Regioni in data 01/05/2017:
So di "gettar scompiglio"con questa mia affermazione ma ritengo che continuare a "parlare"di Amoris Laetitia, porti acqua al mulino di chi l'ha pubblicata! Mia nonna diceva :più la smena, più la spusa riferendosi ovviamente a qualcosa che lascio a chi legge la capacità di intendere. Il sopraccitato documento, non è una enciclica, non è dogmatico e quindi non ha nessun valore morale…
Il che sarebbe come dire che, se ci si accorge che l’autista dell’autobus è impazzito, e sta guidando contromano, sfidando cento volte lo scontro frontale con i veicoli provenienti in senso opposto, si dovrebbe far finta di nulla e parlare d’altro, perché dare l’allarme, ed, eventualmente, intervenire, sarebbe come dare troppa importanza al mariolo. Tale, necessariamente, è il corrispettivo del concetto di “non portare acqua al mulino” di chi si comporta male. Ma è evidente che, così facendo, si firma e si sottoscrive la condanna a morte dei viaggiatori dell’autobus: se non si vuol fare qualcosa per se stessi, magari perché si è stanchi di vivere, si ha comunque il dovere di fare qualcosa per gli altri, che forse non si sono accorti di nulla, perché fra di essi ce ne sono di sicuro a cominciare dai bambini, di quelli che hanno una vita davanti, e non bruciano di un particolare desiderio di autodistruzione. L’autista, dunque, sta abusando del suo ruolo istituzionale e si sta approfittando della loro distrazione, o della loro inconsapevolezza, per trascinarli verso il disastro: lasciare che continui a tenere quel volante fra le mani, dunque, equivale a rendersi corresponsabili di tutto quel che ne conseguirà. Ora, ho cercato di spiegare perché, nella dottrina contenuta nella Amoris laetitia, la posta in gioco sia ancora più alta della materia specifica, che pure è importantissima, cioè l’indissolubilità, o meno, del Matrimonio cristiano: la vera posta in gioco è l’oggettività della legge morale. Infatti, se passa l’idea che un divorziato risposato può accedere al sacramento dell’Eucarestia, dopo un rapido “perdono” da parte del sacerdote, ma senza mutare in alcun modo la sua posizione pratica e spirituale, si crea un precedente fatale: d’ora in poi, chiunque potrò farsi arbitro della giustezza del proprio agire, indipendentemente dal Vangelo e anche contrariamente ad esso, e tuttavia continuare ad essere “cattolico” e a venire considerato come tale in seno alla Chiesa. La quale, a quel punto, non si capisce cosa ci starà ancora a fare, dato che, in pratica, sarà passata in pieno la teoria luterana del sacerdozio universale dei credenti: ciascun credente si porrà direttamente in relazione a Dio, e la mediazione del sacerdote, come alter Christus, non sarà più necessaria, anzi, potrebbe essere d’intralcio.
Ma c’è anche chi, come il lettore che si firma Catholicus, non vorrebbe sentir parlare non solo di Amoris laetitia, ma neppure di papa Francesco, il quale non si merita tanta attenzione da parte nostra (riporto, come nel precedente caso, solo una parte del commento):
“Se passa il relativismo attuale tutte le verità dottrinali diverranno soggettive, perciò relative" : mi scusi dottor Lamendola, da come la dice sembra che, se passa davvero, non potremo ribellarci, o ci sottometteremo o ci metteranno al rogo? ci sbatteranno in prigione? A me di Bergoglio non importa un fico secco, per dirla nuda e cruda, né tantomeno di Scola, Galantino, Lorefice, Paglia e tutti i loro degni e tristanzuoli compari. Quindi "cui prodest" ? Leggo commenti analoghi al mio su altri blog cattolici, del tipo "di Bergoglio non me po' fregar de meno". Ma che se ne vada a quel paese (dove c'è una gran puzza di zolfo), tanto prima o poi ci finirà dentro, speriamo solo che non trascini con sé troppe anime…
Io no so quale sarà il destino ultraterreno delle anime; esso è un grande mistero, che Dio solo conosce; a maggior ragione, non so quale sarà il destino delle anime di quanti sono ancora in vita, e dunque potrebbero ravvedersi e convertirsi. Ma so, come lo può vedere e capire chiunque, che il pericolo per le anime esiste, e anche Catholicus se ne avvede, e spera che non siano troppe ad essere indotte in errore. Ma questo non è un argomento sul quale si possa scherzare: quand’anche fosse in pericolo la salvezza di un’anima sola, il danno sarebbe immenso, perché l’anima umana è fatta a immagine di Dio, e dunque il valore di ciascuna è semplicemente incommensurabile; non esiste alcun criterio di giudizio e alcun sistema di misura per valutarlo. Pertanto, l’unica cosa certa è che bisogna fare il possibile, e, con l’aiuto di Dio, anche l’impossibile, per scongiurare una tale sciagura: che un’anima immortale, fatta a immagine di Dio, e già battezzata e avviata sulla strada della verità e della salvezza, possa scivolare nell’errore, e magari perdersi, proprio a causa delle male arti di quel pastore che, invece, dovrebbe considerare la salvezza di ciascuna di esse come la ragion d’essere della propria chiamata al soglio di san Pietro, e non darsi pace, né risparmiarsi fatiche, o pericoli, o insidie, o incomprensioni, ostilità e perfino persecuzioni, pur di fare tutto ciò che è immaginabile e realizzabile per evitare che anche una sola pecorella del gregge di Cristo si perda. Tremenda è la responsabilità che questo papa si sta assumendo, nello spingere così tante anime verso l’errore, il peccato e, forse, la dannazione eterna; ma terribile è anche la responsabilità di chi, pur vedendo tutto ciò, tace e si gira dall’altra parte, pensando che lui, tanto, non perderà la strada giusta, non si smarrirà lontano dall’ovile, non correrà alcun pericolo. Noi siamo chiamati, per il comandamento di Cristo, all’amore di carità: e l’amore di carità ci impone di fare tutto quel che sta in noi per soccorrere il prossimo, specialmente là dove vediamo che ad essere in pericolo è la sua anima immortale. La Chiesa si regge sulla comunione dei santi: ciò significa che nessuna anima può disinteressarsi della sorte delle altre; è nell’individualismo luterano che basta occuparsi della propria, e poi che gli altri si arrangino come meglio possono. Un vero cattolico non può ragionare così; e nemmeno può scordare, anche solo per un istante, che tradire la verità equivale a tradire il senso della vita umana, e perciò, automaticamente, a sospingere la propria anima, o quelle altrui, vero l’abisso ch’attende ciascun uom che Dio non teme.
Non temo, caro amico, né di venir messo al rogo, né di essere sbattuto in prigione, né, meno ancora, di dovermi sottomettere, o che non saprei ribellarmi: penso che ogni cristiano si debba assumere, specie di questi tempi, la responsabilità di quel che fa o che non fa rispetto al dovere di servire la Verità, a cominciare dal fatto di mettere sempre la propria faccia e di firmare sempre qualunque scritto con il proprio nome e cognome. Il punto non è questo. Il punto è che il papa possiede immensi mezzi di persuasione, e, infatti, è innegabile che egli sta esercitando una forte attrazione sulle folle, al punto che in alcune chiese è stata collocata la sua statua e i fedeli, invece di adorare e pregare Dio, sembrano voler adorare e pregare lui: basta andare su Youtube per vedere e per credere. Ebbene, già questo è un grave peccato d’idolatria; e molti altri ne portano con sé le erronee dottrine propugnate insistentemente, e con frequenza ormai frenetica, dal papa Francesco. Sono purtroppo numerosi gli indizi che portano alla conclusione che egli non stia agendo così solamente per imprudenza, vanità e faciloneria, magari bene intenzionata, ma per eseguire un compito che gli è stato affidato sin dal tempo della sua elezione; anzi, fin dal tempo della sua precedente, mancata elezione, quando alla fine era stato eletto papa il suo predecessore, Benedetto XVI: che egli sia l’uomo della massoneria ecclesiastica il cui compito è demolire, dall’interno, quel che resta della vera Chiesa. Con danno certo, e gravissimo, per una quantità di anime. Che fare, allora? Personalmente, non credo che si possa contestare formalmente la legittimità del papa, come sostiene Antonio Socci; né, meno ancora, allargare l’invalidità ai suoi predecessori, risalendo fino a Giovanni XXIII, come fanno i sedevacantisti; ma neppure che si possa ignorarlo. No, bisogna correggerlo: anche questa è carità. La correzione fraterna è un dovere cristiano: ometterla, è come farsi corresponsabili dell’altrui perdizione. E si deve pregare soprattutto per colui che dà scandalo...
Il caso Bergoglio c’interpella: impossibile ignorarlo
di Francesco Lamendola
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