La fede deve imporsi al mondo, non adeguarsi
Abbiamo detto che lo storicismo è il fondamento dell’inganno modernista: perché, dietro le apparenze di un “ragionevole” adattamento nel modo di annunciare il Vangelo nei diversi contesti culturali, viene portata avanti una progressiva banalizzazione e relativizzazione del Vangelo stesso, in una rincorsa verso il “mondo” che non ha mai fine, che non condurrà mai al sospirato “dialogo”, ma, inesorabilmente, un poco alla volta, all’auto-dissoluzione del cattolicesimo. L’annuncio del Vangelo, infatti, è l’irruzione della dimensione dell’Assoluto e dell’Eterno nella dimensione finita dello spazio e del tempo: voler adeguare la prima alla seconda, e sia pure – così si dice, ma è solo l’inizio della “svendita” del Vangelo stesso – nei modi e nelle forme, non nella sostanza, equivale a tradire anche la sostanza, perché, nel Vangelo, la forma è sostanza e la sostanza è forma. Ecco perché l’autodistruzione della sacra Liturgia, operata dal Concilio Vaticano II, ha colpito al cuore il cattolicesimo: perché la Liturgia deriva dalla Tradizione, e la Tradizione, con la lettera minuscola, non viene dagli uomini, ma da Dio. Pertanto, voler “aggiornare” ciò che viene da Dio, equivale a tradirlo: Dio non parla per aggiornamenti, e l’uomo non deve nemmeno presumere di poter adattare a sé quel che viene da Dio: è lui, l’uomo, che deve adattarsi, è lui che deve entrare nella dimensione assoluta ed eterna, non Dio che deve entrare in quella relativa. O meglio, Dio lo ha già fatto, nel mistero della Incarnazione di Cristo; e continua a farlo, nel meraviglioso mistero della santa Messa (un miracolo, dice san Tommaso d’Aquino, superiore perfino alla creazione, perché rinnova la presenza e il sacrificio di Cristo ogni volta che il sacerdote officia la Messa e ogni volta che un fedele si comunica). Cosa dovrebbe fare di più? Ora è l’uomo che deve andargli incontro.
Ed ecco la malizia di certi “teologi” del Vaticano II, e, ancor più, dei nostri giorni; ecco da dove nasce la “svolta antropologica”, e a cosa mira. Cambiando la Liturgia, si cambia la Tradizione; ma cambiare la Tradizione, significa degradarla a tradizione, con la minuscola, cioè a un fatto puramente umano. Allora, per la stessa ragione, si può cambiare anche la Parola di Dio, cioè la sacra Scrittura: non sono forse entrambe, per un cattolico, la Scrittura e la Tradizione, le fonti della divina Rivelazione? Ma se cambiare la Tradizione significa degradarla a tradizione, allo stesso modo, cambiare la Scrittura significa degradarla a scrittura, cioè a parola puramente umana. Ed ecco un Sosa Abascal venirci a dire che noi non sappiamo cosa abbia realmente detto Gesù Cristo, perché in Palestina, a quel tempo, non c’erano i registratori. Come dire: la Scrittura è diventata scrittura; e la scrittura è interpretabile a piacere, manipolabile a piacere, la si può perfino riscrivere daccapo, come se quella che per due millenni abbiamo letto, e la Chiesa ha interpretato, fosse solo una parola di uomini. A un tale esito, neppure Lutero, nella sua arroganza di eretico, aveva pensato di arrivare: perfino lui avrebbe tremato e sarebbe impallidito davanti alle affermazioni che il generale dei Gesuiti, l’Ordine religioso più importante della Chiesa cattolica, ci viene a spiattellare sotto il naso, con la massima tranquillità possibile e con l’aria di un’assoluta normalità, come un impiegato d’un ufficio qualsiasi che trasmetta dei dati all’ufficio attiguo. Noi non sappiamo cosa ha detto realmente Gesù: ma si può immaginare, per un cattolico, una enormità, e una bestemmia, più grandi di questa? E si può tollerare che, a dirla, sia un uomo che occupa, nella Chiesa, una posizione decisamente eminente? Si può tollerare, inoltre, che il sommo pontefice, colui che deve, o dovrebbe, vegliare sulla purezza e sulla fedeltà della dottrina al Vangelo, taccia, e che, col suo silenzio clamoroso, assordante, copra l’enormità e la bestemmia di padre Sosa? Peggio ancora: si può tollerare che il papa, proprio lui in persona, ci venga a dire che la vera dottrina è sempre e solo quella che unisce, e che, se la dottrina divide, allora è roba da fanatici; e che dica questa parola con disprezzo, “fanatici”, con una smorfia di disgusto, offendendo milioni e milioni di cattolici i quali, senza essere, né sentirsi minimamente dei fanatici, pensano tuttavia, del tutto giustamente, che la dottrina è la dottrina, non la si può cambiare a piacere per andare d’accordo con tutti, anzi, che essa è fatta di “no” oltre che do “sì”, e che, se non sapesse dire dei “no” al mondo, non sarebbe più la dottrina cattolica, ma sarebbe un’altra cosa, e non servirebbe più a definire il cattolicesimo, ma un’altra cosa, completamente diversa, anzi, del tutto opposta?
Dicono i modernisti, e anche parecchi cattolici in buona fede, ma ingenui, che, per arrivare agli uomini d’oggi, il Vangelo deve essere annunciato nel linguaggio di oggi. Parrebbe logico: ma non è così. Se l’uomo moderno è chiuso alla trascendenza, non lo si può avvicinare ad essa facendo finta che la trascendenza non esista. Se l’uomo moderno non vuol sentir parlare degli Angeli, dei Santi e della Vergine Maria, non si può avvicinarlo al Vangelo non parlandogli, assolutamente, né degli Angeli, né dei Santi, né della Vergine Maria. Se l’uomo moderno è allergico a qualunque riferimento al peccato, e specialmente al Peccato originale, e se è convinto che ogni cosa, nella storia, è solo il risultato dell’azione umana, bisognerà “avvicinarlo” al Vangelo confermandolo in questo suo errore, oppure bisognerà provare ad aprirgli gli occhi? Eh, ma così facendo – berciamo i modernisti, e sono in malafede – lo allontanate dal Vangelo! Niente affatto: siete voi che lo allontanate. Chi annuncia il Vangelo, deve farlo con chiarezza. E se l’uomo moderno è giocherellone, non prende niente troppo sul serio, e preferisce ridere di quel che non capisce, non è una buona ragione per officiare la santa Messa con la marionette, o con l’aperitivo, o con le danze da discoteca. No, non è un buon motivo. E se l’uomo moderno è edonista, materialista, razionalista, non è una buona ragione perché i sacerdoti, oggi, debbano annunciargli una religione che parla sempre e solo delle cose belle (con la scusa che non si deve lasciare troppo spazio ai “profeti di sventura”), e tacergli che la vita è una cosa seria, e la vita eterna è una cosa ancor più seria, terribilmente seria: e che l’inferno e il paradiso non sono favolette per bambini, ma realtà ineludibili, e che, pertanto, forse è il caso di deporre la ricerca del piacere, la pretesa di capire e la riduzione di ogni cosa a un livello immanentistico, e considerare, in tutta serietà, la prospettiva dell’infinito e dell’eterno. Chi annuncia il Vangelo, deve fare questo: altrimenti, non è il Vangelo che annuncia, non è la Parola di Dio agli uomini, ma è soltanto la sua parola, una parola completamente umana, una parola che insegue le mode e che, per ciò stesso, lascia il tempo che trova: oggi piacerà moltissimo, ma domani verrà dimenticata.
Il Vangelo resta saldo e perenne perché non fa parte del tempo, non fa parte del mondo. Cristo è venuto nel mondo, ma non era del mondo; e il suo messaggio agli uomini è un messaggio che non glorifica il mondo, ma glorifica il Padre suo, che è la Verità. Chi non annuncia il Vangelo in questi termini, compie una operazione al ribasso, svende il Vangelo e si fa bello con una ”generosità” all’ingrosso che non avrebbe alcun diritto di fare, perché il Vangelo non appartiene agli uomini, ma a Dio. Tremenda è la responsabilità della neochiesa che sta svendendo, a prezzi di liquidazione, la dottrina cattolica, in cambio di un poco di popolarità mondana: e presso chi, poi? Presso i nemici della Chiesa, soprattutto. E a quale prezzo? Al prezzo di allontanare dalla Chiesa, dalla vera Sposa di Cristo, i migliori: i cattolici fedeli, che non accettano questa sconcia operazione al ribasso, questa illecita liquidazione di ciò che non appartiene ai venditori. Non si può svendere il Vangelo a prezzi stracciati, come il venditore di falsi tappeti persiani svende la sua merce, pur di sbarazzarsene. La parola di Dio è quella, non cambia: perché Dio, a differenza degli uomini, è fedele. Quel che ha detto, lo ha detto per sempre. Ma, obietteranno i modernisti, bisogna che la Parola di Dio sia annunciata in maniera che gli uomini d’oggi possano capirla. Certo: ma per capire la parola di Dio, non c’è alcun bisogno di mutilarla, di minimizzarla, di banalizzarla, di svenderla, di tradirla. Diciamo la verità: non è che gli uomini d’oggi non capirebbero il Vangelo, se lo si annunciasse così come va annunciato, cioè in tutta la sua forza, sostanza e forma, inscindibilmente, liturgia e dottrina, Scrittura e Tradizione: il fato è che essi non gradiscono quella musica. I loro orecchi delicati sono abituati alla carezze; non amano sentirsi dire anche qualche “no”: Non ti è lecito fare questo, dice il Vangelo al peccatore: lo dice, eccome se lo dice. Certo, Gesù perdona il peccatore che si pente; ma, ecco il punto: lo perdona appunto perché si pente. E lo fa sino all’ultimo, con pazienza infinita. Si pensi all’episodio dei due ladroni: perfino sulla croce, perfino pochi istanti prima di morire per la cattiveria degli uomini, Gesù perdona, e dice al peccatore pentito: Oggi stesso tu sarai con me in paradiso. Non lo dice a entrambi, perché l’altro ladrone non si era affatto pentito, anzi, lo dileggiava e lo scherniva. No, lo dice solo al ladrone che si è pentito e ha confessato il suo peccato: a lui, sì, promette il perdono, e, col perdono, il paradiso. All’altro, no.
di Francesco Lamendola del 19-06-2017
continua su:
http://www.liberaopinione.net/wp/?p=14908
Gesù – Maometto: intesa raggiunta !
Forse non sono fatti per capirsi sul piano teologico, cristiani e musulmani, ma sicuramente sono fatti per intendersi nella vita, perché sono complementari.
Infatti, i cristiani in nome e per amore di Dio accettano di morire per mano dei non credenti senza ribattere, secondo l’esempio del loro fondatore Gesù Cristo; mentre i musulmani in nome e per amore di Dio uccidono i non credenti, secondo l’esempio del loro fondatore Maometto.
Così ora sono contenti tutti: i cristiani, perché si sacrificano testimoniando così l’amore e la tolleranza; i musulmani, perché ogni anno uccidono nel mondo decine di migliaia di cristiani testimoniando così la loro fedeltà ai precetti del Libro. I seguaci di Gesù e quelli di Maometto non sono tra loro avversari, sono stati fatti gli uni per gli altri, sono una risorsa gli uni per gli altri, una risorsa inesauribile, e una inesauribile fonte di gloria per Dio!
La vera armonia, la vera intesa tra le religioni, non viene dalle discussioni teoriche e di principio, ma dalla complementarietà nei fatti, nella prassi, nella quotidianità. E cristiani e musulmani l’hanno ormai raggiunta, mentre israeliti e musulmani hanno ancora seri problemi da superare, perché la stella di David non ama farsi crocifiggere.
Marco Della Luna
Fonte: http://marcodellaluna.info/sito/ del 16/06/17 in redazione il 19 Giugno 2017
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.