ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 11 giugno 2017

Una Maestra così buona

Santi Francesco e Giacinta. Il segreto dei fratellini Marto
«Lasciandosi guidare con totale generosità da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione», così Papa Giovanni Paolo II spiegava al mondo il segreto della santità dei giovani fratellini di Fatima.


Lo scorso 13 maggio la Chiesa ha avuto ben ragione di festeggiare perché, oltre a commemorare il centesimo Anniversario della Regina del Santo Rosario di Fatima, ha scritto nell’Albo d’oro dei Santi altri due preziosi nomi: Giacinta e Francesco Marto, due dei tre Veggenti di Fatima. La storia della loro canonizzazione è tanto eccezionale ed originale quanto lo è quella della loro santità: «L’iter non è stato certo dei più semplici, essendo la loro canonizzazione un novum per la storia delle canonizzazioni. Infatti Giacinta (11 marzo 1910 - 20 febbraio 1920) e Francesco Marto (11 giugno 1908 - 4 aprile 1919) sono stati i primi bambini non martiri canonizzati ed è il primo caso in cui è stato sufficiente per la beatificazione e per la canonizzazione un solo miracolo ottenuto per l’intercessione di entrambi (e non quindi uno per ciascuno, come voleva la prassi della beatificazione/canonizzazione dei confessori non martiri)» (1). 
Se questi due “fratellini” sono stati stretti dai vincoli della carne e del sangue, ancora più lo sono stati da quelli dello spirito. La via della santità che hanno percorso insieme con eccezionale rapidità sotto la guida materna di Maria testimonia che, di certo, erano fratelli, figli di un unico Padre e di un’unica Madre che hanno amato e servito offrendo la loro vita appena cominciata senza riserve. Uno stesso segreto li accomuna. Un segreto che vorremmo scoprire. La prima cosa a sorprendere è proprio quella “corsa” che li ha visti bruciare tutte le tappe. Anche loro, come l’Apostolo, hanno “combattuto la buona battaglia, terminato la corsa, conservato la fede”, meritando “la corona di giustizia che il Signore, giusto Giudice, ha loro consegnato in quel giorno” (cf. 2Tm 2,7-8). E tutto questo con che rapidità! Se si considera il loro percorso a partire dalla prima apparizione della Madonna (13 maggio 1917), ci hanno messo meno di tre anni per raggiungere quella perfezione a cui Dio li aveva destinati. Come hanno fatto?, ci si chiede. La più bella risposta l’ha data Papa Giovanni Paolo II nel 2000, nell’Omelia per la loro beatificazione, allorché spiegava: «Vi dico che “si progredisce più in poco tempo di sottomissione e dipendenza da Maria che durante anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi” (San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione a Maria, n. 155). È stato così che i Pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire i consigli tanto belli e saggi che la piccola dava, le domandò chi era stato ad insegnarglieli. “È stata la Madonna” – rispose. Lasciandosi guidare, con totale generosità, da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione» (2). 
La dipendenza da Maria ha permesso loro di penetrare negli abissi più intimi del Cuore Immacolato della Vergine e nel Cuore Eucaristico di Cristo, dalla cui amabilità e dalla cui dolcezza si sono sentiti sempre rapiti. La piccola Giacinta, poco prima di morire, diceva a Lucia di essere arsa da un fuoco spirituale che le faceva amare Gesù e Maria e che avrebbe desiderato trapiantare nelle anime tutte: «S’io potessi mettere nel cuore di tutti il fuoco che mi brucia qui nel petto e mi fa amare tanto il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria!». Quei due Cuori erano stati la sua porzione, la sua eredità più preziosa sulla terra (cf. Sal 15,5): «Sento il Signore dentro di me. Capisco quel che mi dice e non Lo vedo né percepisco la sua voce, ma è così bello stare con Lui!». 
Entrambi sono stati fedelissimi all’eredità lasciata loro dall’Angelo del Portogallo. Soprattutto Francesco era solito trascorrere lunghe ore davanti al Tabernacolo, “solo con Gesù Solo”, per consolarlo delle ingratitudini, «degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli è offeso» (preghiera dell’Angelo durante la terza apparizione). E, con la sorella e la cugina, amava ripetere spessissimo quella preghiera che fu loro intimamente ispirata: «Santissima Trinità, io Vi adoro. Mio Dio, mio Dio, io Vi amo nel Santissimo Sacramento». Cosa dire poi della passione eucaristica di Giacinta? Suor Lucia racconta nelle Memorie degli episodi significativi: «In un’altra occasione le portai un’immaginetta che aveva un calice con un’Ostia. La prese, la baciò e, raggiante di gioia, diceva: “È Gesù nascosto! Gli voglio tanto bene! Oh s’io potessi riceverLo in chiesa! In Cielo non si fa la Comunione? Se lassù si farà la Comunione, io la farò ogni giorno. Se l’Angelo venisse all’ospedale a portarmi un’altra volta la santa Comunione! Come sarei contenta!”. Quando certe volte tornavo dalla chiesa ed entravo in casa sua, mi chiedeva: “Hai fatto la Comunione?”. Se le dicevo di sì: “Vieni qui molto vicina a me, che hai nel tuo cuore Gesù nascosto”» (3).
La loro era una passione eucaristica e mariana che li condusse rapidamente ad una mistica eucaristica e mariana. Questo messaggio, tra tutti, sembra sia il più “profetico” e “programmatico” perché ci offre, insieme ad un elemento inalienabile della santità cristiana praticata fino in fondo dai due fanciulli, anche le armi per la buona battaglia e il pegno del futuro Regno di Maria, che sarà un regno tutto Mariano ed Eucaristico. Difficile descrivere quelle esperienze così intense che erano soliti avere i due piccoli Santi. Quando si chiedeva a Giacinta, durante la sua permanenza in ospedale, perché teneva sempre una sedia libera accanto al suo letto, spiegava candidamente che quella era per la Madonna quando veniva a farle visita e Francesco al momento del trapasso poté descrivere, agli astanti, la Vergine che, come buona Madre, era venuta a prendere il suo “fiorellino” per portarlo, come da Lei promesso, in Cielo. Parlando di Francesco, Papa Giovanni Poalo II ricordava: «Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe dire radicale; una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, con una preghiera così assidua e fervente da raggiungere una vera forma di unione mistica col Signore. Proprio questo lo spinge ad una crescente purificazione dello spirito, mediante tante rinunce a quello che gli piace e persino ai giochi innocenti dei bambini» (4). 
Quella dei fratellini Marto è stata davvero la via del candore, della semplicità, dell’innocenza. Una via che ricorda, per certi versi, quella di san Francesco d’Assisi e di santa Bernardette, che rifuggivano da ogni “rilettura e reinterpretazione” della Parola che veniva loro rivolta dal Cielo: la loro maestria è stata quella di eseguire sempre alla lettera quanto sapevano essere il Volere di Dio, di Maria. Il principio informante della loro santità qual è stato? Non vi è dubbio in proposito: è quel fiat detto a Maria e mai revocato, gridato con coraggio durante la prima apparizione da Lucia anche per i suoi due cuginetti e che ha riecheggiato lungo tutto l’arco della loro vita. Quel fiat, eco fedele di quello di Cristo (“Fiat Voluntas Tua”, cf. Mt 26,39) e di Maria (“Fiat mihi secundum verbum Tuum”, Lc 1,38). Giacinta amava tanto sentire la eco della sua voce che risonava nelle valli: «Il nome che più echeggiava era quello della Madonna. A volte Giacinta, “quella a cui la Vergine Santissima ha comunicato maggior abbondanza di grazie e maggior conoscenza di Dio e della virtù”, come scriverà Suor Lucia, recitava tutta l’Ave Maria, pronunciando la parola seguente soltanto quando l’eco riproduceva per intero quella precedente. Innocentissima preghiera di bambina, dove il soprannaturale si sovrapponeva al naturale» (5). La Madonna le ha fatto un regalo davvero bello: «La Grazia di Dio sarà il vostro conforto», prometteva ai Veggenti a maggio. E quella Grazia ha concesso alla piccola Giacinta di sentire per tutto l’arco della sua vita la eco melodiosa di quel sì detto a Maria (“sì lo vogliamo”) e che si è estinta solo quando la piccola eroina si è spenta, a poco più di due anni dalle Apparizioni, come un fiore profumato raccolto dalla Bianca Signora e “presentato davanti al trono di Dio”, come Ella aveva promesso a tutti quelli che sarebbero stati devoti al suo Cuore Immacolato.   

di Fra Pietro Pio M. Pedalino

Note
1) L. Scrosati, Giacinta e Francesco, canonizzazione straordinaria, 13.05.2017: lanuovabq.it/it/articoli-giacinta-e-francesco-canonizzazione-straordinaria-19831.htm
2) Papa Giovanni Paolo II, Omelia, Messa per la beatificazione dei venerabili Francesco e Giacinta, 13 maggio 2000.
3) Suor Lucia del Cuore Immacolato di Maria, Memorie, Secretariados dos Pastori?os, Fatima 2005, pp. 128-129.
4) Papa Giovanni Paolo II, Omelia 13 maggio 2000.
5) C. Siccardi, La canonizzazione di Francesco e Giacinta di Fatima, 10.5.2017: www.corrispondenzaromana.it/la-canonizzazione-di-francesco-e-giacinta-di-fatima/
http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=1&id=1402

dal Numero 23 del 11 giugno 2017

http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=1&id=1402

«MILITIA EST VITA HOMINIS SUPER TERRAM». QUELLO CHE FACCIAMO IN VITA RIECHEGGIA NELL'ETERNITÀ

«A tre settimane da oggi, io mieterò il mio raccolto. Immaginate dove vorrete essere, perché così sarà! Serrate i ranghi! Seguitemi! Se vi ritroverete soli, a cavalcare su verdi praterie col sole sulla faccia, non preoccupatevi troppo, perché sarete nei Campi Elisi, e sarete già morti! Fratelli! Ciò che facciamo in vita, riecheggia nell'eternità!» (dal film Il Gladiatore)

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