ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 5 luglio 2017

Fuori uno.. due..tre.. etc

 Müller fuori. Ma il vero attacco è contro "Veritatis splendor"


Domenica 2 luglio, proprio nel giorno in cui papa Francesco ha rimosso il cardinale Gerhard L. Müller da prefetto della congregazione per la dottrina della fede, da tutte le chiese cattoliche di rito romano, all'inizio della messa, è salita a Dio la seguente preghiera, chiamata "colletta" nel messale:
"Deus, qui, per adoptionem gratiæ, lucis nos esse filios voluisti, præsta, quæsumus, ut errorum non involvamur tenebris, sed in splendore veritatissemper maneamus conspicui. Per Dominum nostrum…".
In italiano, nella traduzione ufficiale:
"O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa' che non ricadiamo nelle tenebre dell'errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore…".
La sorte – o la divina provvidenza? – ha quindi voluto che la cacciata del cardinale Müller sia stata accompagnata dalla corale invocazione liturgica che lo "splendore della verità" continui a illuminare la Chiesa.
"Splendore della verità" è esattamente il titolo della più importante enciclica dottrinale di Giovanni Paolo II, pubblicata nel 1993:
È un'enciclica "circa alcune questioni fondamentali dell'insegnamento morale della Chiesa": proprio le questioni che oggi sono tornate di nuovo ad essere materia di contrasto, con ampi e influenti settori della Chiesa che ritengono ormai superati  – specie dopo la pubblicazione di "Amoris laetitia" – alcuni principi capitali della "Veritatis splendor".
Basti osservare che ben quattro dei cinque "dubia" sottoposti nel settembre dello scorso anno a papa Francesco dai cardinali Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner vertono proprio sulla coerenza o meno di "Amoris laetitia" con "Veritatis splendor". E tali "dubia" continuano ad essere tuttora apertissimi, anche per il rifiuto di papa Francesco di prenderli in considerazione e di incontrare i quattro cardinali.
Ma quali sono stati la genesi e l'obiettivo di "Veritatis splendor"? Per rispondere a questa domanda c'è un testimone d'eccezione: Joseph Ratzinger.
Da predecessore di Müller alla testa della congregazione per la dottrina della fede egli contribuì in modo sostanziale alla scrittura di quell'enciclica.
Ma anche dopo le sue dimissioni da papa continua a giudicare la "Veritatis splendor" di "immutata attualità", da "studiare e assimilare" anche oggi.
Nel 2014, in un suo meditato capitolo per un libro in onore di Giovanni Paolo II, Ratzinger ha indicato proprio nella "Veritatis splendor" la più importante e attuale delle quattordici encicliche di quel papa.
Uno capitolo che è tutto da rileggere, con un occhio a ciò che sta accadendo oggi nella Chiesa, regnante il suo successore Francesco.
Ecco il passaggio dedicato dal "papa emerito" a quell'enciclica.
*
SULLA "VERITATIS SPLENDOR"
L'enciclica sui problemi morali "Veritatis splendor" ha avuto bisogno di lunghi anni di maturazione e rimane di immutata attualità.
La costituzione del Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, di contro all'orientamento all'epoca prevalentemente giusnaturalistico della teologia morale, voleva che la dottrina morale cattolica sulla figura di Gesù e il suo messaggio avesse un fondamento biblico.
Questo fu tentato attraverso degli accenni solo per un breve periodo. Poi andò affermandosi l'opinione che la Bibbia non avesse alcuna morale propria da annunciare, ma che rimandasse ai modelli morali di volta in volta validi. La morale è questione di ragione, si diceva, non di fede.
Scomparve così, da una parte, la morale intesa in senso giusnaturalistico, ma al suo posto non venne affermata alcuna concezione cristiana. E siccome non si poteva riconoscere né un fondamento metafisico né uno cristologico della morale, si ricorse a soluzioni pragmatiche: a una morale fondata sul principio del bilanciamento di beni, nella quale non esiste più quel che è veramente male e quel che è veramente bene, ma solo quello che, dal punto di vista dell'efficacia, è meglio o peggio.
Il grande compito che Giovanni Paolo II si diede in quell'enciclica fu di rintracciare nuovamente un fondamento metafisico nell'antropologia, come anche una concretizzazione cristiana nella nuova immagine di uomo della Sacra Scrittura.
Studiare e assimilare questa enciclica rimane un grande e importante dovere.
*
Vedendo ciò che accade oggi nella Chiesa cattolica, anche ai suoi vertici, le ragioni che motivarono l'enciclica "Veritatis splendor" sono tutte di nuovo presenti, con pari se non maggiore drammaticità.
E rendono più che mai attuale anche la preghiera per restare "nello spìendore della verità" che si è levata domenica scorsa da tutte le chiese.



Settimo Cielo di Sandro Magister 05 lug


Morto il cardinale Meisner, uno dei porporati dei cinque dubia sull’Amoris laetitia

E’ morto il cardinale tedesco Joachim Meisner. Il porporato, 83 anni, si trovava in vacanze nella località di Bad Fussing e la notizia della sua scomparsa è stata anche confermata dalla diocesi di Colonia. Il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo emerito di Köln, in Germania, era tra i porporati che avevano chiesto al Papa di chiarire i loro cinque dubia riguardo i contenuti dell’Amoris laetitia. Assieme a Walter Brandmüller, Raymond L. Burke e all’arcivescovo emerito di Bologna Carlo Caffarra, Meisner aveva indirizzato a Francesco una lettera affinché fossero ricevuti in udienza per discutere soprattutto il punto riguardante l’accesso alla comunione per i divorziati risposati.
Joachim Meisner è nato il 25 dicembre del 1933 a Wrocław, capoluogo della Bassa Slesia, oggi parte integrale del territorio polacco, ma a quel tempo compresa nella Germania col nome di Breslau. Entrato nel seminario di Erfurt, vi ha compiuto gli studi teologici, conseguendo la laurea in teologia. L’ordinazione sacerdotale gli venne conferita il 22 dicembre 1962. Ad Erfurt è stato vicario cooperatore nelle parrocchie di Sant’Egidio ad Heiligenstadt e di Santa Croce nella stessa città di Erfurt. Si è pure dedicato all’assistenza spirituale della Caritas locale e ad altre attività pastorali fin quando il Santo Padre Paolo VI, il 17 marzo del 1975, lo elesse Vescovo titolare di Vina, con deputazione ad ausiliare dell’amministratore apostolico di Erfurt-Meiningen, Mons. Hugo Aufderbeck. L’ordinazione episcopale gli venne conferita il 17 maggio successivo.
Intensa e fruttuosa la sua attività nel territorio dell’Amministrazione apostolica “permanenter constituta” di Erfurt-Meiningen; dopo la morte del Cardinale Alfred Bengsch, Giovanni Paolo II il 22 aprile del 1980 lo ha designato alla guida della diocesi di Berlin, una diocesi particolare, comprendente sia la parte Est che la parte Ovest della città, nonché tutta la campagna circostante con tante piccole parrocchie e comunità sparse, 30 mila chilometri quadrati nel cui territorio vivono un milione e 200 mila cattolici e circa 8 milioni di protestanti. Il Vescovo Meisner risiedeva a Berlino Est, ma si spostava ovviamente anche a Berlino Ovest.
Dal settembre 1982 fino al 1989 è stato Presidente della Berliner Bischofskonferenz, incarico nel quale era succeduto al vescovo di Dresden-Meissen Mons. Gerhsrd Schaffran. Il 20 dicembre 1988 è stato promosso Arcivescovo di Köln. È stato Presidente delegato alla seconda Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi (1999). Fu creato cardinale da Papa san Giovanni Paolo II nel Concistoro del 2 febbraio 1983.
Alessandro Notarnicola 
(Fonte: www.farodiroma.it)
https://www.corrispondenzaromana.it/morto-il-cardinale-meisner-uno-dei-porporati-dei-cinque-dubia-sullamoris-laetitia/

 ll card.Muller sarebbe un conservatore? Ma per favore...


Leggo su corrispondenzaromana.it che “Sua Eminenza il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 2 luglio 2012, è stato licenziato da papa Francesco allo scadere esatto del suo mandato di 5 anni. Il cardinale Müller è uno dei cardinali che hanno cercato di interpretare l’Amoris laetitia, secondo un’ermeneutica di continuità con la Tradizione della Chiesa. Ciò è bastato per annoverarlo tra i critici del nuovo corso imposto da papa Bergoglio”.

È opportuno chiarire un aspetto in questo tempo di profonda confusione: che il card.Muller si sia attirato le ire di papa Bergoglio per non essersi allineato alla sua interpretazione di Amoris Laetitia è fuori dubbio, ma la presa di posizione del cardinale “temo” (ed è un eufemismo) che nulla abbia a che vedere con la fedeltà alla Tradizione bensì a logiche – definiamole - “politiche” che sembrano essere divenute il marchio di fabbrica di questa chiesa conciliare. Prova ne è la lettera (che mi si dice sia reale) inviata proprio dal prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede alla Fraternità sacerdotale San Pio X in merito all'accordo (presunto) imminente con la Fraternità fondata da Mons.Lefebvre; lettera nella quale risulta chiarissima la solita imposizione al riconoscimento del Concilio Vaticano II che è manifesta rottura con il Magistero perenne della Chiesa (quindi altro che continuità con la Tradizione!).
In altre parole, sempre è richiesta la totale e incondizionata adesione a quel nefasto e velenoso concilio quale conditio sine qua non per appartenere alla chiesa (ma a quale chiesa? Quella conciliare, ovviamente). Siamo ben lontani dalla volontà di ripristinare la Verità perchè ancora si cerca di conciliare l'inconciliabile: il mondo con i suoi vizi e l'Insegnamento di Nostro Signore che chiede invece la conversione dei cuori.

Per cui considerare, nell'ottica di una ermeneutica di continuità con la Tradizione, difensori della Fede in Gesù Cristo cardinali, vescovi, sacerdoti... che hanno “accettato” la nuova pastorale conciliare o ceduto alle lusinghe moderniste del Vaticano II facendosene suoi impliciti o espliciti promotori, è una aberrante falsità oltre che una errata convinzione.

La crisi della Chiesa pare essere ancora ben lontana dal trovare la soluzione. Eppure basterebbe così poco: se, invece di scrivere inutili lettere o far appelli inascoltati al vescovo di Roma, ci si mettesse a celebrare Sante Messe in rito tridentino, ripristinando la Messa “di sempre” e la vera teologia cattolica, si realizzerebbe il rimedio (l'unico) efficace per un vero rinnovamento cattolico che cambia l'esistenza e salva l'anima. Tornare alla vera Messa vale più di mille discorsi o parole e sarebbe la più grande testimonianza di Fede oltre che la più efficace catechesi che si possano realizzare in questo tempo di apostasia: un vero sacerdote questo farebbe.
p.Elia

Di seguito la lettera pervenuta alla FSSPX.

La Casa Generalizia della Fraternità San Pio X ha comunicato a tutti i suoi membri il contenuto di una lettera del cardinale Gerhard Müller, la quale ha prodotto negli ingenui l’effetto di una doccia fredda, anzi gelata.
Ecco i principali e più saporiti estratti di questa lettera:

«Come sapete, Papa Francesco ha manifestato, a più riprese, la sua benevolenza nei confronti della vostra Fraternità, accordando in particolare a tutti i sacerdoti membri la facoltà di confessare in maniera valida i fedeli e autorizzando gli Ordinai dei luoghi a concedere delle licenze per la celebrazione dei matrimoni dei fedeli che seguono l’attività pastorale nella vostra Fraternità.
Per altro verso, proseguono le discussioni sulle questioni relative al pieno ristabilimento della comunione della vostra Fraternità con la Chiesa cattolica.
A questo proposito, con l’approvazione del Sommo Pontefice, ho ritenuto necessario sottoporre alla Sessione Ordinaria della nostra Congregazione, riunita lo scorso 10 maggio, il testo della Dichiarazione dottrinale che vi è stata trasmesso durante l’incontro del 23 giugno 2016, come condizione necessaria in vista del pieno ristabilimento della comunione.
Ecco, a questo proposito, le decisioni unanimi di tutti i membri del nostro Dicastero:

1) E’ necessario esigere dai membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X l’adesione alla nuova formula della Professio fidei del 1988. Di conseguenza, non è più sufficiente chiedere loro di emettere la Professio fidei del 1962.

2) Il nuovo testo della Dichiarazione dotrinale deve contenere un paragrafo nel quale i firmatari dichiarano, in maniera esplicita, la loro accettazione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II e del periodo post conciliare, accordando alle dette affermazioni dottrinali il grado di adesione loro dovuto.

3) I membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X devono riconoscere, non solo la validità, ma anche la legittimità del rito della Santa Messa e dei Sacramenti. Secondo i libri liturgici promulgati dopo il Concilio Vaticano II

E il caro cardinale conclude, in cauda venenum, che «nel corso dell’udienza accordata al Cardinale Prefetto, il 20 maggio 2017, Il Sommo pontefice ha approvato queste decisioni.» 

Fra trame di potere e veleni: il percorso a ostacoli di Francesco


Dietro dimissioni e nuove nomine si intravede l’affanno delle riforme di Bergoglio. Aumentano le critiche della Curia per un metodo e un’agenda ritenuti sbilanciati

 


(Getty Images)
Il rosario delle teste cadute nelle ultime settimane racconta un Vaticano non ancora stabilizzato, a oltre quattro anni dall’inizio del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. E trasmette l’immagine di un Papa formidabile sul piano della popolarità e dell’influenza sulla geopolitica mondiale; e tuttavia in affanno quando deve compiere scelte di governo nella «sua» Roma e in Italia: si tratti di finanze vaticane, di collaboratori o di «ministeri» della Santa Sede. Limitarsi a dire che l’una o l’altra promozione sono state azzardate o sbagliate forse non basta più. A emergere è un metodo che mostra limiti evidenti; e che trasforma le migliori intenzioni di riforma in potenziali boomerang. E tutto avviene in un alone di mistero, a volte perfino di opacità, che solo il grande carisma di Francesco permette di registrare con indulgenza.
Il «revisore generale» dei conti, Libero Milone, liquidato tre anni prima della scadenza del mandato. Il suo mentore, cardinale George Pell, costretto a lasciare il «ministero dell’Economia» vaticano per andare in Australia a difendersi in un processo per abusi sessuali di quarant’anni fa. E il custode dell’ortodossia Gerhard Ludwig Müller non rinnovato nell’incarico dopo cinque anni: tutti usciti di scena nello spazio di due settimane.
La cosa singolare è che Francesco ha nominato come successore di Müller il gesuita spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer: un fedelissimo. E ci si è accorti che l’uomo chiamato a guidare la Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio, è sfiorato dall’ombra di non avere denunciato in passato un sacerdote pedofilo. Notizia che tra l’altro era spuntata di recente; ma che evidentemente o non è stata ricordata, o è stata considerata di importanza secondaria al momento di decidere il successore del conservatore Müller, critico tenace di Bergoglio sul piano teologico. Il prelato tedesco ha negato dissensi con Francesco, rifiutato cariche alternative, e annunciato che rimarrà a Roma. «Ma ora Müller può diventare la bandiera degli oppositori al Papa», spiega un cardinale. «È già il punto di riferimento degli episcopati dell’Europa dell’Est, dell’Africa e di parte del Nord America, in prevalenza conservatori». Sono istantanee di un papato immerso in una fase convulsa, nella quale anche cambiare un capo di dicastero dopo cinque anni appare non fisiologico, ma traumatico.
I nemici di Francesco, che continuano a essere molti, ritengono di vedere in realtà una sorta di «coerenza progressista». Di fatto, lo accusano di perseguire un’agenda sbilanciata sul piano sociale a favore dei poveri, del dialogo con la modernità e degli immigrati. Suonerebbe come un titolo di merito, se non fosse accompagnato dalla critica di nominare di preferenza chi esprime una cultura «non antagonista», soprattutto nei suoi confronti; e di avere una cerchia di collaboratori non sempre capaci di consigliarlo in modo esauriente.
Tra l’altro, si insinua da mesi l’esistenza di dossier anonimi su persone a lui vicine. E su alcuni siti conservatori si leggono storie romanzate di personaggi legati al mondo degli aiuti della Cei nel Terzo Mondo, entrati in contatto con Bergoglio quando era vescovo in Argentina: veleni che fotografano bene una situazione di tensione costante; e di lotta interna che rischia di somigliare un po’ troppo a quella degli anni e dei pontificati del recente passato.
È un tamtam sordo, che riflette un malcontento represso ma diffuso; e la frustrazione di chi sa di non potere attaccare direttamente un Papa popolarissimo e rispettato a livello internazionale. Eppure, è una vulgata comune che le riforme economiche messe in cantiere all’inizio hanno prodotto risultati a dir poco controversi.
Il «congedo» di Pell, e prima le dimissioni di Milone, non possono essere liquidati soltanto come frutto di uno scontro con la Curia. «Su Milone chiedete alla Gendarmeria», si replica in modo sibillino riferendosi alla polizia vaticana. L’idea che se ne sia andato solo perché gli avevano chiesto di ridursi lo stipendio, non convince fino in fondo. In realtà, sono entrati in crisi un modello di governo e una spinta riformista che il Papa aveva fortemente voluto. E si indovina una rivincita di fatto della «vecchia guardia» della Curia. E non perché abbia una propria forza autonoma: negli anni di Bergoglio questa filiera è stata spinta ai margini o messa sulla difensiva. Alcune leve, però, rimangono saldamente nelle mani di personaggi che non sono stati minimamente scalfiti dal nuovo corso. E ora, quasi per inerzia, riemergono con l’uscita di scena dei «nuovi».
D’altronde, è stato Francesco ad ammettere in un’intervista al Corrierenel febbraio scorso che la situazione, rispetto al Conclave del 2013, è cambiata. «Nelle Congregazioni Generali», raccontò allora al direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, «si parlava dei problemi del Vaticano, si parlava di riforme. Tutti le volevano. C’è corruzione in Vaticano. Ma io sono in pace. Se c’è un problema, io scrivo un biglietto a san Giuseppe e lo metto sotto una statuetta che ho in camera mia. È la statua di san Giuseppe che dorme. E ormai lui dorme sotto un materasso di biglietti!».
Ecco, quel «materasso» simbolico nelle ultime settimane si deve essere ulteriormente inspessito. E nel ristorante a Casa Santa Marta, residenza papale dentro le mura vaticane, da qualche mese è stata notata una piccola, significativa novità. Il tavolo di Francesco non è più come prima al centro del locale. Ora si trova in un angolo, e Bergoglio mangia con pochi, selezionati commensali, dando le spalle al resto della sala.
Massimo Franco
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_luglio_05/fra-trame-potere-veleni-percorso-ostacoli-francesco-6b7292c8-60f5-11e7-b845-9e35989ae7e4.shtml#

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