Gli indemoniati anonimi
Abbiamo evocato Satiricus e ora ve lo beccate!
Partiamo da una lieta notizia: c’è ancora spazio per la santità nella Chiesa. Si tratta in particolare della devozione a sant’Antonio e la forma è quella delle catene – sanctus Antonius in vinculiis – le catene di sant’Antonio, appunto.
Funziona così. Prima il Papa fa delle domande al Sinodo – e siccome il Sinodo non dice quello che gli piace sentire, il Papa reinterroga un secondo Sinodo. Poi i cardinali fanno le domande al Papa, e siccome il Papa non risponde quello che a loro piace sentire (in realtà non risponde un tubo proprio – forse oltre all’ottico dovrebbe visitare l’otorino), i cardinali mandano una nuova lettera di domanda reiterata. A questo punto dei professori a caso – in clima di dittatura del relativismo è abbastanza facile trovare di tutto un po’ – fanno domande ai cardinali. Boh.
Siccome è notorio che le catene del Santo portano sfiga e siccome ormai, tolte dottrina e liturgia, restano solo potere e superstizione, allora mi sento superstizioso e mi attracco alla catena e faccio anche io delle domande agli sconosciuti, in questo caso al professore di piano con moglie e un titolo di teologia (che se sei progressive te li tirano dietro, spero si sappia).
Prima domanda: sei cattolico?
Seconda domanda: quando la maggioranza delle persone sarà dedita alla pedofilia tu chiederai di giustificarla?
Terza domanda: sai la differenza tra scandalo ed eresia?
Quarta domanda: sai la differenza tra dissonanza ed errore di esecuzione?
Quinta domanda: secondo te sono i dubia ad aver creato la rabbia dei tradizionalisti o è il Papa che li prende a pesci in faccia da cinque anni?
Sesta domanda: il pianoforte lo suoni male quanto formuli le domande di teologia?
Poi arrivano le notizie. Anzitutto, ho passato tre anni in quel di Roma e niente: mai che riuscissi a imbucarmi in uno di quei chiacchieratissimi festini pieni di gay e di clero, con tanto di sacramentum unitatis: i fiumi di droga. Mea culpa se non ho la vocazione e se non ho impulsi sessuali ammodernati? Però adesso dicono di aver pescato il vice di Coccopalmerio nel pieno di una lap dance, un fedelissimo di Francesco specie sulla difesa urlata e non dimostrata di Amoris Laetitia: usava un pastorale, così sembra, ma non so se di fattura classica o modernista (credo modernista, perché le decorazioni dell’oreficeria classica grattano il pacco).
Per carità, si tratta di rumors. L’unica cosa sicura è che Pell negli anni settanta ha molestato 200 scolaretti e finalmente qualcuno si è deciso a denunciarlo. Poi per caso Pell è molto vicino ai cardinali cattolici dei dubia. Uno vicino è anche Müller, silurato dopo cinque anni di servizio, come sempre avviene in nome del confronto con la diversità e dell’apertura di vedute e di mille valori decantati dai pianisti come Walford (il tizio cui ho posto le domande) – però, Walford, non dubitarne mai: noantri siamo incazzosi per colpa dei 4 dinosauri dei dubia, tutti filo-pedofili, mica perché i messaggi di Bergoglio alla community vanno sempre e solo in una direzione, ok?
Adesso al posto di Müller c’è Ladaria, un gesuita, che ha fatto voto di obbedienza cieca al Papa. Sul fatto che il futuro della Vaty City sia sul cieco andante non abbiamo – almeno qui – nessun dubbio. Sul resto, si scoprirà. Intanto il Pope spinge affinché nei collegi romani si promuova la concelebrazione: meno messe e meno sacrifici. Mi sembra giusto. Anche perché se a celebrare devono essere i preti da orgia, ne facciamo a meno. Il solo sacrificio di Charlie – celebrato dal silenzio come nel rito antico – peraltro soddisfa e supera i sacrifici di quegli indegni. E’ così che si ragiona, o no?
Concludo mettendovi a parte delle mie più profonde meditazioni dell’ultimo trimestre. Di queste, come delle precedenti righe, incolpate il Filipazzi che mi ha destato dai miei letarghi. Dunque, parto da un coming out: mi sto modernistizzando. Ho deciso di far parte di una corrente di neo-modernismo vintage. E ciò per molte ragioni. Il vintage, perché mi permette di restare in un periodo pre-omosessualista. Comprendetemi: metti che finisco in uno dei famigerati festini, sia mai che in un attimo di distrazione qualche mons se ne approfitti (che poi adesso i mons sono tutti vecchi, per decreto pontificio). Così dunque dovrei garantire una prospettiva di festini etero. Un po’ a zampa di elefante, ma almeno etero. D’altro canto non mi va di essere ingiustamente accusato di pedofilia. O giustamente o nulla!
E quindi mi conviene fingere di essere modernista. Non è un grosso problema: di solito sono gli atei che fingono di essere cristiani e appunto si dicono modernisti, in questo caso sarebbe un tradizionalista, etc. Da neo-modernista infine potrei richiamarmi ad una old school, quella rahneriana.
Ed ecco la tesi: gli indemoniati anonimi. Mi guardo attorno e vedo il nulla: cristiani con conti in banca da panico che inneggiano incontenibili alla povertà; coppie scoppiate che invocano il matrimonio per i gay (gli vogliono del gran male, poveracci!); la chiesa che scomoda San Pietro per proiettare le foto delle bestie ma non dice una beata mazza su Charlie che verrà ammazzato come un cane; monsignori intorbidati di sesso e droga, che impuniti pontificano sui giornali cattolici in temi di morale sessuale; le migliori berrette del Vaticano sbertucciate alla mercé di pastori pauperisti (coi soldi altrui) e di laici doppio-giochisti (io attendo sempre l’elezione di Sarah e la mossa degli intervistatori ufficiali di Francesco con passato da giovani lefebvriani); ordini tradizionali inquisiti e ordini decadenti esortati a buttare gli abiti sacri. Siamo indemoniati anonimi, questa l’unica spiegazione.
Coviamo tutti nel cuore un emissario satanico, che attende solo di emergere e possederci prima o poi, al segnale convenuto. Oggi, per ragioni che non conosco, il segnale scatta nel cuore dei cattolici, specie di quelli che hanno davvero compreso Cristo e il Vangelo (così assicurano). Indemoniati anonimi: magari è una stronzata e magari diventa un’idea per bilanciare quella di Rahner coi suoi “cristiani anonimi”. Che poi, diciamocelo, dopo 50 anni a parlare di cristiani anonimi i cristiani son quasi scomparsi; magari se iniziamo a parlare di indemoniati anonimi, scompaiono gli indemoniati!
Fate un po’ voi, io mi occupo di satira, mica di distruggere la Chiesa – quello lo lascio a pastori e pianisti. Ci salutiamo con una breve giaculatoria per l’estate, da ripetere sovente sotto l’ombrellone: “Signore, ti prego, vieni a salvarmi: fammi perdere la fede cattolica, prima che sia troppo tardi!”
Partiamo da una lieta notizia: c’è ancora spazio per la santità nella Chiesa. Si tratta in particolare della devozione a sant’Antonio e la forma è quella delle catene – sanctus Antonius in vinculiis – le catene di sant’Antonio, appunto.
Funziona così. Prima il Papa fa delle domande al Sinodo – e siccome il Sinodo non dice quello che gli piace sentire, il Papa reinterroga un secondo Sinodo. Poi i cardinali fanno le domande al Papa, e siccome il Papa non risponde quello che a loro piace sentire (in realtà non risponde un tubo proprio – forse oltre all’ottico dovrebbe visitare l’otorino), i cardinali mandano una nuova lettera di domanda reiterata. A questo punto dei professori a caso – in clima di dittatura del relativismo è abbastanza facile trovare di tutto un po’ – fanno domande ai cardinali. Boh.
Siccome è notorio che le catene del Santo portano sfiga e siccome ormai, tolte dottrina e liturgia, restano solo potere e superstizione, allora mi sento superstizioso e mi attracco alla catena e faccio anche io delle domande agli sconosciuti, in questo caso al professore di piano con moglie e un titolo di teologia (che se sei progressive te li tirano dietro, spero si sappia).
Prima domanda: sei cattolico?
Seconda domanda: quando la maggioranza delle persone sarà dedita alla pedofilia tu chiederai di giustificarla?
Terza domanda: sai la differenza tra scandalo ed eresia?
Quarta domanda: sai la differenza tra dissonanza ed errore di esecuzione?
Quinta domanda: secondo te sono i dubia ad aver creato la rabbia dei tradizionalisti o è il Papa che li prende a pesci in faccia da cinque anni?
Sesta domanda: il pianoforte lo suoni male quanto formuli le domande di teologia?
Poi arrivano le notizie. Anzitutto, ho passato tre anni in quel di Roma e niente: mai che riuscissi a imbucarmi in uno di quei chiacchieratissimi festini pieni di gay e di clero, con tanto di sacramentum unitatis: i fiumi di droga. Mea culpa se non ho la vocazione e se non ho impulsi sessuali ammodernati? Però adesso dicono di aver pescato il vice di Coccopalmerio nel pieno di una lap dance, un fedelissimo di Francesco specie sulla difesa urlata e non dimostrata di Amoris Laetitia: usava un pastorale, così sembra, ma non so se di fattura classica o modernista (credo modernista, perché le decorazioni dell’oreficeria classica grattano il pacco).
Per carità, si tratta di rumors. L’unica cosa sicura è che Pell negli anni settanta ha molestato 200 scolaretti e finalmente qualcuno si è deciso a denunciarlo. Poi per caso Pell è molto vicino ai cardinali cattolici dei dubia. Uno vicino è anche Müller, silurato dopo cinque anni di servizio, come sempre avviene in nome del confronto con la diversità e dell’apertura di vedute e di mille valori decantati dai pianisti come Walford (il tizio cui ho posto le domande) – però, Walford, non dubitarne mai: noantri siamo incazzosi per colpa dei 4 dinosauri dei dubia, tutti filo-pedofili, mica perché i messaggi di Bergoglio alla community vanno sempre e solo in una direzione, ok?
Adesso al posto di Müller c’è Ladaria, un gesuita, che ha fatto voto di obbedienza cieca al Papa. Sul fatto che il futuro della Vaty City sia sul cieco andante non abbiamo – almeno qui – nessun dubbio. Sul resto, si scoprirà. Intanto il Pope spinge affinché nei collegi romani si promuova la concelebrazione: meno messe e meno sacrifici. Mi sembra giusto. Anche perché se a celebrare devono essere i preti da orgia, ne facciamo a meno. Il solo sacrificio di Charlie – celebrato dal silenzio come nel rito antico – peraltro soddisfa e supera i sacrifici di quegli indegni. E’ così che si ragiona, o no?
Concludo mettendovi a parte delle mie più profonde meditazioni dell’ultimo trimestre. Di queste, come delle precedenti righe, incolpate il Filipazzi che mi ha destato dai miei letarghi. Dunque, parto da un coming out: mi sto modernistizzando. Ho deciso di far parte di una corrente di neo-modernismo vintage. E ciò per molte ragioni. Il vintage, perché mi permette di restare in un periodo pre-omosessualista. Comprendetemi: metti che finisco in uno dei famigerati festini, sia mai che in un attimo di distrazione qualche mons se ne approfitti (che poi adesso i mons sono tutti vecchi, per decreto pontificio). Così dunque dovrei garantire una prospettiva di festini etero. Un po’ a zampa di elefante, ma almeno etero. D’altro canto non mi va di essere ingiustamente accusato di pedofilia. O giustamente o nulla!
E quindi mi conviene fingere di essere modernista. Non è un grosso problema: di solito sono gli atei che fingono di essere cristiani e appunto si dicono modernisti, in questo caso sarebbe un tradizionalista, etc. Da neo-modernista infine potrei richiamarmi ad una old school, quella rahneriana.
Ed ecco la tesi: gli indemoniati anonimi. Mi guardo attorno e vedo il nulla: cristiani con conti in banca da panico che inneggiano incontenibili alla povertà; coppie scoppiate che invocano il matrimonio per i gay (gli vogliono del gran male, poveracci!); la chiesa che scomoda San Pietro per proiettare le foto delle bestie ma non dice una beata mazza su Charlie che verrà ammazzato come un cane; monsignori intorbidati di sesso e droga, che impuniti pontificano sui giornali cattolici in temi di morale sessuale; le migliori berrette del Vaticano sbertucciate alla mercé di pastori pauperisti (coi soldi altrui) e di laici doppio-giochisti (io attendo sempre l’elezione di Sarah e la mossa degli intervistatori ufficiali di Francesco con passato da giovani lefebvriani); ordini tradizionali inquisiti e ordini decadenti esortati a buttare gli abiti sacri. Siamo indemoniati anonimi, questa l’unica spiegazione.
Coviamo tutti nel cuore un emissario satanico, che attende solo di emergere e possederci prima o poi, al segnale convenuto. Oggi, per ragioni che non conosco, il segnale scatta nel cuore dei cattolici, specie di quelli che hanno davvero compreso Cristo e il Vangelo (così assicurano). Indemoniati anonimi: magari è una stronzata e magari diventa un’idea per bilanciare quella di Rahner coi suoi “cristiani anonimi”. Che poi, diciamocelo, dopo 50 anni a parlare di cristiani anonimi i cristiani son quasi scomparsi; magari se iniziamo a parlare di indemoniati anonimi, scompaiono gli indemoniati!
Fate un po’ voi, io mi occupo di satira, mica di distruggere la Chiesa – quello lo lascio a pastori e pianisti. Ci salutiamo con una breve giaculatoria per l’estate, da ripetere sovente sotto l’ombrellone: “Signore, ti prego, vieni a salvarmi: fammi perdere la fede cattolica, prima che sia troppo tardi!”
di Satiricus
http://www.campariedemaistre.com/2017/07/gli-indemoniati-anonimi.html
PROSELITISMO CONCILIARE
Rimane scolpita negli annali del sistema massmediatico, ‘aere perennior’, (più duratura del bronzo), la definizione che, del proselitismo – cioè: evangelizzazione – venne coniata da Papa Bergoglio nel corso dell’intervista al papa laico, Eugenio Scalfari: “una solenne sciocchezza” (La Repubblica, 1 ottobre 2013).
E, allora, alla sequela di siffatta verità, che butta al macero secoli di predicazione - stuoli di santi missionarî, di immensurate scie del sangue dei martiri che, al proselitismo, s’erano dedicati, obbedendo al comando di N. S. Gesù Cristo: “Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome de Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandate a voi” (Mt. 28, 19/20) – alla sequela, dicevamo della novella pastorale scalfaro/bergogliana, la risposta dei pastori non solo s’è adeguata ma s’è amplificata dacché, lo si sappia, essi non avevano aspettato, di certo, siffatta declarazione per mettere in pratica una nuova, più agile e meno rischiosa impresa evangelizzatrice, ma s’erano allineati di già ai decreti conciliari e coperti con il ‘dialogo interconfessionale’, tant’è che, fatto strame della Dogmatica, della Morale, del tomismo, del Vetus Ordo, della Liturgìa, si sono inventati formule e forme, sistemi e trovate, espedienti e pensate che, sicuri ed entusiasti com’erano del nuovo corso fatto di sorrisi, di incontri, di cammini ‘condivisi’, avrebbero prodotto fiori a bizzeffe e frutti a bizzeffe fra conversione e santità.
Tralasciamo di citare i capovolgimenti e gli stravolgimenti dottrinarî – autentiche eresìe ed apostasìe – ché sarebbe lungo e oneroso elenco non bastando qualche volume. Vediamo, invece, talune aberrazioni passate ed attuali, riferite, appunto, al concetto neoterico di proselitismo che, sorpassando l’opinione del Papa, si rivela non soltanto una sciocchezza ma una sacrilega e ridicola ‘pagliacciata’.
Il coraggioso e benemerito Don Enzo Boninsegna – operoso sacerdote che tanto si spende per la causa giusta del Signore – non si stanca di segnalare le paranoiche e blasfeme scenografìe liturgiche programmate ed allestite presso locali diocesani e parrocchiali se non addirittura in chiesa. Nella sua periodica rassegna “Combatti la buona battaglia – Chiesa e cristiani nella bufera”, così come in “Sono scandalizzato - riflessioni sul Venerdì Santo della Chiesa” Ed. Quirino Maestrello, Verona 1998 – c’è pubblicato tutto il catalogo delle bizzarre e sconce iniziative con cui gli allucinati pastori – o, peggio: pecorai - si illudono di portare all’ovile agnelli insicuri, pecore randagie e montoni protervî.
Ma è alla gioventù che si rivolge, in misura maggiore, l’attenzione della pastorale conciliare e, naturalmente giovanili sono gli strumenti e le strategìe messe in campo liturgico, tra i quali primeggiano lo spettacolo, la musica e il canto.
Ora, allo scopo di dimostrare come la smania di reperire nuove metodologìe del ‘kerigma’ – termine tornato in pomposa auge unitamente ad ‘agape’, a ‘kenosis’, a ‘parresìa’ – stia facendo scivolare la comunità ecclesiale giù, nell’imbuto del degrado del sacro e verso un’oscena banalizzazione del rapporto con Dio, riferiamo alcuni esempî passati, riportati da don Enzo e due altri attualissimi, di recentissimo grido tratti dalle cronache.
E, così, mentre Gesù digiuna per i 40 giorni, tentato anche dal demonio, la gioventù cattolica in cammino balla, canta, beve, gavazza e si diverte. Chiamatelo proselitismo, chiamatela conversione!
Ed ancora.
Tutta roba che, senza dubbio, piace a padre Spadaro, moderno gesuita e consigliere ascoltato di Papa Bergoglio nonché direttore di ‘Civiltà (?) Cattolica’ sui cui fogli ha santificato il rock metallaro e innalzato i menestrelli chitarra ioli di cui sopra alla gloria della fede e della genialità.
E non mancano, nel catalogo di don Enzo, i preti che, a fine Messa, organizzano festival e gare di barzellette - dalle sempliciotte a quelle grasse, dalle freddure al turpiloquio - o giochi di tipo televisivo quali: pacchi, quiz, canzoni. E non manca la presenza, nel mercato del corpo femminile, di Padre Francesco Critelli, 40 anni, frate cappuccino parroco di Cropani in quel di Catanzaro, che ha presieduto la giurìa del concorso valido per la selezione regionale di Miss Italia ‘97. (cfr. Ex Novo – Nov. ’97).
Questo – ma innumerevole è la sfilza di analoghi esempî - per quanto riguarda il passato che, diciamolo, scorre anche nel tempo presente così come lo affermano questi due fatti:
1) - “Corsi di sesso estremo in diocesi. Treviso sfratta il festival nipponico” (La Verità, 2 luglio 2017): così come si conviene a una pastorale che ha accolto, quale elementi esemplari, positivi e pedagogici il divorzio, la convivenza more uxorio, la sodomia, i rapporti omosessuali.
Fa sorridere la decisione del direttore del Centro Cultura e Pastorale diocesano che ama apparire come sorpreso da scene di reale kamasutra/shibari, il quale, senza dubbio impallinato dalle proteste pubbliche, ha recitato la parte di chi cade dalle nuvole. Che non sia stato molto scosso dalla oscenografica ginnastica sessuale lo dimostra la educata e flebile motivazione dello ‘sfratto’: “Non è cattiveria, ma la nostra idea di affettività e sessualità è diversa. Vedere donne legate è l’antitesi del nostro concetto di amore, ma anche di piacere” (sic).
Vorremmo chiedergli se diversa sarebbe stata la sua reazione se le donne fossero state libere in amplessi anguilliformi, in piena e canonica attività erotica. E poi, quel timido e codardo “non è per cattiveria” la dice lunga sulla propria cultura morale perché, intanto, avrebbe dovuto verificare in prima i contenuti di quel festival nipponico e, poi, non avrebbe dovuto blaterare giustificazioni ma urlare contro chi aveva profanato un locale consacrato.
Ma, come dice il saggio, il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare. In questo caso non coraggio si trattava ma di fede.
PROSELITISMO CONCILIARE
di L. P.
Rimane scolpita negli annali del sistema massmediatico, ‘aere perennior’, (più duratura del bronzo), la definizione che, del proselitismo – cioè: evangelizzazione – venne coniata da Papa Bergoglio nel corso dell’intervista al papa laico, Eugenio Scalfari: “una solenne sciocchezza” (La Repubblica, 1 ottobre 2013).
E, allora, alla sequela di siffatta verità, che butta al macero secoli di predicazione - stuoli di santi missionarî, di immensurate scie del sangue dei martiri che, al proselitismo, s’erano dedicati, obbedendo al comando di N. S. Gesù Cristo: “Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome de Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandate a voi” (Mt. 28, 19/20) – alla sequela, dicevamo della novella pastorale scalfaro/bergogliana, la risposta dei pastori non solo s’è adeguata ma s’è amplificata dacché, lo si sappia, essi non avevano aspettato, di certo, siffatta declarazione per mettere in pratica una nuova, più agile e meno rischiosa impresa evangelizzatrice, ma s’erano allineati di già ai decreti conciliari e coperti con il ‘dialogo interconfessionale’, tant’è che, fatto strame della Dogmatica, della Morale, del tomismo, del Vetus Ordo, della Liturgìa, si sono inventati formule e forme, sistemi e trovate, espedienti e pensate che, sicuri ed entusiasti com’erano del nuovo corso fatto di sorrisi, di incontri, di cammini ‘condivisi’, avrebbero prodotto fiori a bizzeffe e frutti a bizzeffe fra conversione e santità.
Tralasciamo di citare i capovolgimenti e gli stravolgimenti dottrinarî – autentiche eresìe ed apostasìe – ché sarebbe lungo e oneroso elenco non bastando qualche volume. Vediamo, invece, talune aberrazioni passate ed attuali, riferite, appunto, al concetto neoterico di proselitismo che, sorpassando l’opinione del Papa, si rivela non soltanto una sciocchezza ma una sacrilega e ridicola ‘pagliacciata’.
Il coraggioso e benemerito Don Enzo Boninsegna – operoso sacerdote che tanto si spende per la causa giusta del Signore – non si stanca di segnalare le paranoiche e blasfeme scenografìe liturgiche programmate ed allestite presso locali diocesani e parrocchiali se non addirittura in chiesa. Nella sua periodica rassegna “Combatti la buona battaglia – Chiesa e cristiani nella bufera”, così come in “Sono scandalizzato - riflessioni sul Venerdì Santo della Chiesa” Ed. Quirino Maestrello, Verona 1998 – c’è pubblicato tutto il catalogo delle bizzarre e sconce iniziative con cui gli allucinati pastori – o, peggio: pecorai - si illudono di portare all’ovile agnelli insicuri, pecore randagie e montoni protervî.
Ma è alla gioventù che si rivolge, in misura maggiore, l’attenzione della pastorale conciliare e, naturalmente giovanili sono gli strumenti e le strategìe messe in campo liturgico, tra i quali primeggiano lo spettacolo, la musica e il canto.
Ora, allo scopo di dimostrare come la smania di reperire nuove metodologìe del ‘kerigma’ – termine tornato in pomposa auge unitamente ad ‘agape’, a ‘kenosis’, a ‘parresìa’ – stia facendo scivolare la comunità ecclesiale giù, nell’imbuto del degrado del sacro e verso un’oscena banalizzazione del rapporto con Dio, riferiamo alcuni esempî passati, riportati da don Enzo e due altri attualissimi, di recentissimo grido tratti dalle cronache.
«In certe parrocchie si fanno dei corsi di istruzione per majorettes. Così, accanto alla chiesa e alle sale di catechismo, cresce rigogliosa la zizzania del cinema immorale, del ballo e di altre diavolerie prese in prestito dal mondo! E mentre il richiamo di Gesù e degli Apostoli alla conversione, alla sobrietà, alla penitenza è insistente, in tante parrocchie non si perde occasione per fare braciolate e risotti abbondantemente annaffiati di vino, senza alcun riguardo alla Quaresima.
Un foglio affisso alla porta della chiesa della mia parrocchia invitava i ragazzi alla “Mega festa dell’ARC (Azione Cattolica Ragazzi): Ti chiediamo solo tanta voglia di divertirti. Allora questa festa fa per te: i canti, i balli e le scenette dei ragazzi non potranno che coinvolgerti e rallegrarti”. La festa si sarebbe tenuta il 16/3/97 – Quinta domenica di Quaresima» (Sono scandalizzato, op. cit. pag. 67).
Ed ancora.
«In un libro dell’Azione Cattolica di Vicenza che si intitola “Cantiamo insieme”, al capitolo “Cantautori e altro”, unita a canzoni dei varî Lucio Battisti, Eros Ramazzotti, Francesco De Gregori, Angelo Branduardi, Toni Cucchiara, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Fabrizio De Andre’ e altri della ‘pia confraternita’ ce n’è una di Claudio Baglioni di cui non è citato il nome, che s’intitola “Amori in corso” e risulta essere un vademecum per gli adolescenti di parrocchia. Riporto un campionario della lunga litanìa:
Amori a cavalcioni sui muretti
si sfiniscono di baci.
Amori incatenati sulle moto vanno scoppiettando
incontro al mare con il costume sotto.
Amori delle ultime file che, all’uscita del cinema,
ancora hanno i volti accesi.
Amori sfumati nel vetro in auto gonfie di
musica e di sere accelerate.
Amori matti che si corrono dietro e si sdraiano
ad asciugare le anime bagnate.
si sfiniscono di baci.
Amori incatenati sulle moto vanno scoppiettando
incontro al mare con il costume sotto.
Amori delle ultime file che, all’uscita del cinema,
ancora hanno i volti accesi.
Amori sfumati nel vetro in auto gonfie di
musica e di sere accelerate.
Amori matti che si corrono dietro e si sdraiano
ad asciugare le anime bagnate.
Di queste cose si alimentano oggi i giovani dell’Azione Cattolica.» (Sono scandalizzato, op. cit. pag. 67).
Tutta roba che, senza dubbio, piace a padre Spadaro, moderno gesuita e consigliere ascoltato di Papa Bergoglio nonché direttore di ‘Civiltà (?) Cattolica’ sui cui fogli ha santificato il rock metallaro e innalzato i menestrelli chitarra ioli di cui sopra alla gloria della fede e della genialità.
E non mancano, nel catalogo di don Enzo, i preti che, a fine Messa, organizzano festival e gare di barzellette - dalle sempliciotte a quelle grasse, dalle freddure al turpiloquio - o giochi di tipo televisivo quali: pacchi, quiz, canzoni. E non manca la presenza, nel mercato del corpo femminile, di Padre Francesco Critelli, 40 anni, frate cappuccino parroco di Cropani in quel di Catanzaro, che ha presieduto la giurìa del concorso valido per la selezione regionale di Miss Italia ‘97. (cfr. Ex Novo – Nov. ’97).
Questo – ma innumerevole è la sfilza di analoghi esempî - per quanto riguarda il passato che, diciamolo, scorre anche nel tempo presente così come lo affermano questi due fatti:
Fa sorridere la decisione del direttore del Centro Cultura e Pastorale diocesano che ama apparire come sorpreso da scene di reale kamasutra/shibari, il quale, senza dubbio impallinato dalle proteste pubbliche, ha recitato la parte di chi cade dalle nuvole. Che non sia stato molto scosso dalla oscenografica ginnastica sessuale lo dimostra la educata e flebile motivazione dello ‘sfratto’: “Non è cattiveria, ma la nostra idea di affettività e sessualità è diversa. Vedere donne legate è l’antitesi del nostro concetto di amore, ma anche di piacere” (sic).
Vorremmo chiedergli se diversa sarebbe stata la sua reazione se le donne fossero state libere in amplessi anguilliformi, in piena e canonica attività erotica. E poi, quel timido e codardo “non è per cattiveria” la dice lunga sulla propria cultura morale perché, intanto, avrebbe dovuto verificare in prima i contenuti di quel festival nipponico e, poi, non avrebbe dovuto blaterare giustificazioni ma urlare contro chi aveva profanato un locale consacrato.
Ma, come dice il saggio, il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare. In questo caso non coraggio si trattava ma di fede.
2) – Località: San Martino in Trignano, periferìa di Spoleto (Il Messaggero, 2 luglio 2017).
Ai partecipanti alla santa Messa, il parroco, don Gianfranco Formenton offre, a fine rito, un momento conviviale a base di ‘prosecco e patatine’. Ma, intendiamoci: non a tutti ma a quanti sono in possesso della “Messa card”, una tessera che viene timbrata ogni domenica dallo stesso parroco, con accredito di punti.
Dissenso? Minimo perché la maggioranza dei fedeli vede in questo ‘esperimento’ un “valoreaggiunto”.
Bischera valutazione che pretende di aggiungere merito e grazia all’infinito valore del Sacrificio Eucaristico. Bischera quanto a stravaganza ma dissacrante quanto alla pretesa d’essere valore. Insomma, al doveroso ringraziamento ‘post communionem’ s’è sostituito l’aperitivo. Complimenti.
Domanda: chi guadagna in questa circostanza?
Risposta: non certo l’anima degli allegrotti fedeli, ma di sicuro il fornitore del prosecco e delle patatine.
Chiosa: nessuna meraviglia per siffatta cialtrona mondanità inserita nel Corpo Mistico della Chiesa dato che il sommo Pastore, il 6 novembre 2013, ne dette pratico esempio magisteriale esibendosi, davanti a pubblico, fotografi, giornalisti, televisioni, e per la gioia dell’ecumene cristiano, in un’estemporanea sceneggiata da clown con un naso rosso-pomodoro. Tante e palesi le risate, ignote le conversioni. Ai partecipanti alla santa Messa, il parroco, don Gianfranco Formenton offre, a fine rito, un momento conviviale a base di ‘prosecco e patatine’. Ma, intendiamoci: non a tutti ma a quanti sono in possesso della “Messa card”, una tessera che viene timbrata ogni domenica dallo stesso parroco, con accredito di punti.
Dissenso? Minimo perché la maggioranza dei fedeli vede in questo ‘esperimento’ un “valoreaggiunto”.
Bischera valutazione che pretende di aggiungere merito e grazia all’infinito valore del Sacrificio Eucaristico. Bischera quanto a stravaganza ma dissacrante quanto alla pretesa d’essere valore. Insomma, al doveroso ringraziamento ‘post communionem’ s’è sostituito l’aperitivo. Complimenti.
Domanda: chi guadagna in questa circostanza?
Risposta: non certo l’anima degli allegrotti fedeli, ma di sicuro il fornitore del prosecco e delle patatine.
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