LE OSTINATE CALUNNIE DEL GENERALE
Foto: Arhivski snimak |
Il generale Maksimov
È chiaro a tutti coloro che anche superficialmente hanno seguito questo linciaggio dei Vescovi di Mostar e le nostre risposte che quest'ultimo "lavoro cinematografico" è una replica alle nostre dichiarazioni. Ma non essendoci argomentazioni per confutare la Verità, viene ripetuta la menzogna. Ci si rifà a quel detto di Goebbels: "Una bugia ripetuta 100 volte diventa una verità". Tuttavia, una bugia rimane una bugia e la verità alla fine viene alla luce. Il generale Maksimov vuole presentarsi come uomo della verità, consapevole esecutore dei suoi doveri, senza alcun interesse se non quello della protezione dell'ordine costituito: “I nostri servizi non sono ‘infami’, non ci siamo occupati di ‘bugie’ ed eravamo molto accurati nel trattare sia gli individui che i gruppi. Naturalmente, sapevamo di essere talvolta sgradevoli, ma tutto era fatto in nome della difesa del comunismo.”
Nella difesa del comunismo (cioè nel KGB – Servizi segreti sovietici), secondo le sue proprie parole, egli entrò nel 1966 su consiglio di suo padre, che aveva trascorso "tutta la sua vita lavorativa occupando diverse posizioni nel KGB". Solo tre anni dopo, nel 1969, dopo aver “trascorso un anno in Cecoslovacchia”, si guadagnò il grado di colonnello. Sappiamo tutti che cosa la Cecoslovacchia passò e soffrì in quel periodo. È inopportuno chiedere quanto e quanto "sgradevolmente" siano stati trattati non solo gli individui e i piccoli gruppi, ma tutti i cittadini Cechi e Slovacchi, cosicché dopo soli tre anni di servizio un uomo di trentacinque avesse il grado di colonnello? In relazione all’argomento di cui ci occupiamo, questo ci preoccupa non poco: come la "testimonianza" e la "verità" di coloro che hanno mandato a morte milioni di persone diventano così indiscutibili che con esse (quelle prove indiscutibili) si attaccano coloro che hanno dedicato tutta la loro vita alla Verità e hanno sofferto immensamente a causa delle varie "verità" dell’UDBA[ii] e del KGB? Questo problema richiede un serio studio psicologico. D'altra parte, non abbiamo bisogno di studi per dimostrare la verità sui Vescovi di Mostar Pavao e Ratko. Allo stesso modo, come abbiamo affermato nelle precedenti dichiarazioni, non scriviamo questo volendo confutare con argomentazioni gli organizzatori e i falsi testimoni ma per rasserenare, in nome della verità e del bene, coloro i cui cuori potrebbero essere turbati dai veleni del film.
Il vescovo Žanić
In questa pubblica dichiarazione video, il generale calunnia ancora una volta il vescovo Žanić senza mostrare neanche un "documento compromettente" che lo avrebbe spinto a rifiutare "il dono del cielo": l'apparizione della Beata Vergine nella sua diocesi! Il generale non crederà, riteniamo, che la sua parola senza valore sia sufficiente e che lo spettatore e il lettore ragionevole e obiettivo pensi che servizi segreti così organizzati avessero una sola copia del "documento" e che essi, fidandosi pienamente, lo abbiano consegnato al Vaticano, rimanendo senza la prova materiale delle loro affermazioni. È evidente, leggendo i documenti d’archivio disponibili, che ogni documento era fatto in più copie e inviato alle istanze superiori, a vari indirizzi, conservato negli archivi dei servizi segreti che avevano svolto le attività operative e inserito nel fascicolo della persona oggetto del procedimento. In questi documenti, almeno in quelli che ci sono stati cortesemente messi a disposizione a Sarajevo, accanto al nome del vescovo Žanić, tra parentesi, non c’è mai una "s"[iii], che sta per “collaboratore”, ma sempre ed esclusivamente "oo"[iv], che sta per "oggetto di procedura operativa", con l'indicazione, in calce ai documenti, che egli è "responsabile di attività ostili", e spesso come il numero uno. Avendo davanti a noi questo tipo di documentazione, sentire affermare che il defunto vescovo Žanić sarebbe stato collaboratore dell’UDBA dal 1981 in poi, non è altro che una diabolica calunnia, frutto di coloro che hanno concesso la loro mente e il loro cuore, il loro nome e i loro servigi al padre della menzogna. In questo "Anno del Vescovo Žanić", che abbiamo iniziato il 19 maggio nel suo luogo di nascita Kaštel Novi e che, a Dio piacendo, concluderemo nel centesimo anniversario della sua nascita, il 20 maggio 2018 a Mostar, scriveremo ampiamente del suo comportamento e del suo rapporto con l'autorità statale, sia durante il comunismo che durante i cambiamenti democratici degli anni Novanta del secolo scorso.
Il vescovo Perić
Il generale Maksimov ancora una volta colpisce violentemente: "Sì, ho incontrato Ratko Perić nel dicembre del 1982. Il compagno Kuznjecov mi ha portato ad un incontro con lui. Da allora fino al 1989 ci siamo incontrati sette volte". Rispondendo al "giornalista" su quante volte abbia contattato Ratko Perić dopo il 1989, Maksimov risponde: "L’ho visto personalmente una volta all’anno nel 2000, 2001, 2002, 2004, 2006 e 2008". Circa i presunti incontri dal 1982 al 1989 abbiamo scritto in "Suradnici UDBE e KBG-a", "Calunnie in un film" e "Le calunnie di Sedlar". Pertanto non riteniamo necessario tornare su questo. Ma, dato che il generale ha ampliato il tempo e raddoppiato il numero degli incontri, dobbiamo affrontare brevemente queste nuove calunnie spudorate del generale.
Anche se Maksimov stesso dice al giornalista di avere rinfrescato la sua memoria prima dell'intervista ("Prima di venire a questa registrazione, ho esaminato il mio diario personale in cui ho sempre scritto tutto in modo da poter successivamente fare relazioni più accurate"), egli non ritiene opportuno corroborare le proprie affermazioni, se non con documenti che (con tutta la copertura mediatica per quanto riguarda i Vescovi di Mostar) non esistono: non ricorre nemmeno alle annotazioni del suo diario in cui aveva "scritto tutto". Ma è ovvio che egli è esperto nel suo campo e sa che le date, i tempi e i luoghi precisi degli incontri, quando sono inventati (e in questo caso lo sono) sono molto facili da confutare. Perché sa che un "uomo molto intelligente e molto colto", come Maksimov descrive il vescovo Ratko, scrive il proprio diario, così come lo fa l'istituzione da lui servita. Partendo dal presupposto che un Vescovo cattolico, e in particolare il Vescovo di Mostar, spesso si reca a Roma e in Vaticano, Maksimov cita a memoria gli anni degli incontri a Roma dal 2000 al 2008. Per ora diciamo solo questo: in due degli anni elencati, il vescovo Ratko non è nemmeno andato a Roma! Anche perché il “caso erzegovinese" è stato risolto in linea di principio nel 2000! E in quali anni monsignor Perić non sia andato a Roma, lo terremo per noi fino al momento in cui Maksimov raccoglierà il suo coraggio da generale, pari alla sua audacia diffamatoria, e anziché stare davanti alle telecamere senza documenti, starà davanti al Vescovo con i documenti, così come il Vescovo lo ha pubblicamente invitato a fare nella dichiarazione "Calunnie in un film".
Il generale, con la memoria rinfrescata, in quest’ultimo lavoro cinematografico si ricorda molto bene le date, i luoghi e i temi dei suoi incontri con i rappresentanti del Vaticano e con i “compagni” dei servizi jugoslavi. Ma l’identità dell’ “amico comune” che per tutto quel periodo sarebbe stato il contatto, il mediatore e l’organizzatore degli incontri con il rettore e vescovo Ratko, non la rivela. Crediamo che a chi voglia giungere alla verità non sia chiaro perché il generale nasconda le date, i documenti e l'identità della persona chiave. Ha seminato il male in grande quantità con la sua parola. Da un uomo che, in relazione alla sua attività, e quindi a se stesso, dice che non è "infame" e che "non mente mai", dopo che tutto il suo discorso è stato da noi qualificato come una bestemmia blasfema, il meno che ci si aspetterebbe sarebbe che portasse alla luce la documentazione di cui parla e chiamasse dei testimoni.
Rispondendo alla domanda del giornalista se avesse ricattato o costretto il Vescovo a collaborare, il generale dice: "Non lo abbiamo ricattato in nessun modo. Egli è venuto da noi per quel ‘lavoro’ che nessun altro poteva fare. Egli era stato convinto da quel sacerdote di Roma che ci ha messi in contatto. Nessun ricatto, solo lavoro".
E quello che sarebbe stato solo "lavoro", come abbiamo già scritto, secondo le affermazioni del generale sarebbe consistito in questo: “Tu distruggi i frati in Erzegovina, io distruggerò Medjugorje”. Su come il “lavoro” sia andato fino al 1989, abbiamo già risposto. Ma ciò che è interessante è il fatto che dall'ultima riunione del 1989 fino al 2000 non esiste alcun asserito contatto tra i due.
Tutti, anche chi ha una conoscenza superficiale dei fatti d’Erzegovina, sa che molte cose sono accadute esattamente in quel periodo e che, se ci fosse stata una "collaborazione", essa si sarebbe intensificata. Dopo i cambiamenti democratici, in questa zona è scoppiata una guerra, una guerra che nella sua peggiore forma non ha superato l'Erzegovina, una guerra che è stata sostenuta da servizi segreti, anche quello di cui faceva parte il generale Maksimov. Come mai il potente generale non è intervenuto, se non per proteggere l'intera Erzegovina dalla guerra, almeno per salvare la Cancelleria e la Cattedrale in cui, dopo tanta attesa, il "partner di lavoro" doveva entrare, essere consacrato e, ottenuti i poteri a seguito dell’ordinazione, attuare l’"accordo"? Come mai non lo ha "protetto" dal rapimento dal proprio appartamento e da una vergognosa detenzione in una sorta di prigionia durata diverse ore a Cim (Mostar) nel 1995? Sarebbe un'argomentazione ragionevole. Ma non c'è ragionevolezza nella calunnia di Maksimov!
La realtà è completamente diversa. Ancora prima che fosse ordinato Vescovo nel 1992, monsignor Perić, come tutti, poteva leggere la dichiarazione di Zara del 1991 che rifiutava la natura soprannaturale degli eventi di Medjugorje. Ripetiamolo ancora una volta: non esiste alcun documento o dichiarazione pubblica del rettore Perić in cui si potesse vedere la sua posizione sul fenomeno di Medjugorje. Riguardo al caso erzegovinese, la questione si è sviluppata come segue: appena dopo aver assunto la gestione delle diocesi dell'Erzegovina nel 1993, monsignor Perić, esclusivamente secondo l'agenda della Chiesa, in conformità alla legge canonica e alle direttive della Santa Sede, ha intrapreso i colloqui per l'attuazione del decreto Romanis Pontificibus del 1975. Niente di più e niente di meno di quanto deciso dal Decreto. I colloqui sono stati fatti senza la mediazione di nessuno che fosse al di fuori della Chiesa; solo le persone e le istituzioni responsabili di tale questione. Queste riunioni si sono svolte in Erzegovina e in Vaticano fino al 2000. Quindi, nel periodo in cui non vi fu alcun asserito contatto tra il Vescovo e il generale. Pertanto chiediamo: il generale Maksimov vuole insinuare di avere influenzato altre parti che hanno preso parte ai colloqui interni alla Chiesa? L'amministrazione della provincia d’Erzegovina? La Curia generalizia a Roma? Le Congregazioni della Santa Sede? O magari i membri del Capitolo dell'Ordine francescano tenutosi ad Assisi nel 1997, dove si decise che il decreto Romanis Pontificibus dovesse essere attuato immediatamente e pienamente, dopo di che, con la mediazione della Curia generalizia e della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, vi fu l'attuazione concreta del Decreto, delle conclusioni e delle decisioni della Curia e della Santa Sede?
Qualora noi credessimo, anche per un solo istante, all'autenticità delle affermazioni di Maksimov, come non chiedersi: se il vescovo Ratko non è stato ricattato ed è stato solo un affare sulla base del "tu mi dai, io ti do", che cosa poté spingere tutti gli altri soggetti coinvolti a condividere, sotto la pressione del KGB e dell’UDBA, "l'odio irragionevole di Mons. Ratko nei confronti dei francescani"? Questa è una tesi pericolosa e velenosa, alla base del film e dell'intervista, su cui riteniamo che nemmeno le menti che sono dietro il film diffamatorio "Da Fatima a Medjugorje" facessero affidamento. Pertanto consideriamo questo attacco ai Vescovi di Mostar non solo un attacco a loro personalmente ma anche alla Chiesa; non solo a quella di Erzegovina ma a tutta la Chiesa, nonostante qualcuno abbia insistito nel dire che “due Vescovi non sono tutta la Chiesa".
Conclusioni
Gesù nostro Signore fu diabolicamente calunniato dai farisei che dicevano che esorcizzasse i demoni con il potere satanico di Belzebù. Gesù agì con semplicità, ma con potenza divina, esorcizzava le persone che incontrava o che gli venivano portate. Non poteva esorcizzare solo i farisei che avevano intenzionalmente peccato contro lo Spirito Santo con le loro calunnie sataniche. Non è chiaro perché il generale Maksimov abbia offerto il suo "aiuto" nel tentativo di abbattere una Provincia di circa duecento frati erzegovinesi, invece di salvaguardare gelosamente il suo sistema sovietico imperialistico, che è crollato come un castello di carte nel 1989/1990! E forse per merito di Papa Giovanni Paolo II e della Santa Sede, con i cui ministri il generale Maksimov, come si vanta, ha mantenuto i contatti fino a che la sua onnipotente Unione Sovietica, impotente, si è disintegrata irrimediabilmente!
Durante l'inaugurazione della sedicesima riunione ordinaria della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina a Banja Luka, il 13 luglio di quest'anno, il presidente della Conferenza, il cardinal Puljić, ha dichiarato tra l'altro: "Conosciamo bene il vecchio stile UDBA di creare divisione e diffidenza tra le persone. Per riuscirci, accusano un singolo Vescovo di essere collaboratore dell'Udba, come hanno fatto con il precedente vescovo Pavao Žanić e l'attuale vescovo di Mostar Ratko Perić. Allo stesso modo, alcuni potentati vogliono "silenziare" il vescovo Franjo[v] perché non possa puntare il dito contro le ingiustizie e così trovano più facile accusarlo. La tattica della vecchia UDBA è sempre stata: l'attacco è la migliore difesa".
Ma la migliore difesa è la Verità che i Vescovi di Mostar hanno sempre predicato, per la quale hanno combattuto, pronti a sopportare sacrifici più grandi degli attacchi velenosi degli autori degli scenari di un film diffamatorio, delle menti che ci sono dietro e dei protagonisti stessi. Con questa dichiarazione abbiamo voluto confutare la menzogna con la verità. Lo ripetiamo ancora una volta: non siamo così ingenui da credere che con questo testo porteremo dei bugiardi senza scrupoli verso la Verità. Il nostro desiderio era e rimane rasserenare lealmente gli stimati lettori che sono turbati da queste calunnie blasfeme e invitarli a stare sempre dalla parte della verità, che ci renderà tutti liberi.
Don Željko Majić
Vicario Generale
[i] La traduzione delle precedenti dichiarazioni sullo stesso argomento: Il Vescovo Žanić nel “Mistero di Medjugorje” e Il dodicesimo anniversario della morte del Vescovo Žanić
[ii] Polizia segreta della Jugoslavia comunista
[iii] „suradnik“ in croato
[iv] „operativno obrađivan“ in croato
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