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Cristiani vittime di pulizia etnica in Israele
Il patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, durante una conferenza stampa ad Amman, sabato, ha criticato una decisione della corte distrettuale di Gerusalemme che ha confermato un insieme di accordi di vendita di proprietà tra il suo patriarcato e un gruppo ebraico per due hotel vicino alla porta di Giaffa nella città vecchia di Gerusalemme.
Teofilo ha affermato che la decisione "non ha tenuto conto di tutte le prove legali chiare e concrete portate dal patriarcato che provavano la cattiva fede, corruzioni e cospirazione". Ha chiamato la decisione "motivata politicamente".
Teofilo ha anche accusato il regime israeliano di pulizia etnica in Gerusalemme.
Foto: © Michał Józefaciuk, CC BY-SA, #newsFzcmpqlgga
Dove la realtà supera ogni incubo orwelliano: nel Lager di Gaza.
Non bisogna lasciarsi trarre in inganno
dai giochetti dell'Hasbara: il quotidiano Libero, come pressochè tutti
gli altri (La Stampa, Il Corriere della Sera, Repubblica, il Giornale,
il Foglio...) sono TUTTI, nessuno escluso mezzi della propaganda
israeliana in Italia. Addirittura, anni addietro, circolava la notizia
dell'ambasciatore israeliano che teneva seminari alla redazione del
Corriere della Sera. Capita tuttavia, anche per un migliore
mascheramento, che in questi quotidiani - che altrimenti non avrebbero
neppure uno solo sprovveduto lettore - si possa leggere qualche articoli
redatta con una qualche obiettività informativa, o perfino critico
verso Israele. Ed ecco subito che si vedono frignare gli impiegati di
alcuni siti creati allo scopo di portare l'esercito israeliano contro
blogger singoli e indipendenti, non collegati fra di loro, non riuniti
in gruppo. Se la prendono con "Libero" come se questo quotidiano non li
avesse sempre sostenuti e non stesse sempre dalla loro parte! Piace fare
sempre la “vittima”: hanno in monopolio di questo ruolo! La propaganda
dell'Hasbara è scientifica, capillare, fornita di mezzi finanziari
illimitati e presente in ogni nicchia informativa, anche quella di poche
decine di utenti. Agisce poi in coordinamento con il maistream: se in
una nicchia informativa, si trova qualche ghiotto boccone, lo si passa
agli agenti che scrivono su Repubblica, il Messaggero... dove si
imbastisce una battuta di caccia... Ormai, per mia esperienza, mi trovo a
dover ricostruire i fili delle trame, che sempre più fanno vedere il
sistema... che è spaventoso.
Riporto di sotto, depurato dal commento sionista, un testo da Libero su
una realtà allucinante, di cui neppure in certi film fantastici
riusciamo a capacitarci. Il problema: nel 1948 venne condotto ad
esecuzione il piano Dalet, di cui parla Ilan Pappe nel suo libro ormai
da tutti (eccetto che dall'hasbara e suoi agenti) accreditato: La pulizia etnica della Palestina.
Su una popolazione allora complessiva di un milione e mezzo di
palestinesi, ben 750 mila furono letteralmente cacciati dalle loro case e
dai loro villaggi. Di 800 villaggi palestinesi 400 furono distrutti e
minati, affinché nessuno pensasse di farvi ritorno. L'Hasbara si è
inventato, e continua a ripetere, che 750 mila palestinesi avrebbe
sentito un messaggio radiofonico che chiedeva loro di abbandonare
momentaneamente le loro case e i loro villaggi per consentire agli
eserciti arabi di combattere meglio. Sarebbero poi potuti ritornare alle
loro case. In realtà, secondo una ricerca fatta, questa trasmissione
radiofonica non vi sarebbe mai stata. E i palestinesi furono costretti
con eccidi (Deir Yassin) dimotrativi costretti ad abbandonare le loro
case, senza avere mai più il “diritto al ritorno”, ad una casa di cui
ancora conservano le chiavi e gli atti di proprietà...
Non ripeto una storia che è facile da trovare per chi ne ha interesse.
Da allora, e dopo la gloriosa guerra dei sei giorni, che continua e
completa la pulizia etnica del 1948, i palestinesi vivono la condizione
di “profughi”, dei quali istituzionalmente si occupa l'ONU, con una
delle sue apposite agenzie specializzate. Cosa rode a Israele, ai
sionisti, agli ebrei... o come altre è consentito dire? L'esistenza
stessa nella pubblica opinione, nei canali informativi, del concetto
stesso di "profughi palestinesi”! Non devono esistere neppure nel
linguaggio corrente. Ma siccome continua ad esistere l'agenzia Onu che
di loro si occupa, ciò che con tipica conformazione morale (chutzpah,
termine intraducibile per "faccia tosta") pretendono questi signori è
che l'agenzia Onu venga chiusa, perché in questo modo non si abbia più a
parlare di "profughi palestinesi” e quelli che esistono vengano
“assorbiti” e “assimilati” nei paesi arabi confinanti, portando a
termine la "pulizia etnica”. Per questa operazione di pulizia etnica
amano citare in positivo per l'Italia il caso dei profughi istriani, che
resterà una pagina eterna della vergogna italiana e dell'umiliazione
associato al nome Italia, la cui costruzione incomincia con le leggi
speciali e i tribunali militari per le repressione del cosiddetto
Brigantaggio, intorno al quale sta fiorendo una storiografia ormai
meramente rievocativa.
Gaza fu “conquistata” nel 1967. Da oltre 12 anni due milioni di persone
vivono recintate in un vero e proprio lager, dove volendo - se qualcuno
si prende questa briga - si può fare uno studio scientifico per
compararli ai lager nazisti, e vedere - dati alla mano - dove si soffre
di più... Per sopravvivere, e superare il "blocco" quei poveri
disgraziati si sono dovuti ingegnare a costruire dei tunnel, attraverso i
quali arrivano loro le cose della vita di cui hanno bisogno, forse
anche armi, ma giusto qualche schioppo, non certo carri armati o le
testate atomiche di cui Israele disposne... Adesso, quei campioni di
amore del prossimo che sono gli immigrati israeliani (i "migranti" di
allora), oltre ai muri superficiali di recinzione pensano anche di
scavare muri in profondità, per impedire agli internati di Haza di
costruire i loro tunnel sotterranei...
Non è allucinante tutto questo? Ma è la realtà! Una realtà che noi
attraverso i nostri governi, politici, istituzioni, giornali, scuole,
università accettiamo e di cui siamo per questo corresponsabili.
LIBERO
(testo depurato dal commento e dalla titolazione sionista)
Israele chiede la chiusura dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che dal 1949 dovrebbe occuparsi di dare assistenza ai profughi palestinesi, ma che secondo Israele aiuta i terroristi. Nei campi profughi allestiti in Cisgiordania, a Gaza e nei Paesi vicini, Libano e Giordania, l'Unrwa da quasi 70 anni eroga istruzione, assistenza sanitaria e progetti di microfinanza per i palestinesi. Una prima richiesta di smantellamento dell'Unrwa era arrivata mesi fa dal premier Benyamin Netanyahu, il quale chiedeva che venisse assorbita dall'Alto Commissariato per l'assistenza ai profughi, l'Unhcr. Questo perché secondo Netanyahu i profughi palestinesi sono parte dei profughi del mondo e quindi non ha senso l'esistenza di un'agenzia che continua a perpetuare il problema dei profughi palestinesi anziché risolverlo. Il premier dello stato ebraico, nel giugno scorso, aveva espresso questo suo punto di vista anche all'ambasciatrice statunitense presso le Nazioni Unite, Nilky Haley, dal momento che la chiusura dell'agenzia dipende unicamente dall'Onu. Sono molte le voci critiche nei confronti dell'Unrwa in Israele, ritenuta un mezzo per alimentare il problema. Perché senza l'agenzia dell'Onu, i profughi palestinesi e certamente i loro figli, nipoti e pronipoti sarebbero stati assimilati nei Paesi arabi di accoglienza, non avrebbero avuto altra scelta. E senza l'Unrwa sarebbero pochissimi oggi i palestinesi a cui spetta lo status di rifugiato. E' nata cosi una lobby presso il Parlamento israeliano che chiede una riforma dell'agenzia: è presieduta da un membro del Likud, il partito di Netanyahu, e chiede che l'Unrwa cambi la sua politica ostile a Israele.
L'accusa che Netanyahu ha rivolto all'Unrwa è quella di fomentare il terrorismo, soprattutto nelle sue scuole, dove si insegnerebbe ai bambini l'odio verso Israele. Nei recenti campi di addestramento estivi di Hamas hanno partecipato 250mila adolescenti, che durante l'anno frequentano le scuole dell'Unrwa. Nei campi vengono insegnate le tattiche di guerra e l'uso delle anni, e vengono reclutati nuovi combattenti delle brigate al Qassam, il braccio armato di Hamas. Inoltre Israele ha sempre accusato l'Unrwa di proteggere in qualche modo Hamas a Gaza, dal momento che in moltissime scuole della Striscia gestite dall'agenzia sono stati trovati depositi di anni e nascondigli per accedere ai tunnel sotterranei, scavati dai palestinesi in risposta al blocco imposto da Israele su Gaza. Venivano e vengono tuttora usati da Hamas per procurarsi i rifornimenti, dai medicinali alle armi, di cui i palestinesi hanno bisogno. E sono stati usati anche per attaccare Israele, soprattutto nella guerra del 2014.
Un problema, quello dei tunnel, che mette a rischio la sicurezza di Israele e che non si è mai riusciti a risolvere del tutto. Per questo l'esercito ha fatto sapere che si sta accelerando il progetto di costruzione di un muro sotterraneo che sigilli definitivamente la Striscia di Gaza. Nei piani il nuovo muro, il cui costo si aggira attorno a una cifra pari a quasi 750 milioni di euro, dovrebbe essere alto 6 metri ed estendersi fino a 40 metri di profondità, in modo da impedire l'utilizzo dei tunnel esistenti e di scavame di nuovi. Il muro, che sarà lungo una sessantina di chilometri e sarà dotato di sensori, dovrebbe essere completato in un paio di anni. L'esercito riferisce anche che verrà costruito in territorio israeliano, in modo da garantire l'incolumità di quanti lavoreranno alla realizzazione. Attualmente si sta lavorando in sei punti, dislocati lungo la frontiera con Israele, ma da ottobre arriveranno i rinforzi e a costruire il muro ci saranno un migliaio di operai impiegati 24 ore al giorno tranne il sabato, in 40 punti diversi.
Tornando all'Unrwa, non è solo Israele a non vederla di buon occhio. C'è anche qualche palestinese che vorrebbe eliminarla, anche se per motivi opposti. Il mese scorso alcuni profughi di Gaza hanno chiuso l'ufficio dell'agenzia nella Striscia, accusando l'Unrwa di non fare nulla per porre fine all'assedio israeliano.
Hotel svizzero obbliga clienti ebrei a fare la doccia prima della piscina
Luca Zanini
Un albergo svizzero ha provocato un incidente diplomatico tra la Confederazione Elvetica e Israele, per una serie di cartelli che chiedevano «alla clientela ebraica» di «voler cortesemente fare la doccia prima di entrare in piscina». I manifesti sono stati fotografati da un cliente e postati su un social network, scrive FranceSoir, innescando un tumulto. Il vice ministro degli Esteri israeliano Tzipi Hotovely ha chiesto le scuse ufficiali della Svizzera per «questo atto antisemita della peggior specie». Ieri la risposta del suo omologo svizzero: «Abbiamo ribadito all’ambasciatore di Israele che la Svizzera condanna il razzismo, l’antisemitismo e la discriminazione».
«AVVISO SCRITTO INGENUAMENTE»
In realtà, immediate, erano giunte le scuse della direttrice dell’hotel Aparthaus Paradies, situato nel villaggio di Arosa nelle Alpi svizzere: un albergo che da molti anni ha una consolidata clientela di ebrei provenienti da Regno Unito, Stati Uniti o Israele . «Abbiamo subito rimosso gli avvisi — ha detto la donna al quotidiano della svizzera tedesca Blick — ma non c’era alcun intento antisemita». Il caso è scoppiato per gli avvisi che la stessa direzione aveva affisso all’ingresso dell’area benessere: «Al momento abbiamo molti clienti ebrei e avevamo notato che alcuni non fanno la doccia prima del nuoto — ha spiegato la direttrice —. Perciò, dato che gli altri clienti mi avevano chiesto di fare qualcosa, e ho scritto un po’ ingenuamente quell’avviso».
«SAREMO COSTRETTI AD ESCLUDERVI»
L’avviso recitava: «Ai nostri clienti ebrei, donne, uomini e bambini, Vi chiediamo di fare la doccia prima e dopo il bagno. Se non si seguite questa regola, saremo costretti ad escludervi dalla piscina. Grazie per la vostra comprensione». E adesso la direttrice ammette: «Avrei fatto meglio a rivolgere questa richiesta a tutti gli ospiti dell’hotel». Ma altri clienti hanno raccontato al Times of Israel che c’era un cartello simile anche nella zona cucine: appeso ad un frigorifero, si riferiva ancora una volta ai clienti ebrei che vi conservavano i loro alimenti kosher. «Ai nostri clienti ebrei: è possibile accedere al congelatore nelle fasce orarie 10 -11.00 e 16.30-17.30. Speriamo comprendiate che il nostro team non ama essere disturbato continuamente».
«CHIUDETE L’HOTEL DELL’ODIO»
Certo, se non antisemita, il tono degli avvisi denotava un’estrema rigidità e scortesia. Comunque sia, alla clientela ebrea non è piaciuto. Il Centro Simon Wiesenthal ha chiesto al ministro della Giustizia svizzero di «chiudere l’hotel dell’odio» e punirne i manager. E ha invitato il sito di prenotazione Booking.com «a ritirare Aparthaus Paradies» dall’elenco dei suoi hotel in Svizzera.
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