ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 23 agosto 2017

Una chiesa grande, strana e stravagante…


Il grave disagio dei veri poveri per le Messe non più cattoliche            

Cari Amici vi condividiamo questa email che, nel descrivere il disagio di alcune persone trovatisi a frequentare la Santa Messa domenicale estiva in diversi luoghi, si sono rese conto che qualcosa proprio non va! La email è ricca di domande alla quale c’è poco da rispondere, ma molto meditare e sforzarsi di resistere alla grave deriva a cui assistiamo, pregando ed offrendo le nostre sofferenze alle sofferenze del Cristo, pensando a quanto Lui soffra per quanto sta accadendo alla Sua Messa e non cedere ad alcun scoraggiamento. Il racconto, dettagliato con nomi di persona, luoghi e parrocchie, sarà da noi riportato integralmente e fedelmente, omettendo solo gli aspetti identificativi per far riflettere sul peccato ed evitare di soffermarsi sui peccatori….

Cara Catechista siamo una famiglia di quattro persone che ha trascorso questo tempo delle vacanze estive spostandosi per l’Italia e, di conseguenza, per non perdere alcun tempo liturgico, ha tentato di recarsi alla Messa domenicale in diversi luoghi. Non è la prima volta che ci siamo trovati in questa situazione, ma di certo è la prima volta che abbiamo constato una gravissima perdita di identità del culto cattolico in ogni luogo in cui ci siamo trovati. Veniamo ai fatti.
E’ da molto tempo che abbiamo constatato che l’orrendo foglietto della messa domenicale fa acqua da tutte le parti, non soltanto nella prima parte delle spiegazioni delle letture, ma soprattutto nella Preghiera dei Fedeli, una vera raccolta di sincretismo religioso che ci ha fatto pensare, spesse volte e con disagio, se siamo davvero “fedeli” – a chi e a che cosa –  o non piuttosto un gregge bastonato e trattato come in schiavitù ad eseguire comandi ed imposizioni, obbligati a seguire l’andazzo senza poter esprimere più alcun parere.
Giudicate voi stessi il foglietto di domenica 20 agosto, ecco la prima preghiera che di solito si fa per la Chiesa: “Per la Chiesa, perchè viva sempre in atteggiamento di dialogo e concordia con le altre confessioni religiose e promuova il bene dell’umanità intera“. E’ vero che un fedele dovrebbe pregare e basta, ma qui vogliono farci passare davvero per stupidi! Intanto che cosa c’entra questa preghiera con le letture fatte e il Vangelo che parla della fede della donna cananea?
Infatti, l’omelia è stata altrettanto oscena. A celebrare nella parrocchia (***) c’era un vescovo ausiliare il quale ha candidamente detto che Gesù “ha imparato una lezione dalla donna cananea…” ecco  il ragionamento di questo vescovo:
“… pensate bene al vangelo di oggi contestualizzandolo al suo tempo. Gesù appare duro e spietato, infastidito dalla donna “egli non le rivolse neppure una parola“….. Gesù non lo fa apposta, non dimentichiamo che Egli E’ VERO UOMO IN QUEL MOMENTO (???) a tal punto da IMPARARE UNA LEZIONE da una donna, ecco la sua grande umanità e la sua grande umiltà (??), GESU’ IMPARA DA UNA DONNA CHE COSA E’ LA FEDE (??). Gesù non sa che cosa dire (??) egli tace si ammutolisce davanti alla sofferenza degli uomini…. (???)”
Perdonate le nostre parentesi con i punti interrogativi, ma non si può che rimanere basiti di fronte a tanta confusione, abbiamo la registrazione dell’omelia e l’abbiamo ascoltata più volte per capirne il senso. Ci sentiamo, e lo siamo, piccoli e poveri davanti alla grandezza di Dio la quale, però, riversa su di noi fiumi di divina Sapienza tanto da farci capire, in termini più semplici ma veri, il vero senso del brano del vangelo. Gesù non sta tacendo perché “non sa cosa dire”,  Gesù sa benissimo cosa sta accadendo e quel che deve dire, Egli mette a dura prova la fede di quella Donna anche per far capire ai suoi e alla Casa di Israele che la salvezza, ossia Lui in Persona, non è venuto solo per loro, ma per tutti gli uomini “di buona volontà”. Ma di questa fede, il vescovo, non dice una sola parola. Per aver letto che la figlia è “molto tormentata da un demonio..” il vescovo ha tentato di minimizzare la presenza del demonio dicendo testuali parole:
“… qui dobbiamo fare attenzione ad interpretare il vangelo non alla lettera, ma simbolicamente…. il demonio, beh sì, ma genericamente sottolinea tutte le sofferenze degli uomini, tutte le sofferenze di cui siamo afflitti, tutti siamo tormentati, nella Bibbia I DEMONI SIMBOLEGGIANO I NOSTRI TORMENTI, IL MALE, LE MALATTIE. Demonio significa infatti divisione, e questa donna cananea aveva una figlia tormentata dalla divisione, non dal demonio in persona… (???)”
Il tentativo di dire qualcosa di vero, che i demoni sono anche segno della divisione e che sono l’origine del male, è tuttavia imbarazzante e con un impatto davvero disagiato nei confronti dell’autentico senso del vangelo e di chi sono davvero i Demoni, tutto ciò detto da un vescovo ha davvero dell’assurdo. Termino questa triste esperienza omettendo di soffermarmi sul fatto che, a conclusione di una omelia durata 25 minuti, ciò che è scaturito non è la conversione e la perseveranza di una fede granitica in Cristo Gesù, bensì che il Cristo si è umiliato imparando qualcosa da noi….
Ma ci sono state altre Messe imbarazzanti e in altre parrocchie. Per esempio ci siamo accorti che in molte messe i sacerdoti non usano più “lavarsi le mani” all’offertorio… Imbarazzati del fatto, al termine di una celebrazione, siamo andati a chiedere spiegazioni al sacerdote il quale ci ha risposto che “fa molto caldo e Gesù lo comprende bene… e poi è facoltativo…” (??? facoltativo??)
Per l’Assunta al Cielo il 15 di agosto, un sacerdote all’inizio della Messa ha sentito la necessità di specificare che la Messa era in SUFFRAGIO DI MARIA (??? SUFFRAGIO??) omettendo gran parte dei riferimenti a Maria Assunta al Cielo – in ANIMA E CORPO – previsti dalle letture proprie della liturgia, poi abbiamo capito il perchè: alla messa erano stati invitati due pastori protestanti e perciò, il sacerdote, ha sentito il “dovere” di minimizzare il dogma dell’Assunta, offuscare la verità, per non offendere la sensibilità dei due ospiti! E se vi state chiedendo se hanno ricevuto l’Eucaristia, per grazia di Dio NO! I due ospiti non cattolici sono stati probabilmente più coerenti del sacerdote ospitante.
Non sappiamo poi se è stato un “caso” ma, visitando alcune piccole chiese in questo giorno ci siamo accorti di un particolare inquietante, nessuna aveva esposto per l’occasione una statua dell’Assunta al Cielo…  in alcune c’erano delle icone, ma non dell’Assunta, delle statue sacre neppure l’ombra.
Infine una nota di colore, triste quanto vogliamo, ma una realtà che dovrebbe far riflettere i nostri Pastori. In una messa domenicale il sacerdote si è lamentato con i fedeli che – alla questua della domenica precedente fatta per gli immigranti ospiti della caritas parrocchiale – la raccolta è stata piccola, talmente poca che “…si poteva pagare loro solo 3 pasti…” in compenso il parroco si lamentava che tre persone diverse avevano messo, nella questua, ben sei bollette da pagare, accompagnate da un biglietto con su scritto: “PRIMA AIUTATE NOI DELLA COMUNITA’, A SOPRAVVIVERE…”.
E’ vero che i poveri non hanno colore ma… se prima non si aiutano quelli della comunità a superare le gravi difficoltà che vivono, come si può pretendere che si possa essere in grado di aiutare gli altri? E comunque, cosa c’entra tutto ciò con la Messa? In che cosa è stata trasformata questa Messa? In tutte queste liturgie non abbiamo mai sentito una sola volta un richiamo, un invito alla CONVERSIONE A CRISTO, a pentirsi dei propri peccati.
L’unica “conversione” per la quale ci sentiamo davvero umiliati come se non facessimo mai nulla di nostro laddove è giusto e buono fare, è questa dell’integrazione e del sincretismo; una liturgia della Messa trasformata da Sacrificio di Cristo a incontro SOCIALE, CULTURALE, RACCOLTA FONDI, BALLETTI, SCENEGGIATURE TEATRALI, DIVINISMO EGOCENTRICO DELLE PROPRIE OPINIONI
Ritorniamo a casa svuotati di tutto ciò che è sacro, ci sentiamo DERUBATI, come avessimo chiara la percezione di aver subito un grave furto della nostra identità, derubati di ciò che abbiamo di più sacro. Nel discutere tra noi i fatti vissuti e le confessioni fatte nel Sacramento della penitenza per cercare di capire i rimedi, ci siamo resi conto che – in confessionale – i sacerdoti sembrano ancora mantenere una certa lucidità sacra atta a comprendere la grave situazione che stiamo vivendo, ci siamo infatti sentiti dire che “non siete gli unici a lamentarsi, avete ragione“… seguito però da un “ma” che sembra non lasciare alcuna speranza sui rimedi: “si, hai ragione, però…”.
L’unico rimedio è resistere, andare avanti perseverando nella verità, soffrendo con Cristo, in Cristo e per Cristo. C’è la bellissima invocazione insegnata dall’Angelo ai tre Pastorelli di Fatima che faremo bene a ripetere in questa e in tante altre occasioni:
”Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori.”

Questa l’email che abbiamo ricevuto e condiviso. Concludiamo con una riflessione altrettanto drammatica tratta da un articolo inquietante dal sito La Nuova Bussola Quotidiana, vedi qui,prelevando l’intero passaggio:
“Il portale canadese di lingua francese Radio-Canada.ca riporta un’intervista con il vescovo di Rouyn-Noranda, mons. Dorylas Moreau, il quale riferisce nei termini che seguono la risposta che gli sarebbe stata data da papa Francesco a una sua preoccupazione circa la mancanza di sacerdoti nelle piccole comunità: «Senta, Lei dimentica due cose: il futuro della Chiesa è più attorno alla parola di Dio che attorno all’Eucaristia”». Per la parola di Dio, prosegue l’arcivescovo riportando il pensiero del Papa, «non c’è necessariamente bisogno di sacerdoti per esprimerla e metterla in opera nei nostri ambienti». Il Papa, secondo mons. Moreau, avrebbe «insistito molto sulle opere di misericordia. Ma questo è nuovo, è fare il bene, prendersi cura dei poveri, essere aperto sul piano della giustizia, ecc. E questo che darà la testimonianza della Chiesa».
Questa è una notizia per la quale attendiamo con viva ansia un’immediata smentita o una precisazione da parte di chi di dovere. Da queste parole, infatti, potrebbe sembrare che il Papa veda, nel futuro della Chiesa, l’Eucaristia passare in secondo piano per mettere al centro incontri di preghiera per ascoltare la parola di Dio. Il sacrificio eucaristico, vale a dire la Messa, finirebbe poi per scomparire del tutto, poiché molti penserebbero che ciò favorisce un cammino comune con i protestanti. Questo è del resto ciò che fanno non pochi cattolici in Germania, che vanno a domeniche alterne alla Santa Messa e alla funzione luterana, quasi che una valesse l’altra. In entrambe, così essi pensano, i fedeli cristiani si riuniscono per ascoltare la parola di Dio.
Non è buona cosa che dalla bocca del Papa escano tali “profezie”, quasi che tutto questo fosse ineluttabile, e dopo tutto quasi accettabile.”
Non dimentichiamo la profezia della beata Caterina Emmerich:  “Vidi che molti pastori si erano fatti coinvolgere in idee che erano pericolose per la chiesa. Stavano costruendo una chiesa grande, strana e stravagante… Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti e avere uguali diritti, cattolici e sette di ogni denominazione. Così doveva essere la nuova chiesa… Ma Dio aveva altri progetti” (22 aprile 1823)
Laudetur Jesus Christus
AGGIORNAMENTO: cosa fare? Ecco un decalogo molto interessante che ci riguarda tutti,clicca qui
«Che fare per reagire?
1) Innanzitutto prendere atto che questa è la situazione e assumersi la responsabilità che ci compete per la porzione di azione che possiamo svolgere.
2) Evitare l’isolamento e cercare di raggrupparsi con i propri simili attraverso soprattutto la frequentazione della Messa in Rito Romano Antico, per evitare in modo particolare di cadere nello zelo amaro, nelle sterili lamentazioni e talvolta anche per evitare di perdere lucidità. Se possibile riuscire a creare “ambienti”.
3) Riguardo alla porzione di azione che possiamo svolgere questa non deve sorpassare la nostre forze e le nostre competenze: cioè non dobbiamo né possiamo pretendere di risolvere i problemi della Chiesa né della società, né occuparci di quel che non sappiamo.
4) Le nostre competenze e la nostra preparazione devono crescere come deve crescere, ancor più necessariamente la nostra formazione spirituale poiché sappiamo che la sfera naturale è alimentata da quella soprannaturale.
Quindi: preghiera, Messa (meglio in rito romano antico), adorazione, meditazione e buone letture spirituali e buona conoscenza dottrinale. Il cattolico non è colui che cita a ogni evenienza il magistero col copia-incolla, ma colui che conoscendolo, respirandolo, lo vive, lo interiorizza e riesce a rielaborarlo con le sue parole utilizzandolo al momento giusto con le parole giuste.
4.2 La formazione culturale deve avere un doppio taglio: apologetico e positivo.
Buon senso, senso comune e principio di evidenza e senso della realtà sono stati alterati mostruosamente: non è più sufficiente dire a chi non crede o crede male (e sono tanti): “non si fa così perché la Chiesa o Gesù lo proibiscono, non vogliono”, ma si deve dimostrare loro che queste cose sono sbagliate, sono il male e per questo motivo Gesù e la Chiesa la proibiscono e per lo stesso motivo insegnano di fare altre determinate cose.
4.5 La formazione culturale in positivo significa essenzialmente questo: smettere di porre il cattolicesimo come una parte contro un’altra parte, perché non è questa né la strategia giusta né la verità. Si tratta di far capire che il Cattolicesimo non solo è verità, ma è la totalità della realtà, verità che vivifica ogni realtà: personale, sociale, ogni aspetto della vita nello stesso modo con cui una persona respira.
4.6 Non mostrarsi aggressivi: le persone con cui abbiamo a che fare sono state “violentemente” ma radicalmente ed efficacemente disarmate.
4.7 In ogni caso il dialogo lo può condurre solo chi è in grado di saperlo condurre,cioè capace di portare l’interlocutore alla contraddizione, o dimostrargli l’errore del suo ragionamento o delle sue informazioni per poi lasciarlo libero di accettare la verità (cosa che può avvenire anche dopo un notevole lasso di tempo).
4.8 Anche il mondo cattolico, pressoché quasi totalmente modernista deve essere affrontato nello stesso modo.
4.9 Il cattolico che è fedele alla Tradizione usa le parole giuste nel loro corretto significato (la guerra delle parole va combattuta e vinta), ma non un ha un suo gergo, non ha una gestualità particolare, non deve esibire niente di particolare, né deve ostentare gusti retrò dando l’impressione di essere solo una reazione cerebrale di un errore contro un altro errore, né deve dimostrare di essere più “devoto” degli altri.
4.10 La conversione per attrazione è fondamentale, ma non solo per lo stile di vita ma anche per la forza logica dei contenuti che il cattolico deve saper utilizzare a difesa e nell’esposizione della fede e della visione cattolica della realtà.
5) La consapevolezza che il grosso dei preti e della Gerarchia sono gli odierni eredi degli “Intrus” è fondamentale: occorre saper imparare a dire loro no, quando quel che chiedono non serve o danneggia la fede e la società».

CHIESA – Quando la liturgia diventa uno show…
Nell’ipotesi infondata di «rendere più coinvolgente la Messa, gli animatori liturgici sbizzarriscono la loro fantasia, escogitando trovate sempre più accattivanti e multiformi», anche introducendo «elementi di altre tradizioni religiose o di mondi culturali diversi»: quanto scritto da Luigi Martinelli nel suo recente libro «”Missa” in scena. Riflessioni teatrali sulla liturgia» (Cavinato, Brescia 2017), ha purtroppo trovato tristi conferme in contesti diversi nella ricorrenza dell’Assunta, durante la quale si è evidentemente scatenata la “creatività” dei pastori.
Ha creato non poco sconcerto, ad esempio, tra fedeli e non, la danza di ballerine in tutù, che ha avuto luogo davanti all’altar maggiore del Duomo di Spoleto, nella Veglia dell’Assunzione. Una danza, che, nella migliore delle ipotesi, ha preposto lo spettacolo alla liturgia e l’esibizione alla sacralità del luogo, un caso di «imbarazzante provincialismo», come commentato dal blog MessainLatino. Non un caso isolato, intendiamoci: altre volte purtroppo sono state tentate sperimentazioni ed inopportuni “trapianti” nella liturgia cattolica di abitudini proprie di altre confessioni religiose e di altri contesti socio-geografici, in una sorta di “ansia da prestazione” sincretistica.
Non solo. Si apprende dal quotidiano di Cremona La Provincia di un’altra iniziativa, liberamente presa sempre nella ricorrenza dell’Assunta durante la processione dal Vescovo del luogo, mons. Antonio Napolioni, che, con tutti i canti mariani propri della tradizione cattolica, pare non abbia trovato di meglio, dinanzi alla statua della Vergine, che intonare O sole mio, sia pure – precisa il giornale – «dedicandolo alla Madonna». Una sorta di “libero adattamento”, insomma, prima di una S.Messa spesso interrotta dagli applausi, peraltro incoraggiati, ora per un elogio a don Aldo Grechi, l’anziano sacerdote che per primo recuperò la festa di Brancere, ora per quanti avessero aiutato a realizzarla, per gli amministratori e per tutti i presenti, come specifica la stampa locale.
Ai promotori di questi e di altri casi analoghi, quotidianamente segnalati da fedeli ancora capaci di scandalizzarsi, andrebbe ricordato come la Santa Messa non sia uno show, bensì il Sacrificio di Cristo. In tal senso ammonì l’allora card. Joseph Ratzinger nel suo libro Introduzione allo spirito della liturgia: «Là, dove irrompe l’applauso per l’opera umana nella liturgia, si è di fronte a un segno sicuro che si è del tutto perduta l’essenza della liturgia e la si è sostituita con una sorta di intrattenimento a sfondo religioso». Il che, malauguratamente, accade ormai sovente, troppo (G.B.).

SPECIALE CENTENARIO_Il Segreto dei fratellini Marto: Francisco e Giacinta

« Lasciandosi guidare con totale generosità da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione », così Papa Giovanni Paolo II, il 13 maggio 2000, spiegava al mondo il segreto della santità dei giovani fratellini di Fatima. Quella dei fratellini Marto è stata davvero la via del candore, della semplicità, del’innocenza. La loro maestria è stata quella di eseguire sempre alla lettera quanto sapevano essere il Volere di Dio, di Maria. Così si sono fatti santi e diventano, per tutti noi la testimonianza di come vivere il messaggio di Fatima.

Lo scorso 13 maggio la Chiesa ha avuto ben ragione di festeggiare perché, oltre a commemorare il centesimo Anniversario della Regina del S. Rosario di Fatima, ha scritto nell’Albo d’oro dei Santi altri due preziosi nomi: Giacinta e Francesco Marto, due dei tre Veggenti di Fatima. La storia della loro canonizzazione è tanto eccezionale ed originale quanto lo è quella della loro santità: « L’iter non è stato certo dei più semplici, essendo la loro canonizzazione un novum per la storia delle canonizzazioni. Infatti Giacinta (11 marzo 1910 – 20 febbraio 1920) e Francesco Marto (11 giugno 1908 – 4 aprile 1919) » sono stati i primi bambini non martiri canonizzati ed è il primo caso in cui è stato sufficiente per la beatificazione e per la canonizzazione un solo miracolo ottenuto per l’intercessione di entrambi (e non quindi uno per ciascuno, come voleva la prassi della beatificazione/canonizzazione dei confessori non martiri) » (1).

Se questi due “fratellini” sono stati stretti dai vincoli della carne e del sangue, ancora più lo sono stati da quelli dello spirito. La via della santità che hanno percorso insieme con eccezionale rapidità sotto la guida materna di Maria testimonia che, di certo, erano fratelli, figli di un unico Padre e di un’unica Madre che hanno amato e servito offrendo la loro vita appena cominciata senza riserve. Uno stesso segreto li accomuna. Un segreto che vorremmo scoprire.

La prima cosa a sorprendere è proprio quella “corsa” che li ha visto bruciare tutte le tappe. Anche loro, come l’Apostolo, hanno “combattuto la buona battaglia, terminato la corsa, conservato la fede”, meritando “la corona di giustizia che il Signore, giusto Giudice, ha loro consegnato in quel giorno” (cf 2 Tim 2, 7-8). E tutto questo con che rapidità! Se si considera il loro percorso a partire dalla prima apparizione della Madonna (13 maggio 1917), ci hanno messo meno di tre anni per raggiungere quella perfezione a cui Dio li aveva destinati. Come hanno fatto? ci si chiede.

La più bella risposta l’ha data papa Giovanni Paolo II nel 2000, nell’Omelia per la loro beatificazione, allorché spiegava: « Vi dico che “si progredisce più in poco tempo di sottomissione e dipendenza da Maria che durante anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi” (San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, n. 155). E’ stato così che i pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire i consigli tanto belli e saggi che la piccola dava, le domandò chi era stato ad insegnarglieli. “È stata la Madonna” – rispose. Lasciandosi guidare, con totale generosità, da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione » (2).

La dipendenza da Maria ha permesso loro di penetrare negli abissi più intimi del Cuore Immacolato della Vergine e nel Cuore Eucaristico di Cristo, dalla cui amabilità e dalla cui dolcezza si sono sentiti sempre rapiti. La piccola Giacinta, poco prima di morire, diceva a Lucia di essere arsa da un fuoco spirituale che le faceva amare Gesù e Maria e che avrebbe desiderato trapiantare nelle anime tutte: « S’io potessi mettere nel cuore di tutti il fuoco che mi brucia qui nel petto e mi fa amare tanto il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria! ». Quei due Cuori erano stati la sua porzione, la sua eredità più preziosa sulla terra (cf Sal 15, 5): « Sento il Signore dentro di me. Capisco quel che mi dice e non Lo vedo né percepisco la sua voce, ma è così bello stare con Lui! ».

Entrambi sono stati fedelissimi all’eredità lasciata loro dall’Angelo del Portogallo. Soprattutto Francesco era solito trascorrere lunghe ore davanti al Tabernacolo, “solo con Gesù Solo”, per consolarlo delle ingratitudini, « degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli è offeso » (preghiera dell’Angelo durante la terza Apparizione). E, con la sorella e la cugina, amava ripetere spessissimo quella preghiera che fu loro intimante ispirata: « Santissima Trinità, io Vi adoro. Mio Dio, mio Dio, io Vi amo nel Santissimo Sacramento ». Cosa dire poi della passione eucaristica di Giacinta? Suor Lucia racconta nelle Memorie degli episodi significativi: « In un’altra occasione le portai un’immaginetta che aveva un calice con un’Ostia. La prese, la baciò e, raggiante di gioia, diceva: “È Gesù nascosto! Gli voglio tanto bene! Oh s’io potessi riceverLo in chiesa! In Cielo non si fa la Comunione? Se lassù si farà la Comunione, io la farò ogni giorno. Se l’Angelo venisse all’ospedale a portarmi un’altra volta la santa Comunione! Come sarei contenta!”. Quando certe volte tornavo dalla chiesa ed entravo in casa sua, mi chiedeva: “Hai fatto la Comunione?” Se le dicevo di sì: “Vieni qui molto vicina a me, che hai nel tuo cuore Gesù nascosto” » (3).

La loro era una passione eucaristica e mariana che li condusse rapidamente ad una mistica eucaristica e mariana. Questo messaggio, tra tutti, mi sembra sia il più “profetico” e “programmatico” perché ci offre, insieme ad un elemento inalienabile della santità cristiana praticata fino in fondo dai due fanciulli, anche le armi per la buona battaglia e il pegno del futuro Regno di Maria, che sarà un regno tutto Mariano ed Eucaristico.

Difficile descrivere quelle esperienze così intense che erano soliti avere i due piccoli Santi. Quando si chiedeva a Giacinta, durante la sua permanenza in ospedale perchè teneva sempre una sedia libera accanto al suo letto, spiegava candidamente che quella era per la Madonna quando veniva a farle visita e Francisco, al momento del trapasso, potè descrivere, agli astanti, la Vergine che, come buona Madre, era venuta a prendere il suo “fiorellino” per portarlo, come da Lei promesso, in Cielo. Parlando di Francisco, papa Giovanni Poalo II ricordava: « Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe dire radicale; una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, con una preghiera così assidua e fervente da raggiungere una vera forma di unione mistica col Signore. Proprio questo lo spinge ad una crescente purificazione dello spirito, mediante tante rinunce a quello che gli piace e persino ai giochi innocenti dei bambini » (4).

Quella dei fratellini Marto è stata davvero la via del candore, della semplicità, del’innocenza. Una via che ricorda, per certi versi, quella di san Francesco d’Assisi e di santa Bernardette, che rifuggivano da ogni “rilettura e reinterpretazione” della Parola che veniva loro rivolta dal Cielo: la loro maestria è stata quella di eseguire sempre alla lettera quanto sapevano essere il Volere di Dio, di Maria. Il principio informante della loro santità qual è stato? Non vi è dubbio in proposito: è quel FIAT detto a Maria e mai revocato, gridato con coraggio durante la prima apparizione da Lucia anche per i sue due cuginetti e che ha riecheggiato per tutto l’arco della loro vita. Quel “fiat”, eco fedele di quello di Cristo (“Fiat Voluntas Tua”– cf Mt 26, 39) e di Maria (“Fiat mihi secundum verbum Tuum” – Lc 26, 38). Giacinta amava tanto sentire la eco della sua voce che risonava nelle valli: « Il nome che più echeggiava era quello della Madonna.

A volte Giacinta, “quella a cui la Vergine Santissima ha comunicato maggior abbondanza di grazie e maggior conoscenza di Dio e della virtù”, come scriverà suor Lucia, recitava tutta l’Ave Maria, pronunciando la parola seguente soltanto quando l’eco riproduceva per intero quella precedente. Innocentissima preghiera di bambina, dove il soprannaturale si sovrapponeva al naturale » (5).

La Madonna le ha fatto un regalo davvero bello: “La grazia di Dio sarà il vostro conforto”, prometteva ai Veggenti a maggio. E quella grazia ha concesso alla piccola Giacinta di sentire per tutto l’arco della sua vita la eco melodiosa di quel sì detto a Maria (“sì lo vogliamo”) e che si è estinta solo quando la piccola eroina si è spenta, a poco più di due anni dalle Apparizioni, come un fiore profumato raccolto dalla Bianca Signora e “presentato davanti al trono di Dio”, come Ella aveva promesso a tutti quelli che sarebbero stati devoti al Suo Cuore Immacolato.

Note

1) L. SCROSATI, Giacinta e Francesco, canonizzazione straordinaria, 13.05.2017: lanuovabq.it/it/articoli-giacin…

2) Papa GIOVANNI PAOLO II, Omelia, Messa per la beatificazione dei venerabili Francesco e Giacinta, 13 maggio 2000: w2.vatican.va/…/hf_jp-ii_hom_20…

3) Suor LUCIA DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA, Memorie, Secretariados dos Pastoriňos, Fatima8 2005, pp. 128-129.

4) Papa GIOVANNI PAOLO II, Omelia 13 maggio 2000.

5) C. SICCARDI, La canonizzazione di Francesco e Giacinta di Fatima, 10.5.2017: www.corrispondenzaromana.it/la-canonizzazio…



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