ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 23 settembre 2017

Altri non possano avere dei dubbi?

Schönborn, il cardinale che smentì se stesso



La confusione sotto il cielo cattolico è immensa: cardinali contro cardinali, vescovi contro vescovi, laici contro laici. I motivi sono molteplici, ma certamente ve n'è uno che più di altri è esemplificativo: l'interpretazione di Amoris laetitia. Tempo addietro, sull'aereo, a Bergoglio venne chiesto come andava interpretato il famoso capitolo VIII di quel documento, ed egli, invece di rimandare al prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede, invitò a rivolgersi al cardinale di Vienna Christoph Schönborn. Un po' come mandare da Erode a Pilato...

Più tardi, alcuni mesi dopo, il cardinale di Vienna, uomo di indubbia cultura ed intelligenza, se ne uscì in modo piuttosto violento, immediatamente rilanciato da Vatican Insider, contro i quattro cardinali estensori dei Dubia. Non rispose alle loro domande, magari citando il Vangelo a sostegno dlela sua posizione, ma si lanciò in un' invettiva: «Che dei cardinali, che dovrebbero essere i più vicini collaboratori del Papa, stiano cercando di fare un atto di forza nei suoi confronti e di far pressione su di lui affinché dia una risposta pubblica alla loro lettera resa pubblica è un comportamento assolutamente sconveniente». Parole che lasciarono perplessi, sia per il tono, veramente insuale tra cardinali, sia per il contenuto, semplicemente falso. I 4 cardinali, infatti, non hanno mai compiuto un "atto di forza", ma hanno soltanto espresso un'opinione e chiesto una risposta chiara e definitiva, secondo le regole stabilite dalla Chiesa stessa.


Ma davvero Christoph Schönborn non comprende la posizione dei suoi confratelli, con alcuni dei quali ha sempre avuto anche un ottimo rapporto personale? No, capisce benissimo, e questo desta ulteriore sconforto. Per sostenerlo mi appoggio semplicemente ai documenti. Infatti il cardinale di Vienna è stato nientemeno che il Segretario della Commissione per la Redazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (dal 1987 al 1992). E cosa dice quel catechismo a riguardo del tema dibattuto in corso?
Al punto 1649 leggiamo: «I coniugi non cessano di essere marito e moglie davanti a Dio; non sono liberi di contrarre una nuova unione. In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se possibile, la riconciliazione. La comunità cristiana è chiamata ad aiutare queste persone a vivere cristianamente la loro situazione, nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile ...». E al punto 1650 si legge: «Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo («Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione...».

Se allora, dal 1987 al 1992, il cardinale Schönborn la pensava in questo modo, perchè oggi ha cambiato idea? Perché se lui è oggi in contrasto con se stesso, pretende che altri non possano avere dei dubbi, e porre delle legittime domande?
Il 1992, potrebbe dire qualcuno pur di trovare una scusante, è lontano. Ebbene, per avvicinarci ai giorni nostri, il cardinale di Vienna è stato anche il responsabile del catechismo per giovani Youcat, voluto e prefato da Bendetto XVI in occasione della Giornata Mondiale della gioventù di Madrid. Alla domanda «Come si pone la Chiesa di fronte ai divorziati risposati?», Youcat al punto 270 risponde: «Li accoglie con amore sulla base dell'esempio di Gesù... ma chi divorzia dopo un matrimonio religioso e comincia una nuova relazione mentre il coniuge è ancora vivo, si pone in contraddizione con la richiesta di Gesù dell'indissolubilità del matrimonio, che la Chiesa non può abolire. La revoca della promessa di fedeltà contraddice l'Eucaristia in cui la Chiesa celebra appunto il carattere irrevocabile dell'amore di Dio. Per questo non è ammesso alla comunione chi viva in una tale situazione di contraddizione con il sacramento...».

A questa formula concisa, ovviamente, si potrebbero aggiungere mille chiose: ad esempio che l'esclusione dalla comunione deriva da una valutazione oggettiva e non certo da un giudizio sul soggetto, perché non è compito della Chiesa leggere nei cuori e neppure emettere condanne personali (la Chiesa stabilisce che alcune persone sono certamente in cielo, i santi e i martiri, ma non ha mai potuto dire di nessuno che è sicuramente all'inferno, neppure di Hitler o Stalin); che essa si fonda non tanto su un divieto, ma su una visione positiva dell'uomo, considerato capace, con l'aiuto della grazia di Dio, di un amore per sempre, e anche di ritornare sui propri passi....

Un'ultima considerazione per concludere: da anni ormai la Chiesa discute e si lacera nel tentativo di buttare a mare la dottrina professata sino a ieri. Ma cosa si sta facendo, in concreto, per aiutare i giovani cattolici ad affrontare il matrimonio con maggior consapevolezza, evitando così tanti divorzi futuri? Cosa si sta facendo per aiutare le coppie in difficoltà a rimanere insieme? Cosa si sta facendo davvero, oltre alla sanatoria dottrinale, per essere davvero prossimi, ma senza alterare le parole di Cristo, ai cattolici divorziati “risposati”?
Nulla. E così il Sinodo sulla famiglia, che doveva essere pastorale, che doveva venire in aiuto concreto alle persone, è diventato in verità l'origine di un processo di rottamazione della dottrina, del catechismo, della legge evangelica sul matrimonio. Con cardinali che si arrabbiano se qualcuno gli chiede conto: «Perché dici oggi il contrario di ciò che hai detto sino a ieri?».


Francesco Agnoli


23-09-2017
http://www.lanuovabq.it/it/schoenborn-il-cardinale-che-smenti-se-stesso


Oggi mi sposo

Leggo che a Lissone, vicino a Monza, una gentile signora quarantenne è diventata «la prima sposa single d’Italia». Sposa single? Sì, proprio così.
La gentile signora, di nome Laura, ha fatto tutto per bene: ha scelto l’abito bianco dei suoi sogni, ha invitato amici e parenti, ha tagliato la torta, ha distribuito le bomboniere e non ha dimenticato di lanciare il bouquet. Solo che non c’era il marito. E non c’era non perché ci avesse ripensato, o fosse fuggito all’ultimo istante, ma perché non c’è mai stato. La signora infatti ha deciso di sposarsi con se stessa. E chi l’ha sposata? Non un prete, e nemmeno il sindaco, ma un amico, che per l’occasione ha indossato una fascia tricolore.
La spiegazione data da Laura, a suo modo, è razionale: «Avevo detto a parenti e amici che se entro il quarantesimo compleanno non avessi trovato la mia anima gemella mi sarei sposata da sola. Credo fermamente che ciascuno di noi debba innanzi tutto amare se stesso. Si può vivere una fiaba anche senza il principe azzurro. Se un domani troverò un uomo con cui progettare un futuro ne sarò felice, ma la mia felicità non dipenderà da lui». E così ecco il matrimonio da single.
Racconta ancora Laura: «Ho fatto una piccola follia per il vestito e per le fedi, che sono due intrecciate in un unico anello. Grazie ai regali dei settanta invitati sono riuscita a coprire le spese del pranzo nuziale. Mi sono concessa anche il viaggio di nozze. Il giorno dopo la cerimonia, che si è tenuta in un ristorante di Vimercate, sono partita per Marsa Alam, sempre da sola».
«Una piccola follia» vuol dire un po’ più di diecimila euro. Soldi ben spesi, dice la signora. La quale, per lo meno, non ha dovuto discutere la faccenda con nessuno, se non con se stessa.
Sebbene il matrimonio con se stessi, almeno per ora, non abbia alcun valore, né civile né religioso (un limite che, ne siamo sicuri, sarà presto superato), la «sposa» ha detto di aver provato emozioni del tutto reali: «Ho promesso di amarmi per tutta la vita e di accogliere i figli che la natura vorrà donarmi».
E la famiglia? «Anche i miei familiari sono stati molto felici, compreso mio fratello che all’inizio era scettico sulla mia idea e invece poi ha finito per commuoversi accompagnandomi verso il celebrante».
Noi cronisti ci imbattiamo nelle notizie più strane, e quindi non sono rimasto molto sorpreso. D’altra parte, in una cultura come la nostra, ampiamente dominata dal culto della propria persona, sposare se stessi appare come una scelta del tutto consequenziale e la frase «ho promesso di amarmi per tutta la vita» fotografa benissimo la tendenza. Potrebbe essere lo slogan di un spot pubblicitario.
Fra l’altro la signora brianzola non è la prima. Un matrimonio single c’era già stato. Protagonista, in questo caso, un uomo, che ha pronunciato il fatidico sì al culmine di una grande festa nel Napoletano.
Quarant’anni, di professione parrucchiere, il signor Nello ha sposato se stesso perché convinto «che non potrò mai amare nessuno quanto amo me stesso». «Anzi – ha aggiunto  – amare se stessi è la cosa più bella che possa capitare a un essere umano: solo così si può raggiungere la propria tranquillità interiore».
E poteva forse mancare la televisione? Certamente no. Infatti il matrimonio di Nello con se stesso è stato ripreso dalle telecamere del reality show «Il Boss delle cerimonie», in una puntata di grande successo. «Ma mi sarei sposato anche senza le telecamere», spiega con molto buon senso il protagonista. «L’ho fatto soprattutto per miei genitori, che sono anziani. Ero l’unico celibe di cinque figli, volevo dimostrare loro che sto bene così. Mi completo da solo. Come l’hanno presa? Benissimo».
Narrano le cronache che lo sposo single è arrivato nel castello sul dorso di un cavallo bianco. Gli invitati erano stati convocati per festeggiare il suo quarantesimo compleanno. Poi invece la grande sorpresa, salutata da tutti con esclamazioni di entusiasmo. All’organizzazione ha pensato un «wedding planner» molto quotato, con tanto di consegna della fede, che Nello si è messo al dito da solo, e la bellezza di sette testimoni.
Dice il neo-sposo: «Viviamo in una società che tende ad emarginarti se sei single a quarant’anni. Volevo lanciare un messaggio, che è stato evidentemente recepito: mi hanno chiamato in tanti, sono fioccate le richieste di amicizia, molti mi hanno rivelato di volersi sposare da soli, come me. Anche persone sposate, sapete?».
«Mi completo da solo». Non vi sembra un altro slogan buono per la pubblicità? Non pensiate però che Nello sia un egoista malato di narcisismo. Leggo infatti che da anni, sull’esempio di una zia suora missionaria, si dà da fare per portare aiuto alle popolazioni del Benin, in Africa. «Alla sua morte, avevo promesso che avrei continuato l’opera caritatevole. Organizziamo periodicamente container con pasta e generi alimentari in scatola. In Africa ho scoperto che basta davvero poco per sorridere».
Non ho capito bene se anche Nello, come Laura, è andato in viaggio di nozze, ma immagino di sì. E sono sicuro che si saranno trovati benissimo. Pensate: nessuno con cui condividere il letto e quindi nessuna discussione sul lato da scegliere, mai nessuna attesa antipatica in caso di bagno occupato, nessunissima scocciatura a causa del disordine del compagno o delle sedute al trucco della compagna, nessuna diatriba sulla scelta della gita o del ristorante. «Beata solitudo, sola beatitudo!». Che cosa si può volere di più e di meglio?
Tutto questo, ovviamente, nel caso in cui la signora Laura e il signor Nello vadano d’accordo con se stessi. Ma se, sfortunatamente, così non fosse?
Immagino che si potrebbe sempre organizzare un divorzio (anche rapido) da single. In fondo, che ci vuole? L’interessato dovrebbe soltanto rispondere a qualche domandina.
«Perché vuole divorziare da se stesso?»
«Guardi, non mi sopporto più».
«E perché?»
«Perché me ne faccio di tutti i colori!»
«Mai avuto sospetti, prima?»
«Niente. Sembrava tutto così bello. E invece…»
«E invece?»
«E invece era finzione, ecco cos’era! Non mi volevo più bene!»
«Dunque?»
«Dunque voglio mettere fine a questo rapporto. È proprio vero che di se stessi non ci si può mai fidare!»
Essendo la nostra una civiltà imbevuta dei sani principi della libertà e del progresso, ritengo che il divorzio da se stessi dovrebbe essere garantito a tutti, come un diritto inalienabile, o no?
Comunque, stavo pensando: ma se la signora Laura e il signor Nello si conoscessero? Qualcuno non potrebbe metterli in contatto? Va bene che hanno già speso una bella sommetta, ma magari sarebbero disposti a un’altra piccola follia.
Aldo Maria Valli

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