ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 23 settembre 2017

Il modernismo è figlio dello storicismo

AL BIVIO

L'eresia è andata al potere. Al bivio o cristiani o storicisti 2 scelte antitetiche e perentorie: o cittadini del mondo col modernismo che è figlio dello storicismo o si sceglie di essere seguaci di Cristo per i veri cattolici
di Francesco Lamendola  







E così, siamo arrivati al bivio. Le generazioni che ci hanno preceduto ci hanno lasciato non solo un ricchissimo patrimonio spirituale, ma anche l'esempio della fedeltà al Vangelo, cioè alla Parola di Dio, che è Parola di Verità. Essa insegna che ogni cosa è nata da Dio e a Dio fa ritorno: nel caso dell'uomo, unica creatura dotata d'intelligenza, volontà e senso morale, si tratta di vedere se tale ritorno sarà volontario e pienamente consapevole, o se avverrà suo malgrado, con amarezza o con rabbia, come quello di chi si vede sottrarre una sua legittima proprietà e restituito alla sua condizione originaria: totalmente povero, com'era venuto al mondo. La cultura moderna ha coltivato invece lo storicismo: la salda convinzione che ogni fatto umano è soggetto al divenire della storia, è creato, plasmato e orientato da essa, e ritorna ad essa, cioè al nulla, come da essa è venuto. La perfetta espressione della fede storicista si trova in Omero, nell'Iliade, nel dialogo fra Glauco e Diomede: le generazioni degli uomini sono come le foglie, si succedono l'una all'altra e tutte ritornano alla terra, dissolvendosi per sempre. Perciò, è evidente che o si è cristiani, o si è storicisti. Se si è cristiani, si pensa che l'uomo vive parzialmente immerso nella storia, ma non appartiene al mondo della storia: vi appartiene per gli aspetti materiali ed esteriori della sua vita, non vi appartiene per la dimensione soprannaturale che è presente in lui. 


Essere anfibio, l'uomo si trova al bivio, e vi si trova oggi con tanta più forza ed urgenza, in quanto la cultura moderna, imbevuta di storicismo, pone l'alternativa in maniera ancor più perentoria. Ma anche il cristianesimo la pone, da sempre, in maniera perentoria: o si sceglie di essere cittadini del mondo, oppure si sceglie di essere seguaci di Cristo. Sono due cose diverse e opposte; ce n'eravamo dimenticati, perché ci faceva comodo vivere nell'ambiguità, di compromesso in compromesso. 
Non è certo un caso che la grande eresia del cattolicesimo moderno sia stata, e sia tuttora (anche se non viene più chiamata con quel nome) il modernismo. Il modernismo è figlio dello storicismo: pensa che, se tutto il divenire umano è mutevole, allora anche la Chiesa, costruzione umana, deve mutare; sosteneva, come sostiene oggi papa il Francesco e come sostengono i suoi molti seguaci e ammiratori (perché l'eresia è andata al potere e, quindi, non viene più percepita come eresia, ma come ortodossia, ed eretici appaiono i "vecchi" cattolici), che il cristiano moderno non può che pensare il cristianesimo entro le categorie della modernità, pertanto deve adattare ogni cosa - liturgia, dottrina, teologia - secondo la particolare ottica moderna. A loro giudizio, questa è la sola strategia che consentirà alla Chiesa di non perdere l'aggancio con la realtà dell'uomo di oggi; a giudizio di chi, da cattolico, la pensa in altro modo, questa è la strategia più certa per svuotare il cristianesimo dei suoi contenuti specifici e per lasciarlo disperdere nel gran mare della cultura profana: immanentista, materialista, edonista, relativista. Il caso del professor Léonard, licenziato da una scuola cattolica belga per aver definito l'aborto un omicidio, insieme a tantissime altre vicende contemporanee, alcune in pieno svolgimento sotto i nostri occhi, dà ragione a questa seconda interpretazione: se viene a patti con la mentalità moderna, il cattolicesimo si storicizza e rinuncia ad essere se stesso, rinnega se stesso e accoglie in sé, o accetta, o tollera, delle dottrine e delle pratiche che sono in contraddizione totale e irrevocabile con ciò che il Vangelo insegna. Alla perennità dei valori subentra la relativizzazione dei valori: i valori sono figli di un dato tempo storico, e, quando quel tempo è trascorso, devono essere modificati, rivisti, aggiornati. Un altro esempio clamoroso è quello del gesuita James Martin, che fa apertamente propaganda a favore della piena accettazione, da parte della Chiesa, della pratica omosessuale, e, anzi auspica addirittura il matrimonio religioso omosessuale. Se una situazione del genere ha potuto determinarsi, è stato perché l'eresia modernista, attraverso il cavallo di Troia dello storicismo, si è insediata all'interno della Chiesa: solo qualche anno fa, sarebbe stata impensabile, appunto perché la Chiesa non aveva ancora alzato bandiera bianca davanti all'ideologia storicista.
Tutto questo ha una data d’inizio: il discorso di apertura al Concilio Vaticano II tenuto da Giovanni XXIII. Il senso di quel discorso si può riassumere così: fino ad ora è stato fatto in un certo modo; ora, però, la Chiesa ha deciso di fare in un altro modo. Certo, si è riferito più volte alla Tradizione e alla necessità di tener fermi, nella sostanza, i principi del cattolicesimo; ha presentato il cambiamento come un riassestamento volto a una presa più efficace sulla società, nelle mutate condizioni storiche: ma è appunto qui, in questa concessione allo spirito dei tempi, e quindi alla storia, il punto critico di tutta la sua impostazione. In pratica, la prima cosa che si è voluta fare è stata la riforma liturgica, come se si fosse trattato di un semplice rinnovamento della facciata, una specie di riverniciatura di un edificio ormai vetusto: ma cambiare la liturgia significa cambiare la dottrina, e sia pure sul medio e lungo periodo. Così è avvenuto. La cosiddetta riforma liturgica ha letteralmente capovolto l’impostazione del rapporto del fedele con Dio: da un orientamento teocentrico si è passati a un orientamento antropocentrico; e questo è stato un cambiamento di sostanza, non di forma. Più o meno consapevolmente, Giovanni XXIII si è posto nella stessa prospettiva tracciata da Gesù Cristo allorché disse (Matteo, 5, 38-45): Avete udito che fu detto… ma io vi dico; e come Gesù ha traghettato il popolo di Dio dall’Antica alla Nuova Alleanza, così il Concilio ha preteso di traghettare la Chiesa ad un nuovo modo di essere; discorso ora ripreso e ulteriormente sviluppato dal papa Francesco, il quale, appena eletto, ha affermato a chiare note di voler cambiare la Chiesa (e non lo ha detto nella sede appropriata, cioè la Chiesa stessa, ma in una intervista privata al gran papa della massoneria gnostica italiana, Eugenio Scalfari) e di voler portare a compimento, sino in fondo, ciò che il Concilio aveva incominciato. In altre parole: da Giovanni XXIII a Francesco, i papi della “svolta” conciliare e postconciliare (con le parziali eccezioni di Giovanni Paolo I, morto troppo presto per poter dire quel che avrebbe fatto, e di Benedetto XVI, le cui clamorose dimissioni aprono la porta alle ipotesi più inquietanti) hanno avuto l’inaudita ed eretica pretesa di cambiare il messaggio evangelico, così come la Chiesa lo aveva custodito e trasmesso per duemila anni, e di fare quel che aveva fatto Gesù: abolire la vecchia Legge ed instaurarne una nuova.
Ed ecco spiegato anche il nuovo atteggiamento teologico verso il giudaismo: l’Antica Alleanza non è mai stata abolita, quindi gli ebrei non devono convertirsi per conseguire la salvezza, né riconoscere Gesù Cristo come figlio di Dio: allo stesso modo che i modernisti sostengono di non aver abolito la “vecchia” Chiesa, ma solo di averla “aggiornata”. Non hanno il coraggio di dire la verità: che la Chiesa odierna, così come essi l’hanno costruita, sostituendo, pezzo dopo pezzo, la vecchia liturgia e la dottrina perenne, si pone in aperta rottura, in totale discontinuità con la Chiesa dei venti secoli precedenti. Per non dover confessare di essere degli eretici modernisti, che abusivamente e slealmente si sono impadroniti dei vertici della Chiesa, ossia con l’inganno e il sotterfugio, prendendo in giro centinaia di milioni di fedeli, sono pressoché obbligati a mentire anche sul fatto che nessun cambiamento sostanziale è stato da loro attuato; allo stesso modo che stanno tranquillamente sostenendo che l’Antica Legge, quella del popolo d’Israele, è ancora e sempre valida, con la speciosa argomentazione che Dio non si rimangia le sue promesse. Ma come la menzogna sul giudaismo li porta all’affermazione eretica che gli ebrei sono già nella Verità, pur rifiutando Gesù Cristo e considerandolo un falso profeta e un impostore, e non certo il Figlio di Dio, così la menzogna sul “colpo di stato” che essi hanno fatto al vertice della Chiesa cattolica li imprigiona ora in una ulteriore menzogna, quella di non aver modificato la dottrina, mentre non solo l‘hanno modificata, ma l’hanno addirittura capovolta; e, quel che è più importante, l’hanno inserita in una prospettiva totalmente nuova ed impropria: quella del mondo e della storia. Non  è vero ciò che ha detto Gesù Cristo, ma è vero ciò che la sensibilità moderna accetta della Parola di Gesù Cristo. E se quella Parola è molesta, perché smaschera le ipocrisia e restituisce gli uomini alla loro meschinità e finzione, allora la si rigira e la si addomestica in modo tale da renderla più malleabile e gradita. Ad ogni buon conto, padre Sosa ha predisposto il paracadute: noi non sappiamo, dice, che cosa realmente Gesù abbia affermato; il che significa che possiamo fargli dire tutto quel che ci va bene, e fare finta che non abbia mai detto tutto quel che, nella sua predicazione, ci dà noia. Se, per esempio, Gesù Cristo ha detto: L’uomo non separi ciò che Dio ha unito, ma noi abbiamo voglia di separarci da nostra moglie o da nostro marito, ecco che si reinterpreta il Vangelo alla luce della sensibilità moderna, e con la scusa di aggiornare la forma e di migliorare il dialogo, si modifica radicalmente la dottrina, in questo caso la dottrina morale.
In fondo, è molto semplice: si tratta di piegare il Vangelo alle esigenze del mondo, e non più, come è sempre stato finora, di viverlo e proporlo come una radicale alternativa a ciò che piace al mondo. È per questo che il papa si è fatto piacione, e indossa volentieri sombreri e nasi da pagliaccio; è per questo che i vescovi si sono fatti canterini, intonano canzonette dal pulpito durante la santa Messa, e altri si sono fatti ciclisti, se ne vanno a spasso per la loro cattedrale in sella alla loro bicicletta, e altri ancora si sono fatti danzatori e si son messi a ballare, al suono di chitarre e tamburelli, tenendo per mano una compagna di spettacolo, tutto per riuscire simpatici alla folla dei fedeli. Ugualmente ci sono sacerdoti che dicono la Messa coi burattini, altri che offrono l’aperitivo e i balli alla fine del rito, altri ancora che spruzzano l’acqua santa con un fucile giocattolo, e altri che entrano in una barca, sempre sull’altare, e simulano l’atto di remare, impugnando dei remi veri, per far capire ai fedeli quanto è grave ed urgente il dramma dei poveri migranti che giungono davanti alle nostre coste in fuga da guerra e fame, come recita il mantra ufficiale dei mass media manovrati dal potere finanziario. Poi ci sono i frati che ballano in chiesa e fuori della chiesa; le suore che cantano canzoni profane, dal testo equivoco e quasi blasfemo, prese dal repertorio di una rockstar che si è costruita tutta la carriera in una implicita blasfemia anticattolica, a cominciare dal nome che è lo stesso di Maria Vergine, agitandosi e scimmiottando le contorsioni delle cantanti rock; poi, i giovani preti aitanti che postano sui social le loro foto in costume da bagno, e altri che si mettono a criticare spietatamente i loro superiori in diretta radio e televisiva, sempre atteggiandosi a difensori della buona causa: quella degli ultimi, dei poveri, e contro le discriminazioni, le ingiustizie e i privilegi.

Al bivio: o cristiani, o storicisti

di Francesco Lamendola


Del 23 Settembre 2017
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