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giovedì 12 ottobre 2017

La sinfonia dell’alterità

Il calendario "arcobaleno" che uccide il rito e quindi la festa

Il calendario "arcobaleno" che uccide il rito e quindi la festa
Qual è l’essenza della Festa ? Ritualità, mito, magia, memoria, religione: il senso della Festa è tradizionalmente il crogiolo dell’appartenenza.  E’ dunque qualcosa di più di una data o di una memoria ricorrente. E’ il segno di identità complesse, che parlano della Storia e del vissuto dei popoli, delle loro credenze, delle rispettive visioni della vita e del mondo. E’ – a ben vedere – il trionfo delle “differenze”.
Niente di più lontano perciò dall’idea del melting pot civile e culturale rincorso, con affanno, dalla vulgata corrente, impegnata a spianare l’identità nazional-locale, in nome di una superficiale idea di pluralismo. 

Ultima trovata quella della ministra Valeria Fedeli, che ha fatto diffondere  in tutte le scuole il “calendario del dialogo”, colorato delle festività di tutte le religioni, livellate da  una indistinta idea dell’appartenenza, che mette insieme  Santi Patroni e Torah, cicli lunari e Corano, la memoria di un profeta e la celebrazione del  trono di un guru, sciiti e sunniti, shintoisti e valdesi, zoroastriani  e copti. Un’enorme gazzarra multicolori, dove a trionfare sarà l’indifferentismo culturale: tutti uguali, tutti sullo stesso piano, tutti assimilati, con buona pace per quel vasto e ricco apparato cerimoniale, religioso e civile, che caratterizza ogni parte del nostro Paese, ogni piccola e grande comunità.
Immaginiamoci i ragazzini delle scuole italiane sballottolati  - come da circolare ministeriale – tra il Capodanno cristiano (1 gennaio), quello sikh ed induista (metà marzo), il Capodanno Buddista (maggio),  quello ebraico  (21 settembre),  l’islamico (22 settembre) e la Festa della Luce (ottobre).
La scelta della ministra non è certamente casuale. Al  fondo  del “calendario  arcobaleno” c’è l’idea che le religioni, in sé e per sé, non esistono e che tutto è lasciato alla libertà e alla conoscenza scambievole, dove i riti ed i segni, essenza delle stesse feste, perdono di significato, pura e semplice materia da apprendere, quasi fossero le tabelline.
In questo ambito – ad essere coerenti -   non ci sarà allora  più spazio per i presepi, considerati segni xenofobici, né per il  Crocifisso esposto nell’aula: tutto va azzerato nell’incubatore dell’indeterminato.  E’ la sinfonia dell’alterità – teorizzata da certo progressismo cattolico – rispetto alla Fede e quindi all’appartenenza identitaria.
Il risultato è che a mettere le feste sullo stesso piano, trasformandole in oggetti neutrali di studio, si fa perdere di vista il loro valore e si perde – nel contempo – il senso della realtà. Una realtà dove le differenze (religiose e non solo …) esistono, frutto di stratificazioni millenarie, e non possono  essere certamente abolite da un  calendario variopinto, nel quale le differenze vengono frullate e le  feste, quelle in cui la comunità nazionale si riconosce,  diventano solo delle date tra tante.
Se è vero che nel tempo della postmodernità e del postindustrialismo  il senso della Festa ha trovato nuove ragioni d’essere, è all’essenza dell’appuntamento festivo che bisogna guardare  per ritrovarne le ragioni vere e profonde: quelle legate al sacro, alla risacralizzazione dell’esistenza (nella sua duplice ragion d’essere quotidiana ed extraquotidiana), all’idea di comunità e di appartenenza, al senso dei simboli ed dei riti.
Le vere feste conservano l’idea di  una eccezionalità che non può venire banalizzata, magari attraverso un calendario multicolori confuso e pasticciato, mentre negare  le differenze  vuole dire  favorire  un processo di sradicamento culturale che partendo dalla Scuola tende a permeare tutta la società. Con il risultato di rendere  ognuno sempre più debole e facilmente manipolabile.
di Mario Bozzi Sentieri - 08/10/2017
Fonte: Mario Bozzi Sentieri


Chiese senza croci in poster: strategia Lidl dalla Grecia a Dolceacqua


Via le croci dai manifesti che riproducono le chiese di Dolceacqua: è la strategia di marketing messa in atto dal supermercato Lidl di Camporosso.  Sulla parete di fronte alle casse è stato affisso un poster del borgo di Dolceacqua da cui però, con un'abile operazione di photoshop, sono state fatte sparire le croci sulla facciata e sul campanile della chiesa di Sant’Antonio Abate. Il sindaco del borgo non ha gradito." Mostrate foto di Dolceacqua che rispecchiano la realtà. Se non volete le croci, piuttosto mettete il castello Doria - ha attaccato Fulvio Gazzola -  Loro dicono che è una campagna nazionale ed europea quella di togliere i segni religiosi. Sono liberi di fare come vogliono, ma non rovinino le foto, basta soltanto cambiare il soggetto".
La giustificazione è sempre la stessa, ossia l'esigenza di non offendere la sensibilità dei clienti di fede non cristiana. Insomma in nome del politicamente corretto si finisce anche per stravolgere i paesaggi? Non potendo rimuovere le chiese che sono elementi essenziali dei borghi italiani e nella maggior parte dei casi addirittura dominano la scena con la loro sontuosità, si eliminano le croci con semplici ritocchi resi possibili dalle nuove e moderne tecniche di design al computer. 
Il paradosso è che quegli stessi clienti che secondo quanto riferito dall'Azienda potrebbero sentirsi offesi dalle croci riprodotte in foto, poi ogni giorno passano regolarmente davanti a decine di chiese presenti nei centri storici delle città, vedendo anche quelle croci che dal vivo nessun photoshop può cancellare (ci pensa direttamente l'Isis nelle città conquistate). 

LE SCUSE
Dalla Lidl è arrivata poi una nota di scuse di fronte alle polemiche innescate dalle parole del sindaco e dall'eco che la vicenda ha avuto sui media: "Ci scusiamo con la popolazione di Dolceacqua come abbiamo già fatto con il sindaco. Nessun calcolo commerciale - precisano - ma soltanto una svista. Come già comunicato al sindaco l’immagine verrà rimossa e sostituita immediatamente". 

I PRECEDENTI
Recentemente sempre la Lidl era finita al centro di polemiche per aver tolto le croci dalle confezioni di cibo greco presenti nei supermercati. A denunciare il caso era stato un consumatore che aveva acquistato prodotti della marca Eridanous. Dalle foto stampate sulle confezioni erano scmparse le croci sulle cupole blu delle chiese delle isole greche che caratterizzano anche lì elemento essenziale del paesaggio. L'uomo aveva scritto alla tv Rtl che aveva chiesto spiegazioni alla catena di supermercati. "Siamo un'impresa che rispetta la diversità e questo desiderio è alla base della scelta adottata per questo imballaggio". 
Un'altra polemica si era innescata a Lugano in merito a i manifesti promozionali della Funicolare del San Salvatore. Anche qui la croce della chiesa in vetta era stata rimossa in seguito ad un ritocco con photoshop. Ma in questo caso le proteste avevano spinto gli autori a rimuovere i manifesti. 
11 ottobre 2017  Americo Mascarucci
http://www.intelligonews.it/spiritualita/articoli/11-ottobre-2017/69759/chiese-senza-croci-in-foto-strategia-della-lidl-dalla-grecia-a-dolceacqua/

Via i cristiani dall'accoglienza matricole, la loro presenza è "microaggressione"

In un college di Oxford gli studenti mettono al bando lo stand della Christian Union. I vertici dell'istituzione si dissociano e derubricano la vicenda a una “bega fra ragazzi”

                               Il Balliol college di Oxford

Farà sicuramente carriera Freddy Potts, che studia a Oxford e ha condotto il Balliol college alla vittoria nello storico quiz universitario di Bbc Two, “University Challenge”. Il nome di Potts è diventato ricorrente sui quotidiani in quanto portavoce della motivazione per cui, nel corso della giornata di benvenuto per le matricole nel suo collegio, alla Christian Union è stato impedito di allestire uno stand. La presenza di quest’associazione di studenti cristiani è stata infatti reputata “microaggressione”, “danno potenziale” e addirittura “alienante” a fronte della presenza di studenti non cristiani in “uno spazio sicuro e laico”.

Potts è il vicepresidente della Junior Common Room, l’associazione che riunisce tutti i collegiali in corso per la laurea breve. Precoce emulo del complimentoso stile accademico inglese, ha esordito riconoscendo “lo splendido vantaggio” del poter avvalersi di uno stand della Christian Union; dopo di che ha però argomentato che “storicamente l’influsso del cristianesimo su molte comunità emarginate è risultato dannoso quanto a metodi di conversione e regole del culto, ed è tuttora utilizzato in vari luoghi come scusa per l’omofobia e per certe forme di neocolonialismo”. A questo guazzabuglio pare abbia poi aggiunto che molti studenti di varia estrazione si sentono vulnerabili a causa della pressoché totale assenza di luoghi di culto non cristiani a Oxford. Il suo timore è che le matricole possano non ambientarsi al Balliol scorgendo, fra gli altri, lo stand dell’associazione cristiana, che è un’organizzazione privata che si dirama nei singoli collegi.

Va notato che all’arrivo al Balliol le matricole devono leggere la lettera di ingresso, sottoscrivere il patto formativo, registrarsi all’Università e presso il medico del collegio, compilare il modulo di iscrizione al collegio e per la scelta dell’alloggio, impostare il sistema di pagamento dei pasti, iscriversi al programma di orientamento, aprire un conto in banca per pagare la retta, presentarsi muniti di passaporto ed eventuale permesso di soggiorno, il tutto entro inizio ottobre. Se si sentono disorientate, non sarà per quattro volantini della Christian Union. Del resto il Balliol ha un cappellano ufficiale, barbuto e affabile, al quale è affidata anche la sequela del benessere dei membri non cristiani del collegio, in ragione della sua formazione psicologica; e al Balliol hanno studiato individui invisi al birignao politicamente corretto quali Richard Dawkins, Boris Johnson, lord Patten. Non sorprende dunque che il collegio si sia ufficialmente chiamato fuori dalla questione, derubricandola a bega fra studenti che sarà amichevolmente risolta col ritorno dello stand della Christian Union l’anno prossimo.
In effetti più delle ragionevoli proteste – che rimarcano la violazione del diritto di parola e della libertà di fede – sono state significative le retromarce di fronte a questo caso di intolleranza camuffata da inclusività. Il subcomitato per il welfare della JCR si è dissociato dalle parole di Potts, spiegando che non rispecchiavano il pensiero dell’intero gruppo. Poi Potts stesso ha acconsentito all’ipotesi di uno stand multiconfessionale: il problema è che non esiste il multiconfessionalismo, esistono le singole religioni; e non esiste un’associazione di studenti che credano a tutti gli dèi, bensì singole associazioni monoconfessionali. La Christian Union ha inoltre fatto notare di essere sì un’organizzazione di matrice evangelica ma che, da statuto, si propone di “unire i cristiani che condividono il nocciolo di tutte le fedi cristiane”, non di perseguitare gli infedeli e i peccatori. Ne è derivato un capolavoro di autolesionismo radical chic: la JCR ha votato un documento in cui accusa la JCR di avere esercitato una violazione della libertà di parola e di fede, asserendo che la JCR non dovrebbe esprimersi sulla legittimità dei gruppi religiosi e diffidando la JCR dall’impedire la partecipazione dei gruppi cristiani alle attività collegiali. La mozione contro se stessa è stata votata dalla JCR all’unanimità.
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2017/10/12/news/via-i-cristiani-dall-accoglienza-matricole-la-loro-presenza-e-microaggressione-157174/

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