Ecco a voi il “Programma di sviluppo per la leadership per giovani sacerdoti”, organizzato dalla diocesi di Albano… e non facciamo i pignoli ricordando che il mondo si vince con la preghiera, il digiuno e la sofferenza invece che con la leadership, il workshop e il coaching… Suvvia, cerchiamo ciò che unisce e non ciò che divide!
(da Avvenire di domenica 19 novembre 2017)
Tenetevi forte perché siamo arrivati alla svolta. Dopo decenni di débâcle e frustrazioni, la neochiesa ha finalmente capito come si va alla conquista di un mondo che se ne frega persino di compagni di merende alla Bergoglio. L’idea, a dir poco, è geniale, e si è concretizzata in un’iniziativa di cui danno notizia l’agenzia Sir (Servizio Informazione Religiosa) e l’edizione laziale dell’Avvenire. Stiamo parlando del “Programma di sviluppo per la leadership per giovani sacerdoti” avviato dalla diocesi di Albano (nel senso di cittadina adagiata sui Castelli Romani, non del cantante adagiato in terra di Puglia) che può contare, spiega Avvenire di domenica 19 novembre, “sull’esperienza e la professionalità del coach Gianmarco Marchiolatti, che da anni si occupa di management e sviluppo della leadership a più livelli e in diverse organizzazioni, e allo stesso tema ha collaborato con la diocesi come laico impegnato in alcuni ambiti dalla formazione dei giovani alla dimensione missionaria e della pastorale sociale”.
Si apprende così che è venuto il momento di “avvicinare sempre di più l’idea del leader a quella della guida, dell’accompagnatore più che di colui che banalmente comanda”. E che tutto questo po’ po’ di roba “è più che mai necessario soprattutto in un contesto dove il tandem ‘ruolo gerarchico/seniority-leadership’ non è più un automatismo, ma ha bisogno di essere continuamente rivisto, consolidato, verificato, modulato e riprogrammato”. Ciumbia, si dice nella campagna lombarda davanti a tanto ben di Dio.
Dunque, su queste basi, e con la benedizione del vescovo Marcello Semeraro, il “Programma di sviluppo per la leadership per giovani sacerdoti” ha preso il via il 9 novembre “con una mattinata di workshop nella quale una vera e propria esperienza di formazione e laboratorio” è stata somministrata a un gruppo di “giovani sacerdoti”. Poi “Con un alternarsi di workshop in presenza e sessioni di coaching di gruppo che si effettueranno via web, il gruppo dei sacerdoti avrà la possibilità di fare un percorso strutturato, confidenziale e protetto che avrà il doppio obiettivo di crescere individualmente e come gruppo in modo da poter contare – anche a programma concluso – sull’esperienza e sul supporto reciproco”. Fine.
Adesso nessuno faccia lo spiritoso andando provocatoriamente alla ricerca di inesistenti tracce di Vangelo in un programma per “giovani sacerdoti”. O notando che il mondo si vince con la preghiera, il digiuno e la sofferenza invece che con la leadership, il workshop e il coaching. Oppure ipotizzando malignamente quanto favorisca l’esercizio della carità la gara a dimostrare chi ha la leadership più lunga cui saranno inevitabilmente chiamati i “giovani sacerdoti”. O, ancora, concludendo che, mal che vada, la partecipazione al “Programma di sviluppo per la leadership” potrà entrare nei curricula dei “giovani sacerdoti” che, viste le statistiche, dovessero eventualmente cercare lavoro una volta spretati.
Non fate gli spiritosi e cercate, almeno per una volta, quello che unisce e non quello che divide. Apritevi alla modernità e seguitemi con attenzione, perché io, che non sono un troglodita come il lettore medio di Riscossa Cristiana, ho capito il senso recondito del “Programma di sviluppo per la leadership per giovani sacerdoti” e, soprattutto come funziona. Concentratevi invece sull’immagine a corredo dell’articolo di Avvenire riportata qui sotto. I “giovani sacerdoti” sono quei pupazzetti arcobaleno attorno al tavolo rotondo con in mano il tassello mancante del puzzle sul tavolo. Quello che capisce dove deve incastrarlo diventa leader. E chi non vorrebbe averlo come parroco? Come vescovo? Come papa?
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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