Conquista islamica in atto: i dati che confermano Wojtyla
La visione di Giovanni Paolo II relativa alla conquista islamica dell’Europa è realistica? Un dibattito sembra aprirsi su questo tema
fra chi vede la concreta possibilità dell’avverarsi di questo messaggio e chi
invece sembra più preoccupato delle ricadute – sul breve termine – di carattere
politico, in Italia e altrove; e probabilmente non può non percepire
l’incongruenza fra questo messaggio, e questo rischio, con la politica di
immigrazione ossessiva praticata, e predicata da alcun settori della Chiesa contemporanea.
E mentre si discute, il sito spagnolo Actuall entra,
involontariamente, nella discussione pubblicando un'interessante inchiesta
sullo stato della Chiesa cattolica tedesca, e sulla sua progressiva
sostituzione da parte dell’islam.
“I dati dell’indebolimento cattolico pubblicati dalla
Conferenza episcopale tedesca mostrano che ‘la fede si è svaporata’, come ha
detto il cardinale Friedrich Wetter”, scrive Actuall. I dati sono drammatici:
centinaia di migliaia di fedeli abbandonano la Chiesa cattolica, mentre solo
qualche migliaio chiede di entrare a farne parte. Non dimentichiamo che in
Germania la dichiarazione di appartenenza a una fede si paga nella cartella
delle tasse, e quindi certamente anche questo elemento ha un suo ruolo; però…
Le vocazioni sacerdotali stanno scomparendo (e questo spiega l’interesse dei
vescovi tedeschi per la questione dei Viri Probati). A Monaco di Baviera, una
volta la sorgente del cattolicesimo tedesco, ci sono 37 seminaristi a fronte di
un milione e settecentomila cattolici. Negli Stati Uniti, per fare un paragone,
la proporzione è di 49 seminaristi ogni 96 mila cattolici.
I dati resi noti si riferiscono all’anno scorso, al 2016. E
in quei dodici mesi 162.093 persone hanno abbandonato. Sono state chiuse 537
parrocchie. È un’emorragia che non sembra volersi fermare: dal 1996 ad oggi un
quarto delle comunità cattoliche hanno chiuso i battenti. Ci sono esempi
drammatici. Nella diocesi di Trier, culla della comunità cattolica più antica,
e città in cui ha avuto i suoi natali Karl Marx (non il cardinale, il
filosofo), nel giro di tre anni le parrocchie passeranno da 903 a 35. A Essen
su 259 parrocchie ne sono rimaste aperte 43.
Del fenomeno si è occupato anche Die Welt, e le previsioni
del giornale sono queste: nei prossimi venti anni i cristiani – cattolici e di
altre confessioni – si trasformeranno in una minoranza. Attualmente il 60 per
cento della popolazione è nominalmente cristiano; ma questa cifra diminuisce in
maniera rapida. I 24 milioni di cattolici e i 23 milioni di protestanti
perdono, per varie ragioni, ogni anno circa 500 mila unità. Die Zeit ha reso
noto che nel 2016 sono venuti a mancare 340mila protestanti, e ci sono stati
solo 180mila battesimi. Le uscite volontarie dalle confessioni protestanti
tradizionali sono arrivate a 190mila, in quel periodo, contro 25mila nuovi
adepti.
Il panorama religioso tedesco vedrà dunque nell’immediato
futuro una maggioranza di atei o agnostici, e due religioni minoritarie,
cristianesimo e islam, di cui la seconda però, a differenza della prima è in
rapida espansione, ed è determinata a far sentire la sua voce e a cercare di
stabilire, per le sue caratteristiche, qualche forma di supremazia. La
demografia c’entra, e non poco. Secondo Conrad Hackett, che ha guidato per il
PEW Forum un’inchiesta qualche mese fa, “Il cristianesimo sta letteralmente morendo
in Europa”. Dal 2010 al 2015 i cristiani morti hanno superato di sei milioni le
nuove nascite. Un milione e 400 mila solo in Germania.
Un architetto tedesco, Joaquim Renig, ha detto al giornale
cattolico Tagespost che per integrare la comunità islamica bisognerebbe
demolire le chiese e sostituirle con “moschee più visibili”. Negli anni ’80
moschee e sale di orazione erano circa 700; adesso sono più di 2500. La Turchia
finanziato la costruzione di una mega-moschea a Colonia, capace di ospitare
milleduecento fedeli; e ha il minareto più alto d’Europa. Che ormai gareggia
nel panorama con le torri campanarie della famosissima cattedrale. La Turchia
controlla 900 moschee nel Paese. Ma tutto questo sta creando una reazione:
secondo il Gatestone Institute, il 57 per cento dei tedeschi teme la crescita
dell’islam. Secondo quanto ha dichiarato Erdogan, “I nostri minareti sono le
nostre baionette, le nostre cupole sono i nostri caschi, le nostre moschee sono
le nostre caserme”. E anche l’Arabia Saudita si è fatta avanti, proponendo di
costruire 200 nuove moschee. Però ci sono nella Chiesa quelli che accusano di
essere i nuovi crociati coloro che segnalano il problema…
D’altronde anche nel campo progressista della Chiesa di
tanto in tanto si leva quale voce preoccupata. Non più tardi dell’11 settembre
scorso il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e uno dei
porporati più ammirati dal Pontefice regnante, ha ammonito l’Europa perché
rischia di perdere la sua “eredità cristiana” e ha ipotizzato il pericolo che
nel suo futuro ci possa essere “una conquista islamica”.
Il cardinale, che certamente non può essere definito un
jihadista cattolico, parlava nella cattedrale di Vienna, in occasione della
festa che commemora la vittoria decisiva della coalizione cristiana
sull’esercito dell’Impero ottomano nell’assedio della città nel 1683.
“In questo giorno, 333 anni fa, Vienna fu salvata”, ha
detto. “Ci sarà adesso un terzo tentativo di una conquista islamica
dell’Europa? Molti musulmani pensano così, e lo desiderano, e dicono: questa
Europa è alla fine”.
Christoph Schönborn ha poi continuato: “Credo che dobbiamo
chiedere per l’Europa quello che Mosè ha fatto, nella lettura di oggi, per il
suo figlio più giovane: Signore, dacci un’altra possibilità! Non dimenticare
che siamo il tuo popolo, come Mosè Gli ricorda: Essi sono il tuo popolo, li hai
guidati tu fuori, li hai santificati, sono il tuo popolo”.
Ha poi concluso la sua omelia con parole certamente
commoventi: “…abbi pietà dei tuoi eredi, abbi pietà del tuo popolo, dell’Europa
che è sul punto di abbandonare la sua eredità cristiana! Abbi pietà di noi e
innalzaci di nuovo, per la gloria del tuo nome e come una benedizione per il
mondo”.
L’11 settembre 1683 il re polacco Giovanni Sobieski III,
comandante supremo della coalizione, guidò una carica famosa di diciottomila
uomini, gli “ussari alati” contro le linee turche, in quella che è considerata
da alcuni la più grande carica di cavalleria della storia. La vittoria della
coalizione sugli assedianti turchi da parte di polacchi, austriaci, bavaresi,
sassoni veneziani e altri segnò la fine dell’espansione dell’Impero ottomano
verso occidente. Sobieski, prima della battaglia, affidò il suo regno alla
Madonna di Czestochowa.
E ci sono voci pessimiste anche in Francia. Nell’arco di
quaranta anni, in base alle tendenze demografiche attuali, la popolazione
originaria in Francia e in altri Paesi d’Europa diminuirà in maniera così
consistente che si avrà una maggioranza musulmana. È la conclusione –
naturalmente passibile di dibattito e di dissenso, come sempre in questi casi
di proiezioni a lungo termine – di uno studioso ed economista francese, Charles
Gave, che l’ha pubblicata sul sito del suo think tank, Libertés. Gave parla di
una graduale “sparizione delle popolazioni europee”, a fronte di un robusto
tasso di nascite dei musulmani. Secondo lo studioso “La grande, immensa notizia
dei prossimi trenta o quaranta anni sarà così la sparizione delle popolazioni
europee, i cui antenati hanno creato il mondo moderno. E con queste popolazioni
spariranno le diverse e complementari nazioni europee che hanno permesso
l’immenso successo del vecchio continente per almeno cinque secoli”.
Marco Tosatti
Giovanni Paolo II e l’Islam
Queste parole di Giovanni Paolo II, riferite da monsignor Mauro Longhi, hanno suscitato clamore. Monsignor Longhi, sacerdote dell’Opus Dei, ha raccontato (durante un incontro pubblico a Bienno, in Valcamonica) che la visione gli fu descritta direttamente da Giovanni Paolo II nel 1992.
Longhi, che poté frequentare papa Wojtyla per anni, nel corso della sua relazione ha confermato che Giovanni Paolo II aveva un’intensa vita mistica, comprendente anche visioni. Una delle quali riguardò appunto l’Islam: «L’Europa sarà come una cantina piena di vecchi cimeli, tra le ragnatele. Voi, Chiesa del terzo millennio, dovrete contenere l’invasione. Ma non con le armi, le armi non basteranno. [Dovrete farlo] con la vostra fede vissuta con integrità».
Qualcuno mi ha chiesto: ma secondo te è possibile che Wojtyla abbia parlato così? Non ho una risposta. D’altra parte non ho motivo di dubitare della correttezza di monsignor Longhi e della veridicità del racconto.
Credo che l’episodio narrato sia comunque utile per una riflessione, per quanto sintetica, sul modo con il quale Giovanni Paolo II si mise in relazione con il mondo islamico.
Come sappiamo, papa Wojtyla nel corso del suo lungo pontificato diede molta importanza al dialogo con l’Islam, tanto da recarsi più volte in paesi musulmani ed entrare, primo papa nella storia, in una moschea, a Damasco, nel 2001.
Numerosi sono i testi nei quali Giovanni Paolo II riflette sul rapporto con l’Islam.
La base di tutti gli interventi si trova nella «Nostra aetate», il documento del Concilio Vaticano II (28 ottobre 1965) dedicato al dialogo con le religioni non cristiane, nel quale si legge che «la Chiesa guarda con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini».
Davvero Giovanni Paolo II manifestò sempre stima e rispetto, ma non possiamo ignorare le ulteriori riflessioni da lui proposte. Riflessioni caratterizzate da tre aspetti: la lealtà nel riconoscere le differenze, la necessità di procedere sempre alla luce della verità e la richiesta di garantire la reciprocità in materia di libertà religiosa.
Della questione della lealtà Giovanni Paolo II parlò in modo esplicito nel celebre, storico discorso tenuto ai giovani musulmani del Marocco, a Casablanca, il 19 agosto 1985. Ecco il punto: «La lealtà esige pure che riconosciamo e rispettiamo le nostre differenze. Evidentemente, quella più fondamentale è lo sguardo che posiamo sulla persona e sull’opera di Gesù di Nazaret. Voi sapete che, per i cristiani, questo Gesù li fa entrare in un’intima conoscenza del mistero di Dio e in una comunione filiale con i suoi doni, sebbene lo riconoscano e lo proclamino Signore e Salvatore. Queste sono differenze importanti, che noi possiamo accettare con umiltà e rispetto, in una mutua tolleranza; in ciò vi è un mistero sul quale Dio ci illuminerà un giorno, ne sono certo».
Le differenze quindi non vanno sottaciute o minimizzate. Non c’è dialogo sincero senza un chiaro riconoscimento di ciò che differenzia, a partire dalla figura di Gesù.
E qui veniamo alla grande questione della verità, che Giovanni Paolo II non si stancò mai di mettere in primo piano. Come disse nel palazzo presidenziale di Cartagine, il 14 giugno 1996, durante il viaggio in Tunisia, «porsi nella verità gli uni di fronte agli altri è un’esigenza fondamentale». Può dialogare proficuamente soltanto chi è interprete consapevole e sincero della fede: «I protagonisti del dialogo saranno sicuri e sereni nella misura in cui saranno veramente radicati nelle rispettive religioni. Questo radicamento consentirà l’accettazione delle differenze e farà evitare due ostacoli opposti: il sincretismo e l’indifferentismo. Consentirà anche di trarre profitto dallo sguardo critico dell’altro sul modo di formulare e di vivere la propria fede».
Non c’è dialogo senza verità. Se si esclude la verità, si cade facilmente nel mescolamento arbitrario di messaggi diversi, nella pretesa di conciliare ciò che non è conciliabile e nell’idea che ogni religione sia uguale all’altra. «Il grande compito della vita è cercare la verità di Dio e la sua giustizia!» (discorso nella moschea Omayyade, Damasco, 6 maggio 2001).
Sotto questo profilo Giovanni Paolo II non nascose mai il punto nodale della verità di Cristo, come si legge chiaramente, per esempio, nell’esortazione apostolica «Una speranza nuova per il Libano» (10 maggio 1997): « La Chiesa cattolica considera con attenzione la ricerca spirituale degli uomini e riconosce volentieri la parte di verità che entra nel cammino religioso delle persone e dei popoli, affermando tuttavia che la verità perfetta si trova in Cristo, che è l’inizio e la fine della storia che, grazie a Lui, giunge alla sua pienezza» (n. 13).
Infine la questione della reciprocità in materia di libertà religiosa, che papa Wojtyla non mancò mai di sottolineare, come nel messaggio in occasione dell’apertura della moschea di Roma (21 giugno 1995): «In una circostanza significativa come questa si deve rilevare purtroppo come in alcuni paesi islamici manchino altrettanti segni di riconoscimento della libertà religiosa. Eppure il mondo, alle soglie del terzo millennio, attende questi segni». E come nell’esortazione apostolica «Ecclesia in Europa» (28 giugno 2003), quando scrisse: «Si comprende d’altronde che la Chiesa, mentre chiede alle istituzioni europee di promuovere la libertà religiosa in Europa, si faccia egualmente un dovere di ricordare che la reciprocità nella garanzia della libertà religiosa deve essere osservata anche nei paesi di tradizione religiosa diversa, dove i cristiani sono in minoranza».
Alla fine di questo rapido excursus, vale la pena riportare quanto Giovanni Paolo II scrive in «Varcare la soglia della speranza», edito nel 1994, forse il testo nel quale il papa esprime nel modo più chiaro la sua valutazione sulle radicali differenze tra cristianesimo e Islam: «Chiunque, conoscendo l’Antico e il Nuovo Testamento, legga il Corano, vede con chiarezza il processo di riduzione della Divina Rivelazione che in esso s´è compiuto. È impossibile non notare l’allontanamento da ciò che Dio ha detto di Se stesso, prima nell’Antico Testamento per mezzo dei profeti, e poi in modo definitivo nel Nuovo per mezzo del Suo Figlio. Tutta questa ricchezza dell’autorivelazione di Dio, che costituisce il patrimonio dell’Antico e del Nuovo testamento, nell’islamismo è stata di fatto accantonata. Al Dio del Corano vengono dati nomi tra i più belli conosciuti dal linguaggio umano, ma in definitiva è un Dio al di fuori del mondo, un Dio che è soltanto Maestà, mai Emmanuele, Dio-con-noi. L’islamismo non è una religione di redenzione. Non vi è spazio in esso per la Croce e la Risurrezione. […] È completamente assente il dramma della redenzione. Non soltanto la teologia ma anche l’antropologia dell’Islam è molto distante da quella cristiana. […] Il Concilio ha chiamato la Chiesa al dialogo anche con i seguaci del “Profeta” e la Chiesa procede lungo questo cammino. […] Non mancano, tuttavia, delle difficoltà molto concrete. Nei paesi dove le correnti fondamentaliste arrivano al potere, i diritti dell´uomo e la libertà religiosa vengono interpretati, purtroppo, molto unilateralmente: la libertà religiosa viene intesa come libertà di imporre a tutti i cittadini la “vera religione”. La situazione dei cristiani in questi paesi a volte è addirittura drammatica».
Queste valutazioni furono anche il frutto di visioni di carattere mistico? Monsignor Longhi dice che è così. In ogni caso, qualunque ne sia l’origine, si tratta di analisi da non dimenticare, specie in una stagione come quella che stiamo vivendo.
Aldo Maria Valli
VERDUN: UN GRAVE EPISODIO
Il 10 novembre a Verdun nella Francia dell’est si è verificato un episodio molto grave che avrebbe dovuto destare allarme in tutta Europa, ma che invece è passato colpevolmente sotto silenzio, tanto che la stampa francese lo ha riportato prima in un giornale locale, “L’Est Republicain”, poi gli ha dedicato solo qualche rimbalzo su testate nazionali. Ancora meno la stampa italiana, nonostante l’Italia sia il paese più in emergenza dal punto di vista degli immigrati musulmani che continuano a sbarcare sulle nostre coste, e nonostante le minacce dirette al Vaticano e alla religione cattolica. Eppure è stato uno di quegli episodi da accapponare la pelle, tanto che le Suore Carmelitane di clausura del monastero di clausura di Verdun si sono prese un bello spavento, ma sarebbe potuta finire in tragedia. Questi i fatti: venerdì 10 novembre, poco prima delle 17, due uomini bussano alla porta del Monastero delle Suore Carmelitane di Verdun. Una della dodici sorelle che lì vivono, apre loro la porta. Gli uomini si presentano come fedeli desiderosi di condividere la parola del Signore e chiedono di poter partecipare ai Vespri. La suora acconsente secondo quel dovere di ospitalità e condivisione che da sempre caratterizza la funzione monastica nella cristianità. Una volta dentro la cappella, inizia la recita dei Salmi: ma qualcosa non va. I due uomini iniziano a pregare in arabo e a voce alta. Poi uno di loro si alza e interrompe la preghiera definendosi un“Annunciatore” e, alle suore spaventate, avverte che andranno all’inferno se non si convertiranno all’Islam. Poco dopo i due musulmani se ne vanno non prima di aver scritto nel libro degli ospiti: “Allah Akbar”. Partono le indagini e i due uomini vengono arrestati per “violenza psicologica”. Di fatto non c’è stata alcuna violenza fisica; nulla a che vedere con il gravissimo episodio del Luglio del 2016, quando in una Chiesa di Rouen, in Normandia, due islamisti francesi sgozzarono Padre Hamel durante la messa, mentre consacrava l’Eucarestia. L’Imam di Verdun ha dichiarato che i due uomini erano stati allontanati dalla comunità islamica; e la polizia ha confermato che non erano segnalati come radicalizzati. Cosa ancora più grave perché dimostra come l’integralismo di matrice jihadista non è solo di una minoranza ideologizzata ma è molto più diffuso di quanto si pensi tra i musulmani europei. Si pone un problema evidente sulla convivenza dell’Islam in Europa non solo con il sistema di valori occidentali ma anche con le religioni storiche che abitano il continente: e il problema riguarda anche gli ebrei. Da anni si assiste ad un antisemitismo di ritorno generato dagli immigrati islamici. Un mese fa, un’inchiesta di Le Monde documentava la fuga degli ebrei francesi a causa del “quotidiano antisemitismo” che sono costretti a subire nelle zone urbane ad alta concentrazione islamica. Un terzo degli atti di razzismo in Francia è compiuto contro la comunità ebraica che rappresenta appena l’1% per cento della popolazione. Ma nessuno ne parla. Ma anche gli episodi di intolleranza religiosa verso i cristiani, come questo di Verdun, iniziano a manifestarsi. Attacchi alle Chiese o minacce o comunque atti di intimidazione. D’altro canto la persecuzione dei cristiani in molti paesi islamici dovrebbe far capire l’aggressività insita nella religione di Maometto. Secondo uno studio del Center for the Study of Global Christianity, 90 mila fedeli di Cristo sono stati uccisi per la loro fede solo nel 2016; quasi un milione nell’ultimo decennio; numeri che rendono i cristiani “il gruppo religioso più perseguitato al mondo”, ha affermato Amy Kellogg responsabile della ricerca.E dovrebbe anche far riflettere un Occidente che fa la guerra a nazioni islamiche ma laiche come la Siria (dove le minoranze cristiane vengono tutelate e difese) e si allea a paesi oscurantisti e finanziatori del jihadismo come l’Arabia Saudita (dove i cristiani non hanno libertà di culto e vengono perseguitati). L’episodio di Verdun è l’ennesimo campanello di allarme dei rischi dell’Islam aggressivo e intollerante che in Europa si rafforzerà grazie ad una immigrazione di massa e a politiche suicide come lo Ius Soli, trasformando nel giro di qualche decennio l’assetto demografico del continente. L’ideologia multiculturale e l’immigrazionismo di massa imposti dall’élite globalista (e accettati supinamente da Papa Francesco e dai vertici della Chiesa cattolica) esporranno i cristiani a rischi e pericoli anche qui in Europa. Diventare minoranza perseguitata o “convertirsi per non finire all’inferno”: è questo il destino per i cristiani d’Europa?
La situazione migratoria in Italia
In Italia sono sempre più numerosi i cittadini non comunitari che ogni anno diventano italiani: da meno di 50.000 nel 2011 a quasi 159.000 nel 2015. Il numero maggiore di acquisizioni di cittadinanza riguarda albanesi (35.134) e marocchini (32.448) che insieme rappresentano oltre il 42% delle acquisizioni. Tra il 2014 e il 2015 sono diminuite le acquisizioni per matrimonio, dal 14% al 9%. Cresce anche il numero di chi acquisisce la cittadinanza per trasmissione dai genitori o perché, nato in Italia, al compimento del diciottesimo anno di età sceglie la cittadinanza italiana: da circa 10.000 nel 2011 a oltre 66.000 nel 2015. Gli aumenti più consistenti si rilevano per l’Africa Occidentale (+23.668, +7,2% in termini relativi) e per l’Asia Centro-meridionale (+18.715, +3,4%). Tra i primi dieci paesi per numero di permessi, nella generale stabilità del numero di presenze, il Pakistan registra la crescita più intensa (+6.894) e a seguito di questo incremento entra a far parte dei primi dieci paesi in termini di presenze. Se si considerano anche i paesi fuori dalla graduatoria dei primi dieci, la Nigeria (+9.997) e il Gambia (+4.627) hanno dato luogo agli aumenti più rilevanti. Le province nelle quali si concentra la presenza non comunitaria sono: Milano, Roma, Brescia, Torino, Bergamo e Firenze. Nelle province di Milano (12,1%) e Roma (8,7%) vive un quinto degli stranieri non comunitari, ma accanto alle grandi città si collocano centri di minore ampiezza demografica. Per sette delle prime dieci collettività la regione prevalente di presenza è la Lombardia; per i cittadini del Bangladesh è il Lazio, per i moldavi il Veneto e per i tunisini l’Emilia Romagna. Inutile dire che la maggior parte di questi “nuovi cittadini italiani” è di religione musulmana. Quelli che papa Francesco definisce “fratelli” non si sono dimostrati tali negli episodi accaduti in Francia, in Europa e nel mondo. Fin dai primi tempi del suo insediamento, papa Francesco non ha fatto nemmeno un passo falso mediatico verso i musulmani, al contrario. È subito diventato l’idolo della stampa e dei social network arabi: l’accountPontifex in arabo ha 210mila follower. Le immagini scattate a Pasqua che lo ritraggono inginocchiato davanti a un gruppo di migranti, anche musulmani, mentre lava loro i piedi, hanno fatto il giro del mondo arabo e musulmano, accompagnate da un entusiasmo raramente raggiunto da un capo della chiesa cattolica. Un influente blogger saudita esclamava esterrefatto su Twitter: “Il papa lava i piedi di musulmani e dice che siamo tutti fratelli!”. Ma la cosa più inquietante è che il quotidiano libanese An Nahar apprezza in particolare l’umiltà di Francesco verso la questione dell’interpretazione, che può essere sbagliata anche nelle fede cattolica. Il giornale riprende le parole del papa al quotidiano cattolico francese La Croix:
“Non credo che oggi ci sia paura dell’islam in sé, ma del gruppo Stato islamico e della sua guerra di conquista, tratta in parte dall’islam. L’idea di conquista è inerente all’anima dell’islam, è vero. Ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la conclusione del vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni”. Come fa un papa cattolico a paragonare la conquista violenta insita nella religione coranica con il Vangelo di pace di Gesù Figlio di Dio? I discepoli erano messaggeri di pace e di speranza non seminatori di terrore e morte.
“Non credo che oggi ci sia paura dell’islam in sé, ma del gruppo Stato islamico e della sua guerra di conquista, tratta in parte dall’islam. L’idea di conquista è inerente all’anima dell’islam, è vero. Ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la conclusione del vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni”. Come fa un papa cattolico a paragonare la conquista violenta insita nella religione coranica con il Vangelo di pace di Gesù Figlio di Dio? I discepoli erano messaggeri di pace e di speranza non seminatori di terrore e morte.
UN GRAVE EPISODIO PASSATO SOTTO SILENZIO
di Cinzia Palmacci
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/eurabia-e-civilta-occidentale/3481-grave-episodio-a-verdun
Cristiani europei, convertitevi all’Islam!
LE SUORE DI VERDUN
Venerdì 10 Novembre, poco prima delle 17, due uomini bussano alla porta del Monastero delle Suore Carmelitane di Verdun nella Francia dell’est.
Venerdì 10 Novembre, poco prima delle 17, due uomini bussano alla porta del Monastero delle Suore Carmelitane di Verdun nella Francia dell’est.
Una della dodici sorelle che lì vivono, apre loro la porta. Gli uomini si presentano come fedeli desiderosi di condividere la parola del Signore e chiedono di poter partecipare ai Vespri. La suora acconsente secondo quel dovere di ospitalità e condivisione che da sempre caratterizza la funzione monastica nella cristianità.
Una volta dentro la cappella, inizia la recita dei Salmi: ma qualcosa non va. I due uomini iniziano a pregare in arabo e a voce alta. Poi uno di loro si alza e interrompe la preghiera definendosi un “Annunciatore” e, alle suore spaventate, avverte che andranno all’inferno se non si convertiranno all’Islam. Poco dopo i due musulmani se ne vanno non prima di aver scritto nel libro degli ospiti: “Allah Akbar”.
Partono le indagini e i due uomini vengono arrestati per “violenza psicologica”.
Partono le indagini e i due uomini vengono arrestati per “violenza psicologica”.
L’episodio in sé non ha un particolare risalto di cronaca sulla stampa francese; lo riporta prima un giornale locale, “L’Est Republicain”, poi qualche rimbalzo su testate nazionali.
Di fatto non c’è stata alcuna violenza fisica; nulla a che vedere con il gravissimo episodio del Luglio del 2016, quando in una Chiesa di Rouen, in Normandia, due islamisti francesi sgozzarono Padre Hamel durante la messa, mentre consacrava l’Eucarestia.
Di fatto non c’è stata alcuna violenza fisica; nulla a che vedere con il gravissimo episodio del Luglio del 2016, quando in una Chiesa di Rouen, in Normandia, due islamisti francesi sgozzarono Padre Hamel durante la messa, mentre consacrava l’Eucarestia.
L’Imam di Verdun ha dichiarato che i due uomini erano stati allontanati dalla comunità islamica; e la polizia ha confermato che non erano segnalati come radicalizzati. Cosa ancora più grave perché dimostra come l’integralismo di matrice jihadista non è solo di una minoranza ideologizzata ma diffuso molto più di quanto si pensi tra i musulmani europei.
CONTRO EBREI E CRISTIANI
Si pone un problema evidente sulla convivenza dell’Islam in Europa non solo con il sistema di valori occidentali ma anche con le religioni storiche che abitano il continente: e il problema riguarda anche gli ebrei. Da anni si assiste ad un antisemitismo di ritorno generato dagli immigrati islamici.
Si pone un problema evidente sulla convivenza dell’Islam in Europa non solo con il sistema di valori occidentali ma anche con le religioni storiche che abitano il continente: e il problema riguarda anche gli ebrei. Da anni si assiste ad un antisemitismo di ritorno generato dagli immigrati islamici.
Un mese fa, un’inchiesta di Le Monde documentava la fuga degli ebrei francesi a causa del “quotidiano antisemitismo” che sono costretti a subire nelle zone urbane ad alta concentrazione islamica. Un terzo degli atti di razzismo in Francia è compiuto contro la comunità ebraica che rappresenta appena l’uno per cento della popolazione. Ma nessuno ne parla.
Ma anche gli episodi di intolleranza religiosa verso i cristiani, come questo di Verdun, iniziano a manifestarsi. Attacchi alle Chiese o minacce o comunque atti di intimidazione.
D’altro canto la persecuzione dei cristiani in molti paesi islamici dovrebbe far capire l’aggressività insita nella religione di Maometto.
Secondo uno studio del Center for the Study of Global Christianity, 90 mila fedeli di Cristo sono stati uccisi per la loro fede solo nel 2016; quasi un milione nell’ultimo decennio; numeri che rendono i cristiani “il gruppo religioso più perseguitato al mondo”, ha affermato Amy Kellogg responsabile della ricerca.
E dovrebbe anche far riflettere un Occidente che fa la guerra a nazioni islamiche ma laiche come la Siria (dove le minoranze cristiane vengono tutelate e difese) e si allea a paesi oscurantisti e finanziatori del jihadismo come l’Arabia Saudita (dove i cristiani non hanno libertà di culto e vengono perseguitati).
SVEGLIARSI O FINIRE ALL’INFERNO
L’episodio di Verdun è l’ennesimo campanello di allarme dei rischi dell’Islam aggressivo e intollerante che in Europa si rafforzerà grazie ad una immigrazione di massa e a politiche suicide come lo Ius Soli, trasformando nel giro di qualche decennio l’assetto demografico del continente.
L’episodio di Verdun è l’ennesimo campanello di allarme dei rischi dell’Islam aggressivo e intollerante che in Europa si rafforzerà grazie ad una immigrazione di massa e a politiche suicide come lo Ius Soli, trasformando nel giro di qualche decennio l’assetto demografico del continente.
L’ideologia multiculturale e l’immigrazionismo di massa imposti dall’élite globalista (e accettati supinamente da Papa Francesco e dai vertici della Chiesa cattolica) esporranno i cristiani a rischi e pericoli anche qui in Europa.
Diventare minoranza perseguitata o “convertirsi per non finire all’inferno”: è questo il destino per i cristiani d’Europa?
http://blog.ilgiornale.it/rossi/2017/11/21/cristiani-europei-convertitevi-allislam/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.