Editto di Modena. Ucci, ucci, sento odor di Tirannucci
Il vescovo si sente attaccato da un giornale che lo critica
per i suoi metodi stalinisti? Allora offende privatamente il giornalista “reo”
delle accuse e costringe un’associazione di laici ritenuta “amica” della
testata incriminata a dissociarsi pubblicamente. Sembrerebbe una storia d’altri
tempi, invece succede oggi: protagonisti l’arcivescovo di Modena, monsignor
Erio Castellucci, la nostra testata, La Nuova Bussola Quotidiana, e un Centro
culturale modenese, Il Faro.
Come si ricorderà, avevamo scritto un commento a proposito
di un inquietante editoriale dell’arcivescovo sul settimanale diocesano (Il
Nostro Tempo, ora venduto come dorso domenicale del quotidiano Avvenire):
«Discernere per essere veramente Ecclesia», era il titolo, e dava disposizione
di vietare le strutture ecclesiali non solo a «veggenti e carismatici» ma anche
a «giornalisti e intellettuali che manifestano un dissenso ‘sottile o aperto’
verso la Chiesa ufficiale e soprattutto verso papa Francesco». Un vero e
proprio linguaggio da soviet, che avevamo stigmatizzato con un articolo di
Andrea Zambrano, soprattutto perché esemplare del periodo che stiamo vivendo
nella Chiesa: purghe a Roma e liste di proscrizione in periferia. Non contro
eretici manifesti, ma contro chi osa soltanto fare domande o esprimere
perplessità su alcune scelte pastorali o esprimere disagio per certe ambiguità
dottrinali: tutte cose peraltro che non mettono in discussione la comunione con
Pietro, e sono tutelate dal diritto canonico.
Del resto monsignor Castellucci ha avuto il coraggio – o
l’ingenuità o l’impudenza - di mettere per iscritto ciò che altri fanno senza
dirlo. Per questo riteniamo preoccupante l’«editto di Modena», che oltretutto
non è rimasto lettera morta. Subito dopo la pubblicazione infatti, su richiesta
del vescovo è stato annullato a Modena il previsto incontro pubblico con
monsignor Antonio Livi, la cui preparazione teologica e fedeltà a Pietro è
indiscutibile, ma che avendo posto delle motivate critiche all'esortazione
apostolica Amoris Laetitia ora è bandito da tutte le parrocchie di Modena (e
non solo).
Non pago, monsignor Castellucci ha voluto confermare
ulteriormente le critiche avanzate dalla Nuova BQ. Così, non avendo digerito il
nostro articolo ha dapprima pensato bene di offendere e minacciare il collega
Zambrano via sms (avviso per la Curia di Modena: li abbiamo conservati tutti);
poi se l’è presa con un centro culturale modenese, Il Faro. Motivo? È
considerato "fiancheggiatore" della Nuova BQ. In realtà non c’è
nessun tipo di collegamento né formale né informale tra Nuova BQ e Il Faro, ma
il centro culturale modenese ha messo per iscritto nel suo statuto la sua
vicinanza ideale al mensile Il Timone, e siccome il sottoscritto è al momento
direttore responsabile anche del Timone e Zambrano ne è redattore, ecco che il
vescovo ha tratto le sue conclusioni. Per chiarezza bisogna sapere però che il
collegamento tra Il Faro e Il Timone si è limitato finora all’organizzazione di
un solo evento culturale all’anno, e non c’è quindi nessun tipo di
coinvolgimento diretto o indiretto nelle scelte redazionali. Men che meno con
la Bussola.
Fatto sta che monsignor Castellucci ha preteso dal Faro, sotto
ricatto, una pubblica dissociazione dalla Bussola, pena il ritiro
dell’assistente spirituale e, quindi, del riconoscimento ecclesiale. Sia stato
per convinzione, per debolezza o per viltà, il consiglio direttivo del Faro ha
obbedito e ha spedito al sottoscritto una lettera surreale in cui si condanna
l’articolo di Zambrano e «si schiera in favore del pastore della diocesi».
Infine la lettera ieri è stata pubblicata dal settimanale diocesano, con il
titolo: «Il Faro, un contributo alla comunione», un titolo dall’umorismo
involontario visto che ci si preoccupa anche di spiegare il ricatto che sta
dietro alla stesura della lettera. Nella “nuova Chiesa” evidentemente si
scambia facilmente la comunione – che è l’unità dei fedeli in Cristo – con
l’obbedienza supina al tiranno di turno.
Sicuramente si possono avere giudizi diversi, perfino
opposti, sull’articolo incriminato, per quanto il giudizio che vi era contenuto
sia stato più che confermato a posteriori. Ma qui non è in discussione il
gradimento o meno di un articolo da parte di un vescovo, del direttivo di un
centro culturale o di chiunque altro. Oltretutto noi non abbiamo nessuna sfida
in corso con l’arcivescovo di Modena tale che sia richiesto schierarsi da una
parte o dall’altra: siamo giornalisti che, nel rispetto dei fatti e delle
persone, siamo liberi di esprimere giudizi e critiche sui fatti che riteniamo
rilevanti. E chiunque può esprimere giudizi e critiche sui nostri articoli.
Se un vescovo ritiene di essere stato frainteso o di essere
vittima di un ingiusto attacco, come ogni altro cittadino italiano può chiedere
di pubblicare una replica al giornale in questione; oppure, visto che è anche
editore, può usare le colonne del suo settimanale.
È invece gravissimo che un vescovo possa costringere un’associazione
di fedeli a fare pubblica denuncia di giornalisti “amici”, in perfetto stile
mafioso. Ad essere messo in discussione non è il nostro lavoro, ma è la stessa
immagine della Chiesa, con alcuni pastori che hanno perso il senso del limite e
pensano di potere impunemente dettare legge a chiunque. Si riempiono la bocca
di Concilio Vaticano II e trattano i laici come i loro servi. Si vantano di
dialogare con i lontani e disprezzano i fedeli. Mettono sul pulpito eretici e
scomunicati e scacciano dalle parrocchie quanti vogliono testimoniare la fede.
Fanno la voce grossa con i cattolici e scodinzolano ai potenti del mondo.
Come Lutero: pensano di essere grandi riformatori,
produrranno solo macerie.
Riccardo Cascioli
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.