LA CHIESA PUO' PECCARE? NO PERCHE' E' SANTA! Chiesa "santa e peccatrice?" Eresia!
Introduzione
Se è vero che la storia non può giudicare il Cristianesimo è anche vero che il Cristianesimo non può prescindere dalla storia. Infatti, se il Cristianesimo non si esaurisce nell' ambito della storia, ma va al di là (indicando all'uomo una meta che supera la dimensione terrena e temporale), è pur vero che il Cristianesimo non è un'astrazione ma costituisce una risposta tanto alle ansie escatologiche (attinenti all'aldilà) quanto terrene dell'uomo.
Ecco perché è importante conoscere, almeno a grandi linee, la storia della Chiesa; e quando parliamo di «storia della Chiesa» non intendiamo la conoscenza di tutti i fatti (che è degli specialisti) quanto possedere concetti generali per capire... e soprattutto per non farsi truffare da chi vuol presentare alcuni fatti storici in maniera poco veritiera.
Spesso e da più parti si sente parlare di «colpe» della Chiesa cattolica e di relativi «perdoni». Perdono di qua, perdono di là... sembra che al cattolico non tocchi altro che fare «mea culpa»su presunte colpe, per giunta non personali, ma di altri.
Cerchiamo di capire, in primo luogo, in che senso sia giusto parlare di colpe della Chiesa e, in secondo luogo, se la Chiesa può davvero peccare.
La questione delle colpe della Chiesa
Sull'operato della Chiesa nella storia spesso ci si inganna e si crede, a torto, che le posizioni possibili siano solo due:
1) La Chiesa ha sempre operato. bene e tutto ciò che ha fatto è indiscutibilmente giusto. Si tratta di una posizione minoritaria che non convince affatto.
2) La Chiesa ha spesso operato male in passato. E si tende ad immaginare la Chiesa del passato come una sorta di covo di lupi famelici. Ma anche questa è una posizione che non convince. Non è storicamente serio pensare che la Chiesa fino ad una certa epoca era immersa nella malvagità. E i Santi? E i tanti uomini giusti che pure appoggiarono molte scelte della Chiesa del passato? Diciamolo francamente: non è affatto intelligente pensare ad una Chiesa in cui tutti erano cattivi.
Ma allora come risolvere la questione? La risposta non è semplice, ma possibile. Prima di tutto bisogna conoscere la storia della Chiesa e saperla leggere alla luce dei tempi. Si tratta cioè, di contestualizzare e non storicizzare (come fanno molti) i fatti storici.
Storicizzare vuol dire relativizzare, cioè fare della storia il bene in quanto tale. Tutto ciò che accade nella storia, solo perché accade, è giusto; e come la storia procede e si sviluppa, così procede e si sviluppa anche il concetto di bene. Insomma, bene e male non sono categorie immutabili, ma si realizzano nella storia e non esistono al di fuori della storia. Quindi, la Chiesa del passato non poteva non sbagliare, perché la verità di ieri era ancora incompleta rispetto alla verità di oggi. La Chiesa del passato era più fallibile di quella del presente e, di conseguenza, quella del presente è più fallibile rispetto a quella del futuro.
Contestualizzare, invece, ha un altro significato. Vuol dire non relativizzare le categorie morali; vuol dire che il bene e il male sono concetti eterni ed immutabili. Ciò che può cambiare nel corso della storia sono le motivazioni e le considerazioni che spingono a scegliere per il bene una cosa o per il male un’altra cosa.
Il cristiano dei secoli passati era perfettamente cosciente del nostro stesso bene e del nostro stesso male, ma poteva considerare altre motivazioni riguardo ai mezzi per raggiungere questo bene o evitare questo male; mezzi - è ovvio! - da scegliere sempre nell'ambito della legittimità morale, altrimenti si cadrebbe in una sorta di machiavellismo (il fine giustifica i mezzi) che è cristianamente inaccettabile.
Facciamo un esempio. Utilizzare l'uso delle armi per ripristinare una situazione di giustizia è moralmente legittimo. Oggi si è più portati ad insistere sulla proporzione tra l'uso delle armi e la restaurazione dell'ordine morale, anche perché, le armi di oggi non sono quelle di ieri; nel passato invece non era sempre così.
La Chiesa può peccare?
La Chiesa cattolica non può peccare perché, per sua natura (in se stessa) è santa. Come si può dire che l’acqua è per sua natura fresca e trasparente, così la Chiesa è per sua natura santa. Ne deriva di conseguenza che la Chiesa non può perdere la santità. La Chiesa è sempre stata e sempre sarà santa. Si tratta della santità oggettiva, in se stessa immutabile, della santità della Chiesa quale Istituzione divina, della Chiesa quale Comunità dei credenti in Cristo.
La santità (insieme all'unità, alla cattolicità e all'apostolicità) è una delle quattro cosiddette note o proprietà (cioè attributi) della Chiesa cattolica. Ma vediamo perché la Chiesa è santa. Santità significa unione con Dio. Ora la Chiesa può dirsi santa per sei motivi:
1. Perché santo è il suo Capo invisibile (Gesù).
2. Perché santi sono molti suoi membri. Quanti santi nella storia della Chiesa!
3. Perché santa è la sua fede.
4. Perché santi sono i suoi insegnamenti.
5. Perché santi sono i suoi sacramenti, mezzi produttivi della grazia.
6. Perché al di fuori di essa non vi può essere vera santità.
Dunque, perché santa, la Chiesa cattolica non può peccare; santità e peccabilità sono inconciliabili. Non si può parlare di coesistenza di peccabilità e santità della Chiesa.
Piuttosto, la peccabilità può riguardare (e di fatto riguarda) gli uomini di Chiesa; d'altronde tra i sei motivi elencati in precedenza ve n'è uno che dice: perché santi sono molti suoi membri, il che vuol dire che non tutti i membri della Chiesa sono santi. Questa è la santità soggettiva, la santità dei membri della Chiesa, suscettibile di mutamento.
La Chiesa non perde la sua santità oggettiva, a motivo del peccato dei suoi membri. Come è possibile questo? Alcuni eretici, nel passato, affermavano che non farebbero più parte della Chiesa, a motivo del quale, la Chiesa non perdeva la sua santità.
Ma la Chiesa. Cattolica ha condannato questa dottrina come eretica. Sono soltanto alcuni peccati, e precisamente i peccati di scisma, di eresia e di apostasia, cioè i peccati che compromettono la fede, che mettono fuori della Chiesa. Gli altri peccati, per quanto gravi, per quanto mortali, non fanno uscire dalla Chiesa.
Il Card. Journet, che è uno strenuo difensore della assoluta santità della Chiesa nonostante il fatto che i suoi membri possano essere peccatori, risolve così il problema. Il peccatore rimane nella Chiesa per quello che egli conserva di buono, cioè per il carattere battesimale e la fede, mentre è fuori della Chiesa per quanto riguarda il suo peccato. Il peccatore cioè è in parte dentro la Chiesa e in parte fuori della Chiesa, per cui la Chiesa non risulta macchiata dal suo peccato.
Un'espressione caratteristica del Card. Journet è questa: "I confini della Chiesa attraversano il cuore di ogni uomo". Cioè nel nostro cuore c'è una parte buona, e questa è dentro la Chiesa, e una parte cattiva, e questa è fuori della Chiesa.
Il Card. Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, che su questo punto segue la dottrina del Cardo Journet, usa anche questa espressione: "Ci sono delle regioni nel nostro cuore che non sono state ancora evangelizzate". Cioè la Chiesa, con la sua santità, non ha ancora invaso tutto il nostro cuore. Ci sono delle zone del nostro cuore nelle quali la Chiesa non è ancora giunta. Ci sono delle zone che sono ancora pagane. Il nostro compito è di far sì che i confini della Chiesa si estendano nel nostro cuore fino a invadere anche queste zone.
Riassumiamo i termini della questione.
Prima verità: la Chiesa è assolutamente santa, è senza ruga e senza macchia, come dice S. Paolo (Ef 5, 27).
Seconda verità: la Chiesa comprende nel suo seno anche i peccatori.
Come conciliare queste due affermazioni? Dicendo che i peccatori rimangono nella Chiesa ma il loro peccato rimane fuori. Il peccato riguarda solo i membri della Chiesa, non la Chiesa in se stessa. La Chiesa in se stessa è santa e immacolata.
S. Ambrogio ha una formula bellissima a questo proposito. Egli dice che la Chiesa è "ex maculatis immaculata", cioè è senza macchia pur essendo composta di membri macchiati.
Questa peccabilità può riguardare tutti (dall’ultimo laico fino al Papa stesso).
Nelle parabole della zizzania in mezzo al grano (Mt 13, 24-30), della rete che raccoglie pesci buoni e pesci cattivi (Mt 13, 47-50), Gesù insegna chiaramente che nella Chiesa vivono insieme buoni e cattivi, la cui separazione avverrà soltanto alla fine del mondo, nel giorno del Giudizio Universale.
Inoltre Gesù dà precise istruzioni per correggere i fratelli che sbagliano. Soltanto quando siano rimasti senza successo tutti i tentativi di correggerli devono essere esclusi dalla Chiesa (Mt 18, 15-17).
Gesù stesso poi, non ha forse accettato tra i Dodici, Giuda il traditore? E i suoi stessi Apostoli non hanno forse abbandonato Gesù durante la Sua Passione? (Mt 26, 56).
Già negli scritti di S. Paolo emerge che perfino nella Chiesa primitiva si verificavano gravi colpe (1 Cor 1, 10-16; 2 Cor 12, 20).
E, a proposito del Papa, questa peccabilità può coesistere anche con l'infallibilità dottrinale; basta leggere i Vangeli per rendersene conto. Pensiamo anche a ciò che avvenne presso Cesarea di Filippo: «Gesù disse loro: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l 'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro. e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa"» (Mt 16,16-18). Ma Pietro, pur avendo confessato la verità,. arrivò poi a rinnegare Gesù per tre volte (Lc 22, 34) e, malgrado questo gravissimo peccato, sarà da Gesù riconfermato capo della Chiesa (Gv 21,15). Nel Papa l'infallibilità dottrinale non significa necessariamente infallibilità comportamentale.
Ma allora cosa si deve intendere quando si parla di perdono dei propri «peccati» da . parte della Chiesa cattolica?
Prima di tutto va detto che un vero perdono per gli uomini della Chiesa non si può chiedere, perché il perdono è un atto personale e non si può chiedere per conto terzi. Invece quello che si può fare - ed è stato fatto - è una sorta di «purificazione» della memoria per probabili atteggiamenti incoerenti da parte dei cristiani nella loro storia; tenendo però presente che i criteri di valutazione storica spettano prevalentemente agli storici e, tenendo ancora presente, che dominano vere e proprie bugie sul comportamento dei cristiani nella storia.
Ha scritto il Cardinale di Bologna, Giacomo Biffi, nella prefazione a Pensare la Storia, uno dei tanti successi editoriali di Vittorio Messori: «Bisognerà che ci decidiamo a renderci conto del cumulo di giudizi arbitrari, di sostanziali deformazioni, di vere e proprie bugie, che incombe su tutto ciò che è storicamente attinente alla Chiesa. Siamo letteralmente assediati dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l'uomo ogni via di salvezza».
Prof. CORRADO GNERRE
Se è vero che la storia non può giudicare il Cristianesimo è anche vero che il Cristianesimo non può prescindere dalla storia. Infatti, se il Cristianesimo non si esaurisce nell' ambito della storia, ma va al di là (indicando all'uomo una meta che supera la dimensione terrena e temporale), è pur vero che il Cristianesimo non è un'astrazione ma costituisce una risposta tanto alle ansie escatologiche (attinenti all'aldilà) quanto terrene dell'uomo.
Ecco perché è importante conoscere, almeno a grandi linee, la storia della Chiesa; e quando parliamo di «storia della Chiesa» non intendiamo la conoscenza di tutti i fatti (che è degli specialisti) quanto possedere concetti generali per capire... e soprattutto per non farsi truffare da chi vuol presentare alcuni fatti storici in maniera poco veritiera.
Spesso e da più parti si sente parlare di «colpe» della Chiesa cattolica e di relativi «perdoni». Perdono di qua, perdono di là... sembra che al cattolico non tocchi altro che fare «mea culpa»su presunte colpe, per giunta non personali, ma di altri.
Cerchiamo di capire, in primo luogo, in che senso sia giusto parlare di colpe della Chiesa e, in secondo luogo, se la Chiesa può davvero peccare.
La questione delle colpe della Chiesa
Sull'operato della Chiesa nella storia spesso ci si inganna e si crede, a torto, che le posizioni possibili siano solo due:
1) La Chiesa ha sempre operato. bene e tutto ciò che ha fatto è indiscutibilmente giusto. Si tratta di una posizione minoritaria che non convince affatto.
2) La Chiesa ha spesso operato male in passato. E si tende ad immaginare la Chiesa del passato come una sorta di covo di lupi famelici. Ma anche questa è una posizione che non convince. Non è storicamente serio pensare che la Chiesa fino ad una certa epoca era immersa nella malvagità. E i Santi? E i tanti uomini giusti che pure appoggiarono molte scelte della Chiesa del passato? Diciamolo francamente: non è affatto intelligente pensare ad una Chiesa in cui tutti erano cattivi.
Ma allora come risolvere la questione? La risposta non è semplice, ma possibile. Prima di tutto bisogna conoscere la storia della Chiesa e saperla leggere alla luce dei tempi. Si tratta cioè, di contestualizzare e non storicizzare (come fanno molti) i fatti storici.
Storicizzare vuol dire relativizzare, cioè fare della storia il bene in quanto tale. Tutto ciò che accade nella storia, solo perché accade, è giusto; e come la storia procede e si sviluppa, così procede e si sviluppa anche il concetto di bene. Insomma, bene e male non sono categorie immutabili, ma si realizzano nella storia e non esistono al di fuori della storia. Quindi, la Chiesa del passato non poteva non sbagliare, perché la verità di ieri era ancora incompleta rispetto alla verità di oggi. La Chiesa del passato era più fallibile di quella del presente e, di conseguenza, quella del presente è più fallibile rispetto a quella del futuro.
Contestualizzare, invece, ha un altro significato. Vuol dire non relativizzare le categorie morali; vuol dire che il bene e il male sono concetti eterni ed immutabili. Ciò che può cambiare nel corso della storia sono le motivazioni e le considerazioni che spingono a scegliere per il bene una cosa o per il male un’altra cosa.
Il cristiano dei secoli passati era perfettamente cosciente del nostro stesso bene e del nostro stesso male, ma poteva considerare altre motivazioni riguardo ai mezzi per raggiungere questo bene o evitare questo male; mezzi - è ovvio! - da scegliere sempre nell'ambito della legittimità morale, altrimenti si cadrebbe in una sorta di machiavellismo (il fine giustifica i mezzi) che è cristianamente inaccettabile.
Facciamo un esempio. Utilizzare l'uso delle armi per ripristinare una situazione di giustizia è moralmente legittimo. Oggi si è più portati ad insistere sulla proporzione tra l'uso delle armi e la restaurazione dell'ordine morale, anche perché, le armi di oggi non sono quelle di ieri; nel passato invece non era sempre così.
La Chiesa può peccare?
La Chiesa cattolica non può peccare perché, per sua natura (in se stessa) è santa. Come si può dire che l’acqua è per sua natura fresca e trasparente, così la Chiesa è per sua natura santa. Ne deriva di conseguenza che la Chiesa non può perdere la santità. La Chiesa è sempre stata e sempre sarà santa. Si tratta della santità oggettiva, in se stessa immutabile, della santità della Chiesa quale Istituzione divina, della Chiesa quale Comunità dei credenti in Cristo.
La santità (insieme all'unità, alla cattolicità e all'apostolicità) è una delle quattro cosiddette note o proprietà (cioè attributi) della Chiesa cattolica. Ma vediamo perché la Chiesa è santa. Santità significa unione con Dio. Ora la Chiesa può dirsi santa per sei motivi:
1. Perché santo è il suo Capo invisibile (Gesù).
2. Perché santi sono molti suoi membri. Quanti santi nella storia della Chiesa!
3. Perché santa è la sua fede.
4. Perché santi sono i suoi insegnamenti.
5. Perché santi sono i suoi sacramenti, mezzi produttivi della grazia.
6. Perché al di fuori di essa non vi può essere vera santità.
Dunque, perché santa, la Chiesa cattolica non può peccare; santità e peccabilità sono inconciliabili. Non si può parlare di coesistenza di peccabilità e santità della Chiesa.
Piuttosto, la peccabilità può riguardare (e di fatto riguarda) gli uomini di Chiesa; d'altronde tra i sei motivi elencati in precedenza ve n'è uno che dice: perché santi sono molti suoi membri, il che vuol dire che non tutti i membri della Chiesa sono santi. Questa è la santità soggettiva, la santità dei membri della Chiesa, suscettibile di mutamento.
La Chiesa non perde la sua santità oggettiva, a motivo del peccato dei suoi membri. Come è possibile questo? Alcuni eretici, nel passato, affermavano che non farebbero più parte della Chiesa, a motivo del quale, la Chiesa non perdeva la sua santità.
Ma la Chiesa. Cattolica ha condannato questa dottrina come eretica. Sono soltanto alcuni peccati, e precisamente i peccati di scisma, di eresia e di apostasia, cioè i peccati che compromettono la fede, che mettono fuori della Chiesa. Gli altri peccati, per quanto gravi, per quanto mortali, non fanno uscire dalla Chiesa.
Il Card. Journet, che è uno strenuo difensore della assoluta santità della Chiesa nonostante il fatto che i suoi membri possano essere peccatori, risolve così il problema. Il peccatore rimane nella Chiesa per quello che egli conserva di buono, cioè per il carattere battesimale e la fede, mentre è fuori della Chiesa per quanto riguarda il suo peccato. Il peccatore cioè è in parte dentro la Chiesa e in parte fuori della Chiesa, per cui la Chiesa non risulta macchiata dal suo peccato.
Un'espressione caratteristica del Card. Journet è questa: "I confini della Chiesa attraversano il cuore di ogni uomo". Cioè nel nostro cuore c'è una parte buona, e questa è dentro la Chiesa, e una parte cattiva, e questa è fuori della Chiesa.
Il Card. Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, che su questo punto segue la dottrina del Cardo Journet, usa anche questa espressione: "Ci sono delle regioni nel nostro cuore che non sono state ancora evangelizzate". Cioè la Chiesa, con la sua santità, non ha ancora invaso tutto il nostro cuore. Ci sono delle zone del nostro cuore nelle quali la Chiesa non è ancora giunta. Ci sono delle zone che sono ancora pagane. Il nostro compito è di far sì che i confini della Chiesa si estendano nel nostro cuore fino a invadere anche queste zone.
Riassumiamo i termini della questione.
Prima verità: la Chiesa è assolutamente santa, è senza ruga e senza macchia, come dice S. Paolo (Ef 5, 27).
Seconda verità: la Chiesa comprende nel suo seno anche i peccatori.
Come conciliare queste due affermazioni? Dicendo che i peccatori rimangono nella Chiesa ma il loro peccato rimane fuori. Il peccato riguarda solo i membri della Chiesa, non la Chiesa in se stessa. La Chiesa in se stessa è santa e immacolata.
S. Ambrogio ha una formula bellissima a questo proposito. Egli dice che la Chiesa è "ex maculatis immaculata", cioè è senza macchia pur essendo composta di membri macchiati.
Questa peccabilità può riguardare tutti (dall’ultimo laico fino al Papa stesso).
Nelle parabole della zizzania in mezzo al grano (Mt 13, 24-30), della rete che raccoglie pesci buoni e pesci cattivi (Mt 13, 47-50), Gesù insegna chiaramente che nella Chiesa vivono insieme buoni e cattivi, la cui separazione avverrà soltanto alla fine del mondo, nel giorno del Giudizio Universale.
Inoltre Gesù dà precise istruzioni per correggere i fratelli che sbagliano. Soltanto quando siano rimasti senza successo tutti i tentativi di correggerli devono essere esclusi dalla Chiesa (Mt 18, 15-17).
Gesù stesso poi, non ha forse accettato tra i Dodici, Giuda il traditore? E i suoi stessi Apostoli non hanno forse abbandonato Gesù durante la Sua Passione? (Mt 26, 56).
Già negli scritti di S. Paolo emerge che perfino nella Chiesa primitiva si verificavano gravi colpe (1 Cor 1, 10-16; 2 Cor 12, 20).
E, a proposito del Papa, questa peccabilità può coesistere anche con l'infallibilità dottrinale; basta leggere i Vangeli per rendersene conto. Pensiamo anche a ciò che avvenne presso Cesarea di Filippo: «Gesù disse loro: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l 'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro. e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa"» (Mt 16,16-18). Ma Pietro, pur avendo confessato la verità,. arrivò poi a rinnegare Gesù per tre volte (Lc 22, 34) e, malgrado questo gravissimo peccato, sarà da Gesù riconfermato capo della Chiesa (Gv 21,15). Nel Papa l'infallibilità dottrinale non significa necessariamente infallibilità comportamentale.
Ma allora cosa si deve intendere quando si parla di perdono dei propri «peccati» da . parte della Chiesa cattolica?
Prima di tutto va detto che un vero perdono per gli uomini della Chiesa non si può chiedere, perché il perdono è un atto personale e non si può chiedere per conto terzi. Invece quello che si può fare - ed è stato fatto - è una sorta di «purificazione» della memoria per probabili atteggiamenti incoerenti da parte dei cristiani nella loro storia; tenendo però presente che i criteri di valutazione storica spettano prevalentemente agli storici e, tenendo ancora presente, che dominano vere e proprie bugie sul comportamento dei cristiani nella storia.
Ha scritto il Cardinale di Bologna, Giacomo Biffi, nella prefazione a Pensare la Storia, uno dei tanti successi editoriali di Vittorio Messori: «Bisognerà che ci decidiamo a renderci conto del cumulo di giudizi arbitrari, di sostanziali deformazioni, di vere e proprie bugie, che incombe su tutto ciò che è storicamente attinente alla Chiesa. Siamo letteralmente assediati dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l'uomo ogni via di salvezza».
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