QUIA NON EST EIS LOCUS IN DIVERSORIO SANCTAE MARTHAE
Non c'è Natale: c'è la festa dell'accoglienza ai migranti. Non c'è Presepio: c'è la rappresentazione della Misericordia corporale, condita di sconci ammiccamenti ai sodomiti. Non c'è Immacolata: c'è la celebrazione di Lutero. Non c'è Pasqua: c'è il richiamo ai profughi. Non c'è Corpus Domini: c'è l'ammonimento sui poveri. Non c'è Matrimonio né famiglia: c'è l'esaltazione dell'adulterio e della licenza. Non c'è Messa: c'è uno squallido festino della comunità. Non c'è penitenza né sacrificio: c'è la presunzione della salvezza e l'ostinazione nel peccato. Non c'è preghiera: c'è la frenesia della solidarietà. Non c'è mortificazione: c'è l'invito a fare casino. Non c'è l'amore per la Verità: c'è l'elogio dell'errore e dell'eresia. Non c'è carità: c'è la fraternità massonica. Non c'è umiltà: c'è l'arroganza della tirannide. Non c'è povertà: c'è il pauperismo, dietro cui si nascondono interessi economici e speculazioni finanziarie. Non c'è la trascendenza: c'è l'umanitarismo piatto. Non c'è Paradiso: c'è il riscatto sociale. Non c'è Redenzione: c'è l'emancipazione del peccatore. Non c'è pentimento: c'è l'apologia del tradimento di Giuda. Non c'è virtù: c'è la licenza del vizio. Non c'è Dio, c'è l'uomo. Anzi, c'è il diavolo.
Questa è la religione della neo-chiesa, la religione universale. Coi suoi santi, col suo calendario scandito da ricorrenze umane e orizzontali. Coi suoi riti grigi e tristi. Con la sua nuova dottrina, sancita da un Conciliabolo eretto a idolo. Col suo papa arrogante, coi suoi vescovi ribelli o conformisti, coi suoi preti pavidi e cortigiani.
Nel freddo della mangiatoia di Betlemme, il Figlio di Dio ha scelto di farsi adorare da semplici pastori, riservando loro la gioia composta del miracolo dell'Incarnazione. Testimoni di questo prodigio gli Angeli, la Vergine Santissima, il Suo castissimo Sposo Giuseppe. Lontano, nello sfarzo della corte di Gerusalemme, Erode sa che in quei giorni deve nascere il Messia, e invece di andarLo ad adorare, trama la Sua morte, perché teme per il proprio potere, ch'egli vede messo in pericolo dalla nascita del Redentore. Di Erode, dei suoi eccidi, dei suoi vizi, dei suoi cortigiani non rimane nulla. Non rimarrà nulla nemmeno dei suoi eredi di oggi. Perché su quella paglia pungente, nei rigori della notte in terra di Giuda, il piccolo Re ha già vinto il mondo, e Sua Madre ha già schiacciato il capo dell'antico serpente.
Come duemila anni or sono nella locanda non vi era posto per Lui, così non vi è posto oggi nell'albergo di Santa Marta, nella Basilica Vaticana, nelle chiese occupate da ribelli ed eretici. Accogliamo il Signore nella nostra anima, offriamoGli la nostra povera dimora, ch'Egli trasformerà nel tempio in cui la Trinità si compiacerà di abitare. Nel nostro nulla, come quei pastori poveri e semplici, pieghiamo il ginocchio davanti al Re divino, al Signore della Storia, al nuovo Adamo. Riscaldiamolo come fecero col loro fiato il bue e l'asino. Proteggiamolo dal nuovo Erode che, come ieri, crede di poter annientare quel Bambino, facendo credere ai Magi di volerGli rendere omaggio.
E preghiamo perché i Magi di oggi, coi loro doni spirituali, siano dicili all'avvertimento dell'Angelo e facciano ritorno nel loro paese per aliam viam.
Copyright MMXVII - Cesare Baronio
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