A Bernay, in Normandia, Francia,la navata diventa una pista di pattinaggio
L’inverno c’è, il freddo e la neve pure, dove andiamo a pattinare in un luogo tranquillo, raccolto e vicino casa?
Ma semplice, nell’abbazia… tanto… chi la usa?
Piazziamo un bello strato di polietilene e… via a scivolarci sopra… tra navate millenarie, colonne gotiche, bassorilievi fatti per esprimere il sacro e capitelli ricchi di volute come nel Tempio di Salomone voluto dal Signore.
Ma semplice, nell’abbazia… tanto… chi la usa?
Piazziamo un bello strato di polietilene e… via a scivolarci sopra… tra navate millenarie, colonne gotiche, bassorilievi fatti per esprimere il sacro e capitelli ricchi di volute come nel Tempio di Salomone voluto dal Signore.
Che ci sta a fare questa chiesa vecchia… buttata lì… che non serve a niente… tanto ormai non ci va più nessuno. E poi se qualcuno vuole pregare può pure aspettare che passino le feste.
Ebbene sì, perché i commercianti del luogo, con tanto di autorizzazione dell’ufficio per i lavori pubblici e della diocesi, hanno pensato bene di trasformare la chiesa in pista di pattinaggio fino all’Epifania.
E il valore millenario del luogo? E il retaggio culturale e religioso dei padri?
Ma di questo non è rimasto più niente nelle menti e nei cuori dei moderni cattolici… Bergoglio docet!
Ultimamente ha perfino invitato i teologi italiani ad aggiornarsi e a interessarsi di ecologia, di scienza neurologica, di disuguaglianza sociale e di migrazione (Discorso all’Associazione Teologica Italiana, 29 dicembre 2017)
E a Bernay si adeguano. L’abbazia benedettina venne fatta costruire nell’XI secolo da Giuditta di Bretagna, moglie del Duca di Normandia, ma da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e i cattolici si sono trasformati da uomini religiosi in uomini sportivi. Sono finite le Giuditte e i Duchi cattolici, oggi ci sono le “first lady” e i presidenti laici. E’ finito il tempo in cui si pensava al Signore, oggi è il tempo in cui si pensa a divertirsi, soprattutto a Natale, … d’altronde il Signore è nato duemila anni fa, e il mondo è cambiato, non è mica un mondo statico e irrigidito, come giustamente fa notare Bergoglio.
E poi, vuoi mettere la staticità dei nostri padri che pregavano raccolti nelle navate, di fronte alla dinamicità dei nostri giovani che nelle stesse navate si lasciano scivolare sui pattini!
Un altro mondo… tutto un altro mondo!
Allora, un mondo che seppe erigere splendide opere d’ingegneria che sono sopravvissute per secoli… pietra su pietra, oggi un mondo che mena vanto della “realtà virtuale” e che coltiva i moderni rapporti umani attraverso i minuscoli schermi dei telefonini.
Cosa rimarrà di un mondo così, se non il vuoto e il nulla con si esercitano i nostri figli?
L’unica cosa che rimarrà in piedi a Bernay è la maestosa chiesa abbaziale, sia pure deturpata, ma ancora lì a ricordare che un tempo c’erano uomini con i piedi per terra e la testa in cielo, uomini ormai scomparsi, e oggi soppiantati da altri che hanno i piedi in aria e le teste tra le connessioni internet.
- LA CAMPAGNA #SALVIAMOLECHIESE
Pizzeria "la Cattedrale", inutile e plateale sceneggiata
Fino a poco tempo fa, ogni anno venivo invitato dai milanesi City Angels (associazione civica di assistenza) a una manifestazione benefica riservata ai Vip. Si trattava di servire il pranzo a tavola ai clochard cittadini nella mensa gratuita dell’Opera Cardinal Ferrari, istituzione benemerita che, appunto, soccorre i senzatetto e i più poveri. Con indosso la maglietta rossa col logo dei City Angels, personaggi come la cantante Jo Squillo, lo showman Mauro Coruzzi in arte Platinette, politici locali e gente più o meno famosa ci producevamo in un andirivieni tra i tavoli, avvicendando le portate. Dopo il dolce, i cantanti cantavano, gli scrittori e i politici si esibivano in un discorsetto di circostanza. Mi colpiva, tuttavia, l'avviso che mi veniva fatto dagli addetti alla cucina tutte le volte che ci entravo per prendere nuovi piatti: «mi raccomando, un solo bicchiere di vino, uno solo».
Eggià, quelli conoscevano i loro polli e ci avvertivano. Niente, poi smisi di essere considerato un Vip e non mi chiamarono più. Però, quei pranzi per cento persone, ricordo, venivano offerti in un salone apposito, dove già c’erano tavoli e sedie predisposti. Non certo in chiesa, quantunque l’Opera ne avesse una, d’epoca e ben spaziosa. Infatti, avesse messo a disposizione la chiesa, la sua sarebbe stata demagogia, un gesto gratuito e inutilmente d’effetto. Perché, infatti, far pranzare i «poveri» dentro alla chiesa? Per far vedere che è il clero a offrire? Forse che quelli che io servivo a tavola a Milano non lo sapevano, chi era che pagava il conto? Ma il pesce comincia dalla testa, si dice, e da quando papa Francesco ha dato l’esempio, tutti i preti si sono precipitati a imitarlo.
L’ultimo è stato il cardinale di Napoli, che ha imbandito il pranzo natalizio ai barboni dentro al duomo. «Nello spirito dell’opera di misericordia “Accogliere i pellegrini”», si legge sul sito della diocesi. E pazienza se i clochard non sono affatto pellegrini, bensì persone che in qualche modo hanno ceduto e, non reggendo più le complicazioni della vita normale, hanno preferito la strada. Certo, in molti è prevalente la motivazione economica, ma non in tutti. Sia come sia, dice il sito che ogni pietanza servita nel duomo napoletano era espressa, giacché il sagrato era stato trasformato, all’uopo, in una immensa friggitoria per pizze e pizzette, panuozzi, zizze e quant’altro, il tutto offerto dal «pizzarolo del Papa», cioè il ristorante «Zi’ Aniello» che si era precedentemente distinto per aver distribuito pizze in Piazza San Pietro e aver donato un pizza gigante a papa Bergoglio.
A Napoli, il Vip che serviva era lo stesso arcivescovo, immortalato col grembiule sulla tonaca e una mozzarella in mano. «Il pranzo è stato allietato da artisti con l’esecuzione di canzoni classiche napoletane», dice il sito. A quanto par di capire, Catari’, Torna a Surriento e ‘O sole mio, mica canti natalizi (ce ne sono di napoletani e di firma illustre, come Quanne nascette ninno). Insomma, tutto bello e festa grande. Ma perché farlo dentro alla cattedrale? Perché farlo in un luogo sacro, anzi nel più sacro di tutti in città? Mancano i saloni, a Napoli? Non crediamo. No, si tratta solo di un gesto plateale e fastidiosamente superfluo, sulla scia dell’ultimo grido del clericalmente corretto. Bah, a questo punto, visto che siamo a Napoli citiamo Totò: ma ci faccia il piacere!
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