- QUESTIONI DI LOBBY
- Se i vescovi ci impongono il film "omo"
Qual è il modo più veloce e sicuro per cambiare la mentalità della gente? Proporre i modelli voluti attraverso le opere di intrattenimento: canzoni, spettacoli tv, film e così via. È per questo che abbiamo via via visto popolarsi le serie tv, soprattutto quelle dirette ad adolescenti, di personaggi felicemente gay; ed è per questo che sempre più spesso chi guarda la tv si trova davanti presentatori e ospiti dello stesso sesso che indugiano nel baciarsi. Uguale al cinema, dove diventa sempre più difficile trovare film importanti che non contemplino almeno un qualche spezzone dedicato alla promozione dell’amore omosessuale. All’inizio si resta scandalizzati, poi si diventa infastiditi, quindi alla fine ci si abitua e chi malgrado tutto non condivide la nuova tendenza si rassegna e al massimo se la prende con i tempi che cambiano.
E la promozione dell’omosessualità nella Chiesa? Più o meno segue lo stesso indirizzo. Se da una parte si bombardano i fedeli con motivazioni teologiche e pastorali che rendono urgente il riconoscimento dei cattolici Lgbt, con annesse scuse per le “chiusure” del passato, molto più efficace è rendere “familiare” l’unione omosessuale nei media cattolici.
Un esempio clamoroso, per non dire scandaloso, lo abbiamo visto in questi giorni, a proposito del film di Luca Guadagnino “Chiamami con il tuo nome”, candidato a ben quattro Oscar. La storia gira tutta intorno all’amore omo che sboccia tra un adolescente e un giovane ricercatore (clicca qui per ulteriori dettagli), ma ciò che non può passare inosservata è la critica entusiastica che al film di Guadagnino riservano il quotidiano Avvenire e la Commissione nazionale per la valutazione dei film (CNVF), entrambi strumenti ufficiali della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Per Avvenire, Guadagnino «sembra ispirato da una compostezza, un’eleganza stilistica e un equilibrio narrativo mai raggiunti prima»; e «ci mette il cuore, la propria anima, con una serenità e una leggerezza mai riscontrate prima nel suo cinema». E ancora: «Alcune scene sono esplicite ma mai volgari, e la passione che cresce tra i due giovani si inserisce nel riuscitissimo affresco di una città di provincia dove la noia estiva si sposa al languore». E si potrebbe andare ancora avanti. Mai un cenno al fatto che «la passione che cresce tra i due giovani» sia almeno problematica. No, ci mancherebbe, tutto normale. Anche il fatto che uno dei due ragazzi sia minorenne: tecnicamente non è pedofilia (questa riguarda l’attrazione verso bambini che non hanno ancora raggiunto la pubertà), ma è così anche per la stragrande maggioranza dei casi che vedono protagonisti i preti accusati di abusi sessuali su minorenni.
Prendiamo dunque nota che per il quotidiano dei vescovi italiani non c’è alcun problema se un maggiorenne ha rapporti omosessuali con un minorenne, anzi ne apprezza la trasposizione poetica.
Così come del resto fa la Commissione della CEI incaricata di valutare i film,valutazione che – ricordiamolo – serve anche a orientare le scelte delle decine e decine di sale parrocchiali in Italia.
Ebbene, per la CNVF, il film di Guadagnino è caratterizzato da «struggente malinconia, affidato a toni di estrema pulizia e generosità espressiva»; è «la metafora di un realismo favolistico», e «alla fine vince, in ogni caso, la giovinezza, stagione di errori, illusioni e sogni, durante la quale è bello rischiare e rompere le convenzioni». Anche qui nessun problema sui contenuti, sulla promozione dell’omosessualità, sull’ammiccamento alla pedofilia. Ci mancherebbe. Anche il giudizio sintetico, che considera il film “complesso, problematico”, va nella stessa direzione: “problematico”, infatti per la CNVF significa «film che affronta in profondità temi di rilievo, di forte impatto morale». Non è dunque un film “scabroso” («le espressioni verbali e comportamentali esigono riserve morali»), men che meno “negativo” («contenuti etico-morali in forte contrasto con la dignità umana e/o pervertitori della coscienza cristiana»).
Interessante però la nota finale, ovvero il consiglio sulla utilizzazione. Si dice infatti che «il film è da utilizzare con qualche cautela in programmazione ordinaria per evitare equivoci sulla proposta di una storia che va affrontata con mente sgombra da limiti e pregiudizi. Più opportuno in proiezioni mirate di cinema d'autore e cinema d'essai». Ma visto il commento precedente è chiaro che questa cautela non si deve alla preoccupazione di non far passare per buona una storia invece di perversione. Al contrario: la preoccupazione è che un certo pubblico “bigotto” reagisca d’istinto e in modo negativo alla tematica del film; allora meglio fare «proiezioni mirate», con qualcuno che spieghi il tema e si preoccupi di far digerire il verbo omosessualista anche ai più recalcitranti.
Insomma, prepariamoci: la CEI ci vuole tutti proni alla cultura omosessualista.
- CHIAMAMI CON IL TUO NOME: NOIOSO E FURBO, di Rino Cammilleri
Riccardo Cascioli
Dalla Bibbia:«Fuori dalla Chiesa gli immorali gli omicidi gli idolatri»: questo linguaggio è troppo duro? L'opera di stravolgimento e distruzione del Depositum fidei ad opera dei teologi della cosiddetta “svolta antropologica”
di Francesco Lamendola
La neochiesa o contro-chiesa buonista e modernista ha praticamente cancellato il peccato e abolito l’inferno, per bocca dei suoi falsi teologi, i quali, cosa inaudita e mai neppur immaginata per l’innanzi, si sono posti alla guida del Magistero e, invece d’illuminare la fede con gli strumenti della ragione, adoperano i sofismi di una ragione tutta umana per modificare e sovvertire la lettera e lo spirito della divina Rivelazione. Senza alcun timore di Dio, anzi, gongolando per la loro bravura e complimentandosi l’un l’altro per la loro opera di stravolgimento e distruzione del Depositum fidei, nonché raccogliendo i consensi e le calorose felicitazioni di un clero apostatico e irretito nelle oscure trame massoniche, questi teologi della cosiddetta “svolta antropologica”, che hanno sempre in bocca un non meglio specificato, ma evidentemente decisivo, “spirito conciliare”, e molto meno quelle parole di Gesù che non convengono alla loro interpretazione modernista e filo-protestante del Vangelo, da circa mezzo secolo si danno un gran daffare per imporre la loro strategia all’insieme della Chiesa e per ridurre in minoranza, screditare, e, se possibile espellere quei cattolici che hanno l’imperdonabile “colpa” di voler restare fedeli al vero e unico Magistero. Li seguono, a ruota, quei cardinali infedeli, e, non di rado, moralmente corrotti, quei vescovi e arcivescovi i quali, pur di essere applauditi e lodati dalla stampa e dai grandi organi d’informazione, farebbero qualsiasi cosa, anche vendere di nuovo il divino Maestro per trenta denari, e intano ostentano i loro modi “aperti” e “dialoganti”, la loro “tolleranza” e il loro laicismo, intrattenendo pubblicamente rapporti di amicizia con i più noti esponenti del partito massonico e anticattolico, rilasciando interviste e facendosi invitare nei salotti televisivi di pretta marca irreligiosa e radicale: tutti impegnati, con il massimo zelo, nell’opera di “rinnovamento”, come essi dicono, o piuttosto di distruzione, com’è nella realtà dei fatti, di quel gregge che era stato affidato loro perché lo proteggessero e lo custodissero nella fede, a rischio della loro pace, e, se necessario, della loro stessa vita, seguendo l’esempio del Buon Pastore e sposo della Chiesa, il Nostro Signore Gesù Cristo.
Pseudo cardinali, come il defunto Carlo Maria Martini, pseudo vescovi, come i vivi e vegeti Vincenzo Paglia e Nunzio Galantino, e pseudo teologi, come Enzo Bianchi (che è anche uno pseudo monaco o pseudo prete, mentre è semplicemente un laico) ci hanno sommersi di parole zuccherose e di lambiccati e sofistici ragionamenti, il cui nocciolo è che il cristianesimo, essendo la religione dell’amore, non vieta niente, non punisce nessuno, non chiude le porte ad anima viva, fosse pure il peggior peccatore di questo mondo, e ciò anche senza bisogno di inutili formalismi come il pentimento, il desiderio di espirare e di riparare il male fatto, e di bazzecole come il sacramento della Riconciliazione. Essi hanno descritto una umanità tutta bella, brava e buona; un Gesù che non si capisce bene cosa sia venuto a fare sulla terra, e che forse, sulla croce, è morto per sbaglio; un regno di Dio che è tutto di questo mondo, molto, troppo umano; una misericordia e un perdono di Dio che sono distribuiti gratuitamente e automaticamente a chiunque li voglia e anche a chi non li domanda; una redenzione che somiglia più a una liberazione di tipo sociale, economico e politico; una Chiesa che somiglia ad un motel dalle porte sempre aperte, a qualsiasi ora del giorno e della notte, e dove chiunque lo desidera può entrare e uscire in assoluta libertà; una morale che ciascuno si fabbrica secondo le sue convinzioni e i suoi personali desideri; una pastorale ispirata al più sfrenato relativismo, nella quale non esiste più la Verità, ma ci sono solamente delle verità parziali, soggettive e temporanee; uno spirito santo che non è poi così santo, visto che finisce per coincidere con lo spirito umano, immanente e personale, prodotto dalla coscienza di ciascuno.
Quanto alla santa Messa, e al cuore di essa, il Sacrificio Eucaristico, non si capisce bene che cosa siano diventati, ad opera di costoro: una specie di via di mezzo fra la commemorazione dell’Ultima Cena ed una assemblea festosa dei fedeli, nei quali essi si auto-celebrano, si applaudono l’un l’altro, si stringono le mani, e dove il sacerdote si abbandona a prediche improvvisate, mescolate di facezie e di affermazioni dottrinali temerarie e avventate, dettate dall’estro del momento, e, come si usa dire, dagli umori della piazza, dal momento che il loro scopo è quello di piacere, non di edificare; di raccogliere consensi e popolarità, non di raccomandare alle anime tutto quello che è necessario per la loro salvezza eterna.
Ebbene, tutto questo non è che inganno e menzogna, perché il cristianesimo è un’altra cosa. Ha duemila anni di storia ed è costantemente ispirato e sorretto dalla grazia di Dio, non dal buon volere degli uomini: grazia che viene concessa a chi si accosta alla Verità con animo umile e docile, ben cosciente dei limiti inerenti allo statuto della creatura rispetto al suo Creatore; mentre chi pretende di penetrare il Mistero divino con le sue sole forze, o con poco timor di Dio, rimane fuori, abbandonato alle passioni disordinate del suo animo corrotto, all’ambizione, alla superbia, alla concupiscenza della carne.
A quei tali teologi modernisti e pastori del gregge progressisti, consigliamo di andarsi a rileggere il libro dell’Apocalisse, capitolo 22, versetti 12-15:
Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine. Beati coloro che lavano le loro vesti [nel sangue dell’Agnello cioè soffrendo il martirio]: avranno parte all’albero della vita e potranno entrare per le porte nella città. Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!
Sono parole forti, non è vero? Eppure, anche nei Vangeli Gesù adopera, talvolta, delle espressioni forti, molto forti: ce ne siamo scordati, un po’ perché leggiamo poco il Vangelo, e un po’ perché ci siamo lasciati influenzare dalla falsa teologia buonista e modernista di quei tali signori, i quali non vogliono aiutare la nostra fede per avvicinarci maggiormente a Dio, ma seminare perfidi dubbi e illusorie certezze nella nostra anima, in modo da formare in noi una fede ingannevole e apostatica, fatta sulla misura dell’uomo, per compiacere la sua superbia e accontentare la sua concupiscenza, e non per alzare lo sguardo verso Dio.
Ma dunque – vorremmo tentar di capire - sono scomparsi, così, da un giorno all’altro, come per un colpo di bacchetta magica, tutti i nemici esterni della Chiesa? E i nemici interni, gli eretici, coloro i quali lavorano perfidamente, come il verme nella mela, per far marcire la verità della Rivelazione, sono spariti anch’essi? Perfino il diavolo sembra aver tolto il disturbo, dopo che gli araldi del nuovo “spirito post-conciliare” hanno deciso che nessuna di queste vecchie credenze deve disturbare il gioioso cammino degli uomini verso la pienezza della loro esistenza, tutta intesa in senso terreno, edonistico e immanente.
Il brano dell’Apocalisse, invece, oggi più che mai politicamente scorretto, più che mai controcorrente rispetto alla neochiesa progressista e modernista, ci ricorda, oltre alla realtà del peccato, la severità del giudizio di Dio: un altro argomento tabù per i nuovi teologi della “svolta antropologica”, post-conciliari e buonisti, come se la misericordia di Dio escludesse la sua giustizia e come se la libertà dell’uomo, il dono più prezioso di cui egli è dotato, e che lo innalza molto al di sopra di tutte le altre creature, non avesse quale correlativo necessario la possibilità che scelga il male, e che, pertanto, debba anche pagare le conseguenza della sua scelta sbagliata. Non è vero che tutti entreranno nel regno dei Cieli; non vi entreranno certamente le persone malvagie, immorali, idolatre, menzognere, e quelle che praticano la magia e si macchiano le mani di omicidio: tutti costoro sono destinati alle pene dell’inferno, a meno che si pentano sinceramente dei loro peccati, si convertano e chiedano perdono a Dio. Opinare diversamente, e cioè che tutti gli uomini si salveranno e nessuno resterà escluso dal paradiso, significa sia svilire il bene prezioso del libero arbitrio, sia abbassare la bontà di Dio al livello del buonismo, che è la diabolica contraffazione della bontà: cosa evidentemente impossibile e blasfema. Gli uomini, nella loro stoltezza e presunzione, possono scivolare nel buonismo; Dio no, mai. L’inferno, peraltro, non è una creazione di Dio, e Dio non è il giudice che condanna le anime all’inferno: l’inferno è il prodotto necessario del peccato, ossia la condizione che l’anima sceglie per sé, da se stessa, allorché decide di rifiutare l’amore di Dio, di ribellarsi al suo Creatore, e di ostinarsi e perseverare nell’errore. Non si tratta di una pena che viene somministrata dall’esterno, ma di una auto-punizione. È l’anima che dice “no” a Dio a scegliere l’inferno, ragion per cui nulla e nessuno potrebbero mutare la sua sorte. Dio non gode che un’anima vada all’inferno, non se ne compiace, non se ne rallegra; e non è il suo tribunale che la condanna: è l’anima stessa che si condanna con le proprie mani, così come si condanna a bruciare vivo colui che si ostina a giocare con il fuoco in un fienile pieno di paglia secca. L’uomo sa quali siano le conseguenze del peccato, ma non vi dà alcun peso: gonfio di superbia, pensa di poter sfidare Dio, di poter fare senza di Lui e contro di Lui. Che ne debba pagare anche le conseguenze, inevitabilmente e definitivamente, è solo una necessaria conseguenza.
«Fuori dalla Chiesa gli immorali, gli omicidi, gli idolatri»: questo linguaggio è troppo duro?
di Francesco Lamendola
Articolo d'Archivio Già pubblicato il 13 Marzo 2017
Del 29 Gennaio 2018
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