ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 20 gennaio 2018

Maria ci ha preceduti e ci precede

CONCUPISCENZA E REDENZIONE



L'eccezione di "Maria". Alla fine redenta, ogni cosa tornerà in Dio. Il mondo è stato creato da Dio, secondo un progetto amorevole e intelligente, quindi secondo un ordine preciso sorretto costantemente dalla divina Provvidenza 
di Francesco Lamendola  


Il mondo, così come lo conosciamo, è segnato dal disordine della ferita del Peccato originale, che ha incrinato la relazione fra Dio e l’uomo e ha trafitto tutta l’umanità con il pungiglione della concupiscenza, ossia della tendenza al male, retaggio fatale e inesorabile di quella prima rivolta e disobbedienza. E tuttavia, il mondo è stato creato da Dio secondo un progetto mirabilmente amorevole e intelligente, quindi secondo un ordine preciso, sorretto costantemente dalla divina Provvidenza; ordine che non è stato completamente distrutto da quel peccato, ma soltanto incrinato, e che poi, con l’Incarnazione del Verbo, ha ricominciato a brillare, sia pure parzialmente, in attesa della pienezza finale, quando tutti i tempi e tutti i singoli membri del genere umano saranno chiamati a rendere testimonianza al Figlio di Dio, in presenza del Padre e dello Spirito Santo, per essere definitivamente giudicati e premiati o condannati, ciascuno in base alle sue opere, secondo verità e giustizia assolute. Al presente, perciò, possiamo dire che tutte le cose tendono verso quel’ordine originario che è andato perduto, ma che non è completamente scomparso e le cui tracce sono ancora visibili nella bellezza e nell’armonia della creazione, e la cui ardente nostalgia punge il cuore delle anime fin dall’infanzia, e poi, con il crescere della consapevolezza, non fa che aumentare, palesandosi sempre più evidente la discrepanza che esiste fra il mondo così com’è, e noi stessi così come siamo, e il mondo come dovrebbe essere, e noi stessi come dovremmo e potremmo essere, se la concupiscenza non ci spingesse costantemente vero il male e se fossimo capaci di quel’abbandono generoso, totale, incondizionato, della creatura che risponde prontamente all’invito d’amore del suo Creatore.

Una singola creatura, in verità, è stata capace di quel tipo di abbandono assoluto; una creatura privilegiata, concepita senza il fardello del Peccato originale, appunto perché destinata da Dio, fin da prima che il mondo cominciasse ad esistere, a rendere possibile il mistero sublime, insondabile, dell’Incarnazione del Verbo: Maria, la Madre di Gesù Cristo. In lei quel pegno di amore totale è passato interamente dal Creatore alla creatura ed è ritornato, immacolato e perfetto, dalla creatura fino al suo Creatore. In quel fiat c’è tutto il mistero di Maria e c’è una prefigurazione di quel che potremmo essere noi, di ciò che potrebbe essere il mondo, se ciascuno fosse capace di dire al Padre celeste Sia fatto di noi così come Tu vuoi, con la stessa fede e con la stessa radicale disponibilità mostrate da Maria Vergine, quando fu visitata dall’Arcangelo Gabriele. Per quanto Maria sia una creatura assolutamente privilegiata, la sola concepita senza il Peccato originale, il suo “sì” a Dio è stato ugualmente del tutto libero e volontario: il posto speciale che ella occupava, nella mente di Dio, per la redenzione dell’umanità, fin dall’abisso dei secoli, richiedeva comunque una adesione completamente libera; e anche una perfetta coscienza del prezzo che quel “sì” avrebbe comportato, in termini di umana sofferenza, perché Dio non inganna le sue creature. Si ricordino le parole di Simeone a Maria, al momento della presentazione di Gesù al tempio (Lc 2, 34-35): Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i disegni di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima. Eppure, grazie a quell’atto di totale obbedienza e di totale fiducia in Dio, con cui Maria ha risposto all’invito dell’Arcangelo Gabriele, l’esatto contrario del “no” di un’altra donna, Eva, la quale non volle fidarsi dell’amore di Dio e provò invidia per la propria condizione di creatura rispetto al suo Creatore, istigata dal diavolo alla disobbedienza, l’umanità è stata reintegrata pienamente nel progetto salvifico di Dio e in lei, umile creatura, si è realizzato un anticipo di quella condizione felice e perfetta che caratterizzerà i tempi nuovi, quando ogni cosa sarà rifatta a piena immagine di Dio. In altre parole, in Maria si realizza una reintegrazione dello stato paradisiaco dell’umanità, poiché la condizione fondamentale di quello stato risiedeva proprio nella piena fiducia e obbedienza, non offuscata da alcuna ombra, da parte delle creature verso il loro Creatore.
Questo aspetto della riflessione mariologica è stato specialmente approfondito dal beato Luigi Caburlotto, un umile sacerdote veneziano dell’Ottocento, che viene oggi ricordato soprattutto per aver fondato, nel 1850, la Congregazione delle Figlie di San Giuseppe, comunemente conosciute come suore giuseppine, il cui carisma è quello dell’educazione cristiana dei giovani, dall’asilo fino alle scuole superiori; ma era anche un appassionato devoto della Madonna e, pur essendo meno noto questo aspetto della sua personalità, egli ha svolto delle profonde riflessioni teologiche sul ruolo di Maria nel piano della salvezza. Scrive Nereo Zamberlan nel suo saggio La devozione a Maria del venerabile Luigi Caburlotto, Venezia, Istituto Figlie di San Giuseppe, 2007, pp. 83-84; riportiamo anche le note, molto interessanti, cambiando solo, di necessità, la numerazione):

L'assoluta preminenza del punto di riferimento e di orientamento che Maria rappresenta per ogni destinatario della salvezza si comprende alla luce dell'infinita perfezione del piano salvifico,che ha il suo fulcro nella carità divina. Dio - spiega il Caburolotto - ama infinitamente le sue creature, ha sognato Maria fin dall'eternità, e HA TROVATO - in Colei che da sempre ha contemplato - IL SUO PIENO COMPIACIMENTO; ha rivolto il suo sguardo d'amore proprio verso QUESTA creatura in particolare, facendone, con la sua Potenza, la primizia della redenzione da cui prende inizio la RICAPITOLAZIONE UNIVERSALE (Ef, 1, 10). (1) In modo portentoso l'ha costituita FIGLIA sua, FIGLIA DELLA LUCE (e lei stessa  LUCE DI CONSOLAZIONE, DI PACE E DI GIOIA che deve apparire tra le tenebre); l'ha scelta come CORREDENTRICE accanto al Redentore (e Lei medesima REDENTRICE) (2); l'ha creataDALLA COMUNE PENA ESENTE sottraendola ai colpi del nemico (salvandola, fortificandola, proteggendola, elevandola, trasferendola in un luogo inaccessibile al maligno). Il Verbo l'ha nobilitata, BELLAMENTE ONORATA, fregiata di DONI SINGOLARI E SPECIALISSIMI in misura illimitata (vero ABISSO di carismi), ed ha santificato come SUO tabernacolo quest'Arca mistica, UNICA E SOLA RISERVATA DAL COMUNE NAUFRAGIO, aurora felice del giorno della grande liberazione.
La BELLEZZA della sposa del Cantico, nel discorso DELLA CONCEZIONE,  è oggetto di infinito stupore: Maria è l’”hortus conclusus”… il “paradiso” dove abita per sempre ormai Dio. (3)

1) La ricapitolazione è da intendersi come RI-UNIFICAZIONE e RE-INTEGRAZIONE di tutti gli esseri nel piano divino mediante il Cristo costituito capo dell'universo; "così alla universalità  della creazione mediante il Verbo, corrisponde l'ampiezza cosmica delle redenzione mediante il Verbo Incarnato, nel quale tutte le creature ritrovano il loro vero senso e valore. Una palingenesi cristocentrica e teocentrica, già annunciata dai profeti Isaia ed Ezechiele: un ricreare l'ordine essenziale, l'unità che è la legge di vita..." ("Lettere di s. Paolo. Lettere cattoliche. Apocalisse", versione dal testo greco e note di A. Rizzato, comm. L. Favero, Vicenza 1963, p. 261).
2) Entrambi i titoli sono usati da Luigi Caburlotto; la con-redenzione non è una redenzione accessoria. Per grazia, è una associazione A PIENO TITOLO all'opera della salvezza. Del resto, non siamo noi chiamati a portare a compimento "ciò che manca ai patimenti di Cristo"? (Col. 1,24).
3) Vale la pena di notare che "hortus"  (Ct 4,12) nella Vulgata traduce l'ebraico "gan"-giardino e che tale vocabolo è quello usato nel libro della Genesi a partire da Gen 2,8.9.15ss dove la Vulgata traduce lo stesso termine con paradisum". In Gen 2,9 si dice che è proprio nel "gan" in Eden (da cui usciva un "fiume" che irrigava il "giardino" che Dio piantò l'albero della vita. L'indicazione di Maria come "fons" (sempre sulla scorta del Cantico) viene ripresa da Anastasio Sinaita (VII sec.): "in medio FONTIS VITAE PUELLAE DEI MATRIS" (CMP, vol. IV/2, Burgos 1979, 4852). Ma Efrem (IV sec.) aveva già visto benissimo quando, unendo le due prospettive (Genesi e Cantico), cantava: "Maria FONS PURUS EST...: ipsa ventre FLUMEN VITAE CONCEPIT, QUOD DESCENDENS MUNDUM IRRIGAVIT OMNIBUS PER EUM MORTUIS RENATIS - Maria è la sorgente pura...: essa nel suo ventreCONCEPIÌ IL FIUME DELLA VITA, IL QUALE DISCENDENDO IRRIGÒ IL MONDO per tutti coloro che - per mezzo di Lui - sono rinati da morti che erano..." (Cf "Carmina Soghita": 1,37 in "Testi Mariani del Primo Millennio (=TMPM) 1, Città Nuova Editrice, Roma, 1988, p. 91; CMP, vol. II, Burgos, 1970, 1392, 37). È l'identificazione di Maria con il GIARDINO/PARADISO DI DIO, ed è chiara l'interpretazione di Gen 2,9 in senso mariologico e cristologico insieme: il Figlio di Dio è il fiume che esce da quel Giardino. Il Cantico dei Cantici rinvia al libro della Genesi. Bisogna PROSEGUIRE la meditazione del Caburolotto, che porta davvero lontano, e al recupero del prezioso e fertile pensiero patristico largamente sotteso alla sua devozione mariana. 

Alla fine, redenta, ogni cosa tornerà in Dio

di Francesco Lamendola
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