L’educazione cattolica inibisce il senso critico? una chiesa che sa solamente ridere e abbandonarsi alle pagliacciate, ma che non conosce più il valore del silenzio, del raccoglimento, della preghiera non è più la "vera Chiesa"
di Francesco Lamendola
In condizioni normali, i fedeli avrebbero dovuto accorgersi subito di chi sia realmente il signor Bergoglio e di chi siano realmente i cardinali, vescovi e sacerdoti del neoclero progressista e modernista, e di che cosa stiano facendo, cioè sfasciando metodicamente la Chiesa, pezzo a pezzo, con una perseveranza e una metodicità degne di una miglior causa. Non ci sarebbero voluti degli anni; e sarebbe stata una presa di coscienza generale, per quanto dolorosa. Se un esercito è sano, i soldati si accorgono in brevissimo tempo se il nuovo comandante sta dalla loro parte, o dalla parte del nemico; se è venuto per guidarli alla vittoria, o per votarli alla disfatta; se è un capo degno di essere seguito fino alla morte, o se è un pazzo, un irresponsabile, un totale incompetente, se non addirittura un traditore. Oppure su una nave: quanto ci mette, un equipaggio sano, formato da gente sveglia ed esperta, e rendersi conto che il capitano è un alieno, piombato da chissà dove, un incapace, un presuntuoso, un incosciente, e che, seguendo la rotta da lui stabilita, la nave fatalmente andrà a naufragare sugli scogli?
Ma il signor Bergoglio ha detto e fatto tali e tante cose, e con lui i principali esponenti della neochiesa che egli ha messo nei posti chiave, dopo aver silurato i cardinali e i vescovi scomodi, che una sola di esse, in condizioni normali, avrebbe dovuto suonare la sveglia a tutti i fedeli, e renderli avvertiti che nei sacri palazzi si era introdotto un inquilino abusivo e, forse, male intenzionato. In qualsiasi altro pontificato degli ultimi centocinquanta anni, un solo documento come Amoris laetitia – che, dopo tutto, è “solamente” una esortazione post-sinodale, cioè che avrebbe dovuto sintetizzare quanto deciso dal Sinodo sulla Famiglia – avrebbe fatto saltare sulla sedia tutto il collegio episcopale, e prodotto una reazione forte e decisa. Una sola delle frasi che Bergoglio butta là continuamente, nelle sue inverosimili omelie di Santa Marta, piene di espressioni incredibilmente rozze, sconvenienti, irriguardose, blasfeme (Gesù si è fatto diavolo; Gesù fa un po’ lo scemo; la Madonna ha pensato: Dio mi ha ingannata!; la croce è il fallimento di Dio), avrebbero suscitato delle reazioni tali, da provocare un chiarimento definitivo. A nessun altro papa sarebbero state perdonate simili sconcezze; a nessun altro papa sarebbe stato concesso di fare e dire tutto quel che gli pare, partendo dal presupposto che lui è un “vero” papa, un papa francescano, un papa povero, un papa amorevole, un papa secondo il Vangelo, quasi che gli altri 265 che l’hanno preceduto fossero, in confronto a lui, delle mezze calzette. E a quale papa sarebbe stato consentito di colpire al cuore i Francescani dell’Immacolata, e poi i cavalieri dell’Ordine di Malta, senza dare spiegazioni ad alcuno, e trattando quegli uomini e quelle donne poco meno che come dei criminali? Avrebbe potuto permettersi un tal modo di agire, Benedetto XVI? Avrebbe potuto permetterselo un qualsiasi papa del ventesimo secolo, compreso san Pio X, la “bestia nera” dei modernisti, che ancor oggi i cattolici progressisti non si stancano di dipingere come un papa autoritario, un persecutore di ogni sia pur minima forma di dissenso, nonché colpevole di aver fatto ricorso a metodi poco edificanti di delazione e quasi di spionaggio? Ma san Pio X, lo ammettono perfino i suoi critici più severi, era in buona fede, perché, ad ogni modo, quella che stava combattendo era un’eresia: e le eresie minano la verità della dottrina e minacciano l’unità della Chiesa.
Il fatto stesso che si siano creati due schieramenti, pro Bergoglio e anti Bergoglio, è di per se stesso scandaloso, ed è la prova evidente della sua inadeguatezza: non era mai accaduto dai lontanissimi tempi dei papi e degli antipapi che hanno contrassegnato così tristemente la storia della Chiesa medievale. Il papa è il supremo custode dell’unità della Chiesa: se diventa motivo di scandalo e perciò di divisione, anche nell’ipotesi che non lo abbia fatto apposta (e non è certo il caso di costui) non gli resta che una cosa da fare: togliersi di mezzo, per il bene della Chiesa che gli era stata affidata. Un papa non può essere alla testa di certi cattolici e contro altri cattolici; e non può permettersi, come lui si permette, di criticare, insultare, deridere, sfottere, dileggiare continuamente quanti non sono dalla sua parte, oltretutto abusando dello spazio sacro di una santa Messa, di una omelia ai fedeli, per fare propaganda a se stesso e per calunniare gli altri. Ma che razza di papa, che razza di sacerdote, che razza di cattolico è uno che agisce in tal modo? Quale esempio sta dando a un miliardo e mezzo di cattolici; che tipo di messaggio manda, ogni santo giorno, con tali modi di parlare e di agire? in materia di fede. Un papa è il pastore del gregge, in qualità di vicario di Cristo; non è un tiranno, non è un autocrate, non è un monarca assoluto, uno zar di tutte le Russie o un Mikado o un Celeste imperatore.
Qui viene fuori, in maniera addirittura impietosa, la questione del senso critico. I non cattolici, e specialmente i “cugini” protestanti (si sa che le frecce più velenose scoccano dalla parte dei cugini) hanno sempre accusato i cattolici di essere persone mediamente sprovviste di senso critico, buone solo a seguire il loro pastore, il loro papa, in maniera pedissequa, passiva; di essere in sostanza dei conformisti, degli abitudinari, che non lavorano mai con la propria testa, che non prenderebbero mai una decisione sulla base del loro buon senso, qualora si trovassero nella necessità di dover scegliere fra questo e ciò che dice il loro papa, ciò che prescrive la loro Chiesa. È vero, non è vero? È possibile che una delle più belle qualità del cattolico, il rispetto dell’autorità e il suo senso di riverenza e di umiltà verso il romano pontefice, vicario di Cristo sulla terra, possa degenerare in un grave difetto, la perdita di senso critico, e, addirittura, in un fattore che si ritorce contro di lui e contro la sua stessa fede, nel caso in cui il vertice della Chiesa finisca nelle mani di persone inadeguate o, peggio, di nemici veri e propri?Prima di saltare a questa conclusione, forse precipitosa, vale la pena di considerare bene il contesto storico-culturale proprio della modernità. Da alcuni secoli (non anni, o decenni: secoli) la Chiesa, come ogni altro soggetto sociale, si trova inserita in un contesto dominato da una mentalità secolarizzata, caratterizzata da un agnosticismo materialista e da un razionalismo esasperato, coincidente con una forma di scientismo radicale. I cattolici hanno respirato questa atmosfera e, pur non condividendola, almeno sul piano cosciente, hanno finito, in larga misura, per farla propria; hanno cominciato a pensare e a vivere il cristianesimo, cioè, non più secondo le categorie proprie del Vangelo, basate sulla fede e sulla visione soprannaturale della realtà, ma secondo le categorie del mondo, basate sulla ragione illuminista, libera e spregiudicata.
In particolare, a partire dal Vaticano II hanno fatto la “scoperta” che, per annunciare il Vangelo in maniera più efficace, cioè più adeguata alla società moderna, bisognava porsi in un atteggiamento positivo e fiducioso verso il mondo, abolire il concetto di eresia e l’idea stessa che vi sono dei potenti nemici della Chiesa, e adottare il punto di vista della cultura moderna: scientista e immanentista. Tutto, anche il Vangelo, doveva esser “letto” dall’interno di tale cultura, sia per far vedere che il cristiano non teme il confronto con la scienza moderna (un complesso d’inferiorità incubato al tempo del processo di Galilei e trascinato dietro per più di tre secoli), sia per mostrare, fraintendendo completamente il senso delle parole di Cristo, che il Figlio di Dio è venuto per salvare il mondo, non per condannarlo. E che si tratti di un colossale, nonché doloso, fraintendimento, lo prova il fatto di aver ignorato le parole immediatamente seguenti (Gv, 12, 48), che precisano e chiariscono tale affermazione: Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. Si è trattato di una resa, e di una resa a discrezione, qualche cosa di assai simile ad un abominevole tradimento: anche se allora quasi nessuno se ne rese conto; anche se, anzi, da allora in poi, i settori progressisti e neomodernisti presenti nella Chiesa, e slanciati verso la conquista dei suoi vertici, non hanno mai smesso d’intonare la retorica del cattolicesimo più aperto, più dialogante, più maturo, e, soprattutto, più vicino al “vero” spirito evangelico.
Considerando questo aspetto della mentalità cattolica di quest’ultimo mezzo secolo, cioè della fase successiva al Concilio, si giunge così alla conclusione assai verosimile, e, per noi, probabile, che a fuorviare la massa dei cattolici, e a far venir meno, in loro, il fondamentale e indispensabile senso critico, insieme alla capacità di distinguere il buon grano dal loglio, i veri pastori da quelli falsi, la vera dottrina da una dottrina adulterata e apostatica, non è stata la loro mentalità caratteristica di cattolici, basata sul rispetto dell’autorità ecclesiastica e sulla venerazione del santo padre, ma, esattamente al contrario, la loro nuova mentalità, che non è affatto cattolica, ma è piuttosto una brutta scimmiottatura di quella del mondo. Così come il mondo crede ciecamente alla scienza e a tutti i falsi miti della modernità, a cominciare da quello del progresso, fino al più vile, quello di un benessere insaziabile, edonisticamente inteso, allo stesso modo essi credono allo “spirito del Concilio”, alla “libertà religiosa”, ad un “ecumenismo” che pone tutte le confessioni cristiane sul medesimo piano, a un “dialogo” con le altre religioni che riconosce un certo grado di verità in ciascuna di esse, e quindi le parifica e relativizza la verità cristiana. E ci credono con un tale grado di zelo e di conformismo, da non saper riconoscere più una proposizione cattolica da una eretica, complice anche l’ignoranza sempre più grande, e sempre più deliberatamente coltivata, circa la propria dottrina (quanti cattolici hanno mai letto la Bibbia, per esempio?), nonché una visione sempre più sentimentale ed emotiva della fede cattolica, incoraggiata da questo clero infedele e modernista: sentimentalismo che è il rovescio della medaglia dello scientismo adottato, di fatto, da quasi tutti i teologi, i cardinali e i vescovi cattolici (un solo esempio per tutti: l’insofferenza crescente verso la fede nell’esistenza del diavolo, la derisione del ruolo degli esorcisti e la volontà di allontanarli da una diocesi dopo l’altra, in modo da far sparire questo imbarazzante residuo medievale dalla Chiesa odierna, proiettata verso la modernità). In altre parole: i cattolici dei nostri giorni non si rendono conto della gigantesca messinscena e del vastissimo complotto attuato ai danni della loro fede proprio dai loro pastori, e ultimamente, dal papa in persona; e non se ne rendono conto non già a causa del loro conformismo e della loro credulità di cattolici, ma a causa del fatto che hanno assorbito il fideismo e il conformismo che sono propri della cultura moderna, per giunta, come è proprio dei neofiti, con un grado di slancio e di entusiasmo meritevole di una miglior causa. Perché, se qualcuno non l’avesse ancora compreso, il razionalismo e anche lo scientismo sempre più esigenti della cultura moderna sono solo una maschera, dietro la quale si cela un colossale ritorno dell’irrazionalismo, nelle sue forme più disparate e, sovente, più abiette. Quando gli uomini smettono di credere in Dio, è stato osservato, non è vero che non credono più in nulla: al contrario, iniziano a credere a qualsiasi cosa. Il santo curato d‘Ars, Jean-Marie Vianney, osservava che, se si toglie il sacerdote ad un paese, gli uomini, nel giro di poco tempo, privati di Dio, si ridurranno ad adorare le bestie.
L’educazione cattolica inibisce il senso critico?
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